Lettere (Andreini)/Lettera CXLVI

CXLVI. Della sagacità delle donne.

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CXLVI. Della sagacità delle donne.
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Della sagacità delle donne.


T
Roppo al giuditio mio inconsiderata è colei, che frettolosa elegge l’amante. Non vi paia strano Signore s’io vò circospetta nell’eleggervi per mio, e nel confermarvi per tale. Oh quanto ci vuole à conoscer se uno è vero amante, ò nò. Tanto il falso quanto il vero dice d’amare; hor chi vuol giudicar dalle parole, se le parole posson’esser e vere, e false? si dee forse creder à giuramenti? ah, che i giuramenti sono gli scudi de’ bugiardi; alle lagrime forse?

E le lagrime anch’esse han le lor frodi.

Imparano gli huomini sin dalle fasce (per quanto da savia donna informatissima delle attioni de gli huomini hò inteso) quelle parolette affettuose, quei sospiretti tronchi, quelle lagrimette sforzate, quelle passioni senza passione, per ingannar le misere donne: dunque non bisogna, che una donna accorta creda così facilmente ad uno, che dica d’esser amante, e particolarmente quand’è giovinetto: perche i giovinetti nascenti, che non fanno all’amor per altro, che per parer d’haver dell’huomo, sospirano sì; ma non sanno che cosa sieno i sospiri, e se per disgratia amano, non sanno ciò che sia amore; e che sia vero. Se trovano credula donna, che loro alcuna gratia [p. 147v modifica]conceda non l’hanno sì tosto ottenuta, che rimangono d’amarla facendosi à credere che si debba terminar l’amore quando s’hà consegnata la mercede quasi che questo sia un mercatantare. Termina in essi ancora l’amore quando hanno repulsa, non potendo persuadersi, che chi ama s’habbia da rifiutare. Hor qual sarà colei, che voglia elegger per amante uno, che non sà occultar nè la gioia, nè ’l dispiacere? Per conseguir l’amor d’una donna vi bisogna una lunga, & assidua servitù, allaquale, non è atta la Giovinezza, che per sua natura è impaciente, oltre che bisogna in amore giuditio, e prudenza, e l’uno, e l’altra non alloggiano à gli alberghi di pochi anni. Ci son poi alcuni, che benche non sien fanciulli, hanno però un tal modo di fare, che nelle avversità amorose (che Amor non è mai senza) si lamentano tanto, e tanto si querelano, ch’assordano il Mondo, e nelle consolationi non cessano mai di dire. Oh come siamo contenti, oh come siamo avventurati. Chi è più felice di noi non è huomo, con tant’altre frascharie, ch’è vergogna l’udirgli. Questi per mio consiglio non si debbono passar alla banca, nè scriver al Rolo de’ veri amanti, perche il vero amante esser dee amico di silentio, e di fede. Son’altri poi così arroganti, e così sdegnosi, che dandosi ad intendere di meritar più de gli altri non servirebbono più di tre giorni senza premio. Questi ancora si sbandiscano; quelli che appena veduta una donna dicono. Ohime Signora mia cara qual incendio m’hanno spirato nel petto gli [p. 148r modifica]occhi vostri, quante saette port’io per voi affisse nel cuore, ohime, ch’io muoio, lasso me, che son fatto cenere spirante fuoco, con altre parole tolte in presto dalla fintione, e dalla impossibilità, sieno come adulatori disprezzati. Amor è debile nel suo nascimento, & essendo tale non può con tanta vehemenza tormentar un’anima. Se l’amante eccede la condition dell’amata, ella sarà folle, se vinta dall’ambitione vorrà accettarlo, essendoche questi vorrà tenerla, anzi per ischiava, che per amata, vorrà’, ch’ella si tenga a tanto favorita dall’ombra sua, che non le sia lecito di muover pur un passo senza licenza, e per contrario vorrà poi, ch’à lui sia conceduto, non ch’altro l’amarla, e ’l disamarla à suo piacere, senza, ch’ella sia ardita di muoverne parola, perche à lui non mancherà mai il dire io t’ho nobilitata, io t’ho illustrata, con altre cose durissime a pensare, non che à sopportare. Di minor conditione della sua non sia donna di giuditio, che scielga l’amante; pur troppo è passato in proverbio, che la donna s’appiglia al suo peggio; dicono poi le genti. Forse che la tale non faceva della saputa, hor vedi nobile amante, ch’ella s’hà eletto, veramente degno di lei, godaselo pur senz’invidia. Certi, che si danno ad intendere d’esser amati per obligo, che non concedono la gratia loro, se prima non si viene ad atto di gettarsi dalle finestre, si lascino con pena di non servir ad altro, che al gonfio della loro albagìa. Questi che amano à capricci, c’hanno il furore, e non la ragion per guida si dipennino [p. 148v modifica]dal libro d’Amore. Certi, che fanno ogni lor forza per acquistar la donna, che servono, & acquistata che l’hanno la sprezzano, non curando il bene, c’hanno con tanta fatica acquistato, ogni discreta donna giudichi, e condanni. Altri, che favorito da donna di merito, per soverchia arrogante domestichezza, osa di trattar seco alla villanamente incivile, merita per supplitio di vederla à sua confusione innamorata d’uno, che usando termini gentili tanto à ragione la riverisca, quant’egli à torto la vilipese. Alcuni, che sono tutti profumi, che vorrebbono caminare senza toccar terra (tanto son pieni di vanità) quando dicono d’esser innamorati, diasi loro per ricompensa una moltitudine di parole senza conchiusione, e se n’anderanno tutti contenti, perche questi si pascano più del rumor dell’opinione, che della quiete del vero. Le contentezze, che si provano in amore nascono dall’haver saputo scieglier l’amante, ond’io voglio andar in questo molto ben considerata. Voglio, che una buona, e valida esperienza sia base delle mie stabili consolationi. S’io scorgerò, che voi sappiate in amore con giuditio governarvi, voi solo da me sarete stimato, e mi sarete caro quanto la propria vita. S’io vedrò, che ’l Tempo sia perfettione, e non fine dell’incominciato amore, se con modesta sofferenza vi piacerà di seguir la principiata servitù, se sarete così discreto, e fedele com’io vi desidero, se vi contenterete d’arder senza estreme querele, se chiuse nel cuore le vostre [p. 149r modifica]passioni non le direte ad altra che à me, se per timore non lascierete l’impresa, se vi chiamarete ne’ martiri contento, com’è proprio del vero amante, vi giuro Signor mio, che non altro che voi mi diverrà compagno della vita, e del letto: e bench’io non meriti, che voi tanto serviate, e tanto amiate per divenirmi marito, essendoche per la vostra nobiltà, e per la vostra virtù meritate maggior donna di me, vi prego nondimeno à contentarvi di far quant’io vi scrivo, accioche si conosca, che voi havrete saputo amare, & io havrò saputo eleggere.