Le piacevoli notti (1927)/Notte sesta/Favola seconda

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FAVOLA II.

Castorio, desideroso di venir grasso, si fa cavare tutti duo i testicoli a Sandro; ed essendo quasi morto, vien dalla moglie di Sandro con una piacevolezza placato.

La favola di Alteria non men graziosamente che prudentemente recitata, mi riduce a memoria una facezia non men ridicolosa che la sua, la quale mi fu da una nobil donna poco tempo fa brevemente narrata. E se io non ve la conterò con quella grazia, con quella leggiadria che mi fu raccontata da lei, mi arrete per iscusa, perchè la natura mi ha denegato quello che a lei copiosamente concesse.

Sotto Fano, città nella Marca, posta al lito del mare Adriatico, trovasi una villa chiamata Carignano, copiosa di bei giovanazzi e di belle femine. Quivi tra gli altri abitava un contadino chiamato Sandro, il piú faceto ed il piú piacevol uomo che mai la natura creasse. E perchè egli non si metteva pensiero di cosa alcuna, andasse male o bene che si volesse, era venuto sì robicondo e grasso, che le sue carni non altrimenti parevano ch’un lardo vergelato di porco. Costui, sendo già pervenuto all’età di quarant’anni, prese per moglie una feminazza non men piacevole nè men grassa di lui, ed era in grandezza ed in grossezza simile a lui; e non sarebbe passata una settimana, ch’egli non si avesse fatto radere la barba, acciò che piú bello e piú giocondo paresse. Avenne che Castorio, gentil uomo di Fano, giovane ricco, ma poco savio, comperò nella villa di Carignano un podere con una casa non troppo grande; ed ivi con duo serventi ed una femina per suo diporto la maggior parte della state dimorava. [p. 17 modifica]Castorio, andando un dí doppo vespro per la campagna, come spesso far far si suole, vide Sandro che col curvo aratro la terra volgeva; e vedendolo bello, grasso e rubicondo, con viso allegro disse: — Fratello, non so la causa ch’io sono sí macilente e macro, come tu vedi, e tu sei robicondo e grasso. Io d’ogni tempo mangio dilicati cibi, beo preciosi vini, giaccio in letto quanto mi piace, nulla mi manca, e desidero piú che ogn’altro uomo divenir grasso; e quanto piú mi sforzo di ingrassarmi, tanto piú mi smàgrisco1. Ma tu mangi lo verno e cibi grossi, bevi l’acquatico vino, lievi su la notte a lavorare, nè mai lo state hai di riposo un’ora; e nondimeno sei sí robicondo e grasso, che è un diletto a vederti. Onde desideroso di tal grassezza, ti prego quanto so e posso, che di tal cosa mi faci partecipe, dimostrandomi il modo che tenuto hai in divenir sí grasso; e oltre i cinquanta fiorini d’oro che ora darti voglio, promettoti di guidardonarti di tal maniera, che di me per tutto il tempo della vita tua ti potrai lodare e chiamar contento. — Sandro, che aveva dell’astuto e del giotto ed era di rosso pelo, ricusava insegnarli il modo. Ma pur astretto dalle lunghe preghiere di Castorio e dal desiderio di avere i cinquanta fiorini, accontentò d’insegnargli la via. E lasciato di arare la terra, si pose con lui a sedere; e disse: — Signor Castorio, voi vi maravigliate della grassezza mia e della magrezza vostra, e credete e cibi esser quelli che smagriscono ed ingrassano; ma voi siete in grande errore, perciò che si veggono molti mangiatori e bevitori che non mangiano ma diluviano, nondimeno son sí macri, che paiono lucertole. Ma se voi farete quel che feci io, presto verrete grasso. — E che fatto hai tu? — disse Castorio. Rispose Sandro: — Io già un anno mi fei cavare e testicoli; e dall’ora in qua io sono in questa maniera, che vedete, grasso. — Soggiunse Castorio: — Mi maraviglio che non moresti. — Come morire? — disse Sandro. — Anzi il maestro che me li cavò, me gli trasse con tanta agevolezza e desterità, che quasi non sentii noia alcuna; e dall’ora in qua sono fatte le mie carni come quelle d’un fanciullo, nè mai mi trovai tanto lieto e contento, quanto ora [p. 18 modifica]mi trovo. — E chi fu colui che con tanta destrezza, senza che tu sentesti noja, ti trasse e testicoli? — Rispose Sandro: — Egli è morto. — Ma come si farà, — disse Castorio, — se egli è morto? — Rispose Sandro: — Quell’uomo da bene innanzi che morisse m’insegnò quest’arte, e dall’ora in qua ho cavato e testicoli a molti vitelli, poledri e altri animali, i quali sono venuti a maraviglia grassi; e se volete lasciare il carico a me, farò sí che vi partirete contento. — Ma dubito di morte, — disse Castorio. — Come di morte? — rispose Sandro. I vitelli, i poledri e gli altri animali, a’ quai trassi i testicoli, non sono per questo già morti. — Castorio, che era piú che ogni altro uomo desideroso di venir grasso, si lasciò consigliare. Sandro, vedendo il voler di Castorio fermo e saldo, ordinò che sopra la fresca erba subito si stendesse ed aprisse le gambe. Il che fatto, tolse un coltellino, che come rasoio tagliava, e presa la cassa di testicoli in mano e con oglio commune ben mollificata, destramente diede un taglio; e messe due dita nel luoco inciso, con tanta arte e con tanta destrezza gli cavò ambi i testicoli, che quasi non sentí dolore. E fattogli certo empiastro mollificativo con oglio e sugo d’erbe, il fece levar in piedi. Castorio, già fatto cappone anzi eunuco, mise mano alla borsa, e cinquanta fiorini li donò; e tolta licenza da lui, a casa fece ritorno. Non era ancor passata un’ora, che Castorio, fatto eunuco, incominciò sentire il maggior dolore e la maggior passione che mai uomo sentisse; nè poteva trovar riposo, perciò che di dí in dí aumentava il dolore, e la piaga s’immarciva, e rendeva un fetore, che chi s’approssimava a lui, sofferire non lo poteva. Il che venuto all’orecchi di Sandro, fortemente temette, e si pentí aver tal errore commesso, dubitando di morte. Castorio, vedendosi giunto a mal partito, oltre il dolore che avea, salí in tanto sdegno e furore, che voleva al tutto Sandro per uomo morto. E meglio che ei puote, accompagnato da duoi suoi servi, il trovò che cenava; e gli disse: — Sandro, tu hai fatta una gentil opera a farmi morire: ma innanzi ch’io moia, faretti sentire la pena del commesso fallo. — La causa, [p. 19 modifica]disse Sandro, — fu vostra, e non mia; perciò che i preghi vostri m’indussero a farlo. Ma acciò che non paia manchevole nell’opera mia, nè ingrato del beneficio ricevuto, nè sia causa della vostra morte, domattina verrete per tempo alla campagna: ed ivi porgerovvi aiuto, nè dubitate punto di morte. — Partitosi Castorio, Sandro si mise in amaro pianto, e voleva al tutto fuggire, e andarsene in alieni paesi, pensando tuttavia aver gli sbirri alle spalle che strettamente lo legasseno. La moglie, vedendo il marito dolersi nè sapendo la causa del suo dolore, il domandò per che causa sí dirottamente piagnesse. Ed egli di punto in punto le raccontò la cosa. La moglie, intesa la causa del suo affanno, e considerata la sciocchezza di Castorio e il pericolo di morte, stette alquanto sopra di sè; indi, fatta una riprension al marito del pericolo grande che era incorso, dolcemente il confortò, e pregòlo che stesse di buon animo, ch’ella provederebbe sí fattamente, che non li sarebbe pericolo di morte. Venuta l’ora del giorno sequente, la moglie prese i panni di Sandro suo marito, e se li mise indosso, e un capello in capo; ed andatasene alla campagna con i buoi e con l’aratro, si mise a coltivare il terreno, aspettando che Castorio ivi venisse. Non stette molto che giunse Castorio; e credendo che la moglie di Sandro fosse esso Sandro che arasse la terra, disse: — Sandro, io mi sento morire se non m’aiuti. Il taglio, che tu mi facesti, non è ancora saldato, anzi è putrefatto, e rende tanto puzzo, che dubito assai di fatti miei; e se non mi porgi soccorso, presto vedrai il fine della vita mia. — La moglie, che Sandro parea, disse: — Lasciami un poco veder il taglio, che poi provederemo. — Castorio, alciata su la camiscia, mostrò la piaga che già putiva. Il che vedendo, la moglie sorrise; e disse: — Castorio, voi temete di morte, e pensate il caso esser irreparabile; certo v’ingannate, perciò che il taglio, che mi fu fatto, è maggiore del vostro, e ancora non è saldato, e putisse molto piú che la piaga vostra: e nientedimeno mi vedete robicondo, grasso e fresco come giglio; ed acciò che voi crediate quello ch’io vi dico, vi voglio dimostrar [p. 20 modifica]la piaga non ancor saldata. E tenendo una gamba in terra, e l’altra sopra l’aratro, alciossi e panni di dietro; e tratta una rocchetta secreta, inchinò il capo e gli mostrò la piaga. Castorio, vedendo il taglio di Sandro esser maggiore del suo, nè in tanto tempo risaldato ancora, e sentendo il gran fetore che gli veniva al naso, e mirando che egli aveva inciso il membro virile, si rallegrò molto, e pacientemente sofferse ogni dolore e puzzo; nè stette gran tempo che il meschinello si riebbe, e venne grasso, sí come egli desiderava. —

  1. [p. 239 modifica]smagrisco, ’56 e ’58