Le piacevoli notti (1927)/Notte ottava/Favola sesta

Notte ottava - Favola sesta

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Notte ottava - Favola quinta Notte nona

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FAVOLA VI.

Di duo medici, di quali uno era di gran fama e molto ricco, ma con poca dottrina; l’altro veramente era dotto, ma molto povero.

[Lauretta.]

Oggidí, amorevoli donne, piú s’onorano i favori, la nobiltà e le ricchezze, che la scienzia; la quale, quantunque sia in persone di basso e umil grado sepolta, ella nondimeno da se stessa pur riluce e splende come un raggio. Il che fiavi manifesto, se alla mia breve favola l’orecchio presterete.

Fu già nella città Antenorea un medico molto onorato e ben accomodato di ricchezze, ma poco disciplinato nella medicina; il quale aveva per compagno nella cura d’un gentil’uomo di primi della città un altro medico, che per dottrina e pratica era eccellente, ma privo di beni della fortuna. Un dí venuti a visitar l’infermo, quel gran medico riccamente vestito, toccatogli il polso, disse che egli aveva una febre molto violenta e formicolare. Il medico povero, bellamente guardando sotto ’l letto, vidde per aventura alcune corteccie di pomi: e pensossi ragionevolmente che l’infermo avesse mangiato de’ pomi la sera precedente. Poi che gli ebbe toccato il polso, dissegli: — Fratel mio, veggio che ieri sera tu hai mangiato di pomi, perchè hai una gran febbre. — Non potendo l’amalato negar quello ch’era la verità, gli disse di sí. Furono ordinati gli opportuni rimedij e partironsi i medici. E cosí andando insieme, quel famoso ed onorato medico, gonfiato il petto d’invidia, pregò molto questo medico di bassa fortuna, suo collega, che gli volesse manifestar e segni, per i quali aveva conosciuto l’infermo aver mangiato de’ pomi: promettendo dargli un buon pagamento per la sua mercede. Il medico di umile stato, [p. 91 modifica]veggendo l’ignoranza di costui, acciò che se ne vergognasse, l’ammaestrò in questo modo: — Quando ti averrà d’andar alla cura d’alcun infermo, al primo ingresso abbi sempre l’occhio sotto ’l suo letto; e quello che vi vedrai da mangiare, sappi certo che l’infermo ne ha mangiato. Questo è un notabile isperimento del gran commentatore; — e ricevuti alcuni danari, da lui si partí. La mattina sequente questo magnato ed eccellente medico, chiamato alla cura d’un certo contadino, ma però ben accomodato e ricco, entrando nella camera, vidde sotto ’l letto la pelle d’un asino; e poi ch’ebbe cerco e investigato il polso dell’infermo, trovatolo da inordinata febbre aggravato, gli disse: — Io conosco, fratel mio, che iersera hai fatto un gran disordine, chè hai mangiato l’asino; e per questa causa quasi sei incorso all’ultimo termine della vita tua. — Il contadino, udite cosí pazze ed esorbitanti parole, sorridendo gli rispose: — Perdonimi, prego, vostra eccellenzia, signor mio; sono già dieci dí ch’altro asino, che te solo, non ho io visto nè mangiato. — E con queste parole licenziò il cosí prudente e scienziato filosofo, e trovossi un altro medico piú perito di lui. E cosí appare, sí come dissi nel principio del mio ragionamento, che piú sono onorate le ricchezze che la scienzia. E se io sono stato piú breve di quello che conveniva, mi perdonerete; perciò che io vedeva l’ora esser tarda, e voi col capo affermar ogni cosa esser vera. —


il fine della ottava notte