Le piacevoli notti (1927)/Notte decimaterza/Favola sesta

Notte decimaterza - Favola sesta

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FAVOLA VI.

Lucietta, madre di Lucilio figliuolo disutile e da poco il manda per ritrovar il buon dí; ed egli il trova, e con la quarta parte di un tesoro a casa ritorna.

Ho inteso, gentilissime donne, dagli savi del mondo che la fortuna aiuta i vigilanti, e scaccia quelli che sono timidi e paurosi, e che questo sia il vero, dimostrerollo con una breve favola, la qual vi fia di diletto e contento.

In Cesena, nobil città della Romagna, presso la quale corre il fiume detto Savio, trovavasi una vedovella povera, ma da bene; e Lucietta si chiamava. Costei aveva un figliuolo il piú disutile, il piú sonnacchioso, che mai la natura creasse. Il quale, poi che era andato a dormire, non si levava di letto fino a mezzo giorno, e levandosi sbadigliava e stropicciavasi gli occhi, distendendo le braccie e i piedi per lo letto come vil poltrone. Di che la madre ne sentiva grandissima passione, perchè sperava, che egli dovesse esser il bastone della sua vecchiezza. Onde, per farlo sollecito, vigilante e accorto, lo ammaestrava ogni giorno, dicendogli: — Figliuol mio, l’uomo diligente e aveduto, che vuole aver il buon dí, dee svegliarsi a buon’ora nel far del giorno, perchè la fortuna porge aiuto a’ vigilanti, e non a quelli che dormono. Onde se prenderai, figliuolo mio, il mio consiglio, tu troverai il buon dí, e ne rimarrai contento. — Lucilio, — che cosí era il nome del figliuolo, — ignorante piú che l’ignoranzia, non intendeva la madre; ma risguardando alla scorza, e non alla mente delle parole, eccitato dall’alto e profondo sonno, si partí, e andò fuori d’una porta della città, e si pose a dormire a traverso la strada all’aria, dove impediva questi e quelli che veniano nella città e parimenti che andavano fuori. [p. 212 modifica]

Avenne per aventura che quella notte tre cittadini cesenni erano andati fuori della città per cavare un certo tesoro che trovato avevano, e portarselo a casa. Poi che l’ebbero cavato, volendolo portar nella città, si scontrarono in Lucilio, che sopra la strada giaceva; non però all’ora dormiva, ma stavasi vigilante per trovar il buon dí, sí come ammaestrato l’aveva la madre. A cui il primo delli tre cittadini indi passando disse: — Amico mio, ti sia il buon giorno; — ed ei rispose: — Ne ho uno, — de’ giorni intendendo. Il giovane cittadino conscio del tesoro, interpretando altrimenti le parole di quello che erano dette, pensò che dicesse di sè. Il che non è maraviglia, perciò che è scritto che quelli che sono colpevoli, pensano sempre che in tutte le cose si parli di sè. Passando il secondo, simelmente salutollo, e diègli il buon giorno. Lucilio all’ora replicando disse averne duoi, intendendo di buoni giorni. L’ultimo passando anco egli porse medesimamente il buon giorno a costui. All’ora Lucilio, tutto allegro, levatosi in piedi: — Gli ho tutti tre, — disse, — ed emmi successo prosperamente il mio disegno; — volendo dire ch’egli aveva tre buoni dí. I cittadini, temendo forte che ’l giovane andasse al rettore a manifestarli, chiamatolo a sè, e raccontatogli il caso, lo fecero compagno nel tesoro, dandogli la quarta parte di quello. Il giovane, allegramente tolta la parte sua, n’andò a casa, e diella alla madre sua, dicendole: — Madre, la grazia di Dio è stata con esso meco; perciò che essequendo i vostri comandamenti trovai il buon dí. Togliete questi danari, e servateli per lo viver vostro. — La madre, lieta per gli avuti danari, confortò il figliuolo a star vigilante, acciò che gli avenisseno de gli altri buoni giorni simili a questo. —