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Varianti II Indici II
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Gian Francesco Straparola da Caravaggio lasciò il suo nome raccomandato a due opere: un Canzoniere e il Novelliere. Il canzoniere uscì in luce nel 1508 in Venezia, e qui fu ristampato nel 1515: cosa di nessun pregio, cadde presto in dimenticanza. Il novelliere, edito nel 1550-53, ebbe in Italia molte edizioni nel decorso del secolo XVI e nei primi anni del XVII; fu presto tradotto in francese e piú tardi in tedesco1, e nel secolo scorso forni argomento e motivo a studi e ricerche specialmente per il fatto ch’è il primo novelliere in Europa in cui, per proposito che si può dire deliberato, siano state raccolte in cosí gran numero le fiabe popolari. Per esso adunque il nome dello Straparola si perpetuò; ma come se l’origine del novelliere fosse destinata ad essere avvolta nel buio che circonda l’origine delle sue fiabe, e cosí misterioso come un personaggio di queste dovesse rimanere il loro narratore, il ricordo delle vicende della sua vita si spense con essa. Che fosse da Caravaggio è detto giá in fronte al canzoniere: Opera nova de Zoan Francesco Straparola da Caravazo; e alla sua cittá il giovine rimatore rivolge il sonetto:

     O Caravagio, castel venturato,
come felice ti trovi al presente,
godendo miser Iacomo Pesente
che ti ten per virtú tanto inalzato.

Che fosse della famiglia Secchi di Caravaggio s’è detto, ma non fu confermato. Certo è che se la sua esistenza fu oscura, fu [p. 238 modifica]tuttavia assai lunga, perché ancora nell’edizione delle Piacevoli Notti del 1556 lo Straparola aggiungeva due novelle dettate nel suo solito stile, e l’edizione del 1557, come fu giá osservato, usci «ad istanza dell’autore». Il racconto storico che serve di cornice al novelliere, può indurre a credere che lo Straparola verso quel tempo (1530-40) vivesse in Venezia, e «da Vinegia il primo di settembre, 1553»è datata la lettera «alle graziose ed amorevoli donne»che apre il secondo libro delle P. N.

Ecco in succinto il prospetto delle edizioni italiane dei due libri del novelliere.

Edizioni del libro primo:

I. Venezia, Comin da Trino, 1550.
II. » » » 1551.
III. » » » 1555.

Edizioni del libro secondo:

I. Venezia, Comin da Trino, 1553.
II. » » » 1554.
III. » » » 1556.
IV. » » » 1557.

Edizioni dei due libri riuniti:

I. Venezia, Comin da Trino, 1556.
II. » » » 1557.
III. » Domenico Giglio, 1558.
IV. » Francesco Lorenzini, 1560.
V. » Comin da Trino, 1562.
VI. » Giovanni Bonadio, 1563.
VII. » Andrea Ravenoldo e Giorgio de’ Zilij, 1578-1565.
VIII. » Ioseppe di Manzelli, 1567.
IX. » Domenico Farri, 1569.
X. » » » 1570.
XI. » Altobello Salicato, 1573.
XII. » Giovanni de’ Picchi e fratelli,
XIII. » s. n. t., 1580.
XIV. » Domenico Farri, 1584.
XV. » Domenico Cavalcalupo, 1586.
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XVI. Venezia, Daniel Zanetti, 1590.
XVII. » » » 1597.
XVIII » » » 1598.
XIX. » Alessandro de’ Vecchi, 1599.
XX. » Daniel Zanetti, 1601.
XXI. » Zanetto Zanetti, 1604.
XXII. » Alberti» 1604.
XXIII. » Daniel Zanetti, 1607.
XXIV. » Zanetto Zanetti, 1608.
XXV. » » » 1613.
XXVI. Bologna, Romagnoli Dall’Acqua, volumi due, 1898-1908, a cura di G. Rua.

Nella prefazione a quest’ultima edizione diedi notizia alquanto diffusa delle varie modificazioni che furono introdotte nel testo e nel complesso delle P. N. nelle loro successive edizioni. Furono dapprima, cioè nelle ediz. 1556, 1557, 1558 e in qualche altra in seguito, soltanto modificazioni del testo intese generalmente a sostituire nella trascrizione forme piú moderne e letterarie a forme antiquate e dialettali; ma giá nelle edizioni ’56 e ’58 (e in seguito nelle posteriori) si nota un’alterazione, a cosí dire, sostanziale. Nelle edizioni 1553 e 1554 la novella VIII, 3 svolgeva questo argomento: Frate Tiberio Pallavicino apostata, poi fatto prete secolare e maestro in teologia, anta la moglie di maestro Chechino intagliatore; ella col cotisenso del marito in casa l’introduce: e trovato da lui, con una ignominiosa beffa fuori lo manda e da morte lo libera2; svolgeva cioè l’argomento che da due fabliaux si suole intitolare Le preist crucifié e Le preist teint. Lo Straparola pensò bene di sopprimerla, e vi sostituí le due altre brevi novelle che nella presente edizione (cosí come in quelle del ’56 e ’58) recano i numeri VIII, 3 e VIII, 4. — La censura, di cui pare [p. 240 modifica]che giá in questo caso si presenta l’influsso, adoperò sempre piú addentro le sue forbici nelle edizioni posteriori al ’63: come e quanto, può trovarsi descritto nella mia prefazione su citata all’edizione di Bologna 1898-1908. Nella quale, pubblicata per cura della R. Commissione pe’ testi di lingua nelle Provincie dell’Emilia, dopo piú di tre secoli le P. N. riapparvero nella loro forma integrale e originaria essendo state riprodotte principalmente sulle edizioni del 1550 e 1551 pel primo libro e su quelle del 1553 e 1554 per il secondo, tenuto il debito conto delle edizioni del ’56 e del ’58.

Ristampando ora le fiabe e novelle delle P. N., mi sono naturalmente attenuto al testo dell’edizione di Bologna che ho tuttavia riveduto e ritoccato, specie nella punteggiatura; e in ultimo ho segnalato alcune varianti tratte particolarmente dalla ediz. 1558 per il primo libro e dalle edizioni 1556 e 1558 per il secondo. Ma non ho credulo di dover fissare in forme costanti la varia grafia antica di molte parole e flessioni, ed ho lasciato, p. es., alciò e alzò; albero, arbavo, albovo; fuoco e fuogo; orecchi e orecchie; limosina e limosena; di, de, de'; fosse e fusse; dopo, dopo’, doppo; e simili.

Ho omesso la nov. VIII, 3, ripudiata, come s’è detto, dallo stesso autore. Ho anche omesso gli aridi e monotoni cenni di commento con cui la brigata accoglie la narrazione delle novelle, e le chiuse delle Notti che sono di una desolante uniformitá; a darne un’idea ho fatto eccezioni per la novella I, 1 e per la Notte I; qualcosa di nuovo e di vario leggesi nelle chiuse delle Notti V e XIII, e perciò le ho conservate. Parimenti sono omessi gli enimmi; del modo abituale come sono proposti e risoluti può offrire esempio quello riportato nel sèguito della nov. I, 1: e ne trascegliamo qui per saggio alcuni altri.

I (IV, 3)

     Sovra il superbo monte di Chiraldo,
cinto di forte siepe d’ogni intorno,
un vidi star con occhio di ribaldo,
quando piú scalda il sol del Tauro il corno.
La spoglia ha di finissimo smeraldo;
ragiona, ride e piange tutto il giorno.
Il tutto detto v’ho: restami il nome;
vorrei saper da voi com’ai si nome.
Il papagallo .

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II (IV, 4)

     Nel mezzo della notte un leva su,
tutto barbuto, nè mai barba [non] fé’;
il tempo accenna, nè strologo fu;
porta corona, nè si può dir re;
nè prete, e l’ore canta ed ancor piú;
calza li sproni, e cavalier non è;
pasce figliuoli, e moglie inver non ha:
molto è sottil chi indovinar lo sa.
Il gallo.

Ili (V, 4)

     Va sier Zovo indrio e inanti,
ch’è vezu da tuti quanti;
chi da un lò sta, chi da l’altro,
ben sará quel fante scaltro
che dá a quatro in su la schina,
s’a la prima lo indovina.
Tuta fiá, da bon amigo,
che l’è zovo pur ve ’l digo.
El zovo.

IV (VII, 3)

     Vecchio giá fui per tempo, e quando nacqui,
fui da mia madre maschio procreato;
molti giorni ne l’acque fredde giacqui,
indi poi tratto fuor martirizzato;
cotto giá fui, e quando a l’uomo piacqui,
col ferro m’ebbe ancor tutto squarciato;
d’allor in qua al servir fui sempre buono:
ditemi, se ’l sapete, chi ch’io sono.
Il lino.

V (IX, 2)

     Per me sto ferma, e se talun m’assale,
vo su per tetti e spesso urto nel muro;
le percosse mi fan volar senz’ale,
e saltar senza piedi al chiaro al scuro;
non cesso mai, se ’l mio contrario tale
non resta, che ’l desir suo sia sicuro;
in me principio o fin pur non si vede,
e cosa viva fui, né alcun me ’l crede.
La palla.

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VI (XI, 4)

     Due siamo in nome e sol una in presenza,
fatte con arte e fomite con guai.
Fra donne conversiam senza avvertenza,
ma siam maggior fra genti rozze assai;
ed infiniti non posson far senza
nostro valor, né si dogliamo mai;
e consumate per l’altrui lavoro,
guardate non siam piú d’alcun di loro.
Le forbici.

VII (XIII, 4)

     Vivo col capo in sabbia sotterrato,
e sto giocondo e senza alcun pensiero;
giovane son, né appena fui ben nato,
che tutto bianco, anzi canuto io ero;
la coda verde e poco apprecciato
son dal popolo grande, ricco, altero;
caro sol m’ha la gente vile e bassa,
ché mia bontá fra gran signor non passa.
Il porro.

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CENNI BIBLIOGRAFICI.

Les facietieuses Nuits de Straparole. Traduites d’italien en Jranfois par Pierre de Larivey, Amsterdam, 1725. Ristampa dell’antica traduz. francese (sec. XVI) con prefazione del La Monnoye e annotazioni di fonti e imitazioni del Lainez. Altra ristampa di Parigi, 1857, con introduzione dello Jannet.

Mélanges tirés d’une grande Bibliothéque. Romans, Section XIII, Parigi, 1791: con una larga analisi delle Piac. Notti.

Straparola, Märchen, Vienna, 1791: vi sono tradotte alcune novelle scelte dalle prime sei Notti, con alcune scarne e arruffate notizie bio-bibliografiche.

Dunlop-Liebrecht, Geschichte der Prosadichtungen, 1814-1851: il novelliere dello Straparola vi è oggetto di particolare trattazione.

Schmidt, Märchen-Saal. Die Märchen des Straparola aus devi italienischen mit Anmerkungen, Berlino, 1817. La traduzione delle fiabe dello Straparola è condotta sulla ediz. ital. del 1608 gravemente mutilata dalla censura; perciò non vi comparisce qualche fiaba. A questa lacuna rimediò poi Guglielmo Grimm in una delle edizioni dei Kinder und Hausmärchen.

Passano, I novellieri italiani in prosa, Torino, 1878, ad vocem.

Brakelmann, G. F. Straparola da Caravaggio. Dissertation zur Erlangung der philosophischen Doctorwürde; Gottinga, 1867.

Landau, Beiträge zur Geschichte der italienischen Novelle, Vienna, 1875; il cap. sullo Straparola è a pp. 126-131.

Crane, Italian popular tales, Boston, 1885; vi si parla a lungo dello Straparola e a pp. 348-50 vi è tradotta in inglese la fav. XI, 1. La stessa fiaba era giá stata tradotta dal Deulin, Les contes de ma mère l’oye avant Perrault, Parigi, 1878. E a questo proposito è da aggiungere che le nov. II, 2; IV, 4 e VIII 2 delle P. N. leggonsi tradotte in Simrock, Die Quellen des Shakspeare, Bonn, 1872; e che il Köppel, Studien zur Geschichte der italienischen [p. 244 modifica]Novelle in der englischen Litteratur des XVI Iahrhund., Strasburgo, 1892, dá notizia di antiche traduzioni inglesi di novelle dello Straparola, fra cui appunto le nov. II, 2 e IV, 4.

Rua, Intorno alle P. N. dello St rapar ola, nel Giorn. stor. d. letteratura ital., vol. XV e XVI; e Le Piac. Notti dello Straparola, Roma, 1898.

Di Francia, La Novellistica, vol. I, Milano, 1924, pp. 713-31.




Note

  1. Ma di una traduzione tedesca delle P. N. del sec. XVI non ci è giunta che incerta notizia.
  2. La beffa consiste in ciò che, all’improvviso rincasar del marito, frate Tiberio si atteggia sopra un armadio in forma di crocifisso, sperando cosí di restare inosservato. Frattanto essendo sopraggiunte alcune monache per vedere appunto un crocifisso che maestro Chechino stava lavorando per loro, egli mostra il corpo del frate; e poiché esse si lagnano d’una cotal sua soverchia prominenza, il maestro s’appresta a tagliarla co’ suoi ferri: ma frate Tiberio non gliene lascia il tempo, ché, saltato giú dall’armadio, cosí nudo com’era, se ne fugge a rompicollo mentre le monache gridono al miracolo.