Le donne di casa Savoia/Conclusione

Conclusione

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CONCLUSIONE



Onde venisti? quali a noi secoli
sì mite e bella ti tramandarono?
fra i canti de’ sacri poeti
dove un giorno, o Regina, ti vidi?

Carducci


N
è aspirazione di Regina, nè affetto di madre e di ava, potevano far supporre a Maria Teresa, quando, pensando al suo povero esule, carezzava sospirosa le testine dei nipotini, il luminoso destino che era stato segnato a quei suoi diletti. Né dessa, né l’affettuosa sua nuora, Maria Adelaide, giammai potevano pensare che quell’indipendenza d’Italia, costata ad esse tante lacrime e tanti sospiri, quell’unità che lor sembrava forse una generosa utopia, e che da secoli tutti erano abituati a considerare come un bel sogno, ma un sogno che pure era stato la fede di tanti martiri e di eroi, presto sarebbe risultato un fatto compiuto e consacrato!

Quattro anni appena dalla loro morte, sorgeva l’alba del 1859, foriera di grandi e mirabili cose. Vittorio Emanuele II ricevendo le due Commissioni del [p. 446 modifica]Parlamento, che gli recavano gli auguri di Capodanno, non potè frenarsi dal trasmettere per loro mezzo, al suo popolo, una parola, di speranza, di quella speranza che tanto allietava il suo cuore; e pochi giorni appresso, aprendo la nuova sessione del Parlamento, lanciò, col suo discorso, all’Europa queste significanti parole:

«Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei consigli dell’Europa, perchè grande per le idee che rappresenta, per le simpatie che esso ispira.

Questa condizione non è scevra di pericoli, giacchè mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi.»

E la storia del nostro risorgimento è là per narrare, a chi non lo ricorda per reminiscenze, o memorie personali, come il Re di Piemonte accolse quei gridi; come la guerra dell’indipendenza fu determinata e combattuta; come Vittorio Emanuele II, per volere dei popoli, divenne il primo Re d’Italia; come la Corte piemontese si trasformò in Corte italiana; come la Dinastia si affermò e si cementò italiana, coll’unione di Umberto figlio del Re, con la gentile Margherita, figlia del di lui fratello, il duca di Genova, a cui non fu concessa tanta vita da godere tale suprema gioia.

Perciò, da quel giorno, si può dire chiusa la serie delle Principesse di Savoia, ed incomincia quella delle Principesse d’Italia, che da esse hanno l’origine e [p. 447 modifica]Maria Vittoria Della Cisterna
Duchessa d’Aosta
1847-1876.
[p. 448 modifica]le tradizioni. Di quelle ho voluto, con questo libro, rendere popolari i pregi e le virtù, onde tutti sappiano donde e venuta la nostra Regina, quali secoli ce la tramandarono, dove la si vide un giorno sotto la parvenza di qualche sua antenata.

Ma qui finisce il compito assuntomi; e ben orgogliosa, come italiana, di potere affermare che le Principesse d’Italia sono tutte degne della nobile stirpe da cui provengono, o si sono innestate, lascio alla storia, e a coloro che questo tempo chiameranno antico, d’intessere il racconto della loro vita. Per noi ciò sarebbe inutile, sarebbe una vana ripetizione di quanto giornalmente ci si svolge intorno.

Tutti, fin’ora, in Italia, rammentano le solide virtù, le prove di suprema bontà e intrepidezza fornite alla patria dalla compianta Duchessa d’Aosta, Maria Vittoria, nata Principessa della Cisterna, prima moglie del Principe Amedeo, fratello di Re Umberto, rapitaci nel 1876, vissuta appena ventinove anni, e perennemente compianta e rimpianta dai figli e da quanti la conobbero, sia sventurata Regina sul trono di Spagna, sia sposa e madre felice nella Reggia d’Italia, sia giovinetta, ammirandola nel paterno palagio.

E tutti del pari conoscono, per un gentile riflesso, Maria Elisabetta di Sassonia, già moglie del Principe Ferdinando, fratello di Vittorio Emanuele nostro primo Re, Duchessa vedova di Genova; giacché la solitaria di Stresa non si manifesta pienamente che nelle virtù della figlia; e tutti amano e venerano in [p. 449 modifica]lei la degna madre della prima Regina d’Italia, da lei educata e formata, tanto che ogni pregio della figlia ha la sua sorgente e il suo impulso nel cuore della madre.

Non vi ha poi cuore italiano che, mirando alla sposa del Principe Ereditario, la gentile Elena del montenegro Principessa di Napoli destinata a perpetuare la gloriosa dinastia, non comprenda quanti e quali pregi e attrattive ella saprà dare a coloro che da lei verranno.

In quanto alle tre giovani Duchesse, venuteci da altre Corti, per far prosperare, come tante loro antenate, la discendenza, la nobiltà e il valore di questa Casa pressoché millenaria, esse sbocciano si può dire adesso sotto il nostro cielo, e l’avvenire è tutto per loro, un avvenire colmo di speranze e di promesse.

E dei tre splendidi fiori, nati dal vecchio e robusto albero, basta qui limitarsi a ricordare a titolo di onore, come degni di plauso imperituro e della stirpe gloriosa, il nobile coraggio spiegato da Clotilde di Savoia, nei rivolgimenti del secondo impero, in Francia; lo slancio generoso di Maria Pia, che gettavasi in mare per salvare i suoi due figli fanciulli, che vi pericolavano; e l’audace e fiera risoluzione della Regina Margherita, che le ispirò il motto omai storico:

«Sempre avanti Savoia

Fin qui nella prima edizione di questo libro (marzo 1900). Ora, passati tre anni dai quella, molte cose sono [p. 450 modifica]cambiate, in forza di avvenimenti lieti e tristissimi, svoltisi, in questo lasso di tempo, nella Reale famiglia.

Il Re d’Italia è ora Vittorio Emanuele III; e nella Reggia già sorridono due vaghe bambine, gentile promessa di future e degne Donne di Casa Savoia.


Fine