Le cento novelle antiche/Novella LXXXIV

Novella LXXXIV

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Come Messere Azzolino fece bandire una grande pietanza.


NOVELLA LXXXIV.


Messere Azzolino romano fece bandire una volta nel suo distretto, et altrove ne fece invitata, che volea fare una grande limosina. E però tutti i poveri bisognosi uomini come femine, et a certo die, fossero nel prato suo, et a catuno darebbe nuova gonnella e molto da mangiare. La novella si sparse. Trasservi d’ogni parte. Quando venne il giorno dell’agunanza, i sescalchi suoi furo tra loro con le gonnelle e con la vivanda; et a uno a uno li facea spogliare e scalzare tutto ignudo, e poi lo rivestia di pani nuovi, e davali mangiare. Quelli rivoleano i loro stracci; ma neente valse: chè tutti li mise in un monte, e cacciovvi [p. 120 modifica]entro fuoco. Poi vi trovò tanto oro e tanto argento, che valse più che tutta la spesa; e poi li rimandò con dio.

Et al suo tempo li si richiamò un villano d’un suo vicino che li avea imbolato ciriegie. Compario l’accusato, e disse: mandate a sapere se ciò può essere, perciò che ’l ciriegio è finemente imprunato. Allora messere Azzolino ne fece prova, e l’accusatore condannò in quantità di moneta, però che si fidò più nelli pruni, che nella sua signoria. E l’altro diliberò.

Per tema della sua tirannia una li portò un sacco di noci, le quali non si trovaro somiglianti. Et essendosi il meglio acconcia ch’ella poteo, giunse colà dove elli era co’ suoi cavalieri, e disse: messer, Dio vi dea lunga vita. Et elli sospecciò, e disse: perchè dicesti così? Et ella rispose: perchè se ciò sarà, noi staremo in lungo riposo. E quelli rise, e fecele mettere un bel sottano, il quale le dava a ginocchio, e fecelavi cingere su, e tutte le noci fece versare per la sala, e poi a una a una li le facea ricoglier, e rimettere nel sacco, e poi la meritò grandemente.

In Lombardia e nella Marca si chiamano le pentole, olle. La sua famiglia avevano un dì preso un pentolaio per malleveria, e menandolo a giudice, messer Azzolino era nella sala; disse: chi è costui? Uno rispose: messer, è un olaro. Andalo ad impendere. Come, messere, che è un olaro. Et io però dico che voi l’andiate ad impendere. Messere, noi diciamo ch’elli è uno olaro. Et ancor dico io che voi l’andiate ad impendere. Allora il giudice se n’accorse. Fecelne inteso, ma non [p. 121 modifica]valse; che, perchè avea detto tre volte, convenne che fosse impeso.

A dire come fu temuto sarebbe gran tela, e molte persone il sanno. Ma si rammenterò come essendo elli un giorno con lo ’mperadore a cavallo con tutta lor gente, s’ingaggiaro chi avesse più bella spada sotto. Lo ’mperadore trasse la sua del fodero, ch’era maravigliosamente fornita d’oro e di pietre. Allora disse messere Azzolino: molto è bella, ma la mia è assai più bella. E trassela fuori. Allora seicento cavalieri ch’erano con lui trassero tutti mano alle loro. Quando lo ’mperadore vide le spade, disse che ben era la più bella.

Poi fu Azzolino preso in battaglia in un luogo che si chiama Casciano, e percosse tanto il capo al feristo1 del padiglione ov’era legato, che si uccise.


Note

  1. al feristo. Voce antica, della quale è incerto il vero significato. Pare, secondo il Vocabolario della Crusca, che sia quello stile che regge e sostiene i padiglioni nel campo.