Le Danaidi/Libro secondo/Saluto al mare

Saluto al mare

../Sonetto di primavera ../La caccia disperata IncludiIntestazione 30 luglio 2019 75% Da definire

Libro secondo - Sonetto di primavera Libro secondo - La caccia disperata

[p. 54 modifica]


SALUTO AL MARE




O mar profondo, o generosa, invitta
     Immensità! sempre, fidente e pia,
     Quand'è più stanca e di dolor trafitta.
     Sempre ritorna a te l'anima mia.

O mare, a te, che negli oscuri e vasti
     Scoscendimenti ove il tuo gorgo dorme,
     I prischi germi e le perplesse forme
     Di quanto vive e dee morir creasti.

Perchè nell'ombra travedendo il lume
     Forse del ver l'antica fantasia,
     Nata sognò la genitrice iddia,
     La sfavillante iddia dalle tue spume.

A te, che tutta la terrestre mole
     Cingi e soggioghi, e nel volubil grembo
     Specchi l'azzurro sterminato e il nembo
     Vertiginoso e il fulvo occhio del sole.

[p. 55 modifica]


Dal grembo tuo, che mansueto vide
     E sofferse dell'uom la tracotanza,
     Un'arcana speranza, una speranza
     Imperitura al perituro arride.

Ond'ei col vivo imaginar lontane
     Patrie vagheggia e sconosciute, dove
     Innovati destini e virtù nove,
     Più mite il cielo e men conteso il pane.

Questa la speme che commise ai venti,
     E alla fortuna, di Giason la prua,
     Onde eterno il suo nome e della sua
     Ventura il grido fra le umane genti.

Questa la speme che drizzò le vele
     E resse il cor del Ligure tenace,
     Quando il gran volo dietro al sol che giace
     Spiegò, sordo agli scherni e alle querele.

O mare, o mar! sull'antico dirupo
     Io seggo e guardo dal tuo sen fremente
     Spuntar le nubi ora veloci or lente,
     Volar per l'aria e ricalar nel cupo.

[p. 56 modifica]


O mare, o mar! su' tuoi flutti spumanti
     Veggo le navi sbieche e profilate
     Dileguar con le bianche ali spiegate
     A mo' di grandi procellarie erranti.

E trasognando penso all'errabondo
     Corso de' fiumi che fan verde e vaga
     Senza frutto la terra, e d'ogni plaga
     Vengon tutti a finir nel tuo profondo.

E penso a questa inesorabil sorte
     Che mutando non muta, e alle infinite
     Che furono e saran misere vite
     Sacre invano al dolor, sacre alla morte.

E mi s'acqueta il cor doglioso, e tace
     De' turbolenti miei pensieri il grido:
     Torno coi fati e con me stesso in pace
     E dello stolto mio dolor sorrido.