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O Francesco povero, — patriarca novello,
porti novo vexello — de la croce signato.
De croce trovam sette — figure demostrate,
como trovamo scrette — per ordene contate,
aggiole abbreviate — per poterle contare;
encresce l’ascoltare — de longo trattato.
La prima, nel principio — de tua conversione,
palazo en artificio — vedesti en visione;
piena la magione — de scude cruciate,
l’arme demostrate — del popol che t’è dato.
Stando en orazione — de Cristo meditanno,
tale enfocazione — te fo enfusa entanno,
sempre puoi lacremanno — quando te remembrava,
Cristo te recordava — nella croce levato.
Cristo te disse allora: — Se vuol po’ me venire,
la croce alta, decora — prende con gran desire;
e te anichilire, — se vuol me seguitare,
te medesimo odiare, — el prossimo adamato.
La terza fiata stanno — a guardar a la croce,
Cristo te disse entanno — con gran suono de voce;
per nome clamò el doce — Francesco tre fiata:
La chiesa è sviata, — repara lo suo stato.
Poi, la quarta fiata, — vidde frate Silvestro
una croce enaurata — fulgente nel tuo petto;
el draco maledetto, — ch’Asise circondava,
la voce tua el fugava — de tutto lo ducato.
Vidde frate Pacifico — la croce de duoi spade
en te, Francesco angelico, — degno de gran laude;
le spade son scontrade: — l’una da capo a piede,
l’altra en croce se vede — per le braccia spiecato.
Vidde te stare en aere — beato fra Monaldo,
o’ stava a predicare — santo Antonio entanno:
en croce te mostranno, — frati benediceve,
poi li despareve, — como trovam contato.
La settima a la Verna, — stando en orazione,
sopra quella gran penna — con gran devozione,
mirabel visione, — serafin apparuto,
crucifisso è veduto — con sei ale mostrato.
Encorporòtte stimate, — lato, piede e mano,
duro fôra a credere — se nol contam de piano;
staendo vivo e sano — molti sí l’on mirate;
la morte declarate, — da molti fo palpato.
Fra l’altri santa Chiara — sí l’apicciò coi denti,
de tal tesaro avara — essa con la sua gente;
ma non gli valse niente, — ca gli chiovi eran de carne,
sí como ferro stane — duro ed ennervato.
La sua carne bianchissima, — co carne puerile,
enante era brunissima — per gli freddi nevili;
l’amor la fe’ gentile — che par glorificata,
d’onne gente amirata — de mirabel ornato.
La piaga laterale — como rosa vermiglia,
lo pianto era tale — ad quella meraviglia,
vederla en la simiglia — de Cristo crucifisso,
lo cor era en abisso — veder tal spechiato.
O pianto gaudioso, — pieno d’amiranza,
pianto delettoso, — pieno di consolanza;
lacrime d’amanza — ce fuor tante gettate,
veder tal novetate, — Cristo nuovo piagato.
Giú da le calcagna — agli occhi tra’ l’umore
questa veduta magna — d’esto enfocato ardore;
a li santi stette en cuore, — en Francesco fuor è uscito
lo balsamo polito — che ’l corpo ha penetrato.
En quella altissima palma — o’ salisti, Francesco,
lo frutto pigliò l’alma — de Cristo crucifisso;
fusti en lui sí trasfisso, — mai non te mutasti;
co te ce trasformasti — nel corpo è miniato.
L’amore ha questo officio, — unir dui en una forma;
Francesco nel supplicio — de Cristo lo trasforma,
emprese quella norma — de Cristo ch’avea en core,
la mostra fe’ l’amore — vestito d’un vergato.
L’amor divino altissimo — con Cristo l’abracciòne,
l’affetto ardentissimo — sí lo cc’encorporòne,
lo cor li stemperòne — como cera a sigello,
emprimettece quello — ov’era trasformato.
Parlar de tal figura — con la mia lengua taccio,
misteria sí oscura — d’entenderle soiaccio;
confesso che nol saccio — splicar tanta abondanza,
la smesurata amanza — de lo cuor enfocato.
Quanto fosse quel foco — non lo potem sapere;
lo corpo suo tal gioco — non poté contenere;
en cinque parte aprere — lo fece la fortura
per far demostratura — que en lui era albergato.
Nullo trovamo santo — che tal segni portasse;
misterio sí alto, — se Dio non revelasse;
buono è che lo passe, — non ne saccio parlare,
quil el porran trattare — che l’averan gustato.
O stímate amirate, — fabricate divine,
gran cosa demostrate — ch’a tal segni convine;
saperasse a la fine — quando sirá la giostra,
che se fará la mostra — del popolo crociato.
O anima mia secca — che non puoi lacrimare,
currece a bever l’ésca, — questo fonte potare,
loco te enebriare; — e non te ne partire,
lássatece morire — al fonte ennamorato.