Ernesto Majoni Coleto

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Note sull’evoluzione grafica dell’ampezzano
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13 Sezion 1 • Articole Scientifiche

Ernesto Majoni


Note sull’evoluzione grafica dell’ampezzano


La scrittura è la rappresentazione grafica di una lingua per mezzo di lettere o altri segni (grafemi). I segni della scrittura (glifi) identificano spesso suoni o gruppi di suoni ( fonemi). Dopo la tradizione orale, la scrittura è il primo modo di comunicare fra i popoli, ed il primo mezzo utilizzato per la conservazione e la trasmissione di dati. In senso più ampio si definisce scrittura, o grafia, ogni mezzo che consenta una trasmissione di informazioni più facile e veloce. Ogni scrittura, di per sé, è un’attività convenzionale, frutto d’accordi che si possono modificare sempre e in ogni modo; è così anche per la grafia della parlata ampezzana, la cui storia non è proprio antichissima, ma è abbastanza “tormentata” e ancora lungi dall’essere definita.

Del più antico scritto in ampezzano che si conosce, dà notizia Don Pietro Alverà de Pol nella sua Cronaca di Ampezzo nel Tirolo dagli antichi tempi fino al XX secolo (Cortina d’Ampezzo, 2002, p. 350). Si tratta del Saggio di poesia ampezzana, una mordace satira in 75 quartine e 300 ottonari, composta nel 1844 da Giovanni Gregorio Demenego Caisar e pubblicata in Cortina d’Ampezzo nella sua parlata. Vocabolario ampezzano con una raccolta di proverbi e detti dialettali usati nella valle (Forlì 1929, = Treviso, 1981) del medico comunale Angelo Majoni Bòto, il primo vocabolario della parlata ampezzana. Le soluzioni grafiche originali del Saggio non sono certe, poiché fu pubblicato usando la stessa grafia del vocabolario. Le quartine presentano forme come zente (d’ora in avanti, in parentesi la forma proposta con la grafia unitaria promulgata dall’Istituto Ladin de la Dolomites: ‘sente), bezen (besen), coscì (idem), ‘l é (l é), fege (feje).

Fino agli anni ’30 del Novecento, le testimonianze in prosa e versi dell’ampezzano sono poche, ma espressive. Risalta Firmiliano Degasper Meneguto, che nel 1869 scriveva cié (ce), lé (l é), rason (rajon), ditto e dutto (dito e duto), giatto (jato), anquoi (ancuoi). Nel componimento Sanin dapò (1898 circa), il figlio Silvio scriveva digelo (dijelo), l’é (l é), inpiza (idem), sci (idem); in A ra mè noiza: pasc (idem), tase (taje), tass (tasc), brascioi (idem), t’has (t as), a neó (aneó), imbroià (inbroià). Negli anni ’30 e seguenti, alcuni testi letterari risalenti spesso a fine Ottocento (ricordiamo il citato A ra mè noiza, Ra toses de Cortina d’autore ignoto, l’atto unico Ra dote di Gaetano Ghedina Tomasc) furono pubblicati sulla “Rivista Cortina”, utilizzando soluzioni grafiche abbastanza estemporanee, e poco diverse rispetto alle precedenti. Angelo Majoni nel citato Vocabolario, e Bruno Apollonio Nert nella Grammatica del dialetto ampezzano (Trento 1930; = Treviso 1987), usarono forme similari: in da lonze (indalonse), lascà (lascià), zoen (‘soen), gegia (jeja), l’outigoi (l outigoi).

Dopo un “vuoto” di circa un ventennio, nel quale l’ampezzano non registrò molta produzione scritta, tra gli anni ’50 e ’60 Teresa Lorenzi Chenòpa compose versi senza curarsi troppo di eventuali regole; la seguirono Arcangelo Dandrea Magro, autore di poesie e commedie, Rodolfo Girardi Beta e gli autori, spesso anonimi, di testi rappresentati a metà Quaresima e Carnevale. Questi testi presentano forme come Messa (idem), podasà (podassà), mesc (idem), scianta (s-cianta), gioza (joza), Ampezo (Anpezo), rei (r ei), zentaia (‘sentaia), impostures (inpostures). Nel 1973 uscì il Dizionario del dialetto di Cortina d’Ampezzo di Vincenzo Menegus Tamburin di San Vito di Cadore, che - oltre a voci scientificamente dubbie - propose una grafia del tutto personale: si leggono quindi dalònze (dalonse), despiagé (despiajé), des’ciadenà (des-ciadenà), des’gionfà (dejonfà), geràlbes (jeralbes), zoen (‘soen).

Pubblicando la Fonetica della lingua ampezzana (1974) le Regole d’Ampezzo vararono la grafia utilizzata dall’Union dei Ladis d’Anpezo (editrice dal 1985), dalle Regole stesse, dalla Cooperativa di Cortina, dalla Filodrammatica e di altri enti conformatisi mano a mano nel tempo: štruco (struco), toşa (tosa), reş oto (res oto), lujentes (idem), su ‘l soroio (sul soroio), ‘na sera (na sera), pì (pi), mušcio (mus-cio), rosa (rossa).

Con la fondazione dell’Unione Ladina (1975) e l’uscita dall’1.11.1977 di pagine in ampezzano su La Usc di Ladins, la pubblicistica locale aumentò. Fra le soluzioni grafiche inizialmente adottate, emerse il k (per ca, chi, che, co, cu), sostenuto anche in ambito provinciale. Nell’ampezzano, il k sarà in breve abbandonato: si ritroverà ancora in chi scrive (1984), in Abele Menardi, Luigi Menardi e qualche altro. Di conseguenza, i testi per La Usc di Ladins, redatti quasi sempre con forme grafiche spontanee, furono man mano conformati il più possibile alla grafia regoliera, dai redattori della pagina del periodico (Abele Menardi Diornista - fervido sostenitore del k - e la figlia Flora, poi Ernesto Majoni Coleto e Marco Dibona Moro, Ernesto Majoni ed oggi nuovamente Marco Dibona).

Rispetto alla grafia regoliera (ma anche al vocabolario), anticipando in ogni modo fin dagli anni ’70 buona parte delle soluzioni sostenute dalla grafia ladina unitaria del 2004, ha sempre agito in controtendenza Giuseppe Richebuono: cfr. zi (‘sì), l’é (l é), pousso (idem), zobas (‘sobas), tel (te l o t’el), jbarà (sbarà), ciuna (ce una), cissacan (idem), fej (fesc) e così via.

Un po’ in disaccordo con la grafia regoliera si è trovato anche Fiorenzo Pompanin Dimai de Anjelico, autore di versi, che scriveva scguatarà (sguatarà), ziraa (‘siraa), m’hà (m à), mezenes (mesenes), pascion (idem), vècie (vece), quanta (cuanta), lascàa (lasciaa).

Nel manuale di toponomastica Monti boschi e pascoli ampezzani (1983), Illuminato De Zanna Bianco, collaboratore del Vocabolario del 1986, assunse una posizione molto arretrata rispetto alla grafia promulgata dalle Regole solo dieci anni prima: cfr. giagienes (jajenes), Zuoghe (‘Suoghe), Ciesuretes (Cejuretes), ciampo (cianpo). Nel 1986 uscì il citato Vocabolario Ampezzano, che usava la grafia regoliera varata nel 1974 (quindi pousà, brašon, chera, anpezane, ‘na ota, šbarà). Sulla stessa linea si attesteranno anche il Vocabolario Talian-Anpezan (1997) e la Grammatica Ampezzana (2003) che - mirando ad offrire un testo il più scientifico possibile – propone una sovrabbondanza d’accenti e segni diacritici, accentando anche i monosillabi: cé, dé, pì, cà, sa, cón, màn, bén.

Dagli anni ’80, gli autori di scritti in ampezzano (oltre a quelli già citati, ricordiamo Antonio Alberti Cuciarin, Mario Colli Dantogna, Enzo Croatto, Emanuela Dibona Bonela, Clelia Franceschi de Cuto de Elena, Tiziana Ghedina Basilia, Agostino Girardi de Josuè, Emma Lacedelli Juscia, Stefano Lorenzi de ra Becaria, Liliana Majoni dei Bote, Amelia Menardi del Belin, Elisabetta Menardi Diornista, Rosa Menardi de chi de Ico, Teresa Michielli Pelela, Maria Soravia Mardochea, ed altri saltuari) hanno seguito solitamente la grafia regoliera, con concessioni all’estro personale e con alcuni recenti adattamenti. L’accentazione varia, invece, secondo i periodi e gli autori. Vengono accentati i vocaboli tronchi (zità, aneó, burò, cafè, cianù), gli infiniti verbali (proà, voré, dì), i vocaboli che cambiano di significato secondo il tipo e la posizione dell’accento (béco/bèco, téra/tèra, fèjeme/fejéme, pés/pès) e anche alcune voci polisillabiche (ad es. vienaràesto, cardassóne).

Nell’ottobre 2008 è uscito il primo testo letterario in ampezzano redatto secondo la grafia unitaria, Ra storia de un buratin de len - Pinochio par anpezan, traduzione integrale, per opera di chi scrive, di Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi. L’esperimento ha suscitato un buon interesse, e potrà sicuramente costituire una pietra di paragone per la semplificazione - su basi scientifiche - di soluzioni grafiche rivelatesi nel tempo tecnicamente macchinose.

Oggi, in ogni modo, si contano almeno 5 forme grafiche codificate dell’ampezzano:

  • - Grafia della pagina “Por i Ladins” del Corriere delle Alpi: iniziata intorno al 1986,

ricalcava in pratica la proposta di grafia unitaria dell’Istituto Ladin de la Dolomites, ma non accoglieva la ‘s ad inizio parola, resa con ş. Dismessa con la chiusura della pagina, nella primavera 2007;

  • - Grafia utilizzata da Giuseppe Richebuono, autore di testi sia in prosa sia in versi;
  • - Grafia seguita dalla Cassa Rurale, dal Comune, dalla Cooperativa, dalle Regole

(con gli eccessi della Grammatica 2003, sovrabbondante d’accenti), dall’Union dei Ladis d’Anpezo;

  • - Grafia ladina unitaria, proposta dall’Istituto Ladin de la Dolomites a livello provinciale

nel 2004, codificata nel manuale Scrivere in ladino. Viene seguita in ogni edizione dell’istituto, su L’Amico del Popolo, Il Cadore e dall’autore di questi appunti, che - dopo aver utilizzato fin dal 1984 la grafia regoliera –, alla luce delle scelte maturate, oggi ritiene più adeguato, ad es. ‘Sorso (per Şorşo), scioudà (šoudà), brascion (brašon), smamì (šmamì), poussà (pousà), el và (el va), pi (pì), l an dapò ( ‘l an dapò), al incontrare (a ‘l incontrare) ecc.;

  • - Grafia della Usc di Ladins: rispetto a quella dell’Union dei Ladis d’Anpezo, negli

anni ’90 aveva eliminato completamente i segni diacritici, adducendo ragioni di praticità informatica (sì, soudà, besen, brason). Grazie all’introduzione dello SPELL ed al lavoro di un’apposita commissione nominata dall’Istitut Ladin Cesa de Jan, nel 2005 è stata in parte aggiornata.

In alcuni autori sporadicamente attivi nel panorama pubblicistico locale, infine, si riscontrano ancora forme miste o differenti rispetto alle precedenti: vecie (vece), a ‘egli/lei ha - loro/esse hanno’ (à), inzel (inze l o inz el), ma (m à), dara (da ra), bon’ora (bonora), el me (el m é). Preso atto che, come accennato, ogni sistema grafico comporta scelte del tutto convenzionali, sempre e comunque modificabili in rapporto alle epoche, all’evoluzione scientifica, alle mode, e nessuna grafia rappresenta l’optimum per una lingua, è probabile che anche per l’ampezzano, col tempo, si prospetterà la necessità di fare ricorso a modalità scrittorie più raffinate di quelle sino ad oggi usate, i cui grafemi esplichino compiutamente i fonemi corrispondenti (ma sarà mai possibile?), e soprattutto che si diffonda nell’ambito ladino una grafia “pratica e semplice” da imparare ed usare per le nuove generazioni e per le nuove forme di scrittura: videoscrittura, posta elettronica e, perché no, anche gli SMS. Per l’ampezzano, come per ogni altra variante di ladino dolomitico o bellunese, comunque, le trasformazioni non sono certamente finite. Come ogni linguaggio minoritario, per il suo mantenimento sarà una questione imprescindibile perseverare nell’uso orale dell’ampezzano e consolidarlo in quello scritto, produrre testi sempre più elaborati, arricchendo l’idioma con neologi16 Sezion 1 • Articole Scientifiche smi che consentano di fronteggiare la vorticosa evoluzione sociolinguistica propria di ogni comunità. Ma questi auspici appartengono a un’altra storia ...

Bibliografia cronologica

  • - Fonetica della lingua ampezzana, Cortina d’Ampezzo, 1974.
  • - Giuseppe Richebuono, Il ladino in Ampezzo, Cortina d’Ampezzo, 1985 (= 1999).
  • - Giuseppe Munarini, Quadro della Letteratura Ladina d'Ampezzo. Poesie e prose dall'800 ai

giorni nostri con versione italiana, Cortina d’Ampezzo, 1995.

  • - Grafia Veneta Unitaria. Manuale a cura della Giunta Regionale del Veneto, Battaglia Terme,

1995.

  • - Piera Rizzolatti, Proposta di grafia unificata per le varietà parlate dalle comunità dei Ladini

Storici delle Dolomiti Bellunesi, in Ladin! - Rivista ufficiale dell’istituto Ladin de la Dolomites, Anno II - nr. 1 - Giugno 2005, pp. 8-10.

  • - Cinzia Vecellio Mattia, Problemi di grafia unitaria delle varianti ladine bellunesi, in Ladini
  • Oggi - Temi e problemi di lingua e cultura ladina bellunese contemporanea, Cortina d’Ampezzo,

2005, pp. 119-131.

  • - Ernesto Majoni Coleto, Ra storia de un buratin de len - Pinochio par anpezan, Cortina d’Ampezzo,

2008.

  • - Scrivere in ladino, Pieve di Cadore, 2008.