La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo XXVI

Libro secondo
Capitolo XXVI

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Ancora ebbi a fare il medesimo a un altro simile a questo, ma non rovinai la casa; ben gli gittai tutte le sue robe fuori. Per la quale cosa madama de Tampes ebbe ardire tanto, che la disse al Re: - Io credo che questo diavolo una volta vi saccheggerà Parigi -. A queste parole il Re adirato rispose a madama de Tampes dicendole che io facevo troppo bene a difendermi da quella canaglia, che mi volevano inpedire il suo servizio. Cresceva ogniora maggior rabbia a questa crudel donna: chiamò a sé un pittore, il quale istava per istanza a Fontana Beliò, dove il re stava quasi di continuo. Questo pittore era italiano e bolognese, e per il Bologna era conosciuto: per il nome suo proprio si chiamava Francesco Primaticcio. Madama di Tampes gli disse, che lui doverrebbe domandare a il Re quell’opera della Fonte, che Sua Maestà aveva resoluta a me, e che lei con tutta la sua possanza ne lo aiuterebbe: cosí rimasono d’accordo. Ebbe questo Bologna la maggiore allegrezza che gli avessi mai, e tal cosa si promesse sicura, con tutto che la non fussi sua professione; ma perché gli aveva assai buon disegno, e era messo in ordine con certi lavoranti, i quali erano fattisi sotto la disciplina de il Rosso, pittore nostro fiorentino, veramente maravigliosissimo valentuomo: e ciò che costui faceva di buono, l’aveva preso dalla mirabil maniera del ditto Rosso, il quale era di già morto. Potettono tanto quelle argute ragione, con il grande aiuto di madama di Tampes e con il continuo martellare giorno e notte, or Madama, ora il Bologna, agli orecchi di quel gran Re. E quello che fu potente causa a farlo cedere, che lei e il Bologna d’accordo dissono: - Come è ’gli possibile, sacra Maestà, che, volendo quella che Benvenuto gli faccia dodici statue d’argento, per la qual cosa non n’ha ancora finito una? O se voi lo impiegate in una tanta grande impresa, è di necessità che di queste altre, che tanto voi desiderate, per certo voi ve ne priviate; perché cento valentissimi uomini non potrebbono finire tante grande opere, quante questo valente uomo ha ordite. Si vede espresso che lui ha gran voluntà di fare; la qual cosa sarà causa che a un tratto Vostra Maestà perda e lui e l’opere -. Queste con molt’altre simile parole, trovato il Re in tempera, compiacque tutto quello che dimandato e’ gli avevano: e per ancora non s’era mai mostro né disegni né modegli di nulla di mano del detto Bologna.