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Quando la notte stende
Sul mar l’ombroso velo,
Quando ogni stella splende
Più luminosa in cielo,
Vien dall’Eliso un’inclita
Schiera d’illustri spirti
Quì fra i laureti e i mirti.
Guida Corinna il coro
Delle compagne, lieta
Del glorïoso alloro
Vinto al teban poeta;
E l’una all’altra mormora
Sommessamente il canto
Che a Grecia piacque tanto.
Soletta vi s’aggira
Di Lesbo la fanciulla
Che il suo Faon sospira;
Cantando si trastulla
Sull’amorosa cetera
Cinto di rose il fronte
Il vecchio Anacreonte.
Sul margine del rio,
Che la purissim’onda
Con lene mormorio
Volve tra sponda e sponda,
Leggiadri versi alternano
Gl’ingenui cantori
Dei pastorali amori.
Festevole Catullo
Scherzar con Lesbia gode,
E il fervido Tibullo
Lagnarsi a Delia s’ode;
Mentre Properzio a Cinzia
Rammemora i fugaci
Sdegni e le pronte paci.
Geme dolente e pia
Del vate di Sulmona
La flebile elegia;
Ed alto il verso suona
Di lui che soavissimo
Cantò con vario carme
Pastori, campi ed arme.
Finchè la notte stende
Sul mar l’ombroso velo,
Finchè degli astri splende
Il dolce lume in cielo,
Diffondesi per l’aere
Lunghesso la marina
Un’armonia divina.
E quando appar l'aurora,
E riedono gli spirti
Ai regni elisii, allora
Qui fra i laureti e i mirti
Tu solo sai ripetere,
Diego, quei varii accenti
Alle stupite genti.