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III. Pagine sparse - Il IV Congresso degli Orientalisti

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IL IV CONGRESSO DEGLI ORIENTALISTI


Io invito quest’eletta adunanza a toccare i bicchieri in onore del nostro giovane Re, bandiera bene augurosa d’Italia (applausi), la quale sorta a vita nuova, aspira a riempire la lacuna, che la sua decadenza lasciava nella storia della civiltá.

Dunque, viva il Re! (applausi ripetuti: Viva il Re! viva l’Italia!).

E non vi sará discaro di bere ancora alla salute del Principe, che, inviato qui dal re a rappresentarlo, si è fatto nostro compagno, ha partecipato alle nostre impressioni, ci ha seguito nelle nostre escursioni, collocato tanto piú alto nella nostra opinione quanto egli si è mostrato piú amabile e piú semplice (applausi fragorosi: Viva il Duca d’Aosta!).

Ed ora mi resta a compiere un altro dovere. Costretto per necessitá d’ufficio a partire di qui, io non posso risolvermi a lasciarvi senza esprimervi in nome del Governo, e anche, oso dirlo, in nome della nazione italiana, la grande soddisfazione che la vostra presenza qui ci ha recata, perché voi non siete un Congresso ordinario, che si rinchiude in questo o quel ramo dello scibile, o discute questa o quella quistione, ed attiri un piccolo numero di cultori e non lasci che scarsa orma dietro di sé. Voi siete i conquistatori d’un mondo nuovo, che offre alla vista nuove forme e nuove immagini: voi avete ricreato un nuovo mondo poetico, nuovi elementi di coltura e di civiltá: voi siete non questo o quel ramo della scienza, voi siete tutto il sapere rinnovellato (molte voci: bravo). [p. 315 modifica]

Noi abbiamo speso molto tempo alla ricerca de’ fini assegnati all’umanitá: ci siamo tormentati a fantasticare quello che saranno i nostri nipoti e, a forza di voler fare i profeti, abbiamo finito con adulterare la scienza, mescolandovi i nostri desiderii, le nostre opinioni, i nostri pensieri dell’avvenire; abbiamo comunicato alla scienza un colore di poesia, ma le abbiamo tolto ir» gran parte il suo colore di veritá e di esattezza (applausi). Siate i benvenuti, voi, i quali con miglior consiglio, in luogo di ricercare i fini vi siete messi a ricercare le nostre origini, sostituendo alle immaginazioni la base solida de’ fatti, ed in una nuova storia delle forme avete preparata ima nuova storia dello spirito umano. Voi avete superati i limiti della nostra antica cultura, ritirandoli nel regno delle favole, dalle quali avete fatto emergere la veritá (applausi): voi avete ritrovati nuovi termini di comparazione e nuovi criterii; voi uomini modesti, siete i precursori di una scienza che rinnoverá la cultura.

Io ringrazio con tutta l’espansione e con calore di anima gli ospiti illustri, che hanno lasciato tra noi un vestigio indimenticabile, finché l’Italia amerá l’arte e la scienza; e invito tutti a bere al progresso della scienza rinnovatrice, della scienza detronizzatrice delle favole e de’ sogni (applausi fragorosi).

[Avendo il prof. Benfey riassunta, nel suo discorso, la storia italiana, il Ministro rispose:]

Dopo l’eloquente discorso dell’illustre professore Benfey io non posso rimanere in silenzio. E gli rendo grazie di questa storia ammirevole, che egli ha fatto d’Italia ricordando le glorie de’ nostri antenati. Anche due giorni fa in casa d’un nostro simpatico ed illustre artista1 un altro illustre uomo, ch’io chiamerò Renan tout court, ou bien Renan sans epithète, parce que Renan est Renan ed il suo nome basta, (applausi) ha ricordata la nostra storia con una simpatia, di cui tutti gli dobbiamo esser grati. [p. 316 modifica]

Ed ecco ora il nostro professore alemanno ricantarci le stesse lodi, e parlarci della rinascenza, e dire i vanti de’ nostri maggiori. Mai l’idioma tedesco non m’è giunto cosí dolce all’orecchio e cosí fluido come ora, pronunziato da lui. La sua alta intelligenza avvezza a’ più difficili problemi della filologia, ha cavato da lui cosí, allo improvviso, una lezione sulla nostra storia, che ha istruito e dilettato tutto l’uditorio; ed io posso dire di lui col poeta, che

     .... Di sua bocca uscieno
Piú che mel dolci d’eloquenza i fiumi! (applausi).

Pure io dirò con quale sentimento noi popolo nuovo accogliamo queste lodi. C’era una volta un popolo italiano, che, accoccolato nel suo dolce far niente, andava in sollucchero quando i forestieri venivano qui a cantargli le lodi degli avi, e lo vantavano il popolo della rinascenza, il gran popolo, che ha ritrovato quello che i Greci avevano creato; ed è stato maestro dell’Europa, ed ha esercitato un’egemonia intellettuale, come ricordava ora il mio vicino, il mio egregio professore Benfey. Ma queste lodi oggi non ci bastano piú; direi anzi che ci fanno male. Noi oggi ci sentiamo un popolo vivo e vogliamo vivere d’una vita nostra, e vogliamo divenire un popolo moderno, e ci sentiamo uno con voi e vogliamo vivere della vostra vita (grandi applausi). Voi ve ne accorgete perché vedete con quanta simpatia noi vi abbiamo accolto e come ci sentiamo tutti amici: c’è un legame, che ci stringe ormai, c’è tra noi parentela intellettuale (fragorosi applausi). Dunque, o signori, voi venivate un giorno a visitare non noi, ma i nostri musei, le tracce de’ nostri antenati (applausi); ed ora noi speriamo mostrarvi che non vogliamo piú ricordare la storia del nostro passato; ma la storia vogliamo farla noi (acclamazioni)!

  1. Ernesto Rossi