LXXII ../LXXI ../LXXIII IncludiIntestazione 29 ottobre 2021 75% Da definire

LXXI LXXIII

[p. 95 modifica]


LXXII. — Ora torna lo conto a uno cavaliere il quale iera nela corte del re Marco e avea nome Sigris ed iera del reame [p. 96 modifica] di Longres ed iera cavaliere errante ed iera malamente innaverato a una battaglia, la quale egli avea fatta in istranio paese, ed iera venuto a madonna Isotta per guerire dele sue piaghe ch’egli avea, che non iera bene guerito. Ed egli, udendo che la reina sí n’iera menata in cotale maniera, sí disse alo suo iscudiere: «Va e sí guarda per la corte se v’ha neuno cavaliere che prenda arme per andare a ricoverare madonna Isotta dalo cavaliere». E lo scudiere guarda per le sale e per la corte, né non vide neuno cavaliere di Cornovaglia che prenda l’arme. A tanto sí tornoe lo scudiere a Sigris e sí gli disse: «Per mia fé, e’ non v’ha neuno cavaliere ch’arme prenda». E allora sí comanda Sigris alo suo iscudiere ch’egli gli debia portare le sue arme ed apparecchi lo suo cavallo. Ed allora rispuose lo scudiere e disse: «E com’è, messer, e volete voi andare a combattere colo cavaliere, che le vostre piaghe non sono ancora saldate?». E Sigris rispuose e disse: «E come sarebe? E lasceremone noi menare madonna Isotta a uno solo cavaliere, quando li malvagi cavalieri di Cornovaglia no l’hanno voluta difendere?». E lo scudiere disse: «Per mia fede, sí, infino che voi non siete guerito». E Sigris disse che non lascerae per neuna maniera né per neuna aventura ch’elli non vada a difendere madonna Isotta. Allora sí prende l’arme e apparechiasi a guisa di cavaliere e monta a cavallo ed allacciasi l’elmo in testa e piglia lo scudo e sua lancia e tiene di dirieto alo cavaliere. E cavalcando in tale maniera sí giunse Pallamides in uno bello prato, lo quale ne mena madonna Isotta. E Sigris si guarda lo cavaliere e dicegli: «Cavaliere, guardati da me, ch’io sí vi diffido, ché in tale modo al postutto voi non de menerete madonna Isotta». A tanto Pallamides sí si volse indietro e vide lo cavaliere. Ed incontanente dirizzoe la testa delo suo distriere inverso di lui, cioè di Sigris, e Sigris sí si volse inverso Pallamides. Ed allora abassano le lancie l’uno inverso l’altro e feggionsi insieme per tutta loro potenzia, sí che si spezzano le lancie in pezzi l’uno adosso all’altro e nessuno non fue abattuto di questo iscontro. E dappoi sí si rivegnono indosso l’uno all’altro [p. 97 modifica] ambodue li cavalieri e mettono mano ale spade e incominciasi a ferire insieme di grandi colpi l’uno all’altro, sí che alo ferire dele spade si conosce Pallamides che Sigris non è suo amico. Sí che, anzi che rimanesse lo primo assalto, non ve n’ha nessuno che non abia fedite assai. Combattendo in tale maniera, e la reina vedendo combattere li cavalieri, incomincia a fuggire inverso lo diserto e vide uno fiume molto grande. Ed ella cavalca in quella parte per intendimento d’andarsi ad annegare. Ed andando inverso lo fiume, ed ella si iscontroe uno barone di Cornovaglia, lo quale sí domandoe e disse: «Dama, perché fuggite voi in tale maniera?». Ed ella si rispuose e disse ch’ella sí s’andava ad annegare. E lo barone sí la domanda per che cagione, ed ella disse ch’ella sí era la piú disaventurosa reina del mondo. E lo barone disse: «Siete voi madonna la reina Isotta?». Ed ella disse che sie. Allora sí torna lo barone cola reina e passa madonna Isotta a uno passo di quello fiume e menolla ad uno suo ridotto a una torre molto bella e forte. Ed or dimanda lo barone perché la reina fuggio. E ella sí disse che Pallamides l’avea tolta alo re Marco per inganno [e] sí come Pallamides era rimaso ala battaglia con uno cavaliere, «ed io vedendo combattere Pallamides con quello cavaliere, sí incominciai a fuggire, sí che io mi volsi anzi andare ad anegare che nessuno cavaliere m’avesse altri che lo re Marco». Allora disse lo varvassorio: «Madonna, oggimai non v’è mestiere di temere di neente, imperciò che voi siete in buono luogo e sicuro». Allora sí comanda lo varvassorio ale donne e ale donzelle dela casa che la reina debia essere bene servita di tutto ciò ch’ella comanda. Ed allora si parte lo varvassorio e viene inverso Tintoil. Ma Pallamides lo quale combattea colo cavaliere, sí si maraviglia molto dele prodezze che truova in lui. Ma dappoi ch’egli hanno tanto combattuto che [a] ciascheduno facea bisogno di riposare per cogliere lena e forza, allora si trassero indietro l’uno dall’altro e Pallamides sí parla a Sigris e dissegli: «Cavaliere, tanto siamo combattuti intra noi due, che io conosco che voi siete buono cavaliere. E imperciò che tra [p. 98 modifica] noi due non è querella, la quale per noi due si debia menare a fine, ed io veggio che voi siete presso dela morte, [io voglio che noi non combattiamo piú]». Allora disse Sigris: «A me pare che voi siete vie piú presso ala morte che non sono io». Allora disse Pallamides: «E come son io piú presso ala morte mia che voi? Non vedete voi che voi perdete tutto lo vostro sangue?». Allora si puose mente Sigris ali piedi e vide tutto Io prato pieno del suo sangue. Ed allora sí incomincioe a dubitare. Ma questo sangue non iera dele fedite le quali Pallamides gli avesse date, anzi iera uscito dele fedite ch’egli avea prima, lá ond’egli si medicava a corte delo re Marco. Allora sí rincomincia la battaglia intra li due cavalieri e Pallamides sí gli dae sí grande colpo dela spada sopra l’elmo che lo fae trarripare a terra delo cavallo, ed alo cadere che fece si isoasimoe. E Pallamides volge la testa delo distriere in quella parte lá ove avea lasciata madonna Isotta e guarda e nola vede. Ed allora sí si incomincia a chiamare lasso issé dolente e tristo cavaliere, lo piú che nessuno cavaliere del mondo. «Dappoi ched io ho perduta madonna Isotta ed io mi voglio chiamare lo piú lasso cavaliere e lo piú disaventuroso che mai fosse nel mondo». Allora sí si muove Pallamides e sí cavalca inverso lo diserto grande ora, in quella parte lá dov’iera lo fiume, ed allora sí incontra Pallamides lo varvassorio. Ed or lo domanda e dicegli: «Cavaliere, iscontraste voi una dama cavalcando uno palafreno bianco?». E lo varvasore disse: «Cavaliere, perché mi ne domandi tue?». E Pallamides disse: «Perch’ella sí iera mia dama». Ed allora rispuose lo varvassore e disse: «Ed io sono quegli che la t’hoe tolta ed bolla messa in una mia torre». «E com’è ciò» disse Pallamides «e se’ tu quegli che cosí grande dolore m’hai fatto? Per mia fé, tu non ti ne loderai giae». Ed allora Pallamides mette mano ala spada e fieri alo cavaliere e dagli tra ’l capo e le spalle ed abattelo morto a terra del cavallo. Allora disse Pallamides: «Se tu m’hai fatto damaggio a me, tu non ne farai piú giamai a nessuno uomo». E allora si parte Pallamides dalo castello e cavalca inverso lo fiume e passa [p. 99 modifica] dall’altra parte. E vide una torre, ed allora incontanente disse fra suo cuore ed in fra se medesimo: «In quella torre è la reina», e cavalca in quella parte incontanente. E dappoi che fue giunto ala torre vide madonna Isotta istare ala finestra, e lo ponte sí era levato e le porte sí erano serrate. E madonna Isotta disse a Pallamides: «Cavaliere, partitevi oggimai e non istate piú quie, ché, per voler voi me, io vi dico che voi avete fallito. E tu sai bene e dei bene sapere che se T. viene quae, io credo che delo stallo c’hai fatto tu ti ne penterai. E meglio t’è che tue ti parti davanti che la battaglia sia, che tue abi damaggio; ché dappoi che tu avrai lo dammaggio, sí farae bisogno che tue ti pur parti di quie». Allora sí rispuose Pallamides e disse: «Madonna, se T. è buono cavaliere e io non mi tegno peggiore. E voi sapete bene che io sí v’aquistai lealmente e sí come prode cavaliere, e dicovi [ch’io non mi] partiroe giamai di quie, dinfino a tanto che voi sarete costie». E smontoe da cavallo e incontanente si trasse lo freno al cavallo e lasciollo pascere, e levasi lo scudo da collo ed appicollo a uno albore e la lancia altresie; e poi sí si coricoe presso a’ fossi lá dov’iera lo ponte dela porta, onde s’entrava nela torre. Ed allora vedendo la reina Isotta che in tale maniera iera assediata da Pallamides né per sue parole no lo n’avea potuto cacciare da sé, allora incontanente sí si parte dala finestra e disse: «Cavaliere, oggimai ti stae quanto ti piace».