La leggenda di Tristano/CCXXXV

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CCXXXV. — Quand’elli ha cosí parlato a re Marco, elli si torna inverso la reina e disse: «Dama, io mi muoio. Venuta è l’ora e’l tempo ch’io non posso piú andare inanzi. Certo tanto mi sono combattuto incontro ala morte, quanto piú ho potuto, mia cara dama. E quando io mi moro, che farete voi? come vivrete voi presso di me? Dama, come potrebbe ciò essere che Y. viva senza T.? Ciò será grande meraviglia, altresí grande come pesce vivere senza acqua, e come del corpo vivere senza l’anima. Cara dama, come farete voi quando io morrò? Non morrete voi con meco? Sí anderá nostra e vostra anima insieme. Amica mia bella, dolce dama, la quale io ho piú di me amata, fate ciò che io credo, che voi moriate con meco, sí che noi moriamo insieme. Per Dio, guardate che questo fatto non sia altrementi». La reina Y., che tanto ha duolo che quasi lo cuore le scoppia, non sa ch’ella si debbia fare né rispondere. «Amico» disse ella «se m’aiuti Idio, e’ non è ora al mondo nulla ch’io sí tosto volesse, come di morire ora con voi, e come di fare a voi compagnia a questa morte. Ma io non so com’io lo posso fare; se voi lo [p. 289 modifica] sapete, sí me lo insegnate e io lo farò tostamente. Se per avere dolore e angoscia potesse morire nulla dama, se m’aiuti Idio, io sere’ morta piú volte, poi che io venni qua dentro. Ché io non credo che nulla dama unquamai fusse tanto dolente, che io non sia assai piú, e s’elli fusse a mia volontá, io morrei ora indiritto».