XLIII

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XLII XLIV

 
Amico, tu fai mal, che·tti sconforti
e·tti lamenti sì di starmi servo,
dicendo ch’i’ ti sono crudo e acervo,
4vogl[i]endoti però gittar tra i morti.

Non pare a·mme che ’n quella guisa porti
tua sofferenza che quel ch’i’ conservo
ti sia donato, se·ccomo lo cervo
8non ti rinnuovi ’n saccenti ed accorti

piaceri, e ’n soferir con be’ costumi
quanto che piacerà a·mme di darti:
11anch’ io conoscerò lo tu’ cor dentro.

Ché ’n dar gioi a villan già non mi pentro:
onde ti pena di cortese farti,
14acciò ch’io brevemente ti rallumi.