Prologo

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succedono quattordici pagine di trascrizione del privilegio imperiale.

Prefazione Capitolo I
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PROLOGO

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» ...Il suo aspetto che dimostrar poteva venticinque anni faceva a prima vista una impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita, e direi quasi scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti discosto alquanto dal viso; sotto il velo una bianchissima benda di lino cingeva, sino al mezzo, una fronte di diversa ma non d’inferiore bianchezza: un’altra benda a pieghe circondava il viso e terminava sotto il mento in un soggolo che si stendeva alquanto sul petto a coprire lo scollo d’un nero sajo. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli neri si ravvicinavano con un rapido movimento. Due occhi neri neri anch’essi, si fissavano talora in viso alle persone con una investigazione superba; talora si chinavano in fretta come per cercare un nascondiglio; in certi momenti un attento osservatore avrebbe argomentato che chiedesser affetto, corrispondenza, pietà; altre volte avrebbe creduto cogliervi la rivelazione istantanea d’un odio inveterato e compresso, un non so che di minaccioso e di feroce; quando restavano immobili [p. 22 modifica] e fissi senz’ attenzione chi ci avrebbe immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi avrebbe potuto sospettarvi il travaglio d’un pensiero nascosto, d’una preoccupazione familiare all’animo, e più forte su quello che gli oggetti circondanti. Le gote pallidissime scendevano con un contorno delicato e grazioso, ma alterato, e reso mancante da una lenta estenuazione. Le labbra, quantunque appena tinte d’un rosso sbiadito, pure spiccavano in quel pallore: i lor moti erano, come quelli degli occhi, subitanei, vivi, pieni d’espressione e di mistero. La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine irregolari e troppo risolute per una donna, non che per una monaca. Nel vestire stesso c’era qua e là qualche cosa di studiato o di negletto, che annunziava una monaca singolare: la vita er’ attillata con una certa cura secolaresca, e dalla benda usciva sur una tempia una ciocchettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza, o disprezzo della regola, che prescriveva di tenerli sempre corti, da quando erano stati tagliati nella ceremonia solenne del vestimento. (Promessi Sposi, Cap. IX).

.....

» ... Un rammarico incessante della libertà perduta, l’abborrimento dello stato presente, un vagar faticoso dietro a desideri che non sarebbero mai soddisfatti, tali erano le principali occupazioni dell’animo suo. Rimasticava quell’amaro passato, ricomponeva nella memoria tutte le circostanze per le quali si trovava lì, e disfaceva mille volte inutilmente col pensiero ciò che aveva l'atto con l’opera; accusava sè di dappocaggine, altri di tirannia e di perfidia, e si rodeva: idolatrava insieme e piangeva la sua bellezza, deplorava una gioventù destinata a struggersi in un lento martirio, e invidiava in certi momenti qualunque donna, in qualunque condizione potesse liberamente godersi nel mondo que’ doni. [p. 23 modifica]

» La vista di quelle monache che avevan tenuto mano a tirarla là dentro le era odiosa: si ricordava l’arti e i raggiri che avevano messi in opera, e le pagava con tante sgarbatezze, con tanti dispetti, ed anche con aperti rinfacciamenti: a quelle conveniva le più volte mandar giù e tacere; perchè il Principe avea ben voluto tiranneggiare la figlia quanto era necessario per ispingerla al chiostro, ma ottenuto l’intento, non avrebbe così facilmente sofferto che altri pretendesse di aver ragione contro il suo sangue, e ogni po’ di romore che avesser fatto, poteva esser cagione di fare lor perdere quella gran protezione, o cambiare per avventura il protettore in nemico. Pare che Gertrude avrebbe dovuto sentire una certa propensione per le altre suore che non avevano avuto parte in quegli intrighi, e che, senz’averla desiderata per compagna, l’amavano come tale, e pie, occupate e ilari, le mostravano col loro esempio come, anche là dentro, si potesse, non solo vivere ma starci bene: ma queste pure le eran odiose per un altro verso: la loro aria di pietà e di contentezza le riusciva come un rimprovero della sua inquietudine e della sua condotta bisbetica, e non lasciava sfuggir occasione di deriderle dietro le spalle come pinzocchere, e di morderle come ipocrite: forse sarebbe stato meno avversa ad esse se avesse saputo o indovinato che le poche palle nere trovate nel bossolo che decise della sua accettazione c’erano appunto state messe da quelle.

» Qualche consolazione le pareva talvolta di trovare nel comandare, nell’essere corteggiata in monastero, nel ricevere visite di complimento da persone di fuori, nello spuntar qualche impegno, nello spendere la sua protezione, nel sentirsi chiamar la Signora: ma quali consolazioni! Il cuore trovandosene così poco appagato avrebbe voluto di quando in quando aggiungervi e goder con esse le consolazioni della Religione: ma queste non vengono se non a chi trascura quelle altre; come il naufrago, se [p. 24 modifica] vuol afferrare la tavola che può condurlo in salvo sulla riva, deve pure allargare il pugno e abbandonar l’alghe che avea prese per una rabbia d’istinto.

» Poco dopo la professione Gertrude era stata fatta maestra dell’educande: ora pensate come doveano stare quelle giovinette sotto una tal disciplina! Le sue antiche confidenti erano tutte uscite; ma lei serbava vive tutte le passioni di quel tempo, e in un modo, o in un altro le allieve dovevano portarne il peso. Quando le veniva in mente che molte di loro erano destinate a vivere in quel mondo dal quale essa era esclusa per sempre, provava contro quelle poverine un astio, un desiderio quasi di vendetta; e le teneva sotto, le bistrattava, faceva loro scontare anticipatamente i piaceri che avrebber goduti un giorno...

» ... Fra le altre distinzioni e privilegi che le erano stati concessi, per compensarla di non poter essere badessa, c’era anche quello di stare in un quartiere a parte. Quel lato del monastero era contiguo ad una casa abitata da un giovine, scellerato di professione, uno de’ tanti che in que’ tempi, co’ loro sgherri, e con l’alleanze d’altri scellerati, potevano, sin ad un certo segno, ridersi della forza pubblica e delle leggi. Il nostro manoscritto lo nomina Egidio senza parlar di casato. Costui da una sua finestrina, che dominava un cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qualche volta passare, o girandolar lì per ozio, allettato, anzichè atterrito dai pericoli e dall’empietà della impresa, un giorno osò rivolgerle il discorso: la sventurata rispose.

» In que’ primi momenti provò una contentezza non ischietta al certo, ma viva. Nel vuoto uggioso dell’animo suo s’era venuta a infondere una occupazione forte, continua, e, direi quasi, una vita potente: ma quella contentezza era simile alla bevanda ristorativa che la crudeltà ingegnosa degli antichi mesceva al condannato per dargli [p. 25 modifica] forza a sostenere i tormenti. Si videro nello stesso tempo di gran novità in tutta la sua condotta; divenne tutta a un tratto più regolare, più tranquilla; smesse gli scherni e il brontolìo, si mostrò anzi carezzevole e manierosa, di modo che le suore si rallegravano a vicenda del cambiamento felice, lontane com’erano dall’immaginarne il vero motivo, e dal comprendere, che quella nuova virtù non era altro che ipocrisia aggiunta alle antiche magagne. Quell’apparenza però, quella, per così dire, imbiancatura esteriore non durò gran tempo; almeno con quella continuità ed uguaglianza: ben presto tornarono in campo i soliti dispetti, e i soliti capricci; tornarono a farsi sentire le imprecazioni e gli scherni contro la prigione claustrale, e talvolta espressi in un linguaggio insolito in quel luogo, ed anche in quella bocca: però ad ognuna di quelle scappate veniva dietro un pentimento, una gran cura di farle dimenticare a forza di moine e buone parole. Le suore sopportavano alla meglio tutti questi alti e bassi e gli attribuivano all’indole bisbetica e leggera della Signora.

» Per qualche tempo non parve che nessuna pensasse più in là; ma un giorno che la Signora, venuta a parole con una conversa per non so che pettegolezzo, si lasciò andare a maltrattarla fuori di modo, e non la finiva più, la conversa dopo aver sofferto, ed essersi morsa le labbra un pezzo, finalmente, scappatale la pazienza, buttò là una parola, che lei sapeva qualche cosa, e che a tempo e luogo avrebbe parlato. Da quel momento in poi la Signora non ebbe più pace. Non passò però molto tempo che la conversa fu aspettata invano, una mattina, a’ suoi uffizii consueti: si va a veder nella sua cella, e non si trova: è chiamata ad alta voce, non risponde: cerca di qua, cerca di là, gira e rigira dalla cima al fondo, non c’è in nessun luogo. E chi sa quali congetture si sarebbero fatte, se, appunto nel cercare, non si fosse scoperto un buco nel muro dell'orto; la qual cosa fece pensare a tutte che fosse [p. 26 modifica] sfrattata di là. Si fecero gran ricerche in Monza, e ne’ contorni, e principalmente a Meda, di dov’era quella conversa: si scrisse in varie parti: non se n’ebbe la più piccola notizia: forse se ne sarebbe potuto saper di più, se invece di cercar lontano, si fosse scavato vicino. Dopo molte maraviglie, perchè nessuna l’avrebbe creduta capace di ciò, e dopo molti discorsi, si concluse che doveva esser andata lontan lontano: e, perchè scappò detto a una suora — s’è rifugiata in Olanda di sicuro! — si disse subito, e si ritenne per un pezzo nel monastero e fuori, che si fosse rifugiata in Olanda. Non pare però che la Signora fosse di questo parere. Non già che mostrasse di non credere, o combattesse l’opinion comune con sue ragioni particolari: se ne aveva, certo ragioni non furono mai così ben dissimulate; nè c’era cosa da cui si astenesse più volontieri che da rimestar quella storia; cosa di cui si curasse meno che di toccare il fondo di quel mistero. Ma quanto meno ne parlava, tanto più ci pensava. Quante volte al giorno l’immagine di quella donna veniva a cacciarsi d’improvviso nella sua mente, e si piantava lì, e non voleva moversi! Quante volte avrebbe desiderato rivedersela dinanzi viva e reale, piuttosto che averla sempre fisa nel pensiero, piuttosto che dover trovarsi giorno e notte in compagnia di quella forma vana, terribile, impassibile! quante volte avrebbe voluto sentir davvero la voce di colei, qualunque cosa avesse potuto minacciare, piuttosto che aver sempre nell’intimo dell’orecchio mentale il sussurro fantastico di quella stessa voce, e sentirne parole ripetute con una pertinacia, con una insistenza infaticabile, che nessuna persona vivente non ebbe mai!

» Era scorso circa un anno dopo quel fatto — ... » (Promessi Sposi, Cap. X).

... allorché si aperse, nel modo che or ci accingiamo a letteralmente trascrivere, il processo della Signora di Monza. [p. 27 modifica]


1607 die martis XXVII mensis novembris.


Coram ill. et m. r. protonotario aposlolico Curiæ Archiepiscopalis Mediolanensis vicario criminali domino Hieronimo Saracinio;


in parlatorio interiori a manu sinistra in ingressu portæ monasterii Sanctæ Margaritæ Modoetiæ siti in parte appellata di Agrate;


venerabilis Angela Margarita, in sæculo Angela de’ Sacchi, priorissa dicti monasterii, testis per informationem vocata, quæ, delato sibi juramento veritatis dicendæ, juravit tactis Scripturis;

interrogata an sciat vel presumat causam accessus nostri ad hoc monasterium, et presentis examinis;


respondit:


1607 il giorno di martedì 27 del mese di novembre.


Alla presenza dell'illustriss. e molto reverendo protonotario apostolico, vicario criminale della Curia Arcivescovile Milanese, signor Gerolamo Saraceno;

nel parlatorio interiore a man sinistra della porta d’ingresso del monastero di santa Margherita di Monza, situato nel quartiere detto di Agrate;

la venerabil Angela Margherita, al secolo Angela Sacchi, priora in detto monastero, assunta in testimonio; la qual chiamata a giurare, che direbbe la verità, giurò colla mano stesa sui Vangelii;

interrogata se sappia o presuma saper la cagione della nostra venuta a questo Monastero, e dell'attual costituto;

rispose:

» M’immagino che la causa per la quale Vostra Signoria è venuta qua e mi vogli esaminare sia per il sospetto che il signor Giampaolo sia venuto in questa casa.


Et sibi dicto ut dicat quis sit iste Johannis Paulus;

respondit:


E dettole, che dica chi sia questo Gio. Paolo;

rispose:


» Giampaolo del qual vi parlo è della parentella degli Osiis, qual ha la sua stanza qui vicino al monastero, et è la prima porta nell’uscire a man destra.


Et sibi dicto ut recenseat quidquid sciat de ingressu Io. Pauli Osii in hoc monasterio;

respondit:


E dettole che raccolga tutto quanto sa intorno l’essersi Gio. Paolo Osio introdotto ni questo monastero;

rispose: [p. 28 modifica]

» Dirò quel che saprò. So che alcune monache dicevano che il sospetto era che detto Giampaolo veneva dentro al monastero; et altre dicevano che veramente v’era, e posso dire che la maggior parte delle monache sospettavano che vi venesse; e molte anchora dicevano che ci era; ma però lo dicevano per sospetto che havevano; et una conversa chiamata suor Febronia, interrogata da me, come quella ch’era di mia confidenza perchè me veneva nella camera servendomi, e che sopraintendeva delle cose più di me, che cosa sapeva di questo fatto, et essa mi rispose, che, per cosa certa, detto Giampaolo era dentro il monastero, facendo una imprecatione, o fosse giuramento, che detto Osio era dentro il monastero; e la sospitione nasceva per le circostanze del mangiare che si faceva quando più presto, e quando più tardi del solito, et anco cose estraordinarie.


subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» La cosa del farsi il mangiare più per tempo, o più tardi del solito è dalla festa di tutti li Santi prossima passata in qua(1); e queste che facevano il mangiare a questo modo erano suor Ottavia Ricci, suor Silvia Casata, suor Benedetta Homata, quali erano amiche di suor Virginia-Maria de Leva ch’era qui nel medesimo monastero; e questo mangiare si portava su in questo o quell’altro luogo dove si diceva che era nascosto detto Giampaolo; e li luoghi sospetti erano doi camerini, uno posto a man sinistra dell’entrare di sopra, e l’altro dalla parte dov’è la camera di suor Virginia-Maria sul piaz[p. 29 modifica]zale, nel qual camerino habita e dorme suor Benedetta, et in quest’altro suor Ottavia: e si diceva liberamente che il mangiare fatto così fuor di hora si portasse in detti camerini, et erano le medesime monache che habitavano detti camerini che lo portavano; e questa cosa si divulgava da quelle monache che le incontravano con detti cibi per la scala; ben esse procuravano di nasconderli, e non lasciarli vedere; e quelle che le hanno incontrate a quel modo sono la madre Vicaria, suor Febronia; e poi tutte in comune ne hanno parlato.


Interrogata cur ob dicots cibos præter solitum paratos suspictatæ monachæ hujus conventus existere in eodem monasterio Io. Paulum Osium, et ad quid.

respondit:


Interrogata perchè, a veder que’ cubi approntati fuor d’ora, quelle monache s’insospettissero che l’Osio si trovasse nel monastero, ed a che venuto:

rispose:


» Si sospettava che l’Osio fosse nel monastero, e non altra persona, perchè haveva amicitia con detta suor Virginia-Maria: e quel mangiare era tale che necessariamente era fatto per persona estraordinaria; perchè per nessuno si faceva da mangiare a quelle hore, e portarlo così nascosamente; che se fosse stato per loro non lo haverebbero portato a quel modo; et in soma era cosa insolita, e facevano le cose in tal maniera che davano sospetto a tutto il monastero. La causa poi perchè l’Osio stava in questo monastero ho pensato che fosse per ritirarsi, e non lasciarsi prendere dalla Corte.


Eti sibi dicto cur putet dictum Io. Paulum se recepisse in hoc monasterio ad effugiendum Curiæ brachium eum absque incursu etc. non posset in ipso monasterio ingredi, et sint multa alia loca immunia;

respondit:


E dettole perchè reputi che l’Osio si celasse nel monastero affine di sottrarsi al bargello, da che non potea penetrarvi senza violenza, risico ecc. mentre avrebbe potuto condursi a tanti altri luoghi d’asilo;

rispose: [p. 30 modifica]

» Io non posso dir altro se non che si fosse ritirato qui per star più nascosto, e per l’amicitia che haveva con suor Virginia-Maria, intendendomi però per l’effetto suddetto.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» Son da otto a nove anni, salvo il vero, che cominciò detta amicizia.


Subdens:


Soggiungendo:


» Ho detto più tempo di quello che è; perchè possono essere da sette anni; e l’amicitia cominciò e seguito tra loro con parlarsi e mandarsi innanzi et indietro delli presenti, cioè cose da mangiare et altre; e quelle ch’erano madri allora (2) sapranno meglio il tutto; e li parlamenti tra loro erano nelli parlatorii.


Interrogata an dicta Virginia semper habitaverit in illo cubiculo in qua jacebat proximis diebus;

respondit


Interrogata se la detta Virginia abbia sempre abitata quella cella in cui si trovava gli ultimi giorni;

rispose:


» È stata un pezzo in altra camera che allhora haveva una fenestra che guardava nel giardino dell’Osio, quale poi è stata stoppata.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» La suddetta fenestra era alta, e non so se si potesse da essa parlare alle persone che stavano nel giardino dell’Osio.


Et ad alia interrogata;
respondit


Ed interrogata d’altro;
rispose: [p. 31 modifica]

» Sì che v’è una muraglia del giardino dell’Osio che si unisce alla muraglia del nostro monastero, nella qual è la finestra della camera di cui habbiam fatta menzione di sopra: saranno due anni che suor Virginia si partì da tal camera.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» La finestra suddetta è stata stoppata dopo la partenza di là di suor Virginia, e fu monsignor Barca che la fece stoppare (3).


Interrogata an soror Virginia et Osius sibi invicem servitia præstarint et quæ;

respondit


Interrogata se suor Viginia e l’Osio prestavansi mutui servigii, e quali;


rispose:


» Sì che si facevano delli servitii l’un l’altro; cioè suor Virginia dava l’amito alli collari dell’Osio, e metteva delli collari nelle sue camicie; e questa era cosa pubblica e notoria, ch’io l’ho visto et hanno visto anche l’altre monache; e l’Osio mandava a lei delle cose da mangiare, come pollame, pesce, frutta e simili, e le ne mandava spesso; e così lei mandava all’Osio delle cose da mangiare da monache, come offelle e simili.


Interrogata cur Osius timeret ne detineretur a curia seculari;

respondit


Interrogata perchè l’Osio temesse d’esser catturato dalla forza pubblica;

rispose:


» Perch’era imputato che haveva havuto parte nella morte et homicidio di Reinerio spetiale qui di Monza. [p. 32 modifica]


Interrogata an sciat seu intellexerit cur fuit dictus Osius imputatus de homicidio Reinerii aromaturii:


respondit:


Interrogata se sappia o supponga perchè l’Osio sia caduto in sospetto d’esser autor dell’omicidio dello speziale Reineri:

rispose:


» Ho sentito che sia per causa dell’amicitia tra l’Osio e suor Virginia, credo per qualche parola che lui habbi detta di quell’amicitia in favore del nostro monastero.


Interrogata cum quibus dictus Aromatarius verba fecerit de dicta amicitia, et quomodo id sciat(4);


respondit:


Interrogata con chi lo Speziale abbia tenuto discorso delle tresche suddette, e come ne sia ella stata informata;

rispose:


» Lo so perchè l’ho sentito dire da persone che stanziano fuor del monastero, non saprei quali; et ne habbiamo parlato così tra noi monache.


Interrogata an sciat, seu intellexerit quod contra dictum Aromatarium fuerit alias exoneratum archibusium


respondit


Interrogata se sappia, od abbia sentito dire che contro il detto Speziale sia stato scaricato altravolta un archibugio;

rispose:


» Sì che sentii dire, circa un anno fa, che fu sparata un’archibugiata contro detto Speziale ma non lo colse. [p. 33 modifica] Interrogata an sciat quod Osius fuerit carceratus, et quo in loco;

respondit:


Interrogata se sappia che l'Osio sia stato imprigionato, e dove;

rispose:


» Sì che nel prossimo passato carnovale sentii dire che l’Osio era stato carcerato a Pavia.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» Credo che l’Osio fosse in detta pregione per l’amicitia ch’era tra lui e suor Virginia, e ne parlassimo tra noi qui dentro.


Ei dicit ut nominet moniales deputatas ad habendam curam januæ monasterii a sex annis circa;


respondit:


Le dice di nominare le monache a cui da circa sei anni venne commessa la sorveglianza della porta del monastero;

rispose:


» Le portinare del monastero da sei anni in qua furon le infrascritte: suor Bianca Homata e la Parloja; suor Dionisia da Como, e suor Cantaria, le quali furono fatte da me quando fui priora, cioè da monsignor Barca. Avanti che fossi priora ero portinara in compagnia della suddetta, eccetto suor Bianca ch’entrò in mio luogo; e son cinque anni che sono in officio le suddette, eccetto suor Bianca.


Interrogata an in hoc medio tempore viderit aliquam puellam accedere ad hoc monasterium, et cujus crat;


respondit:


Interrogata se in quel frattempo abbia veduta una qualche puttina presentarsi al monastero, e di chi fosse;

rispose:


» Sì che veneva qua una puttina alla quale suor Virginia faceva carezze.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» Si diceva che detta putta chiamata Francesca fosse figlia dell’Osio e di suor Virginia, e si diceva tra noi [p. 34 modifica] per il monastero, per le carezze ch’essa suor Virginia le faceva, et anco perchè le faceva delle cose da mettere indosso, e ne teneva gran conto.


Interrogata ubi ad præsens se recipiat dicta puella;

respondit:


Interrogata ove di presente si trovi cotesta fanciulla;

rispose:


» Credo che sia in casa di Giampaolo, et ho sentito dire per certo che sia stata legittimata (5). [p. 35 modifica] Interrogata quot annorum sit dicta puella;

respondit


Interrogata della età della fanciulla;


rispose:


» Deve aver da due anni.


Interrogata an sciat quod Johannes Paulus ab suo loco Modoetiæ decesserit, et quo se contulerit;

respondit:


Interrogata se sappia che l’Osio abbia lasciato Monza, e dove sia andato;

rispose:


» Si disse che andò a Roma, non mi ricordo del tempo.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» Può essere che andasse a Roma per farsi assolvere d’essere stato qui dentro; si diceva per il monastero.


Interrogata an nunquam in hoc monasterio fuit aliqua monialis conversa nomine Ca-


Interrogata se vi sia stata nel monastero una conversa per nome Catterina de’ Cassini


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tarina de Cassinis vel aliter cognominata de loco Medæ;

respondit:


od altrimenti cognominata dalla Terra di Meda;

rispose:


» Vi è stata.


Interrogata ubi at presens reperiatur;

respondit:


Interrogata dove al presente si trovi:

rispose:


» Non lo so; credesi che sia fuggita.


Interrogata cur dicta Caterina remisisset professionem;

respondit:


Interrogata perchè la detta Catterina non abbia fatta la professione;

rispose:


» Perchè non era capace, e si stava in dubbio se si doveva mandare fuori del monastero, anzi si era deliberato di mandarla, e, a questo effetto, si stava aspettando monsignor Barca.


Subdens interrogata:


Interrogata soggiungendo:


» Detta Catterina serviva a suor Virginia: in quel tempo era priora suor Bianca Homata. Catterina fu messa in un luogo serrato lontano dalle monache dove si lavan li panni, qual luogo confina con la strada maestra; e credo ci stasse tre o quattro giorni: la mattina del giorno che monsignor Barca veneva al nostro monastero, trovai che detta Catterina era fuggita havendo tratto giù l’uscio del luogo dov’era, e poi rotta un poco di muraglia per dove fuggì. Era stata messa là per il suo rispondere, et haver dette delle parole.


Interrogata quæ moniales traduxerant dictam Catarinam in prædicto loco;

respondit:


Interrogata quai monanche avessero menata la Catterina in quel luogo;


rispose:


» Credo che ci fosse condotta da molte monache, perchè non ci voleva andare: lo sanno meglio la Madre d’allora, e la Vicaria ch’era suor Virginia. [p. 37 modifica] Interrogata an in dicto loco dicta Catarina reliquerit aufugiendo aliquid aptum ad frangendum ostium;


respondit:


Interrogata se in quel luogo la Catterina avesse lasciato, in fuggire, qualche arnese acconcio a scassinare la porta;

rispose:


» Dissero ch’era restato là un nonsochè con cui haveva rotto l’uscio, non mi ricordo che cosa.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» Mai più abbiamo avute nuove della Catterina. Non so dire se havesse alcuna amicitia in Monza: per quanto si diceva in monastero, era consapevole delle cose che passavano tra l’Osio, e suor Virginia; e che ne lasciasse anche andare delle parole; e, per questo rispetto, detta Catterina fosse stata levata dall’Osio da quel luogo: che cosa poi ne sia stato fatto non si sa.


Interrogata si verum est, prout supponit, quod dictus Osius ingressus sit monasterium, per quam partem, et a quo fuerit ingressus;

respondit:


Interrogata se gli è vero, come suppone, che l’Osio sia penetrato nel monastero, da qual parte l’avrà fatto, e con ajuto di chi;

rispose:


» Io sospetto che sia entrato, per la porta, o scavalcando muraglie non si sa: non so come possi esser entrato per la porta perchè tengo io la chiave, e loro un’altra: et havendo scavalcato, quando sia vero, si dubita che sia stato dalla parte dov’è la porta del carro.


Interrogata an in monasterio adint scalæ amovibiles;

respondit:


Interrogata se nel monastero vi sieno scale a mano;

rispose:


» Due; una chiavata nel legnaro, e l’altra per la casa in qua e in là.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» La scala che sta per la casa è una scaletta corta che non è buona per simili attioni. Pare che fosse vista una [p. 38 modifica]scala, di sera, e che fosse posta in luogo per far venire giù dal cielo d’una camera; e fu detto ch’era stata vista nella camera di suor Benedetta: si restava maravigliati per la vista di detta scala in quel luogo; et essendo avvisata di queste cose, son andata così nella camera di suor Virginia; ma non feci tutta la diligenza, perchè temevo, che, sentendo dire parole di sospetto, suor Virginia strillasse; e, infatti, mi disse molte minacce.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


Ho quarantacinque anni.


Quæ cum dictu fuerint pro horæ tarditate discessit, imposito dictæ moniali silentio sub pœna excommunicationis


Dette le quali cose, essendo ora tarda, la detta monaca si partì, avuta intimazione, sotto pena di scomunica, di serbarne rigoroso silenzio


Questo primo interrogatorio fu da me trascritto per intero: ovunque ci ha latino gli è quello il testo; la traduzione letterale che vi posi a riscontro è una mia aggiunta, a sussidio di que’ lettori che fossero per bisognarne: del resto copiai fedelmente, non solo in quanto si riferisce al frasario (a cui non tralascerò di attenermi anco in seguito) ma altresì rispetto all’ortografia: credo che un tal saggio sia per bastare: riuscirebbe pesante, non tanto a me quanto ai lettori proseguire in cosiffatte trascrizioni d’errori e ripetizioni stucchevoli; mi permetterò quindi nelle citazioni che verrò facendo di ommettere così gli sconci d’ortografia, come le ripetizioni, ed ogni superfluità.

Il giorno seguente vent’otto novembre 1607 furon uditi in esame Domenico de’ Ferrari, ed Elisabetta Sarra sua moglie, che avevano servito le monache di santa Margherita per otto anni in qualità di fattori, e n’erano stati licenziati poche settimane prima. [p. 39 modifica]

Espose il Domenico d’essere già stato interrogato dal senatore Truffi intorno l’uccisione del Reineri, e di aver esposto quanto segue: « avea sentito dire ch’era stato il signor Giampaol Osio che lo aveva ammazzato; e dissi anche in quell’esame, che, andando per commissione di suor Ottavia organista del monastero verso la spezieria incontro a mia moglie, stata ivi mandata a togliere una medicina per suor Virginia, mi fermai a quella pietra ch’è davanti a s. Maurilio ch’era notte, e mi passò di dietro un servitore dell’Osio con un archibugio da fuoco in ispalla, al qual si dice il Rosso, e lo conobbi all’andare, ed anche pel lume della corda che aveva il carbone lungo, e risplendeva per modo che lo raffigurai: egli andava alla volta della casa dell’Osio, e poco innanzi era stata tirata l’archibugiata al Reineri... La sera stessa quando fui per andare a letto sentii suonare la campana di san Giovanni di portare il Sacramento; e perchè son solito andarlo ad accompagnare, andai a san Giovanni, e vidi che Lo portavano a casa del signor Reineri; e allora seppi che gli era stata tirata un’archibugiata.

Interrogato quai discorsi tenesse la mattina seguente colle monache relativamente al fatto del Reineri, rispose che le più piangevano; che suor Virginia gli mostrò dispiacere che nominasse l’Osio in quella uccisione, anzi sdegnosa lo fece cacciar issofatto insieme colla moglie dai servigi del monastero.

Elisabetta chiamata alla sua volta ad esame dichiarò di ripetere che « essendo io andata a torre una medicina alla Spezieria del Reineri, e tornando a casa ch’era scuro, e circa alle due ore di notte, sentii farsi romore, come se da un figliolo fosse stato sparato uno schioppetto, perchè fece poco romore, cioè lo sentii poco perchè andavo alla volta di casa; e nel medesimo tempo dissi — Gesù! che cosa è questa? — e quando fui al cantone [p. 40 modifica] per voltare al monastero, sentii correre dietro di me, e mi passò da presso uno, che buttandosi il ferrajuolo sotto il braccio, mi colse nel braccio destro, che se avevo l’ampolla da quella parte me la buttava via: e questo tale, che non conobbi, correva giù per Porta Lecco. Quando fui al monastero dissi a suor Dionisia portinara, alla quale sporsi la medicina, che non volevo andare più in città di quelle ore.


1607 die mercurii XXVIII mensis novembris.


Coram etc. (ut supra)

In parlatorio etc.

Venerabilis Francisca Imbersaga filia q.m Baptistæ, in seculo Margarita, monialis et vicaria in dicto monasterio, testis pro informatione assumenda, quæ delato sibi juramento veritatis dicendæ, juravit tactis Scripturis.

Interrogata an sciat vel præsumat causam præsentis examinis;


respondit:


1607 giorno di mercoldì 28 di novembre


Alla presenza ecc. (come sopra)

Nel parlatorio ecc.

La venerabile Francesca Imbersaga figlia del fu Batt., al secolo Margherita, monaca e vicaria nel detto monastero, chiamata a testificare nell’assunto processo, intimatole il giuramento di dire la verità, giurò colla mano sui Vangeli.

Interrogata se sappia o presuma saper la cagione del presente esame;

rispose:


» Non posso immaginarne altra che il disordine causato in questo monastero da suor Virginia-Maria de Leva.



Interrogata et dictum sibi quodnam sit;

respondit:


Interrogata qual sia:


rispose:


» È questo; che otto anni passati, incirca, sendo io priora di questo monastero, del quale al presente sono vicaria, fui avvisata da persone fuor di casa, che ora non mi ricordo chi fossero, che alcune monache facevano all’amore con Giampaol Osio, il quale stava ritirato in un [p. 41 modifica] suo giardino, che confina col nostro monastero; e le monache stavano ad un finestrolo d’una camera che guarda dentro detto giardino. Prima l’Osio faceva all’amore con una scolara chiamata Isabella degli Ortensii di Monza, la quale andando nella corte delle galline del monastero, si faceva vedere all’Osio che ascendeva su d'un albero, e di là gettavale frutti; di che sendosi accorta suor Virginia, cominciò essa a fare all’amore coll’Osio dalla finestrola d’una camera dove abitava suor Candida, e che risponde nel giardino dell’Osio; di che sendo avvisata, andai a vedere un dopo desinare alla camera di quella monaca; e trovai che stavansi serrate dentro suor Candida, e suor Virginia, onde mi venne in pensiero di scoprire che cosa si faceva; e così andai sul solaro del grano, e di là vidi che l’Osio, da me ben conosciuto, stava in giardino e guardava in su verso quella finestra; che appunto allora stava ritirato per l’omicidio che aveva eseguito nella persona di Giuseppe Molteno. lo, vista questa cosa, tornai a dette monache, e dissi loro che non istava bene andar a quei finestroli, e comandai per santa obbedienza che non ci andassero più, facendo sapere ch’era cosa da recar disonore a tutto il monastero, e che avessero riguardo al decoro di casa loro; ed esse fecero buon volto che non era vero. lo aspettai un giorno ch’erano tutte all’Officio, e, sendo aperta la camera di suor Candida, entrai dentro, e vidi che, ponendo uno sgabello sotto a’ piedi, che ne feci l'esperienza, si poteva parlare dal finestrolo con quelli ch’erano nel giardino, e si poteva anche vedere; ond’io lo feci stoppare. Quattro o cinque mesi dopo fui avvisata che suor Virginia andava ad una finestra del prestino di questo monastero, che guarda da un’altra parte in un altro giardino dell’Osio, e che stava là a guardare; di che la sgridai ben bene; ed essa sempre negava che fosse vero; e, perchè serviva a portar le ambasciate un Giuseppe Pesen, gli diedi com[p. 42 modifica] miato che non venisse più al nostro monastero; il che inteso da suor Virginia, mi disse molte ingiurie, e gridò tanto che fece fuggire le monache ch’eran presenti, le quai mi lasciarono sola: poi si ammalò, e stava continuamente a letto, facendosi visitare dal medico, e diceva ch’era il veleno che le aveva fatto prender io. Stette un pezzo a quel modo, sinchè fu per me il tempo di uscir di priora; ed essa mi fece cassare dal priorato e privar d’altri officii. Successe in mio luogo suor Beatrice, ed essa suor Virginia fu fatta Vicaria; e tra loro due passava molta amicizia. Di lì a due anni, essendo morta detta priora, ed io fatta portinara, trovai più volte aperto di notte il catenaccio della porta grande della chiesa; onde venni in sospetto che l’Osio entrasse di là, e susseguentemente nel monastero. Occorse una notte, che, avendo io paura per detta voce che correva (alcune giovani l’aveano riferita a suor Virginia che avea voluto cavar loro gli occhi) feci venire a dormir meco suor Vittoria conversa, la qual sentendo suonare mattutino agli altri monasterii, si levò senza scarpe, e corse alla volta della chiesa, per suonare il nostro mattutino: quando fu a mezza scala, che la lampada er’accesa di dentro, vide che in un tratto fu smorzata; ed uscendo una delle compagne di suor Virginia disse a suor Vittoria che andasse ad accendere la lampada; ed essa rispose che chi l’aveva smorzata l’accendesse; ciò che suor Vittoria riferì a me; e pensassimo che suor Virginia fosse in chiesa, e per non essere vista, non essendo il suo solito, smorzasse la lampada per potersi ritirare, e che l’Osio fosse presente anche lui; ovvero che l’avessero accompagnato fuori, e smorzassero la lampada perchè non fosse vista la porta della chiesa aperta. Successivamente una sera, ch’erano le ore quattro di notte circa, send’occorso a suor Paol’Antonia Aliprandi di uscire dal camerino, vide sotto il chiostro venire tre monache da verso la porta; onde lei ch’è [p. 43 modifica]animosa deliberò di voler sapere chi erano, e così loro andò incontro: non aveano lume nè le une nè l’altra; e quando furono vicine suor Paola gridò — chi è là? — Fra quelle tre monache ve n’era una che aveva uno scossale in testa che le copriva tutta la faccia: questa si ritirò in un cantone della porta; ed essa suor Paola le si avvicinò per veder chi fosse; ma suor Benedetta, ch’era una delle tre, la prese pel braccio, e la trascinò via dicendo — è suor Giovanna: — ma andata essa suor Paola in chiesa vi trovò suor Giovanna; dimodochè venne in pensiero, e me lo comunicò, che quella persona vestita da monaca, che aveva lo scossale in testa, e non si voleva lasciar conoscere, fosse l’Osio. Ma quel che maggiormente ci diede indizio che l’Osio entrasse e stasse nel nostro monastero si fu, che la notte della vigilia di tutti i Santi prossima passata, ritrovandosi ammalata suor Dorotea, stettero su molte monache a farle compagnia, tra le quali Candida, Benedetta ed Ottavia; e quest’ultima, per quanto mi riferì suor Lucia, che v’era anche lei, circa le ott’ore di notte uscì tre volte da quella camera, e stava via un pezzo, e poi tornava, e si metteva a parlare secretamente con Candida e Benedetta: si tiene per certo che quella notte l’Osio entrasse nel monastero per restarvi: il che si conferma per le cose che poi successero: cioè che il giorno di tutti i Santi, suor Virginia e suor Ottavia, sotto pretesto che le fosse venuto fastidio, non si coricarono altrimenti: di più, suor Virginia dormì per otto giorni nel camerino di suor Ottavia: e sempre andavano innanzi e indietro Silvia, Candida e Benedetta; e tanto quando entravano in detto camerino, quanto quando n’escivano, serravano subito l’uscio; il che fu notato dalle suore Stefana, Marina e Rossana; e quelle giovani notaron altresì, che, sendo quelle tre monache compagne uscite tutte una mattina dal detto camerino per venire [p. 44 modifica] alla Messa, videro serrarsi l’uscio, come se vi fosse di dentro uno che lo spingesse, e pensarono che fosse l’Osio. Di più, in tutto quel tempo suor Virginia si lasciò vedere pochissimo, contro il suo solito; che l’altre volte stava quasi sempre per il monastero. Oltre di questo, per tutto quel tempo che si suppone che l’Osio dimorasse nel monastero, si fecer vivande oltre il solito da Ottavia, Silvia e Benedetta; e questi mangiari si portavano or nella camera dell’una, or dell’altra, dove si trovava l’Osio, perchè gli facevano mutar luogo. Mentre ch’era qui, venne una donna di fuori che raccontò a suor Dionisia portinara che avevano cercato l’Osio e non lo seppero trovare in verun luogo; ed essa Dionisia, incontrandosi con suor Ottavia, per farle paura, l’avvisò esser venuta gente alla porta che avea detto che li Superiori volevano mandare i fanti col bargello per far diligenza, e trovar l’Osio qui dentro: per le quai parole suor Ottavia diventò rossa, e corse a suor Virginia, la qual condusse dopo suor Dionisia, e le fece vedere i due camerini, e la sua camera, aprendo anche le casse, acciò esaminasse che non v’er’alcuno: ma suor Ottavia, per quanto mi fu detto da suor Giovanna, teneva la scaletta dell’organo nella sua camera, e con quella potè far andar l’Osio sullo spazzacà. Quando l’Osio stette prigione a Pavia ci pareva d’essere in Paradiso, perch’erano cessati quei romori che si sentivano innanzi, e che ricominciaron dopo ch’escì dal Castello: la qual prigionia spiacque a suor Virginia, e disse alla presenza del Cardinale, ch’essendo prigione Giampaolo Osio, si trattava del di lei onore; ed essa stessa stese un memoriale al conte di Fuentes, e ce lo fece sottoscrivere, sul qual si testificava che non ci era male alcuno.

A questo interrogatorio della Vicaria ne succedon altri d’altre monache, ne’ quali andò speso il giovedì 29 no[p. 45 modifica]vembre, e che versaron sulla uccisione del Reineri, sulla disparizione della Catterina, sulla puttina creduta figlia di suor Virginia, e sul commercio epistolare ch’ella tenne coll'Osio ito a Roma: giudico superfluo, come di cose già note, o che in breve verranno chiarite, fermarmi a trascriverli: soli riferirò i brevi passi che seguono.



Interrogata an Virginia aliquod officium in monasterio haberet, antequam esset vicaria;

respondit:


Interrogata (suor Bianca) se Virginia fungesse un qualche officio nel monastero prima d’esser vicaria;

rispose:


» Era sacristana e sovrastante alle putte secolari, che allora ve n’erano parecchie.


Interrogata quod sit officium vicariæ;


respondit:


Interrogata in che consista l’officio di vicaria;

rispose:


» Di ajutar alla priora nelle cose che l'anno bisogno per il monastero, ed assistere ai parlatorii: ma lei mi ajutò poco perchè stette quasi sempre ammalata, ed in letto.


Interrogata an ipsa fuerit numquam portinaria hujus monasterii;

respondit:


Interrogata s’ella unque fu portinara di quel monastero;

rispose:


» Lo sono da Santa Marta dell’anno scorso, e continuo ad esserlo.


Subdit interrogata:


Interrogata soggiunse:


» Noi portinare vediam tutte le cose ch’escono dal monastero.


Interrogata an sciat quod soror Virginia purgaverit collaria alicujus;

respondit:


Interrogata se sappia che suor Virginia ripassasse i collari d’alcuno;

rispose:


» Ne ho visti alle volte che lei accomodava, e diceva ch’erano de’ suoi fratelli. [p. 46 modifica] Interrogata cum quibus monialibus soror Virginia soleret frequentius conversari, et quales essent ejus amicæ;

respondit:


Interrogata con quai monache suor Virginia fosse solita conversare più frequentemente, e quali fossero le sue amiche;

rispose:


» Tutte le vogliamo bene; ma in particolare le suore Benedetta, Ottavia, Silvia e Candida; sebben tutte, come ho detto, l’amiamo, perchè è tanto buona giovine.

Suor Costanza Panzolina depone, tra l’altre molte cose, ch’essendosi accorta che il catenaccio della porta grande della Chiesa veniva lasciato aperto di notte, fecegli applicare una serratura a chiave senza tenerne parola ad alcuno, di che accortesi suor Virginia e suor Ottavia mi cominciarono a caricare d’ingiurie dentro la camera della Madre, alla qual’io er’andata a dar conto di quel fatto; e se suor Virginia non veniva trattenuta, mi voleva gettar giù dalla scala: e, sendomi ritirata, mi diede dei pugni sul volto ch’ero mezzo morta; e stetti sempre a sedere sur una cadrega senza dir parola; e suor Virginia diceva che voleva farmi ammazzar i fratelli, farmeli andar fuori della terra, rovinarmeli.

Ma tutti questi non sono che preliminari, opportunissimi, invero, a ben informarci quale procella stia in pronto; e con chi ci abbiam a fare: or iscoppia la folgore; e una spaventosa tragedia ci si svolge sott’occhi improvvisa.

Note

  1. Difatti vedremo in breve come l'Osio, per sottrarsi alle ricerche della giustizia, messa in moto per la uccisione da lui commessa dello speziale Raineri, si fosse, un de’ primi di novembre, appiattato entro il monastero, da cui non si partì che dopo che ne fu via traddotta suor Virginia-Maria.
  2. Cioè Priore.
  3. Vedremo in seguito come la venuta di questo Dignitario avesse (un anno avanti) costato la vita a Catterina da Meda. Vuolsi credere che in occasione di quella venuta del Visitatore, e per sospetti già destisi, suor Virginia venisse tramutata di camera, e quella finestra si turasse. Giova che il lettore ponga mente a questi particolari, da’ quai saranno per provvenirgli schiarimenti in appresso.
  4. Questo interrogar insistente, che ripetesi molte fiate in appresso, (e che noi ommetteremo ogniqualvolta non esista un particolar motivo di trascriverlo) trovasi motivato dalla sollecitudine che la giustizia doveva naturalmente porre in cercar di chiarire ogni particolare di quel recente assassinio. E qui vuolsi notare che lo scandalo degli amori tra suor Virginia e l’Osio ben dovett’essere flagrante e pubblico se l’Osio, a motivo di quello, venne traddotto, come vedremo or ora, e temporariamente chiuso nel castello di Pavia, probabilmente per sollecitazioni che il principe d’Ascoli (cugino della Signora; il padre, don Martino, era morto) avrà a quell'uopo intromesso presso il governatore conte di Fuentes
  5. ll fascicolo nono degli atti del Processo, cioè dalla pagina 570 alla 600 del manoscritto, contiene la copia autentica di questa legittimazione, ch’è resa voluminosa dalla trascrizione che vi riscontriamo in extenso del privilegio accordato nel 1597 dall'Imperatore al come palatino Melzi di poter legittimar i nati spurii; ed è appunto Flaminio Melzi che usa del conferitogli privilegio per legittimar la figlia dell'Osio. In nomine Domini anno a nativitate ejusdem millesimo sexcentesimosesto, indictione quarta, die lunæ XVII Aprilis. Coram magnifico domino Flaminio Meltio sacri litterarum palatii, aulœque Cesaræe et imperialis concistorii comite palatino, cui et consortibus, per ivictissimum et felicissimnm quondam felicis recordationis Federicum imperatorem semper augustum ampla facultas et auctoritas concessa fuit, et est, inter cœtera, legitimandi filios naturales, et prout constat, privilegio ibidem in authentica forma producto, ostenso et exibito, et per me notarium infrascriptum viso, una cum litteris regiis et ducalibus datis sub die vegesesimoquarta julii 1597, cujus quidem privilegii tenor talis est; videlicet: In nome del Signore l’anno della sua natività 1606, 17 d'aprile. Alla presenza del magnifico signor Flaminio Melzi, conte palatino, al quale, non che ai colleghi, il defunto imperatore Federico sempre augusto concesse ampie facoltà tra l'altre di legittimare i figli spurii, come consta da privilegio qui in forma autentica trascritto ed inserito, cioè....


Comparuit et comparet Johannes Paulus de Osiis, fil. quondam


Comparve e compare Gio. Paol Osio figlio d’altro Gio. Paolo, il


alterius Joh. Pauli P. II. P. S. Domini; et genibus flexis humiliter et cum debita reverentia ob honorem sacre: Cesaræe Majestatis, eidem domino Comiti Palatino exposuit quod præfatus comparens habet unicam filiam nomine Mariam Franciscam, illegitime natam, scilicet ex Isabella de Meda soluta, nunc ætatis mensium viginti unius; proleque legitima caret; et quam Franciscam, licet absentem, legitimari cupit in ampla forma, ad effectum etiam ut eidem comparenti succedere possit in causam etc.



qual a ginocchi piegati per reverenza del nome di Sua Maestà, espose al suddetto Conte Palatino d’aversi un’unica figlia, natagli da Isabella da Meda, zitella, la qual figlia per nome Francesca-Maria conta ora 21 mesi di età: che non ha prole legittima, e quella Francesca, benchè assente, brama legittimare nella più ampia forma, ad effetto anche che la suddetta possa succedere, ecc.

Da questo atto risulta che la figlia d’Isabella, sotto il qual nome s’asconde suor Virginia, nacque in novembre 1604, e che la tresca coll’Osio (per un altro putto precedentemente nato morto, come vedremo) doveva essere principiata varii anni prima.