La Faoniade/Parte prima/Inno terzo. A Cupido

Parte prima - Inno terzo. A Cupido

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Inno terzo.

A CUPIDO.


SAFFO, dopo implorato l’ajuto di Venere presso del figlio, si volge ad esso addirittura: Gli espone il suo stato: Gli confessa i suoi falli, e gli dimanda soccorso.


     Almo figliuol di Venere,
Che a tuo talento e solo,
Tutto sconvolgi e regoli,
Il mar, la terra, e il polo;
     Tu col vibrar sì vario
L’onnipossente strale,
Rendi felice o misero
Il cuor d’ogni mortale:
     La terra, e ’l mare esultano
De’ tuoi trionfi ognora,
E i tuoi trionfi accrescono
In cielo i Numi ancora.

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     Ai loro accenti uniscasi
Della mia cetra il suono:
Saffo tra le tue suddite,
La più fedele io sono.
     Fin da fanciulla accesemi
Il tuo possente ardore;
E in me, pria di conoscerti
Già si sentiva amore.
     Tu ben lo sai, che tenera
Arsi di fiamme impure:
La bella Cidno, e Amitone 1
Fur mie lascive cure.
     Di Telegilla e d’Attide,
Le labbra a me fur grate,
E d’altre leggiadrissime
Non senza colpa amate.
     Sì, te ’l confesso: Ascondermi
Teco pretendo in vano:
D’ogni mia colpa origine
Fu il tuo poter sovrano.
     Verginitate amabile, 2
Te chiamo. Ah! dove sei?
Ma in van ti cerco io misera!
Fuggisti: Io ti perdei.

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     Quel fior, che più rinascere
Non può qualora è colto,
Troppo con pena il memoro,
Dal tuo poter fu tolto.
     Amor, che più pretendere
Da me ti resta omai?
Già misera e colpevole
Tu mi rendesti assai.
     Perchè sì fiero eserciti
Meco i rigori eterni?
Forse dal carro Idalio
Tolsi gli augei materni?
     Forse tentai resistere
A’ tuoi decreti avari?
Forse nefande vittime
Ti offersi in su gli altari?
     Tu sai, che abbietta ed umile,
Soffrii miei torti in pace;
Benchè funesta e torbida,
Pur arsi alla tua face.
     Ah se un servir sì docile
Tormenti in premio ottiene,
Chì mai sperar delizie
Può fra le tue catene?

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     Placati, Amor: Deh placati
Onnipossente Dio:
Amo Faone: Ei gelido
Resiste all’ardor mio.
     Placati, Amor: Men rigido
A me rivolgi il guardo;
Lui, che mi accende e strazia,
Punga l’aurato dardo.
     Vedrai, che più bell’anime
Non mai tua destra accese:
Non mai tue leggi amabili
Da noi saranno offese.
     Ambo divoti e teneri
Solo ad amarci intenti,
Celebreremo unanimi,
Gran Nume, i tuoi portenti.
     De’ miei verdi anni abbomino
I folli iniqui errori:
Respira il cor già libero
Da’ scelerati ardori.
     Senza rimorso, e rapida
Corro a Faone in braccio:
Non può natura offendersi
D’un innocente laccio.

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     Ah! se agli Dii sull’Etera
È l’innocenza accetta,
Che tardi Amor? me supplice
A consolar ti affretta.
     Vibra nel sen del giovane,
Vibra lo strale aurato;
E a’ voti miei pieghevole
Rendi tu stesso il fato.

Note

  1. [p. 354 modifica]Nome di varie sue favorite.
  2. [p. 354 modifica]Presso Demetrio Falereo trovasi il frammento seguente della nostra Saffo, che si rassomiglia molto a quel che dice in questo inno. Παρδενια, Π

    ποἑμεν

         Virginitas, Virginitas, quo abis me relicta?
         Non amplius veniam ad te, non amplius veniam!