L'emissione della luce/Paragrafo 10

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10) Si sapeva da gran tempo che i solfuri dei metalli terroso-alcalini e il solfuro di zinco non presentano mai fosforescenza quando sono [p. 10 modifica]perfettamente puri; che d’altra parte la luce emessa, quando il fenomeno si presenta, varia col metodo di preparazione, e deve essere dunque legata con la natura chimica delle impurità.

Lenard e Klatt hanno istituito in proposito un gran numero di ricerche sistematiche1, in seguito alle quali la preparazione e il comportamento dei fosfori si possono ridurre a regole sicure. Dimostrano questi autori che si ha fosforescenza quando e solo quando coesistono nel preparato tre ingredienti diversi, e cioè un solfuro, una traccia di qualche metallo attivo, e un fondente opportuno (Zusatz).

Il solfuro può essere di calcio, di stronzio, di bario o di zinco; come metalli attivi si riconoscono il rame, il manganese, il bismuto, il piombo, l’argento, lo zinco, il nichelio e l’antimonio; come fondenti si raccomandano molti sali metallici incolori (borace, solfato di sodio, varii cloruri, fluoruri, ecc.).

Il colore della fosforescenza è determinato essenzialmente dal solfuro e dal metallo, ed è appena modificato dal fondente. Per essere più esatti diremo che ad ogni metallo corrisponde una banda, o un gruppo di bande, che si riproducono col loro aggruppamento caratteristico nei varii solfuri, spostandosi però di volta in volta. Così per esempio la banda principale del rame è verdebleu nel solfuro di calcio, gialloverde in quello di stronzio, e rossa in quello di bario.

Il fondente, per suo conto, influisce su la vivacità relativa delle diverse bande.

Le singole bande sono indipendenti fra loro, nel senso che ciascuna viene eccitata da una particolare lunghezza d’onda, o da parecchie. Lenard e Klatt hanno verificato che la legge di Stokes è valida sempre, senza eccezione.

Questa legge famosa ha acquistato del resto negli ultimi tempi un significato teorico profondo, in quanto essa appare come una conseguenza immediata delle vedute del Plank, così bene illustrate dall’Einstein, sul meccanismo dell’emissione luminosa2.

Il Plank ha mostrato infatti come sia verosimile l’ipotesi che la energia venga emessa per radiazione elettromagnetica, sotto forma di Quanti discontinui, definiti dalla formola

nella quale è la costante dei gas, il numero delle molecole in un grammequivalente, è uguale a

e rappresenta la frequenza.
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Ora, se onde di frequenza dànno origine per un processo di fotoluminescenza, di qualunque natura, ad altre onde con la frequenza , si avrà senza dubbio, per il principio della conservazione dell’energia

,

e quindi

.

Note

  1. [p. 15 modifica]Lenard u. Klatt. Ann. der Physik, XXXVIII, 1889 e XV, 1904.
  2. [p. 15 modifica]Einstein. Ann, der Physik, XVII, 1905.