L'elemento germanico nella lingua italiana/T

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Tacca-ola-erella, tecca teccola tega, segno; piccolo mancamento in coltello o ferro, piccolo taglio, neo, difetto, vizio, magagna, statura (B. Latini; Polo Mil.). Rispondono: fr. tache segno, macchia, afr. teche, tecke, teque vizio, difetto. Il Diez riporta questo gruppo alla rad. tac che vedrassi in tacco taccone, ed è seguito in ciò dallo Scheler che si sforza di connettere i sensi che sono veramente disparatissimi. Io credo invece col Vossio, col Burguy, Gramm. 1. I, 354 e col Caix che questo ceppo spetti al ger. got. taikns segno, as. tècan, ags. tâcen, dan. tegn, tm. Zeichen segno; e specialmente ol. tacken piu vicino di forma. Il bl. ci presenta tacha marca, termine d’un campo che già il Vossio † 1649 aveva raffrontato a ol. tacken d’ug. sig. L’oscillazione rom. fra tac e tec è spiegata perfettamente dalla corrispondente varieta delle forme ger. V. del resto Tacco.

Taccagnare zaccagnare, bisticciarsi per cose da nulla. È vb. dialettale dell’Alta Italia, a cui risponde fr. taquiner cavillare, taquin cavillatore. Il Diez fa di questo vb. un der. da taccagno (v. q. p.); quindi esso risalirebbe in ultima analisi ad aat. zäh tenace, spilorcio. I senso non è di difficile deduzione da taccagno. Ma lo Scheler crede che al radicale del vb. fr. risponda meglio ol. tagghen = t. zancken altercare. La presenza del vb. in quistione nei dialetti della valle del Po, fa supporre una importazione longobarda. V. Taccagno. [p. 502 modifica]

Taccagno, avaro, spilorcio, gretto (Firenzuola, Discorsi). Paralleli: comasc. tachin, sp. tacânô d’ug. sig. Il Diez unisce qui anche fr. taquin, che però presenta un senso un po’ diverso, quello di “cavillatore”. Morfologicamente gli è vicino il t. Zacken uncino, rampino; ma il senso conduce necessariamente ad aat. zâhi zähe, donde tm. zäh tenace, avaro con ol. taaj, taajard avarone, ags. tóh ing. tough, tenace, da rad. ger. tanh tenere saldo. Ma lo Scheler pure ammettendo la der. dal detto ceppo ger., preferisce le forme bt. di quest’ultimo alle at., cioè tach, taag, ol. taig taeg d’ug. sig. La transizione ideologica dei sensi è la medesima che scorgesi in l. tenax tenace-avaro. Nel bl. questo nome non compare. Der.: taccagneria.

Tacco-ne, parte posteriore del suolo della scarpa, pezzo di suola che s’attacca alle scarpe (Buonarroti). Rispondono: fr. tacon pezzo di cuoio, val. tac placca, ferro bianco, annon. tacq pezzo di terra, linguad. tacho chiodo, fr. tacon ulcere delle cipolle, taqòn termine marinaresco, sp. port. tacon suola di legno per scarpe. Questo gruppo, che noi separiamo da quello visto sotto tacca, è quello stesso donde sonosi svolti i vb. dial. taccare, tacare [lombard. venet. emil.] lad. taccar, prov. tacar tecchir connettere, congiungere appiccare, consolidare; poi i composti it. attaccare, fr. attacher attaquer, sp. atacar; staccare fr. détacher. Evidentemente il concetto fondamentale era quello di “un qualche cosa formato in modo da servire bene a connettere” Ora benchè rad. tac ricorra anche nelle lingue celtiche, gael. tac cornov. tach chiodo, la maggior diffusione ch’essa ha nel campo ger. e la regola della preferenza da darsi al ger. sul celtico in caso d’origine controversa fra quelle due lingue, ci autorizza senz’altro a riportare questo ceppo al ger. dove troviamo: ol. tak, tacken, ags. taecan, ing. take afferrare, impugnare prendere, tm. zachen uncino. It. attaccare viene spesso usato nello stesso senso di attecchire: non potrebbero i due vb. avere la [p. 503 modifica]stessa origine, ed il primo essere forma rinforzata dall’altro? Bl. tacones ricorre già all’ann. 1026 in Privil. di S. Leodoino abbate in Arras. Der.: tacconare, rattacconare.

Taccola, sorta di cornacchia molto loquace; giuoco tresca cianfrusaglia (Buti; Firenzuola). Proprio dell’it. Il Diez pose a base aat. tâha cornacchia, preferendogli poi la forma aat. * tâhala. In questa preferenza ebbe perfettamente ragione; chè aat. tâhala, oltrechè richiesto dal nome it., è presupposto anche da mat. tâhele, tm. Dohle pola mulacchia. Accanto ad aat. tâha esistette anche dâha, mat. dahe. Il signif. di “cicaleccio” assunto dal vb. taccolare si spiega benissimo colla loquacità dell’uccello. Ma quello di “giuoco-tresca-bagatella” presenta uno svolgimento ideologico che si connette assai stentatamente al primitivo. Tuttavia non v’è dubbio alcuno che qui non si tratti sempre dello stesso vocabolo, il quale ritrovandosi solo in it., fu dunque importato dai Longobardi. Der.: taccol-are-o.

Taccolo, lucignolo (dial. ven.) Il Caix con ragione riportò questo vocab. ad aat. tâcht dâcht d’ug. sig., da cui tm. Dacht Docht. Il signif. originario del ceppo ger. pare fosse “filo attorto”.

Taffio, banchetto dove si mangia bene (Salvini). Il Salvini suppose che procedesse da gr. τάφος usato da Omero in senso di “pasto del morto”. Ma trattandosi di voce comune nei dialetti del’Alta Italia, l’origine greca è poco verosimile; quindi a ragione il Caix trae un tal nome da mat. tafel tafele tavola, banchetto, vb. tafelen banchettare, che avevano a base l. tabula tavola. Der.: vb. taffi-are-one.

Tallero, sorta di moneta tedesca (Tramater). È neologismo introdotto o sulla fine del secolo scorso, o sul principio del presente. Riproduce tm. Thaler accorciamento di Joachimsthaler che valeva “moneta della valle di Giovacchino”. Joachimsthal è un nome d’un luogo in Boemia dove nel 1519 furono primieramente coniate queste monete. [p. 504 modifica]Fin dal 1540 l’Alberus ci presenta le due forme Joachimsthaler e Thaler. Forme ger. sorelle sono: ol. doalder e ing. dollar della quale ultima si svolse dollaro: v. q. parola. Il bl. thalerus dalerus compare in Germania nella fine del sec. 16º.

Tamigio, sorta di staccio di pelle (Galileo; Arte Vetr.). Risponde: venez. tamiso, afr. fr. prov. tamis, sp. tamiz. Il Mackel pone a base di questo nome ger. tamisio cul rispondono aat. zemissa crusca, ol. teemy d’ug. sig; ags. temsian = stacciare, crivellare. Il bl. tamisium ricorre solo in territorio francese (Tournai), e questa circostanza d’un luogo vicino ai Paesi Bassi conferma ancor più l’origine ger. e più propriamente dal ramo bt. Der.: tamigiare.

Tanfo, muffa, fetor della muffa (Varchi, Magalotti). Risponde solo sciampag. tanfer ansare alitare. Da aat. tampf damph da cui mat. dampf tampf, tm. Dampf fumo vapore esalazione. Altre forme ger. sono: ing. ol. bt. dan. damp, anrd. dampi. Nel campo ger. esiste pure vb. aat. * damphian demphan, mat. demphen cagionare esalazione, soffocare mediante fumo o vapore, rispondente perfettamente a vb. sciamp. tanfer. Il gruppo ger. ha come suo primitivo vb. dimphan donde mat. dimphen timpfen mandare esalazioni. L’it. specificando il nome ger. gli ha fatto subire un forte peggioramento di senso; noterd peraltro che il ger. in un suo deriv. dumpfig muffato dumpfiger [Geruch], tanfo, presenta anch’esso un signif. analogo all’it.

Tanghero, persona grossolana e rustica (Redi). Con comas. tangan d’ug. sig., afr. tangre ostinato insistente, procedette dal tema ger. che appare in a. ol. tangher acre, aspro, poltrone, Kiliaen 662, m. bt. tanger mordente, aspro, donde bt. tanger fresco. Il gruppo at. presenta aat. zangar aspro, mordente, resistente, ostinato. Sembra dello stesso ceppo ger. anche a. ing. tangil adirato. Di là provennero altresì bt. tanganum (Lex Sal. Rip.) = violenza legale per ottenere schiarimento su di una [p. 505 modifica]cosa con vb. tanganare, e afr. tangoner eccitare, stimolare. Notevole che it. tanghero compaja così tardi nello scritto, mentre è indubitato che il ceppo ger. entrò coi Longobardi, ritrovandosi anche nel dial. comasco. Potrebbe però darsi che tanghero fosse immediatamente riproduzione di fr. tangre. Tm. Zange tanaglia, spetta a gruppo ger. qui esaminato.

Tangoccio, chi per soverchia grossezza appare goffo (Varchi). Fin qui nessuno s’è occupato dell’etim. di questo vocabolo. Credo che si debba riferire al ceppo di tanghero e di comas. tangan, rispondendo bene e significato e forma.

Tappa, luogo per mangiare e riposarsi nei viaggi, gita, riposo. (Rucellai † 1674, Salvini). Credo che immediatamente sia riproduzione di fr. étape, sulia cui origine ger. si è parlato sotto stapula.

Tappo, turacciolo per botti conche e truogoli (Magalotti, Forteguerri). Rispondono: sic tapu turacciolo, fr. tapon tampon tape [quest’ultimo con vb. taper di data recente], sp. tapon cavicchio, spillo, port. tampa coperchio; coi vb. comas. tapà fr. taper, sp. port. tapar, prov. tampir chiudere. Il Diez ricondusse il ceppo a bt. tap. Il Mackel dà per base diretta ger. occid. tappo che nel ramo bt. produsse: bt. tap tappe, afris. tappa, ags. taeppa donde a. ing. tappe, ing. tap., isl. tappi, sv. tapp, dan. tap, got. * tapa. Il tema ger. era tapan. Le forme alto-ted. si vedranno sotto le loro riproduzioni it. zaffo zampillo e zipolo. Probabilmente it. tappo immediatamente riproduceva fr. tape. Il bl. tappus ricorre solo in territorio fr. presso Lamberto d’Ardres, sec. 13º, Der.: tapp-are-ato.

Targa, specie di scudo di legno o di cuoio (Liv. Dec.; Sacchetti, M. Villani). Con sp. port. prov. taria [sp. anche darga adarga], cat. darga, afr. tarie, fr. targue, targe scudo da ricoprir le parti grosse; ha per base diretta s. targe, anrd. targa scudo, giacchè l’etim. proposta da [p. 506 modifica]taluni da l. tergum, è oramai posta fuori di quistione sia a cagione del senso sia per la forma. Ad ags. targe, anrd. targa risponde aat. zarga, mat. zarge difesa, rifugio, orlatura, guarnizione, circolo, tm. Zarg Zarge Zargen orlo. Tuttavia il senso primitivo del ceppo doveva essere precisamente quest’ultimo, che è presentato anche da sp. atareia “orlo, margine d’un canale”; ora lo sp. risalendo a got. targa ci fa vedere quale fosse il valore originario del gruppo. Quest’ultima osservazione è del Mackel, che rileva come solo l’ags. e l’anrd. offrano il passaggio dall’idea di “orlo” a quella di “scudo”, visto anche sotto Randa. Appunto perchè l’aat. non racchiudeva quest’ultima idea, esso a sua volta prese dal rom. targa e ne formò aat. tarakâ, tartsche, tarsche, mat. tarze da cui tm. Tartsche, “sorta di scudo”. Nello sp. le forme secondarie adarca [questa già in docum. del 1099] adarga daraga si spiegano coll’influsso dell’arabo adduruga “scudo di pelle”. Nel campo fr. da questo nome si formarono parecchi vb.; per es. prov. se targar, fr. se targuer coprirsi. Nel bl. troviamo spesse volte usato targa e derivati dal 1000 al 1300, e specialmente in Inghilterra; la quale circostanza è un argomento di più non solo per l’orig. ger. ma anche per quella anglosassone. Der.: targ-hetta-one

Tarpano, villano e zotico. (Caro, Long. Sof). Il Caix lo riferisce all’anrd. thorpari, mat. törpel dörper contadino, uomo rozzo. Quest’agg. fondavasi su aat. thorph, thorf, donde mat. tm. Dorf villaggio. Anche più vicine per forma e per senso sono le forme ags. tharp, ol. thorp, got. thaúrp campo. Sarebbe questo nome entrato nel tardo medio-evo come parrebbe indicare la tarda comparsa nell’it. scritto; ovvero sin dalle antiche invasioni come farebbe supporre la forma? Ci mancano elementi per decidere. Der.: tarpagnuolo.

Tasca, sacchetto attaccato ai calzoni o ad altre vesti per tenervi dentro delle cose, borsa (Dante, [p. 507 modifica]Crescenz.). Con prov. tasca tasquetas d’ug. sig., fr. dial. tache tasque tasse, vall. tah, valac. tascë, riproduce aat. tasca donde tasche tesche, tm. Tasche d’ug. sig. Il Grimm Ges. d. d. Sp. 554 connette il vocab. ger. a taxaca texaca usato nella Lex Sal. VIII in senso di “furto, cosa rubata” spettante a rad. di vb. aat. zascôn rapire rubare; da táxaca si sarebbe venuti a tasca e questo sarebbe poi passato nel rom., e del signif. di “cosa rubata” sarebbe passato a denotare il “recipiente” dove la cosa rubata riponevasi. Però il Kluge, e dietro a lui il Mackel, crede che rom. tasca sia indipendente dal ger., e che risalga a bl. tasca da taxicare dimin. di taxare tassare, che vaieva “opera d’un giorno, mercede”. Anche qui si sarebbe poi avuto il trapasso ideologico che fu avvertito nel campo ger. Certo è tuttavia che vb. ger. * tascon passò nello sp. port. tascar, benchè in senso molto diverso da quello visto sotto aat. tasca, cioè quello di “vellicare tirare”. Il tasca ricorre già in Giov. da Genova † 1270, e fu dal Ducange e Vossio tratto dal tedesco. Der.. tascabile taschino; intascare.

Taso, tartaro, gromma delle botti. (L. C. Cur. Malatt.). Paralleli: fr. tas mucchio prov. tatz deposito, ags. ing. tass ol. tas mucchio di grano, gael. dais, cimb. dâs. Il Diez e il Mackel non esitano a dare le voci fr. come deriv. da abfr. * tas, che connettesi ad ags. ol. tas, aat. zas mucchio, got. tass in ungatass disordinato. Ci pare troppo giusto ammettere collo Zambaldi che di là sia venuto anche it. taso che evidentemente è della stessa famiglia delle forme fr., nonostante il signif. che presenta una leggiera diversità. Nel bl. si incontra spesso specialmente in Francia e Inghilterra dopo il 1200 tassus “cumolo di fieno o di paglia o di biade”. Evidentemente è riproduzione dei corrispondenti vocaboli fr. e ing. Der.: intasa-re-mento; stasare.

Tasso, animale che vive per lo più sotterra e dorme lungamente (Pulci, Ariosto). Paralleli: prov. tais taisô, [p. 508 modifica]fr. taisson, sciamp. tachon, sp. texon tasugo, port. teisugo d’ug. sig., lad. tais giardiniere. Immediatamente da bl. taxo-nis taxus-i (sec. 7º-8º-9º). Questo bl. aveva a base ger. * thahso donde aat. thahs aat. mat. dahs, tm. Dachs ol. das. Il Diez fa quistione se thahs thahso sia parola originariamente ger. Pel Kluge ciò è indubitato, anche per la terminazione analoga a Luchs lince, Fuchs volpe. Egli crede poi che l’animale debba un tal nome alla sua vita sotterranea, basandosi anche sulle denominazioni usate in Pomerania, Vestfalia ed Osnabrück, dove è chiamato graeverink grivelink, grievel “sepolcrale”. Perciò ger. * thahs risalirebbe a rad. thehs [aat. vb. dëhsen], idg. teks fabbricare, lavorare, a cui si connette sans. taksan falegname, gr. τόξον arco, τέκτων artefice. Dunque thahs varrebbe “il lavoratore”, con evidente allusione al suo scavarsi la dimora sotterra. Il fatto che Marcellus nel sec. 4º parla di adeps taxonina “grasso di tasso”, spiegherebbesi supponendo che il nome ger. fosse entrato nelle Gallie sin dai primi secoli dell’era volgare. Bl. tassus taxonus taxus ricorre poi spesso in Francia e Italia nei sec. 11º, 12º e segg. Anche il Graff ritiene che il nome rom. sia riproduzione del ger.

Tattera, bagatella, minuzia; vizio, magagna (Caro, Sassetti). Il Diez lo connette ed ing. tatters, bt. tattern cencio, e aat. zata capelli, filamento. Lo Schade invece gli pone a base immediata aat. * zatar mat. tm. Zatter, ing. tatter straccio, svolgimenti ulteriori di ger. zatâ; il che ci pare più giusto. Ma forse in questa parola it. confluirono più radici diverse, essendo i signif. di essa troppo disparati fra di loro. Nel senso di “bagatella, minuzia” a me parrebbe verosimile un’origine da anrd. thâttr [genit. thâttar]; che lo Schade seguendo Mobius 447 e Vigfusson 732 nota come designante “ciascuno dei fili d’una cordella, ritaglio”.

Tecchio, grosso badiale (dial. aretino). Risponde piem. tec grosso. Da aat. thiki thihhi ticche dich, donde [p. 509 modifica]mat. dike, tm. dicht denso sodo. Altre forme ger.: as. thikki, ags. thicce ing. thick, ol. dik, anrd. thyckr, dan. tyk, sv. tiok, fris. tiock, got. * thikia d’ug. sig. La rad. è tik da tak, che riappare poi in tecchire.

Tecchire, mettere radice crescere prosperare (Pataffio). Il vb. semplice fu usato nei primi secoli della lingua; dal sec. 16º in qua s’usa solo il composto attecchire. Gli risponde afr. tehir “crescere” e ‘far crescere”. Risale a ger. got. theihan da cui aat. thîhan, dihan, mat. dîhen, tm. deihen in gedeihen, pigliar forma e forza, crescere, riuscire, ags. théon. Il Diez osserva che il passaggio da ger. th in t rom. è regolare, e che i lungo cadendo in sillaba atona potè essere trattato come i breve, e quindi essere rappresentato da e. Nel bl. il vb. non s’incontra. Probabilmente è voce d’importazione gotica. Il Mackel all’afr. tehir pone a base abfr. thîhan. Der. e composti: tecchito, attecchire.

Tedesco-i, nome degli abitanti della Germania. (Dante, Villani). Rispondono: afr. Tiedeis, thiois thiais, thieis, le quali forme valevano “Germani antichi”: qualche volta però anche “Germani moderni, Allemands”. S’incontra altresi fr. tudesque, usato anche in senso di “goffo e grossolano”. Base: bl. theotiscus-i theodiscus-i, aggettivo che s’incontra sin dal 845 come denominazione d’un popolo, ma che ricorre già nel 813 come epiteto di lingua. Queto bl. theotiscus riposava su aat. as. diutisk, thiudisc donde mat. diutisch diutsch tiutisch tiutsch dûdesch e tm. deutsch Deutsche. Altre forme ger. sono: bt. düdesk, ol. duitsch, ags. theodisc, sv. tysk, dan. tydsk, got. * thiudisks. In origine però questo aggettivo non designava già un popolo; ma valeva semplicemente “popolare, volgare”. Fu poi verso l’800 dai Germani applicato prima alla loro lingua, che fu detta «lingua theodisca, lingua popolare o volgare» in contrapposizione alla latina della Chiesa e dei documenti (cfr. it. volgare = lingua italiana, perchè usata dal volgo, rispetto al latino, lingua degli Ecclesiastici e dei dotti); e poi a sè [p. 510 modifica]stessi come parlanti una data lingua per contrapposto agli uomini parlanti latino. Il got. ci presenta avv. thiudiskô in senso di “alla maniera delle genti, paganescamente”. A fondamento poi dell’agg. ger. stava sost. ger. thiuda popolo, moltitudine, folla, uomo, che sdoppiossi in got. thiuda, aat. diot thiot diet, mat. diet con altre numerose forme registrate dallo Schade p. 104 tutte col signif. di “popolo, gente”. La desinenza isk — spettante a”. Quindi theudisk theodisch = spettante al popolo, popolare. Notevole è ancora che vb. tm. deuten aat. mat. diuten vale “significare” e in origine “popolarizzare”, analogamente a it. volgarizzare. Notevole altresì che ing. Dutch corrispondente alle forme ger. sin qui viste, siasi ristretto a designare gli Olandesi, che fino al 1600 si sentirono Tedeschi. Nel campo indeu. sono confrontati a ger. thiuda popolo, lit. tautà paese terra Germania, lett. teuta popolo, a. irl. túath popolo, osco tauto popolo. Altra forma dello stesso ger., ma penetrata fra noi sin dal tempo di Cesare, e forse di Mario, è l. Teutones, it. Teutoni, da un tema teuta = a thiuda. Der.: tedesc-amente-heria-eggiare; intedescarsi.

Tetta zitta zezzolo cizza, mammella, poppa (Ottim. Comm., Boccaccio, M. Villani). Paralleli sp. prov. teta, fr. tette, téton, valac. alban. tzilze; cat. dida balia, sard. dida, ddedda poppa. Base ger.: ags. tite donde ing. teat, ol. tet, bt. titte, sv. tisse; aat. tutta tutto, mat. tutte tutel donde tm. Tüttel; mat. zitze tm. Zitze d’ug. sig. Il Diez nota che le forme it. colla consonante oscillante fra il t e la z depongono decisivamente a favore dell’orig. dal ger. anzichè dal gr. τίτθη balia, ovvero τιτθός mammella balia. Si può anche notare la perfetta rispondenza fonetica di it. zezzolo cizza a t. zitze, e di dimim. it. tettola ad aat. mat. tüttel tüttelin. Deriv.: tett-are-ola. V. anche Zita.

Ticchio, idea o voglia bizzarra e stravagante (Lippi, Malm.). Il Diez propose aat. ziki capretto, e osserva il cangiamento di z in t non essere raro, e avere il senso [p. 511 modifica]potuto svolgersi analogamente a capriccio da capra. Per la forma noterò tuttavia che l’ags. presenta ticcen capretto, assai più vicino di aat. ziki, al quale ultimo stanno accanto zikin zikkin.

Tiera, accozzamento, congiunzione, fila, ordine, tratto seguito (Fr. da Barberino). La frase «correre a tiera» vale “correre in ordine”. Risp.: bresc. tera d’ug. sig., e moden. tera usato però solo nella frase «una tera d’ pan» “unione di tre coppie di pane”. Poi risp.: prov. tiera teira teiro, afr. tiere fila, ordine, e forse vall. tîr razza, schiatta. Il Diez lo riferì a un ceppo ger. che produsse ags. tier fila, ordine, aat. ziarî ornamento, tm. Zier ornamento. Il Mackel pone a base immediata del fr. ger. * teria * teri che egli dice riprodotto in bl. teria. Però bl. teria non so dove l’abbia trovato. Anche tiritera e filatera pajono essere composti con tiera tera per secondo elemento.

Tirare, muovere con forza checchessia verso sè o dietro di sè, attrarre, squarciare, allettare, estrarre, ricavare (Novellino, Dante). Forme rom. sorelle: sp. port. prov. tirar, fr. tirer: prov. tirar vale anche “dispiacere, fare patire”; donde afr. tire “dispiacere”, e it. tira, tiro “gara, contesa”, e dial. moden. tiro “atto villano, onta”. Da ger. tëran, donde got. tairan, aat. zëran zëren, mat. zërn strappare, svellere, sbranare, distruggere, sciogliere, tm. zëhren consumare, tm. zerren stirare, torcere. Altre forme ger.: as. * tëran, ags. tëran, a. ing. teren, ing. to tear strappare, squarciare, ol. teren consumare distruggere. Al fr. il Waltemath pone a base immediata abfr. * tirran da as. tëran. A rad. ger. ter strappare, risponde gr. δέρειν scorticare, a. sl. dera stracciare, lacerare, sans. dar scoppiare, dissipare. Il Mackel in un luogo sembra porre in dubbio la derivazione dal ger. per la ragione che tutte le forme rom. presentano l’i e perchè le ger. valgono piuttosto “sbranare” che “strappare”. Ma una tale difficoltà mi pare poco seria; chè da una parte il cangiamento di [p. 512 modifica]ger. ë in rom. i anche in sillaba aperta, per quanto sia raro, non è però fenomeno irregolare. Dall’altra parte il passaggio dal signif. di “strappare” a quello di “squarciare” e viceversa, mi pare ideologicamente facile. S’aggiunge che lo stesso Mackel ammette come sicura l’origine di fr. tire dispiacere, e di it. tira, tiro rissa, contesa, dallo stesso ceppo ger., nel quale confronta abt. tirri amareggiato, anrd. tirri bisbetico, colle due voci rom. sopradette. Del resto questa etim. è data come certa anche da Littré, Waltemath e dallo Scheler. Il quale Scheler dice: la figliazione delle idee è generata dal senso fondamentale «fare un movimento brusco e rapido per distruggere, per strappare». Di qui si capisce come lo stesso vb. td. producesse da un canto zëhren distruggere e dall’altro zerren stendere, tirare. Tutte le accezioni moderne possono adunque rimenarsi al concetto generico di “muoversi nel senso della lunghezza sia avvicinandosi sia allontanandosi”. Il bl. tirare compare piuttosto tardi [sec. 13º] e principalmente in Francia. Quindi è riproduzione del rom. anzichè suo fondamento. Però Federico II († 1250) ha tiratorium. Der.: tira-ta-tezza-tojo-tore; ritirare; stiracchiare, stirare.

Tocca1-o, tacchino (dial. montal. in Toscana; proprio anche della montagna moden.). Il Caix trae questa voce da aat. tâhâ donde mat. tâhe tm. Dohle visto sotto taccola.

Tocca,2 specie di drappo di seta intessuto d’oro o d’argento. (B. Latini, Tesor.). Il Caix lo trae da aat. tuoh, nd. dôk, ol. doek stoffa, pezzo di stoffa, tessuto. A ciò che dice il Caix bisogna aggiungere che l’aat. presenta anche tuohh, pl. tuochâ che rendono anche più evidente la corrispondenza morfologica; inoltre abbiamo mat. dûch, donde tm. Tuch panno, poi isl. dûkr, sv. duk, dan. dug, da tema ger. dôka. Ing. duck vale “tela da vele”, l’anrd. “panno da tavola”. Dovette entrare coi Longobardi; però nel bl. non ricorre. V. Tocco. [p. 513 modifica]

Toccare, appressare due cose per modo che le loro superficie o estremità si uniscano (Guinicelli, Dante). Paralleli sp. tocar, prov. tocar tochar toquar, afr. tochier, fr. toquer toucher d’ug. sig., valac. tocà battere. Da ger. tukkôn, cui rispondono: aat. zucchôn zocchôn, mat. zocken tirare, rapire. Questo signif. ger. ci è mostrato anche da fr. se toucher de quelque chose = separarsi da alcunchè, e toucher de l’argent, agognare all’argento. L’affinità fra i concetti di “toccare” e di “prendere” compare anche in l. attingere. Ger. * tuhkôn è forma intensiva di ziohan tm. ziehen tirare, da rad. ger. tuh preger. duk [l. duc-o]. Qui si connettono got. têkan [part. taitôk] col preciso significato di “toccare ἅπτεσθαι aspirare”, poi a. ing. taken ing. take prendere, tirare a sè. Pare che anche l. tango da tag-o si debba riferire originariamente alla stessa radice. Il bl. non conosce un tal vb. Der.: tocca-mento-tina-tivo; tocco, rintocco, ritoccare.

Tocco, parte o pezzo di checchessia (Redi). E un doppione di tocca con generalizzazione di quel significato.

Togo, buono, acconcio, di gala (voce scherzosa di Toscana). S’usa nella frase «affare togo» che vale “affare ben riuscito”’, Rispond.: emil. tiogo, lomb. ciogo. Il Caix lo cava dal perfetto di un vb. ger. che presenta aat. tugan, got. dugan avente signif. di presente: touc toug, doug valente “è buono, utile”. Da questa formola d’approvazione si passò a togo preso come aggettivo. Il vb. ger. da rad. indeu. dhugh (cui si rannoda forse gr. τύχη fortuna, τυγχάνω ho fortuna) diè tm. taugen giovare, valere, Tugend virtù, tüchtig utile, giovevole.

Tolla, sfuriata. È neologismo comune che procede sicuramente da t. toll rabbioso.

Tomare, cadere col capo in giù e alzando i piedi all’aria (B. Latini, Dante). Rispondono afr. sciampag. tumer, loren. teumei d’ug. sig. Base: ger. aat. tumôn [p. 514 modifica]voltolarsi, aggirarsi, rotearsi, da cui aat. tumalon mat. tm. taumeln, m. ol. tumen barcollare, traballare. Aat. tumôd valeva “capogiro, vertigine”. La rad. ger. è connessa a sans. dhû darsi a un movimento precipitoso, crollare. V. Tombolare.

Tombolare, cadere a capofitto. (B. Latini, Sacchetti). È un dimin. di * tombare al quale ultimo rispondono: sp. prov. tombar tumbar, port. tumbar afr. tumber fr. tumber cadere in avanti. Il Diez lo cava da anrd. tumba sv. tumla ing. tumble cadere a capo innanzi, ags. tumbian balzare, capitombolare. Queste voci ger., come i loro derivati rom., paiono affini a ger. tumôn e suoi derivati visti sotto tomare. Ma il modo di questa connessione non è, al dire del Mackel, ancora bene spiegato. Però il Littré crede che il fr. in principio prendesse dal ger., solo il tumer da aat. tumôn (e ciò è confermato dall’apparizione storica); e cha da afr. tumer si venisse poi a tumber colla semplice nasalizzazione; il che può valere anche per l’it. A questo modo non ci sarebbe bisogno di ricorrere ad anrd. tumba ags. tumbian per gruppo rom. afr. fr. tumber, tomber e it. * tombare, tombolare. Del resto s’è visto che anche le due ultime forme ger. spettano sempre allo stesso ceppo di aat. tumôn. Der.: tombolo; capitombolo.

Tonfano, ricettacolo d’acqua nei fiumi ov’ella è più profonda (Libr. Masc., Buonarroti). Paralleli: a. prov. tomplina, prov. toumple d’ug. sig. Venne da ger. tumphilo donde mat. tümpfel, tm. Dumpfel Dümpel gorgo pozzanghera pantano. Affini: ol. dompelen immergere affondare, dompeling il sommergere. Rad. ger. dump da preger. dhumb dhamb. Qui sono paragonati lit. dûmblas Kurschat, 2, 157, lett. dumbrs dumbras palude, a. pruss. dambo fondo valle.

Tonnellata, sorta di misura pel carico delle navi (Tipocosmo sec. 16º, Dudley). Immediatamente riprodusse sp. tonelada svoltosi da tonel e questo da * tona, al quale ultimo tipo risponde afr. tone, fr. tonne [da cui tonneau botte], prov. tonna, valac. toane botte dolio. Questo gruppo [p. 515 modifica]rom. risale ad aat. anrd. tunna botte, a. sv. thyn. Di lá mat. tunne, tm. Tonne, ags. tunne, ing. tun, ol. ton. Però una glossa di Cassel del sec. 10º dà aat. tunna come voce latina, e il Diez crede che il prototipo latino di ger. tunna sia stato tina. All’incontro il Kluge seguito dal Mackel opina che questa voce originariamente fosse celtica, e che entrasse in Germania solo dopo il sec. 7º; il che spiegherebbe come il t di gael. tunna nell’aat. non si cangiasse in z o d. Ad ogni modo pare che il rom. immediatamente l’abbia preso dal ger. Der.: tonnellaggio.

Toppo, pezzo di pedale grosso di qualunque albero atterrato, e solamente reciso; pezzo di legno grosso e informe; sostegno dell’incudine. (Sacchetti, Lasca). Rispondono: afr. top tope topon, fr. toupe, toupet, toupie cima, ciuffo, mazzocchio, sp. tope punta bottone; e secondo alcuni anche afr. toffe fr. touffe cespuglio pennacchio, che però s’atterrebbero al ramo aat. del ceppo ger. che vedremo più sotto. Ing. tuff sarebbe riproduzione dell’afr. touffe. Base: ger. topp, donde as. top cima, comignolo, giogo, bt. topp, anrd. toppr, col significato fondamentale di “punta, prominenza, estremità, vertice, cocuzzolo”, ags. ing. top vertice trottola, m. ing. tuft riccio, afris. top ciuffo, sv. topp dan. top punta, estremità, ciuffo. L’aat. mat. era zopf, mat. anche zop, donde tm. Zopf treccia, mazzocchio, svizz. zuffe, pugno di q. cosa. Tm. topp punta dell’albero della nave venne da ol. ing. top. La restrizione di senso che vedesi nell’aat. e in parecchi riflessi rom. è dovuta al concetto intermedio di “punta dei cappelli uniti insieme”. Il bl. ci presenta toppus in Charta di Enrico Duca di Sassonia an. 1158, = fascio, manipolo. Lo sp. ne cavò vb. topar imbattersi; e, secondo lo Schade, anche tupir chiudere, accanto a cui il port atupir, entupir d’ug. sig. Derivaz.: toppetto, toppare; intoppare.

Torba, sorta di carbon fossile (Boccone † 1704, Museo Fis.) Immediatamente riproduce fr. tourbe, da afr. [p. 516 modifica]torbe che con pic. troube vall. trouf, sp. turba s’era svolto da ger. * turba. Quest’ultima forma ipotetica è presupposta da aat. zurba zurf zolla piota (Lex Alam.), ags. ol. turf, bt. torf zolla, anrd. torf torba, tm. Torf torba. Il signif. originario era dunque quello semplice di “zolla”, e passò al presente di “terra combustibile consistente di radici di piante”, a traverso m. bt. torf torfe zolla scavata, m. ol. torf, turf zolla bituminosa, gleba fossile, terra mista di piante e quindi bruciabile, ags. turf materia combustibile, anrd. torf d’ug. sig., sv. torf, dan. torv. Anche lo svizz. ha turbe col grado fonico proprio del bt. Il ceppo ger. proveniva da preger. drbh connettentesi a sans. darbhâ cespuglio d’erba. Secondo il Mackel questa parola sarebbe entrata nel campo rom. o meglio francese gia ab antico. Bl. turba compare in Francia all’an. 1298. In Italia invece si ripercosse dal fr. solo alla fine del sec. 17º, come appare dal Boccone. Der.: torbiera.

Tovaglia, pannolino bianco per apparecchiare la mensa (Novellino, Boccaccio). Paralleli: pistoj. tovaja, sp. toalla, cat. tovalla, port. prov. toalha, afr. toaille toeille donde ing. towel, fr. touaille asciugamano. Procedette da ger. thwala che produsse aat. dwahillia dwahilla dwahila dwehilia dwehila twahilla twehella, mat. dwehele dwehel tuehele twehel twêlle, tm. Zwehle Quelhe panno da asciugare, asciugatojo. Il fr. presenta anche un vb. tratto da questo ceppo, cioè afr. touailler tooiller lavare pulire: il quale signif. s’attiene intimamente a quello del vb. ger. donde si svolse il nome aat., dwahan twahan lavare, mat. dwahen twahen zwahen, tm. [dial.] zwagen, got. thvahan lavare. Il Kluge mette a base del nome ger. il got. * twahlió, ags. thwehlae derivato da thwal bagno, il lavare. Secondo il medesimo filologo il vb. ger. colle sue molteplici forme viste di sopra a cui vanno aggiunte anche ags. thwéan, anrd. twá, dan. toe twaette, sv. tvo tvëtta lavare, e i nomi got. thwal bagno, ags. twéal il lavare, aat. dwahal bagno, [p. 517 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/545 [p. 518 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/546 [p. 519 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/547 [p. 520 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/548 [p. 521 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/549 [p. 522 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/550 [p. 523 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/551 [p. 524 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/552 [p. 525 modifica]Pagina:L'elemento germanico nella lingua italiana.djvu/553