L'autobiografia, il carteggio e le poesie varie/III. Poesie varie filosofiche e autobiografiche/I.

III. Poesie varie filosofiche e autobiografiche - I.

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III. Poesie varie filosofiche e autobiografiche III. Poesie varie filosofiche e autobiografiche - II.

[p. 313 modifica] I

AFFETTI DI UN DISPERATO (1692)

Lasso, vi prego, acerbi miei martiri, a unirvi insiem ne la memoria oscura, se cortesi mai séte in dar tormento; poiché son tanti, che io mio cor dura,

5di mille vostre offese i vari giri,

ch’i’ non ben vi conosco e pur vi sento: talché di rimembrar meco pavento le mie sciagure. Or voi, sospiri accesi, ite a seccarmi i pianti in mezzo al varco io del ciglio d’umor carco;

e voi, da miei sospir miei pianti offesi, tornando in giú, di lor vi vendicate con sommergerli adentro ’l mesto core, a cui per le vostr’onte ornai si toglia 15che possa la sua cruda amara doglia sfogar, poiché cosi agio non fate ch’uscendo fuor con voi il mio dolore, lasci l’albergo d’ogni nostro affetto; perch’io, finché m’ha morto, in mezzo al petto 20serbarlo vo’, se mai quel che m’avviva potrá menarmi del mio corso a riva.

Perché cadente ornai è ’l ferreo mondo e son giá instrutti a farci strazio i fati, di pari con le colpe i nostri mali 25crebber sugli altri delle prische etati

troppo altamente, poiché sotto il pondo di novi morbi i gravi corpi e frali [p. 314 modifica]

gemono smorti, ed a la tomba l’ali il viver nostro ha piú preste e spedite,

30e son sempre feconde le sventure di si fatte sciagure

non piú per nova o antica fama udite, e dal pensier uman tanto lontane che crederle men sa chi piú le prova:

35talché sembra lo ciel che non piú accenda benigno lume, onde qua giú discenda un’alma lieta. Or chi cotanto strane guise di mali intende mai per prova, se potesse mirar qual è lo scempio 40che di me fa mio destin fòro ed empio,

al suo, ch’or chiama avaro ed or crudele, grazie sol renderia, non che querele.

Di qualunque animai, quando primiero a l’irne soglie del suo viver giunge,

45lo ’nfocato vigor onde ha la vita,

con dolci nodi amici e’ si congiunge a la sua salma; e un caso adverso e fòro, o pur sia stella avara in darmi aita, o natura dal suo corso smarrita,

50di duo adversari me, lasso! compose:

il mio mortale infermo, afflitto e stanco, ch’ornai par venir manco, strazia l’alma con pene aspre, noiose; e ’l mio miglior, che d’egre cure abonda,

55affligge ’l corpo con crudeli pesti;

e mentre, oimè! con pensier molto e spesso me ’nterno a sentir me contro me stesso, membro non ho ch’a l’anima risponda, poiché non ho vertú che i sensi désti,

60se non se ’n quanto mi si fan sentire gli acerbi effetti de’ lor sdegni ed ire.

In si misero stato e si doglioso va’, spera, se tu puoi, qualche riposo. [p. 315 modifica]

Ma ’1 piacer fèro di dolermi sempre

65panni ch’alleggi in parte ’l mio cordoglio, se del mio stato a lamentar mi mena; ond’io, ch’a piú e a piú dolor me ’nvoglio, farò, cantando con suavi tempre, che pel contrario suo poggi mia pena.

70Vita sovra ’l mortai corso serena, moderati piacer, delizie oneste, tesori per valor vero acquistati, onori meritati,

mente tranquilla in abito celeste;

75e, perché piú lo mio dolor s’avanzi,

talché nuli ’altro mai fia che l’agguagli, amor di cui è sol amor mercede, e vicende gentil di fé con fede, venite al tristo pensier mio dinanzi,

80eh’ e’ vi fará sembrar pene e travagli

a lo mio cor, perché di duol trabocchi, si come rossa gemma avanti gli occhi posta talora, egli adivien che facci rassembrar sangue il latte e fiamme i ghiacci.

85Rinfacciatemi or voi, s’unqua potete,

qualche vostro favor, stelle crudeli!

Ite, e ven prego, a ritrovarlo ornai entro quei moti de’ benigni cieli, che ’nfluiscon qua giú gioie men liete.

90Solo ben io da me so che non mai bevvi respir, che non traessi guai.

Deh ! perché da la vita altra beata, stanco da tante alte sciagure e rotto, misero, fui condotto

95a la presente amara e disperata?

Poiché, se mai a’ giorni, a’ mesi, agli anni, c’ ho speso nel dolor, i’ son rivolto, veggio esser nato per mia cruda sorte solo a fiamme, sospir, lagrime e morte. [p. 316 modifica]

ioo E cosi crudi scempi e acerbi affanni

non m’hanno in quel che i’ era ancor disciolto. Ah, che daranno tempo al fato rio che meglio studi ’1 precipizio mio; se non è forse che la morte avara 105tema col mio morir farsi piú amara!

Mi venne sol da luminosa parte del cielo una vaghezza di destare a’ piè de’ faggi e poi de’ lauri a l’ombra la bella luce che fa l’alme chiare, no eh’ a la povera mia si spense in parte

quando se ’ndossò ’l velo onde s’adombra: talché, d’alto stupor finor ingombra, parea a se stessa dir: — Lassa! chi sono? — Oimè! eh’ a tal desio travaglio come 115debbami dar il nome;

ma sempre ’l chiamerò pena e non dono, se affligge piú chi piú conosce il male.

Oh inver beati voi, ninfe e pastori, cui sa ignoranza cagionar contenti,

120ch’obliati sudor, fatighe e stenti

acquetar vi sapete a un dono frale o di poma o di latte over di fiori ; ed al caldo ed al gel diletto e gioco vi reca l’ombra fresca e ’l sacro foco;

125né altra gioia a voi sembra che piaccia che rozzo amore o faticosa caccia!

Ma qual piacere i’ seguo, afflitto e lasso, fra tanti strazi abbandonato e solo, ne la misera mia vita che meno?

130che fatto son noioso incarco al suolo,

anco infecondo, dove ’l tronco e ’l sasso, come in suo centro, han la lor quiete. Almeno il mio piacer e’ fosse il venir meno; ma ’l fato me ’l disdice. Or, se mi serbo 135sempre a novi sospiri e a pianti novi, [p. 317 modifica]

piovi miserie, piovi

sovra ’l mio capo, empio destino acerbo; e non voler meco mostrarti avaro d’altri scempi piú infesti e piú nemici, 140eh’ i’ tua penuria e non pietá la stimo;

se non è forse invidia eh’ i’ sia ’l primo tra disperati e che mi renda chiaro essempio di dolor agl’infelici.

Ma per le pene mie i* giuro a queste 145aspre selve, solinghe, orride e meste, che non mai turberá, mentre respiro, i lor alti silenzi un mio sospiro.

Canzon, sola rimanti a pianger meco dove serbo ’l dolor, né fra la gente 150d’ir chiedendo pietate abbi vaghezza;

che l’alto mio martir conforti sprezza. Ma, se doglia compianta e’ men si sente, sdegna ch’ancor tu resti a pianger seco l’afflitto cor, che disperato vòle 155che l’aspre pene sue si sentan sole.