L'astronomo Giuseppe Piazzi/Capitolo VI

Capitolo VI

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Capitolo V Capitolo VII
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VI.


Brevi cenni su l’astronomia in Sicilia.


Anche prima di quest’epoca, le discipline astronomiche in Sicilia conservavano gloriose tradizioni, alle quali il ritorno del Piazzi doveva aggiungere nuovo lustro e splendore. Omettendo di rilevare quanto i Greci, quivi giunti dopo la guerra di Troja, vi recassero delle cognizioni celesti raccolte nell’Asia: e delle conghietture ingegnose che si potessero trarre dalla figura dell’isola, e dalle primitive fonti della sua civiltà, l’agricoltura e la poesia; il primo astronomo, ch’ivi devesi riguardare, è l’agrigentino Empedocle, nato nel sesto secolo avanti l’éra cristiana. È noto l’elogio che fece Lucrezio di questo famosissimo discepolo di Pitagora, il quale scrisse un’opera sulla sfera, fece varie ricerche sul sole, sull’inclinazione dell’asse della terra e su altri punti diversi. Si vuole che Newton togliesse dalle opinioni di Empedocle le prime sue idee della forza centripeta e centrifuga, che dà l’armonia del mondo. Caduta Siracusa e morto il celeberrimo Archimede, lunghi secoli di tenebre avvolsero la Sicilia, dopo i quali trovasi primo un Giovanni, [p. 70 modifica]astronomo, del quale Giovan Filippo Tommasini asserisce conservarsi manoscritte nella biblioteca di S. Antonio in Venezia le Tabulæ Paletanæ super canonibus Arzachelis. C’incontriamo da poi in Isacco da Argirò, monaco di S. Basilio in Catania, e in Tolomeo Gallina, dei quali parlano Rocco Pirri, il Pontano ed altri: il primo, che fioriva nel 1370, scrisse in greco due «computi paschali»; il secondo, catanese, ebbe fama verso il 1480, lasciando vari libri d’astronomia, e gran riputazione di dottrina nelle cose celesti, sebbene sembri ch’egli non altro sia stato, che uno sventurato pazientissimo astrologo. Un uomo grande davvero comparve nel secolo decimosesto in Francesco Maurolico, «che dileguò in parte le fosche tenebre, ond’era da sì lungo tempo ricoperta la Sicilia.1» Si conosce la sua Cosmographia, accolta con sommo plauso, della quale si fecero tosto quattro diverse edizioni nelle principali città d’Europa. Ma ei non vide che le sfere cristalline, i movimenti retrogradi e stazionari e le altre bizzarrie di Tolomeo (contrario quindi al Copernico, di cui era contemporaneo), sebbene al paro di lui «e più ancora, fosse profondo nelle matematiche, e versato nella lettura degli antichi scrittori, e che conoscesse e descrivesse i migliori strumenti astronomici de’ suoi tempi, ecc.2». Le idee del Maurolico, sebbene non [p. 71 modifica]conformi alla natura e a’ principi della scienza, ebbero però non lieve influsso in Sicilia, destandovi cento universal desiderio delle cognizioni celesti, e un più vivo bisogno di coltura. Tra’ nuovi seguaci o amatori della difficile scienza si noverano: Carlo Ventimiglia, dei marchesi di Geraci, palermitano, morto in età d’anni 86 nel 1662, del quale trovansi alcuni manoscritti nella biblioteca comunale di Palermo; Scipione di Lorenzo, che ci lasciava un discorso sulla rivoluzione del 1595; Gaspare Catalano, illustratore della cometa del 1607; e Giovan Antonio Giuffo da Palermo, il quale pubblicò un trattato delle ecclissi nel 1621. Varie opere astronomiche, manoscritte, si ebbero da Giovan Paolo Chiarandà: e Pietro Emanuele da Palermo trattava nel 1661 il problema delle longitudini in mare. Dopo i quali vengono Pietro Minutolo, messinese; Lionardo Omodei; Carlo Carafa dei principi di Butera, autore d’un trattato d’orografia, 1689; Giovanni Francesco Musarra della Compagnia di Gesù, che nel 1702 dava alla luce in Messina la sua Astronomia breviter exposita. E in fine: Benedetto Maria Castrone, palermitano; Gabriele Bonomo dei Minimi di S. Francesco di Paola in Nicosia; il p. Melchiorre Spedalieri, gesuita: Girolamo Settimo de’ marchesi di Giarratana; Nicolò Cento e Giovan Battista Serina da Torretta.

Ma, illustre fra questi dotti, devesi notare Giovan Battista Odierna, arciprete, nato in Ragusa nel 1597, e un Leonardo Ximenes, nato in Trapani nel 1716, morto a Firenze nel 1786. L’Odierna ha la gloria di [p. 72 modifica]avere, primo, annunziato e fatto conoscere in Sicilia le scoperte del Galilei; anzi d’averle, verificate, esaminate, promosse. Devonsi pure a lui le prime tavole sui satelliti di Giove che, sotto il titolo Meneologiæ Jovis Compendium, videro la luce in Palermo nel 1656: e fu lui che da prima ragionava giustamente delle macchie solari e lunari, sostenendo che erano della stessa sostanza solare, nella quale novellamente si risolvevano. Pensò che la luna fosse affatto priva di atmosfera e di viventi, di natura alquanto rassomigliante alla nostra. Scrisse sull’anello di Saturno, sulle stelle doppie, sulle nebulose e in modo singolare sulle comete del 1600, del 1618 e 1652; donde trasse argomento al trattato De Sistemate Orbis Cometici. Varie altre opere astronomiche pubblicò l’Odierna, tra le quali il Nunzio della Terra, dove sono errori dipendenti dall’adozione del sistema Tolemaico, e fra gli trila, che la più grande di tutte le stelle fisse non può avere un diametro maggiore di due secondi incirca. Nell’operetta poi intitolata De admirandis cœli characteribus intende a distruggere gli argomenti di Copernico contro il moto del sole. Nullameno, non ostante errori siffatti, l’Odierna acquistò molta fama, fu apprezzato da noi e al di fuori.

Genio singolare invero fu Leonardo Ximenes.

Tutto preso delle matematiche pure, l’idrometria però e l’astronomia divisero singolarmente i suoi studi: riattò il gran gnomone che nel 1500 Toscanelli aveva segnato nella metropolitana fiorentina: dimostrò con [p. 73 modifica]prove convincenti la quantità, per cui singolarmente diminuisce l'obbliquità dell’eclittica: primo, emendò gli argomenti su quali calcolavasi anticamente la parallasse della luna; fece osservazioni sulle stelle, su’ pianeti, sul sole: onde hassi a tenere per uno de’ più valorosi astronomi dell’età moderna. Che se l’astronomia in Sicilia non si levò sotto questi uomini a quella vera altezza cui avrebbe avuto diritto dopo Galilei e Copernico, è da attribuirsi alle misere condizioni di quei tempi, che non permettevano di esporsi all’evidente pericolo di perdere quiete, riputazione e libertà.

Ora ripigliamo.



  1. V. Della Specola Astronomica di Palermo, di Giuseppe Piazzi (Discorso preliminare, di cui ci valemmo, e dove luminosamente si parla sulle vicende dell’astronomia in Sicilia).
  2. Stesso.