L'asino d'oro/Al molto magnifico e nobilissimo signore Lorenzo Pucci

../Breve discorso della vita d'Apuleio

../Libro I IncludiIntestazione 20 maggio 2012 100% romanzi

Apuleio - L'asino d'oro (II secolo)
Traduzione dal latino di Agnolo Firenzuola (XVI secolo)
Al molto magnifico e nobilissimo signore Lorenzo Pucci
Breve discorso della vita d'Apuleio Libro I
[p. 3 modifica]

Al molto magnifico e nobilissimo Signore


LORENZO PUCCI



Messer Agnolo Firenzuola, il quale, come voi ben sapete, vivendo, fu uno de’ più begli e de’ più arguti ingegni che abbia avuto la città nostra già parecchi anni sono, scrisse di molte e molto belle cose, le quali dopo la sua immatura morte son pervenute in mano di diverse qualità d’uomini. Alcuni ve ne sono stati, che per dilettarsi di cose belle e nuove, giudicando gli scritti del Firenzuola, quel ch’erano in vero, bellissimi e ingegnosissimi, n’hanno avuto quella cura, che de’ loro medesimi: e mossi non so da che spirito, gli hanno tenuti sì cari, che per alcuna maniera di prieghi non si son mai potuti indurre a compiacerne gli amici; altri più cortesi e più gentili, siccome diversi sono i costumi degli uomini, senza aspettare nè prieghi nè richieste, n’hanno liberamente accomodato coloro che n’avevano desiderio, intendendo maggiormente, ch’essi dovevano imprimersi, e mostrarsi alla luce del mondo. Di questi uno è stato messer Girolamo Firenzuola suo [p. 4 modifica]fratello, il quale quasi tutte le cose, ch’oggi si sono impresse di lui, amorevolmente ha pubblicato; procurando in ciò con tutti i mezzi, come bene è suo ufficio, la fama e la gloria di messer Agnolo suo: e fra le molte leggiadre scritture che di lui si sono avute, una ve n’è stata, la quale dal medesimo autore fu sempre giudiziosamente molto stimata e tenuta cara. E di vero, non l’ingannava in ciò punto l’affezione delle cose proprie, chè per quello ancora che ne giudicano tutti gli altri uomini intendenti, fu la più bella e la più diligente fatica ch’egli facesse giammai. Questa è adunque la presente traduzione d’Apuleio, da lui fatta con quei debiti modi che convengono a simili imprese; cioè, benissimo intesa, e propriamente trasportata co’ veri e puri e significanti vocaboli nella lingua nostra, colle figure del dire, e in somma con tutto ciò ch’a lui si richiedeva, per acquistarne onore, e per soddisfarne altrui. E ben mostrò egli d’averla approvata, poichè, quello che in nessuno altro suo componimento non avea più fatto, volse nel principio di questa sua fatica fare brevemente memoria della vita sua, la quale fu sempre virtuosa e onorata, benchè poco lieta, e infelice. Vero è, che in questa traduzione s’è trovato mancare alcune carte in diversi luoghi, nè si sa per cui difetto: le quali dallo eccellente e mio molto virtuoso e carissimo amico messer Lodovico Domenichi vi sono state supplite, per la grande affezione che la virtù sua porta al valor di lui: dove s’è talmente adoperato, che avendo egli molta pratica delle cose del Firenzuola, l’ha così bene imitato, che lo stile dell’uno non è punto differente dall’altro: nella qual cosa grande obbligo veramente gli avrebbe l’anima di messer Agnolo, se lassù pervenisse notizia delle cose che quaggiù si fanno. Dovendosi dunque pubblicare colle stampe questa traduzione, e cercando io, che vivendo [p. 5 modifica]molto l’amai ed ebbi caro, e morto ancora infinitamente lo stimo e onoro, di alcuna onorata persona a cui raccomandassi la protezione di quella, vennemi subito ricordato dell’amicizia e servitù ch’egli ebbe già con esso voi e colla illustre famiglia vostra: di che egli ne ha fatto lodevole testimonio in molti luoghi de’ suoi componimenti. Perchè sappiendo io, ch’egli grandemente soleva, e perchè voi il valete, e perchè egli conosceva i meriti vostri, molto onorarvi e lodarvi (il che farebbe egli oggi, se e’ vivesse, assai maggiormente, per essere voi sempre ito avanzando cogli anni in cortesia e in valore), m’è paruto conveniente ch’ella s’intitoli al nome vostro; rendendomi sicuro che voi, come cosa di virtuoso e di fedele amico (che tale vi fu il Firenzuola), la gradirete molto, e l’avrete in luogo delle vostre cose più care; onde a lui ne tornerà contento, all’opera riputazione, e a noi altri affezionati suoi piacere e diletto. Prendetela adunque con animo lieto, risguardando alla qualità del dono, ch’è per sè magnifico e grande, e per la mia affezione verso voi, riverente e grato. E vi bacio la mano.

A’ xxv di maggio mdxlix. In Fiorenza

Il vostro affezionatissimo

Lorenzo Scala.