Inni di Callimaco/Chioma di Berenice

Chioma di Berenice

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Callimaco - Inni (III secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Dionigi Strocchi (1816)
Chioma di Berenice
Cerere


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Io che sono del ciel lucente raggio, 1
     Di Berenice fui la chioma bella;
     3Di me si accorse quel famoso Saggio,

Che discerne del mondo ogni fiammella,
     E sa l’ora che fugge, e che si affaccia
     6Alle porte del ciel ciascuna stella,

Sa qual velame al Sol cuopre la faccia,
     E come Amor soavemente atterra
     9Diana in Latmo dall’eterea traccia.

Già vincitor della notturna guerra
     E dei premj d’Amor, le schiere avverse
     12Volgeva ai danni dell’Assira terra

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Il giovinetto re, quando converse
     Al ciel le braccia, e in supplichevol modo
     15Me la mia donna ad ogni dio proferse.

Han le novizie in odio il giogal nodo,
     O sparsi lai per maritali soglie
     18Fanno alla gioja de’ parenti frodo?

Non traggon, per li dei! veraci doglie:
     Sendo il marito alle battaglie addetto,
     21Mi lesse il ver nel suo pianger la moglie.

La lontananza del fratel diletto 2
     Più che la genial deserta sponda
     24Porgea gravezza all’amoroso petto.

Tanto la foga del dolor t’inonda
     Tutte le vene, che smarrita in mezzo
     27Alla tempesta la ragion si affonda.

Dove è quel cuore agli ardimenti avvezzo?
     Non ti rimembra il chiaro fatto e solo,
30Che delle regie nozze a te fu prezzo? 3

Oh! pietose parole! oh! largo duolo!
     Di che le rosee dita, e gli occhi bagni
     33L’ora, ch’egli apre alla partita il volo.

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Un dio ti fura i sensi alteri e magni?
     O decreto è d’Amor che non permette,
     36Che un’amorosa coppia si scompagni?

Vittime a tutti i numi ella impromette, 4
     Fa di me patto per sì dolce vita;
     39Ei la vinta all’Egitto Asia sommette. 5

Dunque il voto quì sciolgo al ciel sortita;
     Ma per te, donna, e pel tuo capo io giuro,
     42Che non fui volentier da te partita.

Veggia vendetta di ciascun spergiuro,
     Che di te non paventa; e che mai puote
     45Dalla forza del ferro esser sicuro?

Il ferro pur quella montagna scuote
     Altera tanto, che la più non scalda
     48Ovunque il sommo sol volve sue rote.

Ato mirò per la divisa falda 6
     Correr flutti e navigli: a tal virtude
     51Io debil chioma mi potea star salda?

Pera chi ciò, che la pia terra chiude
     Nelle vene secrete andò spiando,
     54E fe suonar da pria maglio ed incude.

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Piagnean di me le mie sorelle, quando
     Di Clori il cavalier le preste piume 7
     57Ver la città d’Arsinoe spiegando,

Al casto sen di Citerea mi assume;
     Colà suo messo Zefiriti manda
     60Dei lidi di Canopo amico nume, 8

Credo perchè l’Ariannéa ghirlanda
     Non risplenda quì sola, ed io non manco
     63Debite a questo ciel fiammelle spanda.

Io giunta al tempio de’ celesti imbianco
     Di nova luce il mondo; io del gagliardo
     66Leon vicina e del virgineo fianco

E di Callisto Licaonia guardo
     L’occaso, e sono di Boote duce,
     69Che a tuffarsi nel mar sempre è il più tardo.

Me quando tace la diurna luce
     Premon vestigi d’immortal corona,
     72E al mar la mattutina ora riduce.

O di Ramnunte vergine perdona,
     Se il vero io son di favellare amica
     75Liberamente come in cuor mi suona,

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Esser dovessi pur dalla nemica
     Lingua degli astri amaramente punta,
     78Non starò per temenza, ch’i’ non dica:

Tanto non m’allegrò l’essere assunta
     Alla volta del ciel, quanto m’increbbe
     81Dal capo di colei starmi disgiunta,

La qual nel tempo, che laggiù s’accrebbe
     Verginella con me, tanti mi diede
     84Soavi odor quantunque altra non ebbe.

O voi, che al dì delle giogali tede
     Siete venute, innamorate spose,
     87Con saldo petto alla giurata fede,

Il casto vel delle secrete cose
     Non rimovete pria, che porte m’abbia
     90Vostra pudica man mirre odorose;

(Di colei, ch’ebbe le spergiure labbia
     Contaminate d’inconcesso amore,
     93I mal proferti don beva la sabbia,

Rifiuto i don di temerato core)
     Se Concordia con voi sempre soggiorni,
     96E con voi vegna eternamente Amore.

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Tu donna, allor, che negli usati giorni
     Supplicherai a Venere marina,
     99Fa con larghezze tue, che a te ritorni.

Piaccia agli dei, ch’io della mia regina
     Al bel capo gentil torni a far velo;
     102Erigone ad Arturo arda vicina, 9

Non fa per me di rimanere in cielo.