Il testo del nuovo Patto marino/Commiato al Patto marino e Licenza ai fedeli interpreti

Commiato al Patto marino e Licenza ai fedeli interpreti

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Commiato al Patto marino e Licenza ai fedeli interpreti
Il testo del nuovo Patto marino scritto a penna da Gabriele D'Annunzio

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Commiato al Patto
marino
e Licenza ai fedeli
interpreti.


⁕ Nel sesto anniversario dell’ardire di Buccari 10-11 febbraio 1924.

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O Mare, o gloria forza d’Italia
alfin dai liberi tuoi flutti all’aure
come un acciar temprata
la giovinezza sfolgori!

(1881.)


Alcuni dei più acuti fra i nostri Armatori, avendo consentito graziosamente a ribattezzarsi per me Partenévoli e a dispu[p. 2 modifica]tare di questo Patto marino con me in riva a un lago mal navigato, si maravigliavano ch’io fossi tanto esperto nel primo e nel secondo turno del maggiordomo a bordo, per adoperare i vecchi termini istriani, e in tutti gli offici del maestro di razione o del maestro di stiva, e magari del servigio di mozzo sopra coverta e sot[p. 3 modifica]to coverta, e d’altri motti umili «servigetti», come direbbero i nostri vecchi lupi di mare nel lor vecchio linguaggio ch’io so e di sapere mi vanto.

I sottili disputatori attoniti mostravano di credere che bastasse l’odor forte della stiva a dissipare in me tutte le essenze ideali e a torcere il mio muso delicato, come se io marinaro [p. 4 modifica]pretto e non letteratuzzo vano potessi mai confondere la stiva con la sentina e magari con la zavorra.

E, pur di recente, io sono stato rimesso con fraterna malizia a spulciar rime da un eroe bene approdato che mi fu compagno in una famosa astuzia navale e che non può ignorare [p. 5 modifica]come, in miseria di rime, io da tempo non pratichi se non quella per la quale passa la testa del timone, chiamata dai vecchi «lósca».

Io per contro son certo e riaffermo che questo tanto travagliato Patto è vivo e vivace perché riesce appunto ad accordare nel suo proemio e ne’ suoi capi[p. 6 modifica]toli la più insigne tradizione col più animoso avvenire e la più alta aspirazione con la più ignuda realtà.

E chi può oggi negare che il Capo del Governo nazionale e il grande suo Commissario e gli Armatori di buona fede e i Marinai federati di buona volontà abbiano tutti cooperato a compirlo? Non per grazia o per gioco di parola [p. 7 modifica]io lo chiamo Pactum sine nomine, e me medesimo compilatore io chiamai «uomo senza nome servus servorum patriae» nella iscrizione di una colonna commemorativa non ancora consacrata. Se io pensassi di meritare una qualunque lode, sarei contento di quella che a un altro buon cronichista “di pura fe[p. 8 modifica]de e favella„ diede il rimatore del Centiloquio.

«E Giovanni Villan, pe’ mercatanti Compilatore fu dritto e leale.»

Si può sorridere, e posso anch’io sorridere, di questa mia mania erudita nel risalire e nel ridiscendere i secoli e i secoli de’ secoli a ogni occasione. Ma questa, che sembra innocua manìa [p. 9 modifica]alla gente gaia o grave, è una mia vasta forza. Io sono un Italiano ben nato che, in ogni vibrazione del suo spirito e in ogni brivido della sua midolla, vive e rivive tutta quanta la vita della razza, dai più lontani miti italioti alla più fresca ansia de’ miei discepoli giovinetti. [p. 10 modifica]

Per ciò della bontà profonda di questo Patto io sono mallevadore legittimo, davanti all’antica e alla nuova Italia e alla novissima.

Esso nacque con una ossatura che parve rigida, quasi armatura contro armatori; ma a poco a poco, di contatto in contatto, di esperienza in esperienza, di prova in prova, prese le [p. 11 modifica]linee flessibili della vita sanguigna, s’ebbe la virtù elastica delle creature potentemente costruite. Nessuna controversia può lederlo, ed esso può in sé trattare studiare sedare comporre ogni controversia.

Nel capitolo terzo non è dunque statuita «una autorità giudiciale eletta per accordi e per suffragi a definire con arbitrato la [p. 12 modifica]differenza»? E negli altri capitoli non è innalzata la dignità del «collegio arbitrale»? E più d’una volta io non ricusai di concorrere alla interpretazione pratica di essi capitoli dichiarando che soli interpreti possano e debbono essere le parti, in accordo o in conflitto.

Ora io dico che in questo Patto vige tuttavia lo spirito id quel Con[p. 13 modifica]solato del Mare disposto «così a beneficio di marinari come di mercanti e patroni di navi e navilii». Questi capitoli sembrano continuar la collana di quelli che primamente, nell’anno della Incarnazione di Cristo 1075, a calén di Marzo, «fur concessi in Roma in San Giovanni Laterano e giurati [p. 14 modifica]da Romani d’osservargli sempre».

L’antichissimo caso non è oggi, per Italiani congregati in Roma, un grande augurio?

E dei capitoli io so tutta la storia, e so quando e so come furono concessi in Acri in Maiorica in Pisa in Marsilia in Rodi in Morea in Messina in Costanti[p. 15 modifica]nopoli in Genova, e altrove.

E so che in Genova, nell’anno 1186, furono concessi nella potestà di sei anziani «i quali giurorno al capo del Molo osservarli sempre».

Ma per la buona Causa, ma per il giusto Patto, in questo nuovo anno di lunga primavera, «al capo del Molo» noi non abbiamo temuto di consumare an[p. 16 modifica]che i sacrifizi umani.

Ed è un segno luminoso questo: ch’io abbia ripetuto, or è alcuni giorni, ai marinai d’Italia e a tutti gli Italiani non bastardi, nell’esortarli al sacrifizio, la parola del paziente e costante messia delle Indie Mahatma Gandhi “prigione degli oppressori„, e che in questi giorni [p. 17 modifica]il messia della perfetta abnegazione taciturna sia alfine liberato.

Nella pace come nella guerra domina e trionfa la sentenza che fu predicata alle reclute del ’99 sotto un argine del Piave, davanti alla Vittoria dalle ali mozze e dai piedi logori: «Nessun potere, né divino, né umano, eguaglia il potere del sacrifizio; che si precipita nell’oscurità dell’avve[p. 18 modifica]nire a suscitarvi le nuove imagini e l’ordine nuovo».

Giova che, nell’ora delle difficili deliberazioni, tutta la forza spirituale degli eventi e degli eroi s’inarchi sopra le coscienze ansiose e penose. E giova che la solennità non allontani le più lievi reminiscenze umane né il sorriso confidente. Forse, a questo [p. 19 modifica]proposito, i “Partenévoli„ non hanno dimenticato alcuna grazia della mia ospitalità in questa Prioria del Vittoriale dove, fra tante colonne scolpite e incise, i miei morti sono le mie colonne invisibili: et ultra.

Certe Ordinazioni del Principato di Catalogna sopra le Entrate e le Uscite sembrano nell’ultimo [p. 20 modifica]capitolo confermare quel che già scrissi degli interpreti probi di questo Patto.

«Se in alcuno dei capitoli appariscano alcune cose oscure, o dubbiose, adesso o dopo, la detta Corte ordina che i deputati e auditori dei conti possano quelle dichiarare correggere emendare interpretare tante volte quante sarà bisogno [p. 21 modifica]o veramente a lor parrà.„

Così la saggezza antica — quella del dì 8 ottobre 1481 — viene incontro alla nuova saggezza — a quella del dì 13 febbraio 1924.

La data, forse fausta, forse infausta, secondo le parole e le credenze, è risospinta di là da quella del sesto anniversario di una impresa navale con[p. 22 modifica]dotta da quel grandissimo marinaro che oggi è Commissario per la Marina mercantile.

Eravamo trenta «su tre gusci, su tre tavole di ponte»; eravam carne del Carnaro e anima della sanguinosa Italia, comunicati «con un’Ostia tricolore».

Spesso piace a me sorridere o ridere per incantare il destino [p. 23 modifica]e anche per ingannare quell’angoscia che un de’ miei vecchi padri lupi chiamava “l’affanno del mare e l’affanno della stiva e del carico che suso vi si carica„.

Per ciò io traggo il buon presagio dal nome di un marinaio del “secondo equipaggio„. Traggo il buono augurio da un marinaro scelto di Favignana [p. 24 modifica]chiamato Salvatore Genitivo.

Ecco che col suo nome egli parla, forse non al vento, per tutti i semplici e umili marinari d’Italia, per tutti quelli che daranno la loro moneta di bronzo alla edificazione delle due cappelle votive, una tirrena e una adriatica, nel settimo centenario di San Francesco [p. 25 modifica]riconosciuto patrono intrepido dei passaggi d’oltremare.

E non importa il bisticcio; che è pure un gioco aguzzo e uno sforzo d’ingegno italianissimi.

Ogni marinaio, «scelto» per la sua vigoria per la sua perizia per la sua sobrietà e per la sua disciplina a bor[p. 26 modifica]do e a terra, non è forse un salvatore del domani?

E sia concesso dai morditori forbiti e dagli zotici sprezzanti che il povero grammatico ricordi sorridendo come latinamente il caso genitivo fosse anche chiamato patrio.

Così questa inattesa arguzia di Buccari operi da [p. 27 modifica]«ostia tricolore» nella comunione dei fedeli all’Italia.




Il Vittoriale: 11 Febbraio 1924.


Gabriele d’Annunzio

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