Il fanciullo nascosto/L'augurio del mietitore

L'augurio del mietitore

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L’augurio del mietitore.

Due mietitori andavano in cerca di lavoro, nei salti di Posada. Ma la regione era anche quell’anno desolata da una grande siccità: i grani s’erano inariditi in germoglio, le aie, nelle radure, apparivano bianche e deserte come d’inverno. Mancava l’acqua stessa per bere.

I due mietitori camminavano da molto tempo, con le ghette d’orbace bianche di polvere; la falce, pendente sulla spalla, luccicava al sole implacabile. Tutto luccicava, al sole implacabile; il mare in lontananza, le macchie del litorale, le pietre sui monti: ma era un luccichio di lagrime. Quei due, insomma, non trovavano lavoro; e consumavano la loro piccola provvista di pane e di ricotta secca; e arrivò un giorno in cui ebbero anche sete. [p. 216 modifica]

Ed ecco un piccolo stazzo circondato da un’arida siepe di fichi d’India, sotto un rialzo nero pietroso senza un filo d’erba. Le capre pascolavano fra i cespugli, davanti allo stazzo: alcune s’erano arrampicate anche sui mandorli e i peschi rachitici, là dietro la siepe, e brucavano tutto avidamente.

— Non c’è nè cane nè padrone, — disse il mietitore più anziano. — Tuttavia andiamo a vedere.

Andarono a vedere. All’ombra di un sambuco fiorito, accanto alla porta del piccolo casolare, videro sdraiata su una pelle di montone una bella ragazza bruna. Teneva le mani sotto la testa, fra le treccie nere disfatte, e guardava il cielo attraverso le fronde del sambuco, con aria beata. La viva luce azzurra del meriggio dava alla sua pelle bruna lo splendore del bronzo. Udendo i passi dei due uomini s’alzò a sedere e tentò di rimettere in ordine i bei capelli oleosi ondulati, guardando dritto negli occhi, coi suoi grandi occhi languidi, il mietitore anziano che s’era fermato davanti a lei e le diceva:

— Siamo in viaggio in cerca di lavoro: abbiamo sete. Ci dai da bere? [p. 217 modifica]

Ella si mise a ridere, mostrando fino in fondo alla bocca i denti forti e candidi: poi si alzò indolentemente, si scosse le vesti in disordine, si tirò su ficcandovi due dita la cintura che le scivolava dalla vita snella, infine andò a guardare sulla panca in fondo alla cucina, ove erano deposte le brocche per l’acqua. Le brocche erano vuote, asciutte. Allora si volse e rise ancora, del suo riso che aveva qualche cosa di animalesco eppure la rendeva bella più che non fosse.

I due uomini guardavano dalla porta: e vedendo la cucina che nonostante il suo disordine lasciava indovinare una certa agiatezza perchè sul graticolato sopra il focolare stavano alcune forme di cacio affumicato e dalle pareti nere fuligginose pendevano, oltre le padelle di rame coperte di polvere e di ragnatele, grandi pezzi di lardo e di salsicce e sopra il forno stava un piccolo orcio d’olio, il mietitore anziano torceva la bocca sdentata, con diffidenza e riprovazione. Un nugolo di mosche anneriva l’unico vetro della finestruola; tutto denotava indolenza in quella piccola casa di benestanti. La fanciulla rideva incosciente, scuotendo la brocca per significare [p. 218 modifica] ai due viandanti che acqua non ce n’era; e il mietitore giovane, rispondendo a uno sguardo del compagno, disse con voce dolce:

— Ma almeno nel pozzo ne avrai!

— E va a guardare, allora! — rispose la fanciulla.

Aveva una voce lievemente beffarda e pareva si divertisse a esasperare la sete di quei due: tuttavia attraversò rapida la cucina, coi passi lievi dei suoi piedi scalzi, e andò ad affacciarsi al pozzo come per assicurarsi che era veramente asciutto.

— Forse scavando un poco se ne potrebbe avere! — disse ridendo ancora, poi d’un tratto corse sotto la tettoia, si chinò, prese fra le due mani la ciotola dell’acqua per le galline e l’offrì a quei due.

L’anziano esitò a prendere la ciotola poichè sulla poca acqua galleggiavano anche delle piccole piume; ma il giovine vi soffiò sopra, mandò via le piume, bevette e sospirò soddisfatto.

— Buon marito, — augurò alla fanciulla, guardandola coi suoi occhi azzurri di fanciullo.

Allora anche l’altro bevette. E nell’an[p. 219 modifica]darsene videro la fanciulla sdraiarsi di nuovo indolentemente sulla pelle di montone dopo aver cacciato il gatto che vi si era accovacciato non meno tranquillo di lei.

Camminarono fino al tramonto. Si erano internati nella regione montuosa, verso la valle di Siniscola. I monti erano coperti di un velo rosso; la siccità aveva talmente desolato i luoghi che si vedeva qualche quercia disseccatasi, con ancora tutte le sue foglie intatte, gialle, di lamina d’oro.

Ed ecco un paesetto nell’insenatura d’una valle, quieto al tramonto, coi tetti rossicci, gli orticelli intorno secchi, le strade aride, il letto del torrente bianco nudo impallidito dalla morte.

I due avevano di nuovo sete. Picchiarono alla prima casetta del paese, la sola che avesse intorno un po’ di verde fresco e una pianta di garofani fioriti alla finestra.

Aprì la porta una ragazza alta e pallida, vestita come usano le paesane di buona famiglia, con un costume antico, senza fronzoli, i capelli accuratamente nascosti nella cuffietta della quale si vedevano i lembi sopra le orecchie, sotto il fazzoletto ch’ella, trovan[p. 220 modifica]dosi in presenza di stranieri, si dava cura di legare sotto il mento bianco delicato.

Era infine così composta nella sua placida bellezza che il mietitore anziano stette a guardarla senza osare di chiederle subito da bere. Fu l’altro che disse:

— Donna, non potresti darci un bicchiere d’acqua?

Essa allora li invitò ad entrare: si trovarono in una stanza d’ingresso, abbastanza vasta, con gli usci delle altre camere a destra e a sinistra e una porta in fondo dalla quale si vedeva il verde dell’orto: alcune sedie messe bene in fila accanto alle pareti ma che non le toccassero, e tutti gli oggetti in ordine e il fuso che la fanciulla aveva deposto per andare ad aprire, e le tre anfore d’acqua, una più piccola dell’altra, tutte e tre colme, rivelavano nella padrona della casa una donna saggia e previdente.

— Pare d’essere in un’oasi, dopo tanto deserto, — disse il mietitore anziano chinandosi per prendere l’anfora più piccola.

Ma la fanciulla lo fermò per il braccio, e andò a prendere un bicchiere di cristallo che, sebbene nitidissimo, ella si affrettò a [p. 221 modifica]risciacquare prima di riempirlo d’acqua e porgerlo ai mietitori. L’anziano bevette e disse passandosi soddisfatto una mano sul petto:

— Sembra cidro, che tu sii benedetta.

Ella risciacquò di nuovo il bicchiere, avendo sempre cura di non sprecare l’acqua, versandola sulle piantine di basilico davanti alla porta, indi lo porse colmo al mietitore giovane. Ed egli bevette; e mentre beveva fissava i begli occhi azzurri di fanciullo sul volto serio della donna: in ultimo le restituì il bicchiere augurandole:

— Cattivo marito.

Il compagno anziano arrossì per il dispetto, ma non disse nulla.


Solo quando furono di nuovo per strada e il dispetto gli fu passato domandò pensieroso:

— Maestro, tu dici di non far mai delle cose storte: perchè dunque hai destinato un buon marito alla donna indolente e sciatta e un cattivo marito alla donna saggia e cortese?

E il mietitore giovane, che era Cristo e vagava sulla terra per provare gli uomini, rispose: [p. 222 modifica]

— Pietro, non darti pensiero: alla prima ragazza ho destinato un buon marito perchè possa indirizzarla sulla buona via, e alla seconda, appunto perchè saggia cortese, un marito cattivo che lei potrà far emendare.