Il Newtonianismo per le dame/Dialogo Quarto

Dialogo Quarto

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Dialogo Terzo Dialogo Quinto
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DIALOGO QUARTO.



Elogio della F’ifica Sperimentale j ed Efpo-

fiatone del Siftema dell’Ottica

Newtoniano.




IL giorno feguente effenda noi liberi dalla Poefia, che avea fatto nafcer da principia la noflra luce., e i noftri colori, e che volea poi turbarceli, e interromperli; Egli è ormai tempo, cominciai io a dire, che io vi conduca, o Madama, nel Santuario più ripofto della Filofofia, donde i profani, e coloro, che fon ripieni di vortici, di globetti, di atomi, di materia lottile, e di altre fimili mondane immaginazioni,

ne fono affatto efplufi. Quella è quella 

Filofofia meno faftofa, di cui io già v’ó parlato,

ma che in contraccambio attende ciò, ch’ella

promette, quella che lafciaiido altrui fare il Romanzo della Filìca, fi contenta di farne la Storia. Di quella voi ne avete avuto un faggio nella maniera di fpiegar la vi itone, cosi come nel fiftema de’ vortici un’efempio di quell’altra più pompofa,

e magnifica, che afcende arditamente perfino

alle prime caufe, e ponendo certi principi, fecondo quefti vi fabbrica il Mondo e ne fpiega a voglia fua tutte le apparenze. La vifione fi fpiegherà

fempre da’ Filofofi nella medefima maniera [p. 146 modifica]ra, dacché IV è after varo l’occhio ratto migliarfi affatto

alla camera ofcura artificiate; non già* così la durezza de’ corpi, la gravità, la luce, e i colori, intorno alle cagioni, delle quali cofe non fi può che indovinare; il che quanto fi a perieolofo, voi avere già feda io, nel lira ma de’ gìobetti del Defcarres, per non parlare della Riforma; a cui dopo tanti applaufi e tanti rapimenti, à bifognato pure alla fine rinunziare. Il medelìmo immaginatevi pure, che fucceda a quanti fi Ile mi generali fi fon veduti fin’ora intorno alle cagioni delle cofe; i quali a grand* Imperj fomiglianri, vacillano per la loro mede fi mi mole e grandezza, Dunque, dille la Marchefa, quel perchè, che tanto eccita la noftra cu ri afidi, ci farà afeofo mai fempre, e il piacer d’indovinar qualche co fa, che è così generalmente gufhuo dagli uomini, non lo farà da’ Filofofi. Voi non. volete certamente s ciò dicendo, far l’Elogio della Jor condizione.

L’indovinare, rifpos’io, fecondo ciò che dice uno de’ più ingegnofi Autori del Mondo, non è penne Ho, che nella Geometria, in cui la certezza de* principj fe non ci guida dirittamente a ciò che li cerca, non ci guida però mai a nulla di contrario, e ci ricompro fa fempre coli’ equivalente. Ma quaF incertezza ed incotìanza nella Fifica? Gli uni tengono che fi dia il voto, o fpazio privo di ogni corpo, gli altri vogliono che ogni cofa fia corpo. Quella divertita d’opinioni ne* principj, non può ch’eiTcre.una miniera d’infinite quiltioni nel progredito; le quali splendono per fino allo iìabilire qual fu Tenenza, o natura [p. 147 modifica]del corpo; di cui’ pare non vi dovete efler nulla di più ceno nella Finca, eflendo il corpo, e le proprietà, che dalla fua etfenza dipendono, il perpetuo oggetto delle ricerche Filolòfiche. lo mi Luro quelli FilofoH, come quegli Eruditi, che rilhbililcouo qualche palio corrotto, e tronco di un Autore antico. Chi ne da una lezione, chi un’altra, accompagnate tutte dai più bolli ragionamenti del Mondo, e dalle lodi de’ Giomahiti, e de’ Letterati. Un antico manuferuto di queU Autore, è cavato alla fine dalla polvere e dalle tenebre di una Biblioteca, e le belle lezioni desìi eruditi, e il tempo che in ritrovarle vi fpefcro, fé ne vanno nella Luna dell’Arioso a raggiunger le altre cofe perdute. I manufentn originali, ed autentici della Natura fono le o nervazioni e le fpenenze, le quali col rovefeiar che anno fatto tanti bei fittemi, c’Utruifcono tutto giorno a dovervi penfare il meno, che iìa poffibile; il che io metto ti conto di un gran benefìcio, che fanno al genere umano allegerendolo di non picciola fatica, Ma gli uomini per ifventura loro lì o Umano a non riconofcerlo, e a voler perdere il tempo inutilmente.


Il bel me Itiere, diffe la Marchefa, che veramente fanno, quefte voftre offervazioni. Balla che un gitana fia bello, femplice, ed elegante r perchè elle gli dichiarino la guerra. Par mi che elle fiano gli Erottati della Fifica, che cercano gloria dal rovinare, e diitruggere ciò, che v’a di più bello, e di più magnifico. Io vi confeiìo che quefto carattere di malignità non mi può [p. 148 modifica]piacere. Manco male, continuai io, che io non v’ó detto jutto ciò, ch’effe fon capaci di fare 1 NeiTun fiftema parca forfè meglio fondato di quello, che le ale fotte ro date agli animali per volare, e le gambe per camminare; e pure a forza di ottervare fi fono trovati infetti, che inno delle ale belle, e grandi fenza mai farne ufo per volare, e fimilmente fe n’è trovato uno, che benché abbia le gambe fìtuate come quelle degli altri, formate nella ih ila maniera, e in limili proporzioni, cammina quali fempre fui dorfo colle gambe in aria, come fc gii uni non fape fiero di aver le ale, e l’altro le gambe. Egli è però vero, che fe le o [Ter vaz ioni altro non svetterò fatto al Mondo, che dittruggere, noi non faremmo loro molto obbligati. Mi nel rovefeiar fi Itemi inviluppati per lo’ più ed inutili, e talvolta ancora incomodi, di quante belle, ed utili cognizioni non ci anno elleno fornito, che fono entrate nel luogo de’ fi (le mi diltrurri? Immaginarono certi Filofofi man in conici, che freddi, & umidi io itero i raggi della Luna, le di cui influenze perciò non doveano nulla meno che pericolofe effere, e da fommamente temerli. In fatti voi vedete che moltiffimi, che itimano ancor molto Alila tradizione de’ loro maggiori gli effetti di quefto Pianeta, tolto che la Luna comincia ad alzarli, e i fuoi raggi, fecondo che dicono, à prender forza, fi ritirano, e molti altri li persuadono di aver male a! capo, fe per ifventura loro iòno itati cofiretti di avere bevuto, patteggiando la fera, la malignità dei fuo lume. Le fpe [p. 149 modifica]rienze che fi fono fatte intorno a ciò, PI Iorio di panneggiar Uberamente a qualunque ora tea nila dfqueito canto >~££g$ aueffco Pianeta raccolti nel foco degli ipecnj Sfto ri, e delle Lenti, benché tal volta due mila Volte pm denfi, che non lo ^no ordinammence non operarono effetto alcuno fenfibile fu corpi? ■ qu Si cedettero. Un Termometro, che e uno itrumcnto contenente un liquore, che al menomo freddo lì nflrmge, e fi dito»|^ ^ lore, non foffre alterazione alcuna nel JEoco di quelli ipecchi, allorché fono cfpoth a tWf^ Luna, Uddove efpoftì che fieno a* raggi de hoId non Vd fornace cosi ardente, che poffa ftai lo o a fronte per la prontezza e veemenzac e loro effetti; talché l’Amianto, che dalle vorac i fiamme de’ ioghi difendeva le preziofe cenci ^ dell Antichità, difender fe medetitno non puote dal Violento ardore di finiti fornaci. Egli pare che oltre all’illuminarci in tempo di notte, < e aJ iofoirar nel cuore degli Amanti un non ^ paffionato e languido, che dolcemente g l i at t uila, i raggi della Luna non abbiati qualità altra


Ecco, diffe la Marchefa, affai buone o nervazioni, che lafciano Ilare in pace i bei fiftemi, e cuarifeono il Mondo dalle paure mal fondate. A quello fpitito d’ollervazione, replicai io, noi dobbiamo l’effer guariti da molte altre ben pu importanti. Le Comete, le Colonne di fuoco, le piogeie di fangue, i fuochi tatui, tutti quelli indizj d^la colera cele Ile, non levano ora neppu [p. 150 modifica]re una ir. e zz' ora di fon no, fa non a coloro che fa- ranno lempre popolo, e a* quali un altro le farà mai fempre valere . Ma che non dobbiamo noi a quello iludio dell' oiTervare ? L'Aftronomia , la Storia Naturale, l'Anatomia, pajon più tolto, mer- cè lui, nuove Scienze nate tra' Moderni, che Scienze trafmefle dagli Antichi a noi. A lui l'A- natomìa deve la circolazion del fangue, e tutta l'Economia animale, quanto più femplice, tanto meno conofeiuta dagli Antichi , la Chimica i fuoi Fosfori, le fue efatte predizioni l'Alrrono- xnia, l'Idroftatica una comoda maniera di vivere in un'Elemento negato agli uomini, e di portar- vi feco l'aria da refpirare, come d'altre provvigioni farebbefi ne ce ila ri e al vitto, le fue Trombe par- lanti l'Acuftica, i fuoi progetti di uguagliar la perfezion dell'udito a quella della viltà, e i fuoi tanti Mu ficai i (burnenti fìglj dell' Armonia , e l'Ottica i fuoi Cannocchiali j i fuoi Microfcop] , le fue Camere ofeurc, le fue Lanterne Magiche , c le tante maraviglie, con cui fi perfeziona, o fi lufinga queito fenfo del vedere. La fupcrlKzio- ne, la credulità, l'amore del maravigliofo più che del vero, la negligenza, e la mancanza dì certi mezzi, fono Ilari lungo tempo oracoli inopera- bili al fapere . Quali maraviglie la Storia Natura- le, dopo aver rigettato le affurdità degli Anti- chi, non ci à ella dimoirrato ? Nuove foggie di generare, dì refpirare, di vedere, e di vivere , nuove conformazioni di parti, nuove Società , e maniere di edere inaudite, ed incognite a' Seco- li anteriori . Sonfì trovati animali , che non fta [p. 151 modifica]sesso alcuno, altri che gli ân tutti e due, ed altri perfino che bastano a se stessi per la propagazione della loro specie. La ragion degli uomini si è ripulita a misura, che si è considerata più quella de’ bruti, e le Arti medesime si sono perfezionate dalla osservazione sopra certi animali riguardati comunemente o con orrore, o come il rigetto della Natura. I ragni stessi anno fornito alle nostre manifatture una novella seta, e le ova d’un pesce, benché ignoto ancora, potrebbon darci con pochissimo apparato un bel color di porpora non inferiore al cotanto rinomato degli Antichi. Vi parlerò io delle sperienze intorno al peso dell’aria, ed alla forza, che compressa, ella à di dilatarli, chiamate altra volta i miracoli di Magdebourg, intorno all’equilibrio de’ fluidi, alla vegetazione, e coltura delle piante, per cui la Società à ricevuto tanti comodi e ornamenti? Il vostro Giardino medesimo si è abbellito per esse del zampillare, e del dolce mormorio di queste artificiose Fontane, ed effe fomminilìrano in gran copia alle tavole Settentrionali il delizi ofo Re de’ frutti, di cui la Natura non avea favorito che un più caldo Emisfero. La melarancia della Gina nel molo di Portogallo da effe, non à molto, trafportata,l’arfura della Irate dolcemente ci rinfrefea, ed effe efprcffero dalle viti del Reno folle roccie e full’arfe ceneri delle Canarie trafpiaurate, quel dilicato fugo cosi amico de’ dolci brinditi e del palato delle Dame.

Noi andiamo Tempre, tìifi’ ella, di bene in meglio. Non è egli quefto il grappolo della Terra [p. 152 modifica]ra promeffa, per cui voi mi volete allettare? E poiché noi fìamo alia Campagna, non mi addefcherete voi anche co* vantaggi, e colle fperanze altre volte Confolari, che dallo lludio dell* oflervare ritrar può l’Agricoltura, e l’Economia? Se io voleRì addefearvi, continuai io, vi parlerei pìù tofto delle belle Arti, di cui voi fiere così vaga, e che alle olTervazioni, ed alla imitazione debbon pure l’origine, e l’avanzamento loro. Se tanto a voi piace la finezza de’ lineamenti, e la bell’aria di volto nella Medufa de’ Strozzi, la sì ben’oifervata gradazione dell* ira d’Achille nel!’ Iliade, la varietà, e forza degli affetti nella Gaffa idra, capo d’opera del Timoteo de’ noftri tempi, la maeftofa folidità del Portico della Rotonda, la gentil Turbantina di Guido, o la Magia del colorito di Rubens; gratitudin vuole, che obbligo pure ad elle voi ne abbiate. Qual nuova ricchezza non à ella ne’ tefori della Pittura quefta induftriofa Filofofìa recato coll’oiTervazìone di tanti nuovi animali, e di tante piante; qual gentilezza coll’imitazion delle Orientali vernici a certi lavori accrefeiuro, de’ quali àn bifogno coloro, a’ quali neceflario è il fuperfluo; e quai nuovi forni di fi milk udì ni, e di detenzioni non a* ella aperto alla Poefia con tante nuove feoperte, che il Sole, le Stelle, il Paftorello, e la Tigre Ircana, ed altri tali comuni luoghi dal pefo, che foli ne* Poemi portavano, e noi dalla noja della ripetizione anno liberato? e la coltura del corpo, la leggiadria del velHrfi,che tanta vaghezza a naturai beltade accrefee, la più bella infornili [p. 153 modifica]ma di tutte le Arti non à ella fatto in quello Secolo tanti progrefli per vìa della dilicata oiTervazione di ciò che più piace? La Bellezza trteflà > il più preziofo Teforo, di che la Natura arrichir polla ed ornar la Gioventù, farebbe moke volte irato inutile dono, e vano, fe quell’Arte, quanto in apparenza flrana, altrettanto falutare in fatti, di dare a voglia fua alcune malattie, non fofle venuta, mercè l’oflervazione, in foccorfo per confervarlo. Quante Circafle colà nell’Oriente» che fatte pel piacere dell’Univerfo^ fervir denno in un Serraglio rinchiufe a capriccj d’un folo, e diffidi Signore; e quante Belle in Inghilterra, che comandar ponno in que liberi raafchi petti il forgeie, e il variar delle paffioni, non debbon" elleno la lor fignoria, e le lor armi alla felice, ed ardita fperienza, fatta ne’ lor primi anni da indurre mano dell’Inferzione in una tenera, e dilicata pelle d’un benigno Vajolo?

Ma per non parlarvi di quel, da cui voi potrete credere, che io volefiì coglier troppo vantaggio, e per non parlarvi ne meno più della Fifica, the pare efler all’oflervazioni il campo più proprio per le loro feoperte, non fon elle a cui la Politica dee quel faggio non ideale Governo, che più belle del Sole del Mezzogiorno rende le nebbie del Nord, in cui la libertà del Popolo è conciliata colla fuperiorità de’ Grandi, e coli’ autorità del Sovrano? La Metafilica, quel perpetui bivio della Ragione, à pur loro l’obbligo d’un fiflema certo dell’origine, e del progreììo delle rtoftre idee, e noi del conofeimento di noi medeV [p. 154 modifica]fimi. E il Caos della Cronologia e della Storia, non à egli forfè da effe ordine ricevuto, e lume? Egli è il Signor Newton quelV uomo Divino *, che fi può riguardare come il fondatore dell’umano fapere, che full’offervazione principalmente dell’ordinario corfo della Natura à ordinato i fatti Storici in una ferie certa, avvicinando tra di effe alcune Epoche, che l’ignoranza, e l’orgoglio umano aveano allontanato, nella guifa che una giufta ofTervazione aveva già avvicinato tra elfi i confini della Terra nella Geografia.

Condotto da quella guida infallibile, egli pure, fecondo Te fp re filone di un’ingegnofo fuo Compat dotta,

La lucida /piegò vefte del giorno,

e ne traffe fuori le vere proprietà della luce» e de’ colori, che vi erano fino all’ora fiate afcofe, ed involte dentro, fcnza curarfi di fingere alcun’immaginario fiflema per ifpi egare, come il Defcartes, o i moi feguaci fanno, che cofa efiì fieno. Quello fi è un Mondo affatto nuovo, ricco delle più belle verità, difcoperto dal Signor Newton, dove non apparifce la menoma traccia di Filofofo alcuno anteriore a luì. Il fuo libro dell* Ottica, frutto di trenta anni di ricerche, e di Àudio, è un così eccellente modello della buona Filofofia, che una fola delle fu e fperienze £ più avanzato le nofìre cognizioni, che non avcan fatto innanzi a lui tutti i più magnifici, ed ingegnofi fiderai infìeme. Un’antica colonna della più vii pietra è molto più bella agli occhi d’un co [p. 155 modifica]conofcitore, e gioverà molto più alla perfezion dell'Architettura, che tutti i loggiati di Smeral- do, o di Diamante fognati da' Poeti» per ornare i palagi delle lor Fate.

Il vostro conofcitore, diffe la Marchefa, non poni cecamente ne ammirar, nè conofeer le bel- lezze della colonna, per bene antica , e propor- zionata ch'ella fia, s'egli non fa prima, che cos'è una colonna . E come potremo noi, in grazia, co- nofeer le proprietà della luce, e de' colori, fenza fiabilir, che cofa e' fieno, come mi dite che il Si- gnor Newton fa, e fenza fpiegarne prima la na- tura ? Il Defcartes, tutto che il fuo fiftema fia fiato difgraziato , mi dice , che fe un raggio di luce incontra nelle parti folide di un corpo , ri- balza indietro, e fi riflette , ed io il comprendo beniffimo, poiché egli mi à detto prima, un rag- gio di luce , non effere che una filza di piccioli globetti . Ma in qual maniera comprenderò io le nuove difeoperte intorno alla luce , fe prima non mi dire ciò ch'ella fi a? Qual cofa, rifpos'io, è più ofeura della natura del moto de' mufcolì nel nofiro corpo, e della cagione die ffo? Checché ne abbiano detto i Filofofi, i quali quanto più di- cono fopra la cagione di una cofa, tanto meno la- rdano di fperanza di conofcerla . E pure uu' ec- cellente Pittore, un Michel- Angelo avendofi fat- to per via di replicate oflervazioni alcune regole generali, non avrebbe lafciato di dirvi, come fa- cendo il corpo un tal moto, o una tal forza, cer- ti mufcoli fi debbano innalzare , e per cosi dire «Icir del corpo , e certi altri abballare , e depri[p. 156 modifica]mere , coficchè non vi farebbe fiata attitudine sì flrana, in cui egli non avelie indovinato i vari e quali infiniti .fcherzi , ch'elfi debbon fare, e 'di quella fua fetenza il famofo giudizio nel Vatica- no, ne fa manifefta fede . La Calamita è un fe- creto del medefimo genere . La natura di elfa , e la cagione de' fuoi maraviglioiì effetti è, e farà venhmiìmenre pe' Filofofi , ciò che è la lingua Punica per gli Eruditi . Quella ignoranza però non a fatto , che non fe ne feoprano molte pro- prietà, come per efempio che armata di accia jo ella potrà innalzare un' affai maggior quantità di ferro, che difarmata, che da una parte ella tirerà a fe un' altra Calamita, e dall'altra la difeaccierà, e mille altre di quell'ordine, lafciando (lare il fu o collantemente dirigerfi a' Poli del Mondo , che tante verità alla Filìca, alla Navìgazion la bullo - la X fornito , e tanti comodi al commercio ed ai genere umano . Quella fi è anzi l'unica maniera di pervenire, fe è mai poftìbile, a conofeere lana- r tira, delle cofe, l'ofìervare cioè, e l'indagare coli* ultima attenzione le proprietà più recondite , e più fccrete, le proprietà primitive , ed elemen^ tari , dalle quali le altre tutte dipendono . Fin" ora avete veduto ne' fìttemi di Filofofia le mode della immaginazione umana, che fi fonfuccedute di mano in mano le une alle altre a riempire l'or- goglio dell' uomo, di qudt'eiTère fera pre inganna- to, e tempre credulo. Orala luce f le fra, e la veri- tà per bocca del Signor Newton vi parla. Udia- mola, dille la Marthefa, attentamente . Ogni re- ilo di caligine, che poteile criuf carmi ancora dalla men[p. 157 modifica]nente fgombri, e mi faccia a novella vita rinaicere in Filofofia.

Un raggio dì luce, ripigliai io, ficco me I altro giorno ave* incominciato a dirvi, per quanto fottiìe egli fia, altro non è che un frfcetto d infiniti altri raggi, i quali non fon già tutti del medcfimo colore, benché tutto il raggio ci paja bianco; ma alcuni fono ceffi, alcuni altri aranci, altri gialli, altri verdi, altri azzurri, altri indachi, altri violetti, con infiniti gradi di colori intermedi tra gli uni e gli altri di quelli fette principali. Qutili raggi adunque di differenti colon che ii chiamano primitivi ovvero omogenei meicolati infume compongono un raggio eterogeneo, c compofio, com’è un raggio di Sole di color bianco, o più tolto di un colore, che pende all’aureo; in quella maniera appunto, che varj colon mefcolati infieme fu Ila tavolozza d’un Pittore compongono un nuovo colore, che partecipa di tutti, ma che è differente da ciafeuno in particolare. Quindi quel Poeta che più che allo fiiìe, alla itima che à per voi riconofeiuto avete, chiama la luce aurata, e Settemplice, come del Nilo fi dice, e degli feudi degli Eroi guerrieri. Ella e dcgl.infiniti colori, onde queiV Univerfo fi dipinge luffureggiante teforo, e i fuoi raggi non già di porpora, o di zaffiro al rifranger d’un prifma, o al rifletter d’una fuperfìcie fi tingono, ma dal feno ideilo del Sole col calore, e col lume feco portano il colore, benché dagli occhi volgari non veduto.

In somma, un raggio fi può confiderare come [p. 158 modifica]una fibra comporta d’infinite fi orette, o filamenti, ciafcun de’ quali à un particolare, proprio ed inalterabil colore, cui egli non lafcerebbe di molare, fe veduto erter potette fe parato dagli altri» i quali con etto infìeme a formare il color bianco, o aureo della luce concorrono. Ma qual farà l’ind ufi ria del Fifico, che potta feparare e rifolverc il raggio totale e comporto ne’ Tuoi primitivi ed elementari, onde ciafcuno di etti dtmoltri il proprio colore? Egli è certo, che querta feparazione non potrebbe fucceder giammai, fe quelli raggi primitivi ed omogenei non fotter di lor natura tali, che pattando da un mezzo in un’altro, per efempio dall’aria nel vetro, tutti colla medefima inclinazione, gli uni non fi ri fran getterò più, e gli altri meno, venendo per cotal modo a dividerfi, e fcompagnaifi gli uni dagli altri. E querta è la grande icoperta fondamentale di quello firtema la differente rifrangìbilhà^cìot de’ raggi differentemente colorati? fecondo la quale i violetti fono i più ri frangi bili di tutti, pofeia feguono gl’indachi, indi gli azzurri, i verdi, i gialli, gli aranci, e finalmente i rotti, che meno d’ogti’ altra forra fi torcono nella rifrazione, Mi fono io fpiegato aliai chiaramente, o Madama, fopraquefie cofe? Anzi che nò, rifpos’ella, ed io intendo beri ìffìmo come la Natura facendo i raggi divtrfamente colorati, diverlamente rifrangibili, a preparato a* Fifici di che fare una fcparazione, che altrimenti farebbe fiata impoffibile. Strane, c maravigliofe cofe di querta luce voi mi narrate in vero, alla cui invenzione un grande, & ardito [p. 159 modifica]Fitofofo richiedevafi, e per la cui credenza fon neceffarj non lievi argomenti di o nervazioni, per le quali non pofTo diffimularvi la mia impazienza. Io che prima fono Hata Gartefiana, pofcia Maliebranchia, mi ritrovo ora per cagion di effe, fenza iìlteraa. Quello voto non mi può piacere, ed io ho fretta che altre offervazioni lo riempiano.

I danni ch’effe v’an fatto, rifpos’10, ve gti compenferan ben prefto, e abbondantemente. Così pur faceffe ogn’alrra cofa al Mondo, che ci fa male, il qual per dolce, che molte voice ha, e però tempre del rimedio men dolce. Figuratevi una ftanza dell’ofcurità vilìbile del Milton pm tenebrofa ancora, un luogo, fe volete, d’ogni luce muto, che dee per noi effere Teatro di ragionamenti, e di offervazioni. Per un foro fatto nella per altro chiufa di lui fineftra entri un raggio di Sole, in cui fia porto orizontalmente un prifma di vetro, che lo rifranga in modo, che laddove prima il raggio diretto batteva fui pavimento della ftanza, e vi dipingeva un’immagine dei Sole bianca, e quafi rotonda; ora rifratto batta Affla muraglia oppolta alla fineftra, coficche all’ufcir del prifma fia quafi anch’effo orizontale, e al pavimento della ftanza parallelo. Quella fpecie, o immagine del Sole, che il raggio rifrac co dipinge fuìla muraglia, è ben differente da quella, che il diretto raggio fui pavimento dipingeva; poiché laddove quella era quafi rotonda, c affatto bianca, quella è della figura appretto a poco d’una fifcia da giuoco molte volte più lunga, che larga, e variata tutta d’infiniti colon, [p. 160 modifica]tra’ quali fpiccano ì fette principali 3 annoverati poc’anzi, che l’uno appo* l’altro fiammeggiano;

Ne il fuperbo Pavon sì vago in mcftra Spiega la pompa dell’occhiute piume 9 Mi l’Iride sì bel la indora, e inno/ira Il curvo grembo, e ruggiadofo al lume.

Piacemi, che il Taflo, che avea alcun poco le rifrazioni per la Tua Armida offefo, fiati ora riconciliato coli’ Ottica. Così ella; ed io: fono quelli colori, ond’è l’immagine tinta, fecondo la fua lunghezza difpofii in maniera, che il roflb è neH’eftremità inferiore di efTa, a cui fegue Tarando, e a cjuefto il giallo, pofeia il verde, indi l’azzurro, l’indaco, e finalmente il violetto, che è il più atto di tutti, e neH’eftremità fuperiore dell’immagine, con quegl" infiniti gradi di colori intermedi, che legano, ed unifeono infenfi bilmente infieme i fopradetti fette colori primarj J Nè il Coreggi o, nè Tiziano, nè la Rofalba colle fua Tizianefche dita, anno giammai in tal modo unirò, e sfumato mezze tinte infìeme per far tondeggiare un vifo.

Per ifpiegare quefto gran cangiamento una di quelle due cofe, converrà dire, o che la luce fia compofta di raggi diverfamenie colorati, e diverfamente rifrangibili, coficchè il prifma altro non faccia, che fepararli l’un dall’altro, allorché padano per eflb, e in tal modo i divedi colori dipingano, e una lunghezza molto della larghezza maggiore fi oflervi neh? immagine, la [p. 161 modifica]quale altrimenti rotonda, o quafi che rotonda ef- iv*r dovrebbe; ovvero che la luce acquifli pàCao 5 - do per lo prifma de' colori, ch'ella non ave a in- nanzi, e di più che ogni raggio fi diflìpi, fi dila- ti, e fi difperga in molti altri raggi divergenti tinti di diverfo colore, onde fi formi quell’im- magine colorata, e molto più lunga, che larga ; e quello è ciò che fu fuppofto da un'altro Filo- fofo al Signor Newton anteriore chiamato Gri- maldi, e che viene fot co il nome di difper/tone della luce. Egli è necefTario, come vedete, fe noti fi ammette la diverfa rifrangibilità, di porre que- fta difperfione , per ifpiegare come l'immagine colorata del Sole, debba aver dopo le rifrazioni del prifma una lunghezza molto delta fua lar- ghezza maggiore .

Quella fperienza adunque, diffe la Marche- fa , che tanta attenzion m'a coftato per bene idearmela, e quella lunghezza dell'immagine dei Sole , a provar non balìa la varia rifrangibilttà ; poiché tutto ciò fi può fpiegare con un altro fi- ftema ben diverfo, come fi è quello della difper- fione . Io vorrei qualche fperienza , che non fi poteffe affolutamente fpiegare, che col Newto- niano , e allora mi parrebbe d'effer contenta. Quello appunto, rifpos' io, è ciò, che è nece Ila- rio per provare la diverfa rifrangibilità , come pure qualunque altro principio in Fifica, e que- llo à tatto il Signor Newton non fapendo forfè , ch'egli avrebbe, ciò facendo, contentato un gior- no una bella Dama; checche ne dica per altro un' Autore, il quale l'à accufato di aver dalle ofTer[p. 162 modifica]vazioni più confeguenzc dedotto che non conveniva; uno de’ maggiori delitti, che ad un Matematico imputar fi polla. Quello Autore lo rimprovera di aver dalla oflèrvazion fopradetta, la diverfa rifrangibilità de’ raggi Solari argomentato, quando non ballar lei "in modo niuno a ciò fare, egli à efpreftamente detto, potendo per avventura quella (liana apparenza nell’immagine dal prifma rifratta, dalla difperlkme del Grimaldi avvenire, o pure anco da una inegualità di rifrazioni fatta non collantemente, ma a cafo 9 " da cui perciò non fi polla dedurre cofa alcuna; nel che quanto egli pare più fcrupolofo nel ragionare, tanto più il fuo Avverfario par Ubertino nell’accufarlo. A tale effetto adunque per levar di mezzo e la difperfione del Grimaldi, e Io fcrupolo, che il cafo avelie che fare in quelle diverfe rifrazioni, egli immaginò la feguente fperienza, che è come l’arbitro, e il Giudice della controversa. Egli ricevè l’immagine colorata del Sole fatta dal prifma, e che cadeva fu Ila muraglia, egli la ricevè dico fu Ila faccia d’un altro prifma pollo in piedi, in modo, che il rotto dell’immagine veniffe a cadere nella parte più baiTa di quella faccia, e il violetto nella più alta, e gli altri colori intermedi cadeffero rifpettivamente nelle parti intermedie tra il rollo, e il vialetto. Se il primo prifma che orizontale era, i raggi rifrangeva di baffo in alto, quello fecondo in piedi, dee rifrangerli da un lato, dalla fin idra, o dalla delira, talché fe prima quafi che dirittamente andavano a ferire la muraglia alla fine lira [p. 163 modifica]opposta, la feriscano ora obbliquamente, e di sbiescio. La rifrazione adunque che doveano soffrire per traverso, e da lato i colori, passando di nuovo per questo secondo prisma in piedi, era quella, che dovea decidere, o per la diversa rifrangibilità Nevvtoniana, o per la dispersione del Grimaldi, o in fine per una inegualità di rifrazioni fortuita, e casuale, che non è di nessun sistema. Imperciocché fe la immagine del Sole fatta dal primo prifma, che rifrangeva di baffo m alto, era colorata, e bislunga per una difperfio- ne, o dilatazione di ciafcun raggio incidente , che pure di baffo in alto fi facea; una feconda ri- frazione per traverfo e da lato, cagionata dal fe- condo prifma in piedi , doveva fimilmente di- fperder di nuovo, e dilatar per traverfo 1 raggi di qucfta immagine, e renderla altrettanto bif- lunga in larghezza, quanto ella lo era innanzi in lunghezza; in modo che fu Ila muraglia delia llan- za the era dietro al fecondo prifma, fi dipingerle una nuova immagine diverfamente colorata da quel che lo era innanzi, e di una figura apprtffo a poco quadrata. Se poi la immagine fatta dal primo prifma era colorata, e bislunga per una inegualità di rifrazioni accidentale , e fortuita , chi fa qual bizzarria avelie prodotto il cafo nella combinazione del fecondo prifma, e nella nuova rifrazione , che fi faceva alla luce foffrire ? Ma qualunque cofa prodotto egli avelie , non dovea mai certamente produrre ciò, che volea il filic- ina Newtoniano; fecondo il quale fe la immagi- ne fatta dal primo prifma era colorata, e bislun[p. 164 modifica]ga per la riparazione da elfo fitta de* raggi ài- verfamente colorati, e diverfamente rifrangibili; una feconda rifrazione per traverfo, altro far non dovea, che inclinare quella immagine , recando ella la medtfima, e quanto a' colori, e quanto alia larghezza. Come inclinare, dille la Marche- fa? io non intendo di ciò la ragione. Voi l'in- tenderete fubito , rifpos'io, fe farete riffe (fio ne » che i raggi dell'immagine colorata, fe il fecondo prifma non vi folle , andrebbon tutti quafi che dirittamente a ferir la muraglia. Ora fe il fecon- do prifma dee rifrangere , cioè far deviar dalla loro flrada per traverfo e da lato i violetti , più de' rolfi ; debbon quelli ferire la muraglia più obliquamente di quelli, che vale a dire , debbo- no i violetti in un fico di ella più lontano dal prifma, che i rolli cadere . I colori intermedj tra i roffi , e i violetti cader dovranno in fiti inter- medj altresì della muraglia ; ficchè fopra di efiTa la feconda immagine fi dipinga inclinata, e come pendente colla eftremità fua violetta dal prifma più della ruffa lontana . Quello adunque avve- nir dee fecondo il fiitema del Signor Newton, e quello appunto avviene co' prifmi alta mano ; ed io medefimo ò avuto più volte il piacer di ve- derlo . Che fe dopo il fecondo prifma fe ne porrà un terzo, ed un quarto ancora, affinchè l'imma- gine Ila fucceffivamente n fratta per traverfo da. tutti quelli prifmi * que' raggi , che nel primo prifma fofiroiK) una più grande rifrazione degli altri , la fofriranno ancora di mano in mano ne* feguenti prifmi fenza che l'immagine Ila in modo [p. 165 modifica]nìuno dilatata per traverfo, ne differentemente da quel, ch’era prima, colorata.

La Natura, ditte la Marche fa, à pronunziato il gran giudizio, e di tre fìttemi, che fi erano offerti, il Newtoniano a avuto il pomo d’oro. Io vi conte fio, che internamente le fo buon grado di quello giudizio fuo, poiché per non parlare di quella inegualità accidentale di rifrazioni, che non ne porta il pregio, quella difperfionc del Grimaldi, e quella dilatazione di ciafeun raggio in particolare avea qualche cofa di comporlo, e d’imbarazzante per l’immaginazione. Se voi trovate, foggi uns’io, il giudizio della N ttura giufio, altrettanto bizzarro troverete, cred’io, quello dell’Avverfario del noftroFilofofo,di cui io vi parlava poc’anzi; il qual dice, che il Signor Newton confermò con giocondi fperimenti l’offervazione del Grimaldi.’lo mi maraviglio, rifpoie la Marchefa,non tanto di quello Avverfario, che fi vede non confutava gran fatto i Te Ili, quanto del Grimaldi lteifo, che non abbia tentato la fu a difperfione con un efpri mento così facile e femplice, come fi è quello, per cui non vi volea, che porre un fecondo prifma dopo il primo; il che pare dovette facilmente cadere in mente ad un uomo, che volea fare un fiftema. Dite più torto, foggiuns’io, ad un uomo, ch’era molto efercitato nell’arte deU’offervare, poiché il voler de* fittemi, e il far delle fperienze fon due cofe, che non vanno gran fatto infieme. Ma egli pare che generalmente le cofe più femplici, fieno ftmprc le più difficili, e per confeguente le [p. 166 modifica]ultime a ritrovarli: La circolazione del fangue, per efempio, pare che doveiìe e {Te re una fcoperta molto facile da farli, e molto antica. Quando fi fa un fa la irò al braccio, le arterie fi gonfiano dalla parte del cuore verfo le estremità del corpo, e le vene al contrario dalle eftrcmità verfo il cuore. Quello fa ben vedere, che certi vai!, cioè le arterie, fon delibati a portare (1 fangue da! cuore all’eft rem iià, e cerei altri, cioè le vene, dall’direnili à al cuore. D’altra parte la morte di Seneca poteva fervir agli Antichi d’una fperienzain Fiiìca, non meno che d’un precetto alla Morale. Bgli era imponìbile, che il fangue tutto poterle u le ir dall’apertura delle vene, fe quello delle parti più bade non avelie avuto comunicazione con le parti più alte, in fomma fe non avelie circolato per tutto il corpo. Voi vedete adunque quanto meno per conofeer la circolazion del fangue bifognava agli Antichi, che aveano già le fperienzc belle e fatte, che al Grimaldi, a cui era mefliero incominciar dal farle per conofeer la vanità della fua difperfione. Egli è vero, che qualche partigiano dell’antichità pretende di trovar quefta fcoperta in Ippocrate, in quella maniera che vogliono tutte te invenzioni de’ Moderni, c per fino le noftrc malattie trovarli negli Antichi. Ma egli è come fe un Vellutello, o altro innamorato del Petrarca trovarle in que’ verfì:

In quel giorno che al Sol fi fcoloraro Per la pietà del Juq Fattore i rat [p. 167 modifica]Il Memi dell* Ottica Newtoniano..Generalmente il più femplice in ogni cofa, è ciò che h trova più difficilmente, e più tardi. Queita ientenza, replicò ella, non fi verifica che troppo anche alla Toletta, dove una difpofizione elegante, ma femplice di nei e di capelli, coita molte volte ilenti, e fdegni infiniti.

Egli fi direbbe fecondo quello principio, iWiuns-io, che le fperienze del Signor Newton glì avellerò coftato infinitamente, Imperciocché fe elegante, femplice, e inficine concludente e Itau la/pemWdi poc’anzi’per provar U diverfa ri frati gibilità, niente meno lo fono infinite 4fr tre, ch’egli i pcnfsto*. tale effetto, e che ognuno s’immaginerebbe di leggieri aver potuto egualmente penfare. Forfè, foggimi fe la Marchefa, non è ella abbaftanza provata la diverfa rifrangibilità da quella fperienza, che vi ha bifogno pei; provala di: altre ancora? Mi fon’io lafeiata forfè pérfuadere.mal a proponto? Egli non è mai, rifpds io, che una Dama fi lafci perfuader fuori di propofito. Ma il Signor Newton medefimo non vi vuol Newtoniana così pretto. Quella fperkmz a bilia a provare la diverfa rifrangiciJità, non v’a dubbio, ma non già a foddisfare un Filofofo, che vuol tentar la Natura in mille maniere, che vuol metterla a mille prove per afficurarfi di ciò,, ch’egli dee credere. Non fi direbbe.egli, difs’ella, che voi fate della Natura una Cochetta, e del Signor Newton, un gelofo, che crede non doverfené mai fidare abbaftanza? Qhefti furono almeno, rifpos’io, tutti i fuoi amori. [p. 168 modifica]Egli m’incresce molto dì non potervi dir tutte le sperienze, ch’egli â pensato a tal fine, acciocchè voi vedeste il più bel tutto, che la gelosia Filosofica abbia giammai posto insieme. Ma voi lo argomenterete facilmente come dagli Obelifchi, e dall’A mfì reatro fi argomenta, che co fa era l’antica Roma. Finite, vi prego, foggiunfe la Marche fa, di farmi Newtoniana. Io veggo bene, che la mia converfione mi fa guadagnare la verità fenza farmi perdere il piacere che io provava nel mio inganno.

Nella itanza ofeura, continuai io, che abbiam Tempre preparata per le noftre fperienze, il tenda orizontalmcnte un filo bianco in faccia alla fmeftra un po’ lungi però da elTa, e per due fori in ella fatti entrino due raggi di Sole, che da due prifmi rifratti fulla muraglia oppofta due colorate immagini dipingano. Ciò fatto, raccomandarfi bifogna al Genio che preliede all’Ottica, e poi dì pazienza armarli, acciochè alla fin quello filo mezzo da’ raggi roflì d’un’immagine fia illuminato, e mezzo da’ violetti dell’altra. Coperta poi la muraglia alla fìneftra oppofta con un panno nero, acciochè i colori, ch’ella fenza ciò rifletterebbe, non turbino l’efperienza, in cui non devono dominare che que’ del filo; fi guardi quello ponendofi innanzi agli occhi un pnfma, la cui pofitura fia, per efempio, tale, che gli oggetti per mezzo di elio guardati pajano più alti che non fono. 11 filo adunque parrà egli pure trafportato in alto dalla rifrazione; ma perchè la metà violetta dee foffriria della rolla maggiore, quella dee [p. 169 modifica]parerlo più di quella, per modo che il filo apparata in due parti divifo e rotto, l’una violetta, e più alta, l’altra rofla, e più baOa, e così a puntino fuccede. Anzi quefìa fpcrienza conviene talmente in tutte le fue parti col filtema Newtoniano qualunque altro efcludendone, che fc la metà del filo, ch’era violetta fi farà divenire indaca, il filo pana un po’ meno rotto di prima, accofrandofi più la metà indaca alla rofla, che non ficea la violetta, così appunto volendo la minor differenza di rifrangibilità che è tra i raggi roffi, ed indachi, di quello che fia tra i roffi, c i violetti. Se dindaca ii farà azzurra, reftando feropre l’altra metà rofla, il filo per la medefima ragione parrà men rotto di prima, e meno ancora il pana, fe la metà azzura fi farà divenir verde, meno ancora, fe gialla, e meno, fe arancia, finche facendola divenire roffa anch’effa. come l’altra; il filo non parrà più rotto, ne divifo in due, come prima, ma intiero e continuato, non efTendovi più differenza alcuna di rifrangibilità, tra il colore dell’una delle fue metà, ed il colore dell’altra. Una limile fpcrienza fi può altresì fare con una carta mezzo di roiTo, e mezzo di azzurro dipinta; poiché fopra di un panno nero polla, c con un prifma guardata, ella pure in due parti divifa e. rotta appari fc e; e nna carta di quattro colori,dipinta, fìccome io la prova veduto n’ó, cioè roffo,, giallo, verde, ed azzurro, eoa quel mcdefnrio ordine l’uno apprettò l’altro dìfpoiìi, con cui io ve gli ó nominati, pareva col prifma guardata in quattro pezzi divifa, alla ma[p. 170 modifica]nic ra de’ gradini di una fcala, effendo ora I’azzUro il più alto di tutti, ed ora il più baffo, fecondo che del prifma la pofitura richiedeva. Ed una tale fnenenza la tante maniere fi può dir variata, in quante la feconda, immaginazion di Paolo A faputo. variare il Soggetto d’una Cena, fuccedeva femore in modo, che avria molto confermato quello Menu, fe aveffe permeilo il fuo Autore, che bifogno egli aveffe di conferma.

Io vi confettò ingenuamente, pres ella a dire, benché io abbia mai fempre con hngolar venerazione i Matematici riguardato, di non iapere che cofa fieno le loro Dimoftraziom. Per quanto fi fieno ora addomefticate, non lo fono per me ancor tanto, che fi vegga fulla mia Toletta tra l’efsenze, e le manteche., la foluzion d un blema Ma io vi confcfca altresì cominciar ora a temere, che non poco la mia venerazione accrefcefse il non conofeer la Deità da me adorata. L’evidenza loro fa tanto itrepito nel Mondo, che io mi pervadeva fenz altro, ogni altra cola pe* ben provata che falle.,’ non avere rifpetto ad elle, che qualche picciol grado, di.probabilità I Ora io non fapre-i immaginarmi, qua! maggior certezza aver polla la dimoftrazione di un Matematico dt quello che abbia la diverfa rifrangibihta del i«anor Newton,• che è pure una cofa di Finca, m veramente, foggiuns’io;, colui che a trattato quefta cofa di Fi fica era il più.gran Matematico che £ giammai flato al Mondo. Converrà adunque dire", replicò la Marchela, che uccome qualunque cofa toccafie Mida il convertiva in oro [p. 171 modifica]così tutto ciò, che trattava il Signor Newton Matematico diveniva nelle fue mani. Certo ce , ibgmuns' io, che fe mai la Fifìca luungarfi porca jàiì Gareggiar per la certezza colla Geometria , lo poteva con qualche ragione da lui trattata; ben- ché grandiffima ila la differenza, che paffa tra i generi delle loro prove . Quella non può che cWidcrar molti e molti particolari, fare intor- no ad eflì offervazioni, e formar da tutto ciò per induzione, come dicono, una propofizion gene- rale; laddove l'altra più fpedìta, e più Cicura da ogni parricolar cafo prefeindendo , la fua dimo- ftrazion fonda Culla natura, e full' idea della cofa ilefia,di cui fi ragiona. Tutto ciò che un Mate- matico del Triangolo vi dimoflra, farà vero in tutti di qualunque fpecie e' fieno; non coniidc- rando egli che ciò, che neceflariamente ehge la natura di una figura terminata da tre linee rette , la qual trovandoG in tutti i Triangoli, che fi potìono mai fare, o immaginare, la fua propor- zione viene ad un tratto a verificarti in tutti . D'altra parte un povero Fifico vi dirà che tutti 1 corpi qui in Terra gravitano , e lafciati a fe me- defimi cadono all' ingiù , non deducendol già , come fa il Matematico, dalla natura del corpo-, che gli è ignota, ma dall' offe r-vazion giornaliera, che l'oro, l'argento, le gemme, l'acqua, l'aria, e mille altri corpi il fanno, e il fanno collantemen- te di giorno-, di notte, l'inverno , e la fiate ,^a ciel nuvolo, e fereno ; onde fi può ragionevol- mente per induzione raccogliere, che qualunque corpo graviti in ogni luogo, e in ogni tempo. [p. 172 modifica]Tutto che ragionevole ciò fia, quella cosi ampia ricerca di prove, di mancanza di dimoitrazione è fcgno, liceo me il troppo lludio dell’ornarli, arguisce in un volto difetto di naturai bellezza. Chi fa malgrado quella moltiplicità di o nervazioni porrebbe dubitare alcuno, le qualche corpo, che noi non cono/chiamo ancora, non graviti, o le v’à qualche paefe nella Terra Aullrale i’ncogni tàj in cui i corpi., che in tutto il retto del Mondo noto gravitano, non gravitaflero; o fe v’è itato un fecolo, in cui un certo corpo non ab.bia gravitato? Voi m’accorderete però agevòlmente, difs’ella, che quando la moltiplicità delle oflTervazioni è tale, quale è quella: da cui li deduce la gravità de’ corpi, o la diverta riftangibilità de’ raggi della luce, il dubitar non farebbe perdonabile, che a cui per avventura egli folle lìato da’ Medici ordinato per motivo di. falute.

Se v’à, replicai io, chi è troppo intemperante ne’ dubbj, v* a, molto più di coloro, che non fono fuffieientemeute ritenuti nell’afTerire. Non imitan già rurti del nolìro faggio FUofofo la cauta, e neceffaria lentezza. Ad alcuno un fola cafo particolare balìa- talvolta per dedurne tre ttolofam ente una conci ulion generale, alla foggia di quegli, che della coltura, c del general carattere d’una Nazione intera, giudizio formano dal particolare umore, e dalla Angolarità di.ufl uomo-, che avranno al Caffè una, o due visite veduto*. L’Avverte ri a dei Signor Newton, di cui io vi parlava poc’anzi^rrrimaginandofi di averne rovefeiato il lille ma, e principalmente la [p. 173 modifica]diverfa ri frangibilità, per mollrarfi _ forfè vero fuo Awerfario anche nel metodo di filoiotarc , à meffb infieme un certo da altri accennato già , e non feguito general fi ite ma fopra cafi particola- rismi , i quali a ben efaminarli fono confeguen- ze di quello ch'egli penfa aver gettato a terra . Mi fuppone de* fondi, e de' mezzi chiari, ed of- curi,ìa diverfa combinazion de' quali, a fuo giu- dizio, è cagione della diverfità de' colori. Una combinazione di chiaro, e d'ofeuro, m'interruppe la Marche fa, potrà ella mai produr del.roiTo , o del giallo? Egli è bene fventurato quel fenome- no, mi pare, che fi lafcia fpiegar da quefio Alte- rna. Forfè, rifpos' io forridendo, que' fenomeni, che nell'effer loro In contravvenuto a qualche legge, i moltri, fe ve ni, dell'Ottica, la Natura li manda a quello fifrema da fpiegare, e quefti volili bei colori non lo meriterebbono anch' effi per efTer puniti un poco del tanto male che in fatto? Ma vedete fventura de* poveri colori del prifma, che certamente non meritano, e ciò vi darà idea del valore di quefto fiftema . QuelU colori allorché un raggio di Sole dal prifma è (ir fratto , nafeono, fecond'effo per via di due forte d'immagini, luna fatta dalla difperfione de' raggi del Sole, l'altra de' raggi del Cielo i quali a que' del Sole contigui fono. Difperfione! efclamò la Marc he fa. Si ardifee ancóra di farla comparire di nuovo in fccna ? Non 4 egli mai veduto la fpe- rienza del fecondo prifma in piedi, che l'à una volta per fempre dall'Ottica sbandita? Gli occhi degli Autoii , rifpos' io , fono altramente fatti [p. 174 modifica]da querU del reltanrc degli uomini. Il Sole è chiara, e il Cielo rifpettivamente ofcuro; Ecco quanto gli balla per trovar fondi, c mezzi in abbondanza, relazioni del chiaro ali’ofcuro, vclamenti, com’egli dure, che fi fanno da quelle due immagini, onde fpiegare la diverfita de colori dei prifma. Io m’immagino, foggmns ella, che quella fpiegazìone non farà molto fempiice. Ella! fembianza d’eflere imbarazzata alquanto. Lafciando ftar quello, replicai io, che gli fi pòtria perdonare, e molte altre difficolta che fi potrebbe muovere: fe così è adunque, che quefta diverfità di colori dipenda dal mcfcolamcnto de’ rasai di quelle due immagini del Sole, e del Cielo? e dal velamento che l’una fa all’altra; egli è chiaro, che fe fi troverà il modo di fare, che 1 raesi del Cielo non arrivino al prifma, e per confcSuente non fì rifrangano, e non fi mefcolino co’ quelli del Sole, forniranno i colon tutti, i vagendo tutta quella bella Teoria, che nafce dalla mefcolanza di quefle due forte di raggi. Ora queflo fi può facilmente ottenere, fe prima di rar Rifrangere dal prifma il raggio del Sole, che entra pel foro della ftanza ofcura, la parte dimezzo di tuo, fi farà pafTare per un’altro foro fatto in una avola, o in un cartone porto m una notabile diiknza dalla nnellra. In quello caio tao o è lontano, che il prifma riceva i raggi de Cielo, cne contigui fono a que’ del Sole, ch’egli non riceve che que’ raggi del Sole, che vengon dal mezzo di XI e in nefluna maniera quelli che fono al lembo vicini. 1 colori adunque dell’immagine [p. 175 modifica]in questo caso non si dovrebbono vedere, il che è affatto contrario alla sperienza; disgrazia che è per altro molto familiare a questo sistema.

Voi mi sembrate, disse la Marchesa, il giovane Bacco i Giganti atterrante, che detronar voleano gli Dei per metterli in luogo loro. L amSS nulla Leno g fece in coretto Au tor vede re che in qiifat prefontuofi figli della Terra *igur ev,?e P lic F ai io, un Autore nel fuo ordine Ser LI appaHìonato per dare il un altèrna ] quanto una Dama Franccfc efiere i poda per dare*U fuo ad una acconciatura. fette* loro |ft come quel)’ lmperador della Gina, chc brugiar fece tutti i libri di Stona, accioche dah ora in poi il fuo nome ne fotte la prima Epoca; cosi potettero eglino tutti i fittemi distruggere, acciocché poi l’ultimo loro foffe la prima Epoca della Scienza umana. Senza che quello del Signor Newton era forfè troppo Oltramontano pelare etter quello degl’Italiani. Gran ventura egli era fe un iìttema in Inghilterra nato non trovava predo alcuni aborrimento in coiella nottra vicinanza al Sole. In non vedo, difs’ella, quat avveriione contro un Iìttema infpirar polla 1 Inghilterra. In quanro a me, per quanto Italiana io mi tenga obbligata di eilere,mi pare, che ne men la Islanda, o la nuova Zembla batterebbe per ispirarmene contro uno, che ben rondato fatai Non occorre, riipos’io, che pretendiate di ritrovar voi tteila negli altri uomini. Vena alcuni, pie ilo a’ quali una fchiena di montagne, un mare, un fiume che fia tra effi, e una verità, [p. 176 modifica]fono difficoltà ìnformpntabili per farla loro rice- vere Foife che come i Romani trovavano nello ftiic di -Livio un non fo che, che del Padovano fen- riva, così coftoro trovano nelle verità che ci ven- gon di là da* monti , un non fo che d'Oltramon- fano , a cui effi non ponno accomodarfi . Eglino anno, foggiimfe la Marchefa , fen fi ben dihcati quelli Sonori per accorgerft di tali differenze ; più toflo egli non è aver fenfo alcuno per la verità il trovar qualche cofa d'Oltramontano nelle prove della diveda rifrangibiliià ; nel che io pretendo di effere molto migliore Italiana di eiii, poiché qualunque differenza non potrebbe ellere che in difavantaggio noftro.

Voi fiere, rìfpos' io, Cittadina del Mondo, e 1 voftri fenfi fatti per la Verità nulla men forte contro il parere e le obbiezicn d'altri, troveranno una novella prova della diverfa rifrangi bilita, ca- vata dalla differenza del foco nella lente de di- velli colori . L'inmagine de* caratteri di un libro illuminato da' raggi roffi del prifma , che per via di una lente convella fi forma , e diflmta in una certa diftanza da effa; e l'immagine de medelirat caratteri da* raggi azzurri illuminata , non lo e , che in una diilanza minore . Similmente i quat- tro colori rotto, giallo, verde ed azzurro della carta di poc'anzi, non fon già tutti dittimi di la dalla lente nel medelimo fito . L'azzurro e .1 più vicino, cui Oegue il verde, indi il giallo, ed ulti- mamente il rollo, i cui raggi eilendo meno degli altri nfrangibih, debbono altresì m una maggior diiUnza raccorfi & unirfi dalla lente . [p. 177 modifica]Non fi è obbiettato forfè» ripigliò forri derido la Marchesa, che il libro, fu cui cadevano i raggi rotti, e poi gli azzurri, era per avventura Inglefe» c che per conchiudere la diverfa rifrangibilità bifognava, che folle Italiano? Ma in verità, non è egli vergognofo di efler cosi retilo contro il vero? Non fon’elleno forfè deci fi ve quelle fperienze? E da qua!’ altra cola à egli mai da nafeere in qualunque paefe del Mondo l’è (Ter l’immagine di un colore più vicina alla lente, che quella d’un’altro, fe quella non è la diverfa rifrazione, ch’elfi fofirono nel pattar per la lente? Non andate in colera, rìfpos’10, o Madama, che la diverfa rifrangi biliù non lafcicrà per quello d’elTer vera. Voi potete feguitare a crederla con tutto il vofìro comodo, come già fecero molte onefte perfone, qualunque opinata guerra l’Avverfario del no tiro Filofofo dichiarato le avelie. Ella ebbe la forte di quel campo, ove Annibale, quando attediò Roma, accampato fi era, il cui prezzo nulla feemò per quello nella vendita che allora fe ne fece. Voi dovete riguardar più tolto quelle difficoltà come i verfi fatirici, miferabile sfogo della licenza e della malignità del foldato, che fi mefcolavano altre volte in Roma alle acclamazioni ed alla gloria de* Trionfatori della Terra. La bellezza e la Angolarità di quello fili e ma, meritava bene di non andare immune dall’Invidia, e dalia Critica: talTa che dee pagare al maligna pubblico il merito altrui, Un famofo Miniilro capace de’ più alti proggetti, e de’ più baffi manc ggi>e un’Accademia intera fi. collegarono con[p. 178 modifica]trotti applaufi del Ci§ nafcente. Il Misantropo di Molière, fi recitava per non dB&tal rag.one «fui principio alla medefima udienza, «^ «•** a- funi Armoni Qnann quadr, de cele■ornàn,e°„ r t °o’deL P iù dall’oro de’ ricchi, fon pagar, **«M«£*™5 conofcirori! Egli era quafi «cenano pe ionor di quello fittemi, che da ogni J^"**** egli veniffe, e da chi la diverrà J**^’"^ o!r fi dovette, e da chi Vmamtabiltta * *"» fltra noveila p’roprierade in etti dal fagace noto» Fi nfofo d fcope«a. Si rifece in Francia dal Sg ^M^Toomo oellojrervare «rtM mai ve ne fu alcun’altro, la fperienza, u cui Sa nuova proprietà de’ color. P»™P a ’^ fnn lavali e l’efito ne fu nelle fue mani diverto Sei cL Ì* Newtoniana dottrina alenar dove fi, talché un fittemi del Ragionamento e detta Sperienza tardo e meditato U*.immaginano i vano riputo™, e un grave Mg»*. ^ nuli’ altro per tutta la vita fua,che la Venta cer cò, e rinvenne, pafsò P erVifionario, o per Impostore.

Égli fu, ditte la Marcherà, nel cafoni povero Catone, che dati mai lempre faggi della ^ maggior fermezza d’animo, ed avendo ft fine vo luto «nerofamente fpitar colla liberta dell i Patria vien tacciato da alcuni d’efferfi dato ta «*^P«ooltroneria. Ma che mi dite voi mai della fpeRancia a quella d’Inghilterra contraria? [p. 179 modifica]E’ egli poflibuV, che trattandofi di due uomini eferatati nell’ortervare, ed attenti, fi debba aver bifogno d’incomodare un terzo per nfolvere una puifione di fatto. E non è gran maraviglia, mi éare, che vi portano eflere tal volta alcuni fatti, Fu’ quali due perfone fecondo i diverti loro principi diverfamente ragionino, ficcorae dal mutarfi, che faceva un certo di camifcia tre volte il giorno, uno argomentava, ch’egli dove ffe erte re molto pulito, e un’altro molto fuccido. Ma la quiftione fopra il fatto {Verta, e il negarfelo 1 uno all’altro di pianta, quello io credeva nferbato alle Donr.icciuole, ed agli Entufiafh.

Egli è, non v’£ dubbio, rifpos’io, un gran difonore per li Filofofi, il trovarli fu tali materie difcordanti; il che almeno fa vedere o negli uni» o negli altri difattenzione nell’oflervar la Natura. Quc’ragionevoli Cavalli cotanto fuperion agli Uomini nell’Ifola degli Houyhnynms, dove per ultimo approdò il Gulliver ne’ fuoi metaforici viaggi, lì maraviglierebbono di trovar corali contradizioni appreflo i nolbi Filofofi, che vuol dire apprettò coloro della noitra fpecie, da’ quali e più coltivata la ragione, erti che non fanno, che cofa voglia dire incertezza, e dubbio nelle materie di fatto. 11 difonore che ne ricevono anco apprefso di noi è grandiffimo, ma non lo ricevon cosi di rado, che non Te ne trovino troppo più efempj, che non faria bifogno. Due famofe Accademie» Je quali benché la verità abbiano per fine delle loro ricerche, anno però talora l’emulazione per compagna e per ifeorta, fopra un fatto difputaro[p. 180 modifica]no per cui fa rifrazione, che la luce dai voto nell’aria paìsando l’offre, provavaiì. La vittoria in fine fu di quella, che la rifrazion fofteneva, e anche cucita verità per cfsef ricevuta, ebbe bn fogno di contratto. Alcuni vi diranno tendati fulla fperienza, che l’aria nella reflazione pafsa da* polmoni al cuore, alcuni altri fondati pure Alila fccrienza, lo negano. Vedon molti nelle ghiandole del noitro corpo certe macchinette, e Ime organizzazioni, che foftengon altri di no* poter vedere. L’immaginazione, e il pregiudico, come in tutte le altre cole, cosi pure a luo20 in quelle, e fa ciò che più fi ft nell’animo trovar negli oggetti, in quella guifa che alcuni irregolari tratti divengono agli occhi d’un Pittore il Contorno d’una gamba, o d’un vifo, giganti fono per Don Chifciotte i mulini, e gli abeti, e i lagSi in Madonna fi trasformano per un innamorato. Ngn dee un Ofservatore fimile a colui, che la fua famiglia in Omero, cercava le fue opinioni cercar nelle fperienze, poiché" alla fine e luno 5 c l’altro le lor vinoni troveran per rutto Richiede perciò la Finca, come della Poelia fi dice* un’uomo organizzato apporta, un Malpigni, un Keaumur, un Boy le, cui nè automa muova, ne imrnaginazion feduca, nè difncoltàatternlca, un" uomo ideale, fe vogliati) credere ad un celebre Scrittore, dtìlro, attivale curiofo,come * Frane efi e gl’Inglefi fono, e ch’abbia l’umor freddo,. la circofpezioQe, e la cautela dell’Italiano, e dello Spagnuolo. Perchè nò, ella allora, la pazienza di qualche altra Nazione in luogo di quella [p. 181 modifica]cautela, che tanto effendo alia diffidenza vicina, non ci fa troppo onore? Fgìi non intende, replicai io, parlare che delle buone qualità de_ varj meli. Ma non amerefte voi meglio, che noi contribuiamo più tofto alla formazion del perfetto Fiioibfo,U rehgiofa attenzione de" noftri Cicisbei? Io ne conofeo uno, ripigliò ella a dire, e voi ancora, che le la Dama fójf<? la Filofofu, egli farebbe un Nevvton per quello conto. Quelli, foggiuns’iojl’attenzion porterebbe a quell’eminente gndo di fu perdizione, a cui l’à innalzata un Fiiìco, che tra i precetti dell’Arte pone il notare equamente, quando fi fa una fperienza, il paefe, l’anno, e il giorno, in cui fi fa, il vento che fpira, il grado di calore, e di ’liceità dell’aria, ed altre limili cofe, le quali in certi cafi ponno aver luogo, anzi Tono aflolutamente necelfarie in alcuni, ma in certi altri non veggo a qual cofa montino, non importando nulla per guardare una carta di due colori col prifma, fe Tramontana fpiri, o Seilocco, fe ila d’Autunno, o di Primavera, fette, o i venti del raefe. Un cotal Fifico non fai ebbe egli come un’Antiquario, che vopialle la cornice dell’Ifcrizione, coll’efattezza medefima dell’Ifcrizione ireflà? La’ Medicina, ripigliò ella, u è quali che fpogliata de’ pregiudizj di enervare certi punti di Luna per dare t fuoi medicamenti, e forfè che per fare le fue fpejtenze rivellir vuolfene la Fifica, acciocché e non radano a male, e ve ne fu:fempre nel Mondo appreffo a poco la medefima dofe.

Egli è vero però, rifpos’io, che dalla diligenza, [p. 182 modifica]eenza, ancorch’ella fotte portata a quel legno, in cui diviene ridicola, fi può fempre fperare qualche buon’effetto, ma dalla negligenza non h à mai luogo di fperarne nefluno. E quello voi vedrete chiaramente comprovato in quella ramofa fperienza del Signor Newton, dinanzi a cui caS tutti i A Woli deirOmca 1= ainarj fittemi, che Apponevano i colore poter fiTer cangiato dalla rifrazione, dalla rifleffione, dall’effer confinante coli’ ombra, in fomma lui altro non efiere che una certa modificazione, come dicean, della luce, ch’effer poteva d tali m cangiata. Ma il Signor Newton a dirnollrato che un rag-io, per riempio, rollo ben feparao’eh egh Wm h*i **** coftaaremen» iffuo colore ad onta di qualunque rifrazione x fleffione che fe gH f^^^^È^ que altra maniera talento venga ad uno fpenSentatore di tormentarlo; e cosUh tunr gh altri colori, ben fcparati che: fieno fperienza adunque feconda di quelle belle c a» ravigliofe veritì, è quefta. Si riceve fopraj un citine l’immagine del Sole fatta dal pn ma e da una lente combinati lofieme, ^^g^J fono molto più puri e feparaii, chefenz éffiwn lo farebbono". Fatta in tal modo una pm p«fc «feparazione, debbono di mano in mano, paffarp«un foro, che è net cartone, i raggi di diffcC£t| colori, affine di farli rifrangere da un fecondo pr^ma, per vedere fe quella nuova n riooe p P uò prodWre alcun nuovo co ore Se quello avviene, bifognerà- dire, che il colore aìuo [p. 183 modifica]nòn fia, clié una certa^modificazione, che la luce acquilh pattando pel prifma, e farà lecito a FHofofi d’immaginar quali moti, e quali figure, o altre tali cofe fieno a ciò far necefTane. Se poi il raggio conferva collantemente il fuo colore fenza la menoma alterazione, converrà dire, che la rifrazion non abbia parte alcuna nella produzion de’ colori, abbandonare l’antico fiftema della modificazione, e tutti quefU fogni ingegnofamente falfi fi dilegueranno ali’ Aurora delta venta Newtoniana. Ora quello è ciò appunto, che m’olirà l’efperienza, cioè che un raggio omogeneo rollo, giallo, azzurro, o di qualunque altro colore, non è in nefluna maniera alterato, non folamente da una nuova rifrazione, ma da molte che fe gli facciano confecutivamente fornire, ne quanto al fuo colore, nè quanto al fuo grado di rifrangibilità, che refta coftantemente il medefimo, coficchè fe fi faranno cadere due raggi l’uno rolfo, l’altro violetto I’un dopo l’altro fui fecondo prifma colla medefima incidenza, che vale a dire, che tutti e due venendo dal medefimo punro,cadano fui medefìmo punto del prifma; il violetrò dopo ia feconda rifrazione inderà a ferir l’oppofia muraglia in un fuo più alto, che il roffo, e i colori intermedi in fi ti intermedj a quelli, quelli che nel primo prifma aveano lof> ferro una maggior rifrazione, fofferendola anco maggior nel fecondo; é tutti dipingeranno in una carta oppofìa loro dirittamente un picciol cerchio perfettamente rotondo non bislungo, come l’ina magin fatta dal primo prifma, di quel [p. 184 modifica]colore, di cui essi sono senza aggiunta, o mescolamento di nessun’altro.

Prendete fiato, diss’ella, voi Vi eravate impegnato in un periodo così lungo, che io non sapea vedere, quando mai foste per uscirne. Non vorrei, rispos’io, che la lunghezza del periodo mi avesse reso oscuro, cosicchè questa bella sperienza per colpa mia fosse venuta a perdervi. Nò nò, rispose la Marchesa, ella non v’a perduto nulla. Non si riduce egli ogni cosa a dire, che i raggi omogenei della luce sono immutabili, e quanto al colore, e quanto al grado. di rifrangibilità? Lodato il Cielo, soggiuns’io, ch’io posso esser lungo ne' miei periodi quanto voglio, senza temere d’essere oscuro, e ch’io potrei anche in un di que’ degli Asolani dirvi esser questa la sperienza, che il Signor Mariotte tentò di fare, e non so per qual disgrazia, ma verisimilmente per lo prisma da lui adoperato nella separazion de’ raggi, trovò, che dopo la seconda rifrazione si aggiungevano nuovi colori al rosso, ed al azzurro. Per la qual cosa la immutabilità del colore veniva a ricevere non lieve torto nel Mondo Filosofico di qua dal Mare, se non si fosse ripetuta in Inghilterra la sperienza dinnanzi ad alcuni Letterati Francesi, il motivo del cui viaggio era tutto filosofico, e non si fosse chiaramente dimostrato, esser duopo, che il Signor Mariotte, benchè per altro così valente osservatore, avesse mancato ad alcuna delle cose al buon esito di essa necessarie. E in tal modo riconciliate furono su questo punto le due Nazioni, cui la diversità del [p. 185 modifica]pensare divide molto più, che un pìcciol braccio di mare.

Quella legge della Natura, comune per altro a tutte le Nazioni, che conofeon Luce, femore* meno, che in altro luogo ricevuta in Italia; don- de fi fono fu fenati i più gran nemici al fittemi Newtoniano, e pare in ciò ferbarli un certo or- dine, che quella gente, cui una volta gl'Italiani trovavano la più difficile a fotcometter colla for- za, ora debba trovar noi i più difficili a fotto- metter colla ragione. Io per contribuire in qual- che modo allo ftabilimento dì quefta legge anco appretto di noi, procurai che fi ripetette la fpe- rienza in un luogo d'Italia affai celebre per gli uomini ch'egli a Tempre fornito alle lettere , ed infieme affai neutro, perchè non vi poteffe elTer fofpetto di parzialità. Un Miniitro di Stato , la Marc he fa dille, non poteva più politica u far di voi per ifcegliere un luogo proprio alla tenuta d'un Congrcffo. Poco mancò, replicai io, che tutta la mia Politica non vi ferviffe a nulla ; im- perciocché tuttoché per la feparazionc de' colori uno de' metodi del medefuno Signor Newton fi praticarle , e la ltanza come una di quelle notti , che gli Amanti defiderano in qualche Elegia ofeu- ra fofse, fi aggiungeva però fempre a' colori ri- fratti dal fecondo prifma, una certa luce traente all'azzurro, irregolare per dir vero ed ideabile , ma che non lafciava efser gl'increduli fenza qual- che feufa. Una tale apparenza dovea inquietarci realmente, e noi non avremmo mai tranquilli dormito i noftri fonni, finché non ne ayeffimo [p. 186 modifica]borio dovuto elitre, ic.. l’- P ra ■ jinincrpì che intorno ad cai v ad. ™ per cu ffiS Regolarmente -1 l«* no/fi potefte àvlr nell’immagine una per toa ftparajon de colori. Vane, («P»’<=" e « m fecer chiaramente vedere, che a quello irre P olar lume, fu cui il Colpetto cadeva, dovea fofo°d rfillcolpa di quel? apparente |»u = e, che fi olservava, fe pure fi può chiamar mutazio ne ciò che non era, che l’aggiuntone di un co 1016 ìo mi ràll’egro eon voi, qui m’interne U MarchefT, che 3* o»* «g£ ta avrà turbato la tranquilli» de jou" Dìo mi guardi, rifpos’,o trattava di por rimedi a ciò, di cut la cauta e [p. 187 modifica]già nota, nuovo motivo d’inquietudine, e di occupazione per la difficoltà dell’efeguirlo. Non tt lavorano io Itali» prifmi, che per ferme al piacer de’ fanciulli, e per fofpenderli, come già, re* doto ne àvete, m faccia alle fiiete di qualche cafa alla campagna, e non per 1 ufo de Filici infa7iab.li ucil’importunar gli artefici, da quali più c&UCZZa molte volte digono di quella, acuì fané Giunger poffa. Si volea feri ve re m Inghilterra, dove i Favvkener le pietre dure, 1 Graham fabbrican gli Orologi, dove pare in fine che oso. cofa fi lavori per l’ufo de’ Fifici 1 più dicati e i più importuni, fe la buona Fortuna, e il nottro Genio, che ci preparava forfè qualche occupazion maggiore, non ce ne aveffe offerto aicuni, che ne vtnivan di frefeo; i quali furono per noi così facri, come già pretto a’ Romani l’Incile feudo piovuto al tempo di Numi dal Cielo, e per li quali noi avremmo desiderato di trovare un Ma m uno, che, come già di quello, così molti a queftì ne facefTe fomiglianti. Con uno di elii adunque fi dipinfe l’immagine colorata, che ne ufci com beliamosi ben terminata, e viva, che quell’altra non fembrava in paragon di quella, che ciò che è un abbozzo rifpetto a un quadro; 1 colori rifratti dal fecondo prifma recarono cosi immutabili, che l’occhio il più cavillofo, e Al Zoilo del Sifteroa Newtoniano, non vi avrebbe trovato la menoma alterazione.

Forse, diiTe la Marchefa, la Narura a nferbato a’ prifmi Inglefi il merito di inoltrare la verità a que’ prifmi, cioè per mezzo de" quali ella [p. 188 modifica]fi è da prima manifesta. Quello irebbe, rifpos otun cunolo fenomeno da oftervare una fimi parzialità nella Natura più per dra che per uno di Murano. Ma 1 1 fatto U € H che qualor debitamente fi confala, e la nfpoude fempre ri medefimo e tf. 9 P«a Vat«?o e Imzfefé curchè egli fia buono, c ben lavorato, e ìhcmAlafpenenza ora: * co or tre e quattro volte rifatti, immutabili ratyaa n «V ne meno di quel che, « lore ed alla figura mmutabil retti un oggetto 5 un lume omogeneo efpollo, prifma guardato. La varietà de colori, la muu Ln di figura, e la confusone, che negli oggllt in tal modo guardati fi feorge, da altro non vie «- che dal rifletter ch’efft fanno pm o meno ogni fort di raggi;! quali poi rifratti, producon tutte quelle bizzatne Un arco o di carta,fu cui il roflo d’un’immagine, e nSSm d’un altra nel medefimo tempo cadano talch’egli di color di porpora da w™fj**£ pofto apparita, in due ffS Lro, rollo l’altro a cagion dell’inegual nfazi o ne di quelli due colori guardato col pufa divide: 6e fopra di elio il già lo ancora, e l ver de di due altre immagini nel dehmo tempo «dettero, fioche da quattro JJC minato fotte, egli perebbe bislungo, accayallan dovi i cìrcoli, in cui per la l’un l’altro, e di queir; quattro ** a ""*J oi volere aeeiuneere, m’interruppe la VlatchcShcKc del Sole efpofto, poi[p. 189 modifica]chè quefto ogni forra dì raggi in fi onuene pi u bislungo apparifce ancora, e tinto di tutti i eo o r e e Inde’, laddove da un lume omogeneo lll ugnato, non altererà guardato «jrerfo del prifma nè la fua figura, ne il fuo colore. 1 erdoLte, replica» io, o Madama, alla noftra debolezza, fe ciò che mmo l dì dire. Al Signor Newton, e a ™f &rh *™«% vea d’intendere con una mezza paro a,» W«= 1 fuol dire,la Natura, e d’indovinar nelllFiiica nub n.ado l’incertezza fua. Egli è pero perfiuo d’irvi, che le moiche, ed altri tali piccioli oggetti in un lume omogeneo pofti.diftintaracnte fi.veggono col prifraa all’occhio, e una mmutiflima illmpa come di un Elzeviri©, può facilmente leggeri!, le quali cofe altramente vanno al lume eterogeneo del Sole per la confuiionc, e quantità de’ colori che nafce.

Allora io abbandono il pnfma alla Poelia, acciò fe ne ferva nelle comparazioni, che non g ì fanno troppo onore. Quel famofo Poeta, di cui voi l’altro giorno ammiratte tanto, e lafc ulte lui bel principio la Canzone, lo raffomigha alla ralla Eloquenza, che effufea la faccia del vero, prodiga fenza diftinzione alcuna i fuoi ornamenti, e io* pra ogni cofa fparge i fuoi abbaglianti colon. Egli è certo, che in quefla comparazione ù dee intendere il prifma, per cui pana ogni forra di raggi. Quando non ne pattati, dille la Marchela* -che di omogenei, non li potrebbe egli anzi, fecondo che mi fembra, alla vera eloquenza e al vero 1 piti io rauomigllare? Egli ci fa fenz’altra [p. 190 modifica]alterazione veder gli oggetti fuor del luogo loro, e ii vero fpirito molte volte ci forprende col farci {blamente veder le cofe le più ordinarie munì nuova maniera.

Voi conofeete, continuai io, il prifma tanto, da poterlo ficuramente paragonare al vollro fpirito. Ma non fo qual paragon troverete ali’ immutabilità del colore, fe per avventura non lo cercale nel vollro cuore, qualor fapendo, che la nflt filone niente più contro di ella, della nfrazion, vale, la conofeerete ancor più che non fate ora. Se i colori, onde i corpi variati fono e dipinti, una modifìcazion follerò, ficcarne altre volte credeafi, che i raggi della luce nell’effer dalle varie loro fu perfide riflettuti, acquiltaflero; un corpo ch’è rollo al lume del Sole, lo avrebbe dovuto altresì effe re all’azzurro per efempio dell’immagine colorata, potendo egli come la luce diretta del Sole, così bene modificare quella luce azzurra rifratta, e modificata già dal priima. Ma il Signor Newton a fperimentato, che ogni corpo polio ne’ raggi omogenei dell’immagine, è di quel colore, di cui effi raggi fono, non avendo però luogo alcuno la fuppofiz.one, che i corpi ne a rifieffione modifichino la luce in modo, eh ella quello, o quell’altro color livelle. Cosi ogni corpo bianco, roflb, giallo, azzurro, verde, come la carta, lo fcarlatto, loro, l’oltramare, lerba efpolti a’ raggi rolli pajono affatto roffi, a raggi verdi, verdt, agli azzurri, azzurri, e medefimamente nel retto. La loia differenza, che va, confllte in quello, che non tutù quelli d irle remi cor[p. 191 modifica]pi polli nel medefimo lume, fono egualmente tu* mirtofì, ma ogni corpo è più luminofo in quel lume, che è del Tuo proprio colore, toltane la carta, e tutti gli altri corpi bianchi, che ricevono indifferentemente qualunque colore, e che fi ponno riguardare, come il vero Camaleonte e il Proteo dell’Ortica.

Quello diamante adunque, interrupp* ella, ne 1 raggi dell’immagine polio, ne trarrebbe indifferentemente qualunque colore, ed ora in rubino con picciol’opra trasformar potrebb efi, ora in topazzo, in fmeraldo, ed in zaffiro. Tanto più, rifpos’io, ch’egli non riarderebbe ne meo per rifrazione, che un folo e puro colore, e fvanirebbon l’Iridi, ond’egli variamente fcintilla al diretto lume del Sole. Egli è vago altresì a vedere la minuta polvere, o gli atomi, che fon per l’aria, ora uno, ed or altro color veli ire allo fcorrer che fanno d’un raggio in un altro, fomiglianti ad uri fiume, che per la varia qualità del fondo cangiaffe di mano in mano di colore. Non così come io vi diceva gli altri corpi. La lacca per efempio, con cui Martino in Parigi, emulator dell’arte Cìnefe, fa di così gentili lavori, è luminoliffima al lume rollò, non tanto al verde, e meno ancora all’azzurro. All’incontro il Lapislazz*lo degno di lervire di preziofò ripolliglio al vofr.ro Tabacco, che al lume azzurro è luminoiìrtimo, non lo è tanto al verde, ancor meno al giallo, ed è quali che ofcuro al roffo. Il medefimo vale ne* corpi, che fi veggon per una luce trafmclla, come lì fpenmeuta co’ vetri di diverfi colori. In tal modo [p. 192 modifica]do ogni corpo riflette, o trafmette in grande abbondanza que* raggi, che fono del fuo colore, e gli altri li rifletejo trafmette più o meno, amifura che fono più o meno al fuo colore nell’ordine della rifrangibilità vicini.

Quindi, difs’ella, in qualunque colore, che più perfetto fembii non può fare a meno, che dell’impurità non v’abbia, nè l’Arte potrà giunger per avventura mai a tingere una ftoffa in modo, che una fola forta di raggi rifletta. Molto più difficilmente forfè, rifpos’io, giugnerebbllIa ad accordare infieme varj colorì, fe puri follerò ed omogenei, ed a lufmgarci la vifta co’ grati accordi dell’armonia. Tutta la dilicatezza della Natura nel ritrovare infinite mezze tinte tra un colore, e l’altro, farebbe a tal uopo neceflana; laddove l’effere in ogni colore più o meno percolato qualunque altro, le è di grande facilità, e le abbrevia notabilmente il cammino. Ciò fa, che il paffaggio da una tinta all’altra, benché per avventura molte ne manchino fra mezzo, non fia crudo per l’occhio che trova nell’una, e nell’altra la medefima bafe, dirò così, di tutti i colon, che glielo ammollifce, e che ferve di foflegno, e di ballo all’armonia de’ colori. Altri inconvenienti, oltre a quelli, nafeerebbono fe ogni forra di raggi più o meno da’ colorati mezzi trafraeua non fotte, poiché non lieve incomodo aggiungerebbelì a quella per fe ftelTa abbaftanza nncrefcevol malattia, che la perfona tutta, e l’occhio ftefso d’ingrato giallo infetta e tinge, e in cui m©pponune riefeono più che in qualunque altra le [p. 193 modifica]vi fi te alle Dame. E’ fi farebbe cieco per ogni cofa, fuorché per gli oggetti gialli, e non fi potrebbon vedere che le faccie di coloro, che avefsero il medcficìo male. Coficchè, foggiuns’ella, farebbe duopo ad un perfetto Cicisbeo, fe da una tal malattia travagliata fofse la fuaDiva,di veftirfi di giallo; colore, il quale benché in fomma riverenza Alla Cina, non è però di buon’augurio qui da noi, per gli Amanti, e di farfi venir l’Itterizia per lafciarfi vedere una volta almeno al letto della Bella, e dimoiarle la fua attenzione.

Coretto si perfetto Cicisbeo, continuai io, non difdirebbe ad un paragone per la coftanza de’ colori, fe altre prove non ne aveffero dato ancora oltre alle vedute poc’anzi. Reftava di vedere fe i confini dell’ombra, con cui termina la luce valelTe in modo alcuno ad alterarli; il che un gran giuoco faceva a que’ Fifici, a’ eguali ogni cofa fervìva per metter infieme un hftema. A quefto nuovo fperirnento li pofe adunque il noilro Filofofo, e non ebbe che dellderare della loro cofhnza, la qual fì fofriene ancora, quando avviene, che raggi di differenti colori li taglino, e s’incroccino infieme, e pare in fine che sfidi ogni cofa, che può effer creduta capace d’indurre in loro qualche mutazione.

Bifogna, ditte la Marchefa, ricorrere a* Romanzi per trovar qualche paragone a queiri colori, che non la cedon ne pure all’Anzia d’Efefo, modello della più ferma, ed olHnata coitanza al difpetto di tutto quello, che fa far nafeere un [p. 194 modifica]Rommanziere, perchè dovette alla fine — Qual cofa? domandai io; raffornigliarfi, rifpos* ella, alla famofa Matrona fua Concittadina. La coltanza di quetti colori, ripigliai io, à veramente di che forprcnder le Dame. Io non dubito che la maggior parte di effe non accettale più tolto il iiftema di Lucrezio, il quale fenza tante fperienze affermò non folo, che e’ fon mutabili, ma che ogni colóre è mutabile in tutti.