I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento/Giudizii finora pronunciati

Giudizii finora pronunciati sul merito dell’opera presente

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Giudizii finora pronunciati sul merito dell’opera presente
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GIUDIZII FINORA PRONUNCIATI

SUL MERITO DELL’OPERA PRESENTE




L’illustre Architetto Camillo Boito all’autore, che gli inviava una copia del primo fascicolo della sua opera, diresse la lettera seguente:

«Milano 8 agosto 89

Ch.o Signore

Come posso io ringraziarla delle Sue tanto cortesi parole e dei Suoi così benevoli giudizii sulle cose mie? Davvero che sono rimasto confuso.1 E mi rallegro con Lei del Suo eccellente lavoro. Sarà un modello di illustrazione davvero storica per la dottrina, artistica per la eleganza e critica per la finezza.

Oh se ci fossero parecchie monografie come quella che Ella à si bene principiata, la storia dell’arte in Italia sarebbe più facile a farsi!

Le rescriverò dopo avere continuata la lettura degli altri fascicoli. Per ora mi bastava esprimerle i sensi della più calda riconoscenza ed ammirazione del

Suo dev. C. BOITO»


Nel N.° 29, anno 1.°, del giornale Lettere e Arti che si pubblicava in Bologna sotto la Direzione dell’illustre professore Enrico Panzacchi, si legge:

«Una bella e importante pubblicazione artistica è quella intrapresa dall’ingegnere architetto Almerico Meomartini, e della quale sono uscite finora la 1.a e la 2.a dispensa in un fascicolo: I Monumenti e le Opere d’arte della città di Benevento, lavoro [p. 492 modifica]storico, artistico, critico; opera illustrata da moltissime incisioni tipofotografiche e fotozincografiche dello stabilimento Turati di Milano: pregevole il testo e veramente artistiche le incisioni.»


Nel N.° 226, anno XVIII.°, del giornale Corriere di Napoli la illustre scrittrice Matilde Serao2 con squisita bontà pubblicò quanto segue:

«Libri buoni».

«L’ingegnere Almenico Meomartini ha pubblicato da poco le due prime dispense di una sua vasta opera su I Monumenti e le Opere d’Arte della città di Benevento. Poche province meridionali e sopra tutto poche città hanno monumenti così importanti e così degni di studio come Benevento. Capitale di un forte ducato, sede di principi valorosi, conserva ancora oggi nei suoi monumenti le tracce dell’antica grandezza. Uno studio sereno, esatto, accurato, fatto secondo le esigenze della critica moderna, uno studio sui monumenti di una delle più antiche e delle più gloriose città del Mezzogiorno, è non soltanto di un interesse locale incontrastabile, ma anche di grandissimo interesse per tutti i cultori di storia e di architettura. Almerico Meomartini, che è nello stesso tempo un ricercatore paziente ed un architetto di molto valore studia le opere d’arte, di cui parla, così dal lato archeologico, come dal lato artistico. In queste due prime dispense l’erudito scrittore si occupa dell’arco trionfale a Traiano. Tutta l’opera, di cui già i giornali e le riviste di storia e d’arte cominciano ad occuparsi largamente (anche Enrico Panzacchi ne ha parlato in Lettere e Arti), sarà illustrata da splendide incisioni, eseguite dallo stabilimento Turati di Milano».


Dall’Ill.mo e R.mo Monsignore Ernesto Mazzella.

Egregio e Distinto Signore,

. . . . . Lontano dalla residenza per due mesi, ho trovato nel ritorno fra le stampe direttemi quella del suo pregevole [p. 493 modifica]lavoro, e l’ho sinceramente ammirato. Nel ringraziarla vivamente pel gentile pensiero avuto in mandarmene copia, ho il piacere di esternarle il mio compiacimento provato in vedere che la S. V. con tanta accuratezza adopra il suo ingegno per illustrare la scienza, e mettere in rinomanza la nostra provincia che conserva monumenti degni dell’ammirazione dei tempi.

Mi creda, mentre con inalterabile e sincera stima mi raffermo, benedicendola nel Signore.

Bari 16 Settembre 1889.

Aff.mo Obb.mo
ERNESTO Arcivescovo di Bari



Dall’Illustre Architetto Alfredo Melani, Professore alla Scuola Superiore di Arte applicata all’Industria in Milano.

Ch.o Signore,

La ringrazio del saggio della sua opera che mi ha mandato in dono.

L’idea di illustrare con cura i monumenti di Benevento mi pare ottima sotto tutti i riguardi. In Italia sono ancor poco conosciute le ricchezze artistiche del Mezzogiorno; ognuno che si accinga a illustrarle fa opera decorosa e utile. Lei, avendo scelto Benevento — la bella Benevento! — avrà certamente il plauso di tutti, e quindi anche quello, qualunque valore possa avere, del suo devotissimo.

ALFREDO MELANI


Dall’Illustre Ingegnere Marchese Gennaro Pepe, il quale sul Bollettino del Colleggio degli Ingegneri ed Architetti in Napoli (Vol. VII. Settembre e Ottobre 1889, N. 9 e 10) onorava l’autore di quest’opera della splendida bibliografia seguente:

I Monumenti e le Opere d’Arte della Città di Benevento.

Consentitemi, egregi lettori, che io, invertendo l’ordine consueto delle rubriche, dia oggi il posto d’onore di questo Bollettino ad una Bibliografia. Consentitemi che per poco vi distolga dalle investigazioni sulla moderna architettura, e v’inviti a [p. 494 modifica]ritemprare la vostra fantasia nel purissimo ambiente dell’architettura romana.

Almerico Meomartini, giovane architetto, nel quale non so se sia maggiore la passione per l’arte, o l’amore per la sua città natale3, Almerico Meomartini, cuore d’artista ed intelletto di forte pensatore, ha avuto il coraggioso proposito di illustrare i monumenti e le opere d’arte della città di Benevento, illustrazione storica, artistica, critica. Coraggioso proposito, in questo secolo bottegaio, in cui si legge poco, si studia pochissimo, e dalle scuole si vien fuori colla pretensione di esser dotti ad esuberanza, e collo scopo di raccattar presto una concessione che ci renda subito milionarii. Coraggioso proposito, in questo tempo in cui il culto delle sante memorie patrie è riserbato a pochi eletti. Coraggioso proposito, quando in tanta povertà di entusiasti il lavoro del Meomartini richiede lunghezza di indagini, e forte spesa di riproduzione.

I pochi illustri, che oggi mantengono vivo il fuoco sacro dell’arte in Italia, furono larghi di congratulazioni, di plausi, d’incoraggiamenti al giovane architetto; arrivi a Lui non meno gradita la ammirazione di questo Bollettino, organo di una Associazione, dove si apprezza al giusto valore quanto di nobile e di bello s’imprende nello interesse dell’arte e della scienza.

Io mancherei alle mie tradizioni, mancherei allo scopo di questa pubblicazione tecnica, se non mettessi sotto i vostri occhi la bellezza delle incisioni, la ricchezza delle indagini storiche ed artistiche, l’assennatezza della critica in questo lavoro pregevole del Meomartini. Il campo, in cui mieto, è così bello per le memorie della storia dell’arte, che son sicuro la mia povera parola sarà seguita dalla vostra cortese attenzione.

A questo punto l’Ing. Pepe riepiloga per sommi capi la storia di Benevento; indi prosegue:

Ma io vi priverei del diritto di dare un giudizio proprio sull’opera del Meomartini se continuassi a parlare del suo libro con [p. 495 modifica]parole mie. Consentitemi che di quello stupendo monumento ch’è l’Arco Traiano, io vi intrattenga colle parole stesse del libro di cui trascriverò alcuni fra i più salienti periodi.

Qui riproduce alcuni brani dei due primi fascicoli dell’opera; e poi conchiude con le seguenti parole:

Vorrei continuare, egregi lettori, nella citazione delle parti più salienti di questo lavoro del Meomartini per dimostrare con quanta assennatezza di critica Egli esponga e discuta la parte scultoria del Monumento Beneventano. Ma andrei troppo oltre i confini assegnati a questa rubrica, e certamente, anzicchè accrescere, diminuirei con saltuarie citazioni la bellezza intrinseca di quel pregevole lavoro. Mi par di averne già riferito quanto basti a rendervi edotti dei pregi grandissimi dell’opera, cui son sicuro non mancherà nè la vostra ammirazione nè il vostro incoraggiamento.


Nel fascicolo VII, Anno I, del periodico L’Architettura Pratica, e nel fascicolo VII, vol. III del periodico Memorie di un Architetto, che si pubblicano in Torino dagli editori Camilla e Bertolcro, si contiene un articolo bibliografico sull’opera presente, scritto dall’illustre Ingegnere D. Donghi. Ne stacchiamo il seguente brano:

Confortato dalle parole del Boito «che le nostre Società e Commissioni e Consulte e Giunte archeologiche o non fanno un bel nulla, o ciarlano vanamente.. e che «sino a quando ciascuno degli edificii importanti alla storia, e tanti ne abbiamo in Italia! non sarà parzialmente studiato, illustrato, le considerazioni generali arrischieranno sempre di riuscire parole senza sugo», il Meomartini, in cui già ferveva il desiderio di far qualcosa pel bene dell’arte, fermò la sua attenzione sopra i monumenti beneventani, che, tagliati fuori dalle vie che sogliono percorrere gli artisti e gli amatori delle arti belle nelle loro peregrinazioni in Italia, di rado furono visitati, o solo fugacemente, e tal fiata descritti su indirette relazioni. «I rari scrittori che ne hanno parlato nei loro libri, ne parlarono con pallidi colori e gravi errori, e soltanto dal punto di vista archeologico e quasi niente dal punto artistico. Gli illustri autori patrii ne han trattato più con intelletto di erudito che di artista: gli altri scrittori italiani e stranieri ne han toccato di volo, con poca fortuna di sì [p. 496 modifica]preziose reliquie di due civiltà, romana e medievale, pagana e cristiana». Ecco le ragioni per cui il nostro autore si accinse a mettere in luce in tutta la loro bellezza e verità tali reliquie. «Ma, egli scrive, lo studio dei monumenti non va inteso compiutamente, se alla erudizione non si accoppa la critica artistica, se alla storia non si unisca un esame dell’insieme del monumento e delle sue più pregevoli parti, se ogni singolo monumento non si riferisca ad un’epoca della storia dell’arte, con peculiari raffronti di altri somiglianti, ove esistano, e, finalmente, se il libro non sia ricco di disegni». Si è per questo che il Meomartini cominciò per istudiare gli autori patrii e stranieri che trattano dei monumenti beneventani; poscia si occupò di confrontare sul vero le riproduzioni eseguite da quegli autori, ricercarne gli errori, correggerli, e ritrarre esso stesso dal vero i particolari, servendosi del disegno e della fotografia.

Si comprende come seguendo tale via logica, ma lunga e difficile, il Meomartini non possa far a meno di riuscire ad ottenere completamente il suo intento; di fare cioè un’opera coscienziosa, esatta, e nella quale lo studioso dell’arte possa riporre ogni fiducia. Frequentemente accade che scrittori d’arte, sul semplice esame delle riproduzioni dei monumenti, formulino i loro giudizi, senza curarsi d’altro, nè ricercare se quelle riproduzioni sieno fedeli e scrupolosamente esatte, per cui, sovente, tali giudizii riescono fallaci e conducono a erronee conclusioni. Non è questa certamente la miglior via da seguirsi, via forse troppo battuta da un illustre scrittore, il Selvatico, al quale ne fu mosso rimprovero da un giovane intelligente e studioso, troppo presto rapito all’arte, il Cattaneo. Ma noi crediamo però che quando si possono avere sott’occhio lavori come questo del Meomartini, nel quale, fin dalle prime pagine, si comprende che l’autore non ha scritto frase, nè tracciata linea, senza esser certo di dir cosa vera e di far cosa esatta, si può anche accingersi allo studio di confronto dei monumenti, allo studio della storia loro e dell’arte, colla sicurezza di non esser tratti in inganno, nè giungere a false e dannose conclusioni.

Nei primi fascicoli apparsi il Meomartini ha impreso a trattare dell’Arco Traiano. Dal modo in cui esso è descritto, ne è ricercata l’origine storica, ne è messa in rilievo ogni sua parte [p. 497 modifica]architettonica e scultoria; dalle bellissime incisioni che lo illustrano tratte in gran parte da fotografie, si può affermare che il lavoro del Meomartini, una volta compiuto, avrà una tale importanza da trovar posto fra le principali opere artistiche italiane. Dopo l’Arco Traiano, l’autore tratterà dell’Arco del Sacramento, opera romana, del Ponte Leproso, del Ponte Corvo, entrambi della via Appia, dei Santi Quaranta, grandiosa costruzione dell’epoca romana, del Teatro Romano, erroneamente creduto anfiteatro; descriverà la Chiesa di Santa Sofia, di fattura longobarda, il Chiostro ad essa attiguo, il Duomo e i suoi celebri amboni. Parlerà poi di altre opere minori, fra cui di oggetti d’arte che fanno parte del sacro tesoro del Duomo.

Noi abbiamo la speranza e la convinzione che l’opera del Meomartini sarà apprezzata quanto si merita, e che servirà di esempio e sprone ad altri giovani volenterosi, così che si avveri quanto scrisse il Boito al nostro autore: «Oh, se vi fossero parecchie monografie come quella che Ella ha si hen principiata, la storia dell’arte in Italia sarebbe più facile a farsi.»

D. DONGHI


Dall’Ill.mo Cav. Enrico Cocchia, Professore della Università di Napoli, nella Rivista di Filologia e di Istruzione classica, anno XIX, fasc. 10 - 12.

«Lasciamo i Falisci sulle Rive del Sabato, e seguendo il corso del fiume entriamo senz’altro in Benevento dove ci aspetta l’ospitalità cortese dell’ingegnere architetto Almerico Meomartini, pronto a farci da guida intelligente e amorosa nello studio dei suoi monumenti. Sebbene non vi sia persona, anche debolmente coita, che ignori la storia nobilissima di questa così antica e gloriosa città del mezzogiorno d’Italia, pure ben pochi conoscono le belle memorie che essa serba della passata grandezza, e in cui rispecchia come una duplice fase della sua civiltà. Queste memorie sono per l’età Romana, l’Arco trionfale di Traiano, i due ponti della via Appia detti Leprosi e Corvo, il Teatro, il cosiddetto Arco del Sacramento, la grandiosa costruzione dei Santi Quaranta; e per il periodo longobardo la chiesa di S. Sofia, [p. 498 modifica]coll’annesso portico, e il Duomo coi celebri amboni e il tesoro d’arte sacra. All’illustrazione di tutto questo patrimonio artistico, interessante non meno per chi studia la splendida e originale rifioritura dell’arte Romana nel periodo di Traiano, come per chi ricerca le prime origini e i più segreti incunabuli della nuova arte europea, il Meomartini ha dedicato ingegno e tutto l’ardore della sua operosità, giustamente e nobilmente orgoliosa per le glorie della provincia natale.

Il primo saggio che abbiamo sottecchi di questa bella e splendida pubblicazione, cominciata per iniziativa affatto privata nel maggio del 1889, consta di otto dispense con 242 pagine e 35 grandi tavole d’incisioni; ed è dedicato quasi per intero all’illustrazione del più cospicuo fra i monumenti Beneventani, l’Arco di trionfo, che nell’anno 114 dopo Cristo il Senato e il popolo romano facevano innalzare, secondo che si legge nell’iscrizione dell’attico, al fortissimo Traiano, in memoria forse della restaurazione e continuazione della via Appia da Benevento a Brindisi, ordinata dal savio e benefico imperatore. Sebbene molti e pregevoli sieno i monumenti, che attestano lo sviluppo originale e vitale dell’arte romana nella prima metà del secondo secolo dell’impero, pure la rovina quasi completa toccata all’Arco trionfale che apriva l’ingresso al foro di Traiano, creazione splendidissima del genio di Apollodoro, riverbera e concentra sull’Arco omonimo di Benevento gran parte di quella luce e di quella importanza, che per sè rivendica questa forma così originalmente e grandiosamente romana dell’arte architettonica. Certo già altri prima del Meomartini si erano occupati con competenza ed amore di questo insigne monumento; nel secolo XVI il bolognese Sebastiano Serlio, uno dei restauratori dell’architettura greco-romana, il quale ne analizzò i dettagli da un punto di vista meramente scientifico, per cavarne le leggi di proporzione tra le parti; e a principio del secol nostro Mons. Giovanni Camillo Rossi, il quale con gran copia di raffronti e di citazioni si sforzò di chiarire i soggetti di tutti i quadri scultorii che l’adornano. Però nè l’uno nè l’altro l’aveano studiato in rapporto coll’epoca a cui appartiene e colla fase di sviluppo artistico che rappresenta; ed è merito insigne del lavoro del Meomartini questo appunto, di avere insieme [p. 499 modifica]corrette parecchie osservazioni e interpretazioni fallaci dei suoi predecessori, e d’avere d’altra parte riconosciuto e additato nel monumento uno dei più splendidi e originali prodotti di quel periodo dell’arte romana, a cui sono indissolubilmente congiunti i nomi di Traiano e del suo consigliere e ministro, l’architetto Apollodoro di Damasco. Noi non abbiamo qui nè il modo nè l’aggio di sottoporre ad una critica coscienziosa e minuta tutta l’interpretazione storica e artistica del monumento, che il Meomartini ci ha fornita; possiamo però affermare con piena sicurezza, che essa è in parecchi punti assai felice e ci fa affrettare col desiderio il compimento dell’opera intera.


Dal chiaro Archeologo Francese Monsignor X. Barbier de Montault, nella Revue de l’Art Chrétien, 1891.

Bénévent n’est pas sur le chemin des touristes qui parcourent l’Italie, aussi cette ville resté telle à peu près inconnue des archeologue. Quatremère de Quincy a décrit son arc de triomphe, mais, sans l’avoir vu. Mon sejour à Bénévent, en 1875, a été à la fois des plus agréables et des plus fructueux comme ont pu en juger les lecteurs de la Revue de l’Art chrétien, qui a imprimé trois articles, intitulés: Le palais archiépiscopal de Bénévent (1875), Le trésor de la cathédrale de Bénévent (1879), et Le portes de Bronze de Bénévent (1883). Mes notes ne sont pas épuisées: j’aurais, entr’atres, à décrire la cathédrale, avec ses ambons et sa mosaique, unique en son genre, puis à faire connaïtre les travaux multiples des artistes dont j’ai relevè les signatures. Je ne sais si j’achèverai cette tâche, devenue inutile depuis l’apparition de l’ouvrage de l’architecte Meomartini, qui est mieux a même que moi d’être bien renseigné et de ne rien omettre d’essentiel.

Je lui souhaite donc la bienvenue avec empressement, car je suis tout disposé a profiter amplement d’une lecture, qui promet d’être aussi instructive que variée. La pubblication parait par livraisons mensuelles: huit ont déjà été distribuées. Elles se réfèrent aux deux arcs de triomphe, celui de Trajan et celui dit du Sacramento, qui lui est un peu postérieur, mais qui a perdu [p. 500 modifica]son revêtement de marbre, tandis que l’autre, quoique mutilé, offre encore un aspect majestueux et imposant.

La monographie de l’arc de Trajan, merveille de l’art romain aux débuts du IIe siècle, est ici complète: elle rèvéle la competence d’un architecte, qui est en même temps un artiste et qui n’a négligé aucun des côtés de la question: histoire, art, iconographie et critique. De nombreuses planches illustrent le texte, dont il est ainsi facile de contrôler l’exactitude, car l’examen se poursuit jusque dans les détails les plus minutieux.


Dal periodico «L’Illustrazione Italiana» (anno XVII, N. 35, 31 Agosto 1890, pag. 135):

»Non si può meglio e con più poche parole lodare questa pubblicazione, che colle parole a lui dirette in proposito da Camillo Boito; è la lode che ci venne in mente appena scorse alcune pagine di sì importante lavoro. Sarà un modello di illustrazione davvero storica per la dottrina, attistica per la eleganza, e critica per la finezza. Se ci fossero parecchie monografie come quella che Ella ha si bene principiata, la storia dell’arte in Italia sarebbe più facile a farsi».


Sul periodico «La Cultura» l’Esimio Professore di Storia Alfonso Professione scriveva:

»Poche provincie meridionali, o, dirò meglio, poche città meridionali han monumenti così importanti come Benevento, che ancor oggi, per essi, conserva le tracce dell’antica grandezza, quando era sede del forte ducato Longobardo. Eppure non si trova un’opera completa che illustri e con rigore scientifico ne tratti; bisognava che in fine l’Ingegnere Meomartini ci desse uno studio ampio, compiuto delle opere d’arte Beneventana, il quale accoppiasse alla erudizione la critica storica, alla storia unisse l’esame dell’insieme del monumento e delle sue parti più pregevoli, confrontandolo con altri somiglianti, e arricchendolo di disegni, perchè in fatto di storia dell’arte l’illustrazione figurata è ausiliare indispensabile.

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»Il monumento più importante e assai ben conservato è l’Arco trionfale a Traiano. Il M. dà notizie di esso e degli scrittori che se ne occuparono, come Serlio, Giovanni de Nicastro, Giovanni de Vita, illustre archeologo, il Rossi ecc.; lo descrive minutamente in tutte le sue parti, presentandone profili, schizzi e disegni e rettificando, volta per volta, gli errori e le cantonate prese anche da autori valenti.

»Molta analogia con l’Arco di Traiano, che l’A. studia lungamente in ben 216 pagine, ha l’Arco del Sacramento, così detto per omonimia della strada che vi passa di sotto, la quale ora prese nome da «Carlo Torre». Dell’Arco non rimane che il solo scheletro e si è perduto ogni vestigio della sua decorazione, la quale, in mancanza di qualsiasi iscrizione o altro documento, avrebbe potuto dimostrarci l’epoca della costruzione, che fino a prova contraria si può ritenere posteriore a quella dell’Arco Traiano.

»I capitoli seguenti non interessano solo l’artista o l’ingegnere, sibbene lo storico altresì. Da essi si ottengono notizie esatte sull’antichità, sulla origine e sulla posizione di Benevento e specialmente sulle antiche vie che vi passavano e sulla loro relazione con l’Oriente, intorno al qual’ultimo punto l’A. potrà trovare molte notizie nelle numerose e varie pubblicazioni della «Società de l’Orient Latin».

»Richiamo qui l’attenzione dei Dantisti e degli studiosi, perchè essi con l’aiuto delle indicazioni date dal M. nella sua opera, attendano a determinare il famoso «Co’ del ponte» e precisare il punto dove fu sepolto il valoroso Manfredi. Camillo Minieri Riccio che se ne occupò nei suoi Studi Storici, (Napoli 1850), secondo mi provava l’egregio Meomartini, mentre dalla sua palazzina mi faceva osservare il sottostante luogo del sanguinoso combattimento, ha colto quasi perfettamente nel segno, e rimane ancora, non ostante gli studi posteriori, la fonte più attendibile. Ma sarà però superato dal Meomartini il quale da qualche tempo s’occupa dell’argomento che a me pure aveva offerto di svolgere, cosa che forse avrei fatto, se non fossi stato trasferito ad altra residenza.

»Il lavoro sui monumenti di Benevento del coraggioso M. [p. 502 modifica]non è però ancora compiuto; quando sarà finito, costituirà un bel vanto per la storia, della nostra arte italiana.»

»Ivrea, 19 Ottobre 1893.

Alfonso Professione


Il dotto archeologo tedesco E. Petersen, primo segretario dell’Imperiale Istituto Archeologico Germanico, scriveva all’Autore di quest’opera in data 22 Giugno 1892 da Roma:

»La sua descrizione dell’Arco ha corretto tanti e tanti errori divulgati, che poco resta da correggere per un altro, e quel poco che io potrò forse contribuire alla conoscenza di un monumento tanto insigne e fino agli ultimi tempi oscurato da interpretazioni perverse, lo saprà fra poco.

»Dinanzi al monumento stesso io con molto piacere ho potuto constatare che Lei con giudizio sano e mente spregiudicata ha veduto e descritto ciò che vi è raffigurato di fatto, mentre altri furono ingannati o dalla propria fantasia o da quella dei disegnatori.

»E quanto è il progresso dalle incisioni anteriori, più o meno interpolate alle eliotipie schiette e buone della sua opera! Se per qualche scena si può dubitare se la sua spiegazione sia giusta o no, ciò proviene dalla incompleta conoscenza che abbiamo della vita di Traiano».


Lo stesso illustre archeologo nel dicembre del 1892 tenne in Roma nel sudetto Istituto una conferenza sull’Arco di Traiano a Benevento, e di essa mandò copia all’Autore di quest’opera con la seguente dedica di suo carattere: «Al Chiarissimo Sig. Almerico Meomartini più di ognun altro benemerito dell’Arco di Benevento. Omaggio dell’Autore.» Di tal Conferenza, estratta dal Bollettino dell’Imp. Istituto Archeologico germanico (Vol VII anno 1893 - Fasc. 3.°) riproducesi qui il presente brano:

»... Questo monumento, insigne per l’Architettura, più insigne per le scolture numerose e assai ben conservate, fino a poco fa non poteva essere giustamente apprezzato. I disegni [p. 503 modifica]della parte figurativa, pubblicati dal Rossini. «Gli Archi trionfali» tav. 38 sg. peccano per inesattezza dei particolari e per il generale peggioramento dello stile, delle proporzioni, del disegno. Ma puranche le descrizioni e spiegazioni, massimamente quelle inserite nel vasto commentario di G. C. Rossi, che s’intitola l’Arco Traiano di Benevento (3 tomi, Napoli MDCCCVI) ma è historia Traiani potius quam arcus enarratio, sono gran parte più fantastiche che vere. Ora però viene a supplire felicemente a questi difetti il ch. Ingegnere Architetto Almerico Meomartini di Benevento… Le prime otto dispense sono dedicate all’Arco, di cui tutte le parti sì dell’architettura che della scoltura vengono riprodotte bene in autotipia. L’autore non è archeologo, ma non estraneo ai monumenti antichi, e vedendo con oculatezza e sano giudizio ha corretto innumerevoli errori del Rossi, e sono veramente poche le inesattezze in cui è caduto…»



Note

  1. Si riferisce alle parole che l’autore di quest’opera usa a riguardo di lui nella prefazione.
  2. Una innocente indiscrezione ci fece apprendere che autrice dello articolo lusinghiero fu l’illustre donna, cui l’autore manifesta la più sincera gratitudine.
  3. L’ottimo amico Ing. Marchese Pepe credeva che io fossi nativo di Benevento.
    A. M.