I Mille/Capitolo XXXVIII

Capitolo XXXVIII. La Libertà

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Capitolo XXXVIII. La Libertà
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CAPITOLO XXXVIII.

LA LIBERTA.

Libertà mal costume non sposa,
Per sozzure non mette mai pie.
(Berchet).
È libero chi lo merita.
(Tucidide).


«Libertad para todos-y si no espara todos-no es tal libertad!» questa è l’epigrafe di un giornale democratico spagnuolo, redatto da amici miei, e sono veramente dolente di trovarmi lontano dal loro parere.

Credo non vi debba esser libertà per le zanzare e per le vipere, per gli assassini, per i ladri, per i tiranni e per i preti, ch’io tengo tanto o più nocivi dei primi.

E voi, popoli corrotti, volete esser liberi? Scendete nella contaminata vostra coscienza, e ditemi se vi sentite capaci da tanto; — ditemi se gli occhi vostri sono capaci di fissare il sole della libertà senza abbagliarsi!

La libertà poi è un ferro a due fendenti. — L’autocrate è il più libero degli uomini, e della [p. 194 modifica]libertà si serve generalmente per nuocere — il proletario, che più d’ogni altro ha bisogno di libertà, quando giunge a possederla, la prostituisce, oppure la trasforma in licenza.

Voi mi direte che foste ingannati, uomini del popolo, quando vi corruppero, quando vi fecero gridar: viva la morte! — e quando vi condussero a gettar nell’urna il vostro voto per un ladro, un servile, od un tiranno! Ma voi vi lasciaste condurre — perversi! Vi lasciaste ingannare con conoscimento di causa per aver una mercede, o per esser da un perverso protetti!

«Ma fu un sacerdote, il mio curato, un ministro di Dio che mi condusse all’urna». — Sì, e ci vuol molta matematica per conoscere che un prete è un impostore?

No, non vi è discolpa: per esser libero, bisogna esser onesto — meritare di esserlo, in poche parole!

Trascinato qualche volta da scetticismo o da misantropia, io maledirei d’esser nato, d’appartenere a questa famiglia di scimmie, sì poco degne di libertà! e che tanto libertà millanta anche quando incatenata per il collo! Ma considerando poi che sono anch’io della famiglia, che ho commesso degli errori anch’io, e che ho la mia dose di presunzione, per amor proprio sono alquanto più condiscendente cogli altri.

Comunque, difettoso come sono anch’io, non ho mancato di ascoltar la voce della ragione, e seguirne i dettami. [p. 195 modifica]Io l’ho capito che il consorzio del dispotismo e del prete, ambi basati sul godimento delle sostanze altrui, non potea sostenersi che con la menzogna e la corruzione. — Il dispotismo mascherato da liberale o no, e attorniato di avidi satelliti comprime le aspirazioni dei popoli colla forza; ed i preti, suoi protetti, coadiuvano il consorte pervertendo le masse. Libertà (come Giano) è una dea bifronte, ed in ciò somiglia alle sorelle giustizia e legge. — In Italia, per esempio, voi avete una caterva di servi che con aria di buona fede mi millantano la libertà, le leggi, la giustizia, come benefizi sacrosanti in questa nostra venturosa penisola.

Ebbene: guardatemi il primo articolo della legge fondamentale dello Stato: una menzogna!

Per libertà, chiedetelo ai giornali che ardiscono dirla: giustizia! Domandatene notizie al prode colonnello Lobbia: giustizia! — Io ho veduto un povero milite passato per le armi, per aver rubato una pistola da servirsene per una causa santa. — E Badinguet (Bonaparte) acclamato dal gran popolo della Bretagna, egli che rubò soltanto alcuni milioni, e fece uccidere milioni d’innocenti!

Giustizia! Leggi! — - L’Europa ha una massa eli legislatori, che ciarlano da mane a sera, ed assordano il mondo; ed il mondo non ha mai avuto un bordello simile a quello che presenta l’odierna colta e legislativissima Europa.

E Marzia? Povera Marzia! sì bella, dotata di [p. 196 modifica]un cuore d’angelo e di leone, un’eroina da illustrare un grande popolo, preda sventurata degli scarafaggi umani, che hanno torturato il canuto genitore, che la torturarono e la prostituirono! Anatema! Maledizione!

E vi è un popolo che si tenne per il maggior di tutti i popoli, i di cui individui apprezzavano il titolo di cittadino romano, non quello di monarca.

Una matrona di quel popolo si teneva maggiore d’una regina, ed avrebbe avuto per disdoro lo esser chiamata tale!

E quel popolo oggi si strugge, si calpesta, muore soffocato per contemplare il grande spettacolo, la solenne conversione, ed infine per ottenere la santa apostolica benedizione dal padre degl’impostori e dei cretini!

Libertà, giustizia, leggi! Io mi copro il volto dalla vergogna di appartenere a questa razza di micchetti che gridano libertà colla museruola alla bocca, o colla cuffia del silenzio sul cranio. — Povera Marzia! dopo la solenne, buffona, infame cerimonia della conversione, il suo carnefice che l’avea vituperata bambina, la fece ricondurre nel convento di S. Francesco da quelle stesse monache, da cui aveva avuto la fortuna di fuggire, e che per vendetta non solo la custodiranno gelosamente, ma gelose della squisita di lei bellezza, la martorieranno con tutta la raffinatezza di cui sono capaci coteste megere che mai conobbero l’amore di madre, o se lo conob[p. 197 modifica]bero, lo seppellirono nell’ossario, ove dormono ammonticchiate e confuse le vittime della lussuria e della libidine pretina!

Povera Marzia! La sveglia guerriera di Montevideo non ti desterà più per respirare le deliziose e balsamiche aure dell’aurora, per fiutare il marziale clangore dei campi di battaglia, ove armata del tuo moschetto, svelta come la gazzella dei campi Argentini1 tu colpivi col calcio, sdegnando il ferro, le curvate spalle dei servi della tirannide.



Note

  1. Di Buenos-Ayres.