I Marmi/Parte terza/Ragionamento di diverse opere e autori fatto ai Marmi di Fiorenza/Pecorino delle prestanze e Chimenti bicchieraio e un pedante

Pecorino delle prestanze e Chimenti bicchieraio e un pedante

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Pecorino delle prestanze e Chimenti bicchieraio e un pedante
Ragionamento di diverse opere e autori fatto ai Marmi di Fiorenza - Stucco e Sazio Ragionamento di diverse opere e autori fatto ai Marmi di Fiorenza - Bernardon gioiellieri, Sandro formaritratti e sere Scipione notaio e un pedante domestico addottorato

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Pecorino dalle prestanze e Chimenti bicchieraio
e un pedante.

Pecorino. E’ mi vengono certi libri nelle mani, Chimenti mio caro, che io non gli so lèggere: mio padre gettò via i danari a mandarmi alla scuola; e non so scrivere, ti dico, ancóra, come costoro al dí d’oggi.

Chimenti. Dite voi de’ libri in penna o in forma?

Pecorino. In forma, di queste stampe nuove.

Chimenti. Anch’io sul principio mi ci acconciavo mal volentieri.

Pecorino. Vedesti! mai quel libro dell’Italia in prigione, volsi dir liberata? che aveva quell’è, quell’ò, quell’à, quell’ù, quell’e quell’e quell’e quell’e quell’e quell’altra lettera in greco e in diritto e in traverso? Io per me non la potetti mai lèggere.

Chimenti. Quel Contento di Marsilio Ficino anch’a me mi faceva un certo masticamento, d’à, â, d’è, ê, ò, zeta quadro e non quadro, mezzo, intero, piccolo, grande: belle baie per noi altri antichi! Ma come la fate voi, ora, con i libri?

Pecorino. Bene bene, io non gli leggo altrimenti: come io gli veggo quella battaglia nuova, che una lettera porta la corazza, un’altra l’elmetto, chi la spada, chi lo strascico, chi la lingua fuori, chi la tien dentro, súbito dico al libraio: — Ha’ci tu meglio? — Una volta io mi feci difinire al maestro del mio fanciullo le lettere d’un di quei libri e compresi che tutta era fava.

Chimenti. In che modo?

Pecorino. Io te lo dirò; ma non dir poi che ’l Pecorino stia su queste cetere e su questi andari, perché non ti sará creduto, per la prima, poi, si rideranno del fatto tuo. Ma ecco il maestro, s’io non m’inganno. Ben giunto sia la vostra riverenza; a tempo piú che l’arrosto. [p. 94 modifica]

Maestro. Quem quæritis?

Chimenti. Cercavo di saper il modo della cosmografia che costoro scrivono in questi A B C di nuovo.

Maestro. Ortografia, volete dir voi, che vien da ortus, che vuol dir nascimento d’umore che vien nel capo alle erudite memorie.

Pecorino. Voi siate su la buona pesta: toccatemi la derivazione secondo la vostra teologia.

Chimenti. Non favellate, però, tanto in aere, ché anch’io non possi trarvi la berretta, se non agiugnerla con mano.

Maestro. Secondo Averrois, in duodecimo Phisicorum, e Servio, De quantitate sillabarum...

Chimenti. Oimè, dove son io condotto!

Maestro.... le parole vogliano essere intese, o sien mezze o sien mozze o sien in un mazzo, sicut in Cato scrittum est.

Pecorino. Date in terra, messere maestro, e non entrate in Ianua rudibus altrimenti.

Maestro. Il fondamento della loquela è sempre buono, perché fundatio habet duas partes.

Chimenti. Mi raccomanderò alla signoria vostra.

Maestro. Voi sète impazienti: che vorresti voi saper breviter?

Pecorino. Come si scrive «nequitia», «nuntiate»; se la va in «zeta» o in «ti».

Maestro. Tanto è, ell’è come l’uomo se l’arreca: ancóra lo scriver «philosophia» per «pi» e «acca» o scriverlo con «effe» per tutto, non fa nulla, pur che egli s’intenda.

Chimenti. Chi scrivesse «Pedante» per P maiuscolo, non istarebbe meglio, e «Ignorante» ancóra, messer?

Pecorino. Ancóra «Asino» va con l’A maiuscola, n’è vero, maestro?

Mafstro. Distinguo: Asinus homo aut bestia?

Chimenti. Bestia, messere, bestia, vi dician noi, con due piedi.

Maestro. Non hanno due piedi gli asini.

Pecorino. Sí bene, si dice le zampe dinanzi e i piè di dietro. [p. 95 modifica]

Maestro. Bene sta: che altro volete interrogarmi?

Chimenti. Se «Battista» si scrive con un t solo, o con due.

Maestro. Perché i latini vi mettano Bapti, però lo farei con due.

Pecorino.«Bue», va egli con duo u, «buue», perché si dice «bove»?

Maestro. Domine, non.

Pecorino. Adunque né ancor «Batista» ha d’aver due t. Ma ditemi: «exemplum», porta egli due ss quel x?

Maestro. Ita est, perché modernaliter si forma «essercitio, essercito».

Chimenti. Credo che basterebbe una sola, perché a dir «simplex» v’è dentro un x, ch’è dire «scempio», che tanto rilieva quanto che dirvi «sciocco»; e pur non si scrive «simpless».

Maestro. Voi dovete aver letto l’Acabala o la Clavicula di Salamone, sí ben mi soprarivate ai passi. Ma io credo che agli eruditi, nelle locuzioni filosofice, non sormonti unquanco a trovare scritto «essercito», «exercitio» o «exercizio».

Pecorino. Ancóra «ignoranzia» per z, e «ignorantia» per t non debbe darvi molta noia.

Maestro. Sí bene: quell’«ignoranza» importa a noi altri precettori che abbiamo a disciplinare le piante tènere.

Chimenti.«Raperonzolo» va egli per un z o per due?

Maestro.«Napuculus», rapa piccola, con due «zeti», per amor della mezza dizione, perché le quattro lettere, secondo il costume di noi altri precettori, richiedon due z.

Pecorino.«Stronzolo» va pur con un «zeta» solo, che deriva da quelle quattro lettere che voi dite.

Maestro. Noi allocchiamo meglio le parole con due «zeti» come è «mézzo», «mèzzo», «mozzo», «puzzo».

Chimenti. Voi dovete avere studiato dall’alfa all’omega. Ma cotesta ragione non m’entra, perché «zotico», «zugo», «zecca» e «zacchera», che tutti son nomi de’ vostri proprii, si adestran meglio a voi altri pedan... maestri.

Maestro. Che v’importa egli a sapere la cosa sí minutamente aut distinte? [p. 96 modifica]

Pecorino. Io, che tanti libri maneggio alle prestanze, gli vorrei correggere e non so.

Chimenti. State a udir quel che egli dice, domine, e non girate il capo.

Maestro. Lo giro, perché non son libri per gramatica scritti.

Pecorino. Quando io trovo «differenza», se io mi debbo riscriver «diferentia» o «differenzia»; «variatione», «variazione»; «potenzia», «potenza» o «potentia».

Maestro. «Potentia», per esser gran nome e significar gran tenitorio ampiamente, va per due tt, «Pottenzia».

Chimenti. Vedete quel che fa ad aver la lingua in simil cose leccate! Egli sa tutti i vocaboli a chiusi occhi.

Maestro. La sarebbe bella, che io non sapessi grufolar per tutti i libri, eccetera!

Pecorino. Sta bene. «Oca» va ella con un c, con due o con l’«acca» e con l’O grande?

Maestro. Secondo l’etá si bevano e pongano le lettere dell’ortografia: anticamente bastava manco lettere, ma, alla moderna, vogliano tutti i capi de’ nomi e de’ cognomi la lettera grossa; sí che «Oca» va con l’O grande, massimamente quando son ochi giovani.

Pecorino. Le senici vi venghino continuamente!

Maestro. Come dite?

Pecorino. Mi pareva sentir l’ore, e diceva: «e sedici».

Chimenti.«Interpositione» e «interposizione» quid interest, come «giudicio», «giuditio» vel «giudizio»?

Maestro. Andiamo a casa di compagnia, che io guarderò su la Fabrica del mondo cotesta parola, perché pecco alquanto di poca memoria.

Pecorino. Andiamo, messer sí.

Chimenti. Vengo io dietrovi?

Maestro. Messer no, ché voi sète piú vecchio: sempre veneranda senectus, disse Dante; e poi, io son tanto avezzo andar dietro agli scolari che io non saprei fare un passo inanzi. Eamus.