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POLIPHILO SEQUITA NARRANDO OLTRA TANTO CONVIVIO UNA ELEGANTISSIMA COREA CHE FUE UNO GIOCO. ET COME LA REGINA AD DUE PRAESTANTE PUERE SUE IL COMMISSE. LE QUALE EL CONDUSERON AD MIRARE DELITIOSE ET MAGNE COSE, ET CONFABULANDO ENUCLEATAMENTE LA MAESTRORONO COMMITANTE D’ALCUNE DUBIETATE. FINALITER PERVENERON AD LE TRE PORTE. ET COME ELLO RIMANETE NELLA MEDIANA PORTA, TRA LE AMOROSE NYMPHE.

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ANTO EXCESSO ET INCOMPARABILE gloria et triumphi, et inopinabile thesoro, et frugale delitie, et summe pompe, et solemne epulo, et lautissimo et sumptuoso Symposio, di questa foelicissima et opulentissima Regina recensito, si io distincta et perfinitamente la sua praecipua dignitate non havesse condignamente expresso, non se miravegli diciò la curiosa turbula, imperoché qualunque di acuto ingegno et expedito, et di prodiga et fertilissima lingua ornato et copioso ad questo enucleata, né coadunatamente potrebbe satisfare. Ma molto meno io che continuamente pativa per qualunque intima latebra del mio infervescente core, la indesinente pugna, quantunque absente di madona Polia, di omni mia virtute occuparia et depopulabonda praedatrice. De fora le molte miraveglie, di praecellentia inaudite di diversitate, cose insuete et dissimile, inextimabile et non humane, imperò allucinato et tutto aequalmente oppresso per omni mio senso, distracto per la spectatissima varietate la excessiva contemplatione, di puncto in puncto io non lo saperei perfectamente descrivere, né dignamente propalare. Chiunque cogitare valeria il richo habito et exquisito ornato, et curiosissimo culto la perfecta et ambitiosa et falerata bellecia sencia alcuno defecto, la summa sapientia, la Aemiliana eloquentia, la munificentia più che regia. La praeclara dispositione di Architectura, et la obstinata Symmetria di questo aedificio perfecta et absoluta, la nobilitate dell’arte marmoraria. La directione del columnamento, la perfectione di statue, l’ornamento di parieti, la variatione di petre, il vestibulo regale, amplissimo peristylio, gli artificiosi pavimenti, chi crederebbe di quanto luxo, et [p. 118 modifica]impendio ornati et strati di pretiosissimi peristromati? Il spatioso et alto atrio interiori, et ambitiosissimi Triclinii intestini Cubili, Conclavi, Balnei, Bibliotheca, et Pinacotheca, et richamente cum maiestale decoramento dispositi, et solemnemente distributi.

Conceptabuli capaci et mirifici di arte et incredibile impensa, cum eximia laude del praeclarissimo artifice, omni partitione et elegante conventione degli egregii liniamenti meritamente comprobata, mirai daposcia cum singulare voluptate una laquearia contignatione summamente fabre decora, in una aequabile planitie subtensa di pare et comparatione priva, rendeva uno superbo coelo, cum disposite intervallature di multiplice deformatione, cum tirata et adlibellata dimensione, cum nobile composito le areole insependo, cum prompta eminentia, la quale era di coroniceo liniamento debitamente deornata, cum fasceole, gulule et oviculatura, bacce, o vero fructi di rose aequabilmente infilati. Et foglie di acantho per gli anguli dille quadrate et quadrangulate areole lambente, cum exacte rose cum geminato ordine di fogliatura, la intima minore, cum requisita intercapedine, tutto pervio et gli sinuati, a magiore expresso, omni cosa investite, o vero inaurate di optimo, et collustrabile oro, et di finissimo et di ellecto Cyaneo coloratione. Cum varie altre figuratione, dil ornato comparile di liniamento, ceda quivi dunque il trabeato di Salauce re degli Colchi. La voluptuosa amoenitate poscia degli ordinati Vireti Pomerii, et irrigui horti, fontane vive, cum rivuli correnti in marmorarii claustri, de incredibile factura contente, et septe. Herba rosida sempre frescha, et florigera, et aure dolce aestive et veriferi venti cum vario concento di avicule. La pura serenitate, et perenne temperie del coelo et salubritate di aure liberrimo et purissimo, non potrei lochi, non saxosi, non abstersi di assidui et pruinosi venti, né del intemperato et urente Sole usti, ma cum tempo facile et benigno illustrati, et cum moderamine et mediocritate sinceramente periocundi, gli campi fertili et di omni bene incultamente feraci, aprici colli, frondosi et freschi boschetti, cum spesse umbre amoeni. Daposcia la inextimabile supellectile, il prompto famulato et multiplice, et elegante ministerio, la varia iuventute cum la aetate adolescente. La praegratissima praesentia di puelle atriense, aulice, cubicularie, et regii mancipii, il venerando et maiestale conspecto, cum più vago et decoro vestire et egregio ornamento, et cum probata et lepidissima venustamine, quanto mai che alcuno il potesse sentire, né indicare. Dunque ad tante infinite divitie, supreme delitie, et immenso thesoro, non se iacti Hircano Pontifice. Né Dario, né Croeso, né qualunque [p. 119 modifica]humana opulentia et conditione, ecco adunque in questa parte superato altro non posso diciò commodamente concludendo dire, si non che io stava insensato, et di stupiditate amente, ove commorai cum summa voluptate, sencia fastidio delle praesente cose né cum satietate di quelle, ma sopra tutto oltra quello che io ho dicto era fora di me ruminando quale fato ad questi beati lochi me conducto havesse et destinato. Ma poscia che cusì me ritrovai, et in tanta accumulatione di gloria, et sito sancto, et patria foelice, et di beato oblectamento, et al frugale et triumphante convito, quale nunque fece Clodio Tragoedo, non subiecto alla Tapulla né Licinia lege, cum moderata satietate refecto, et niente meno per le regie sponsione di favorire al mio amoroso optato, non vanamente assicurato me consolai, occulissimo tenendo tuto che fina ad hora mi fusse occorso et anteobiecto, et di tutto dissi bene alla Fortuna, cum gaudiale laetitia. Per la quale cosa ad maiore obstentatione volendo la excelsa Regina oltra l’antedicte cose dimonstrare lo excesso et la superantia dil universo in tutte excellente et rarissime magnificentie, sedendo ogniuno ad gli lochi sui, dopo il miraculo dil sumptuosamente convivare, sencia protracta mora, ordinoe uno spectando ioco, digno non tanto di intuitione, ma di aeterno memorato, che etiam fue una praestante Chorea, o vero Ballo, cum tale processo et modo. Per la itione delle cortine introrono trenta due adolescentule, delle quale sedeci erano di panno aureo (ma octo uniforme) vestite. Poscia una di quelle sedeci vestite di oro, di habito Regale fue induta, et un’altra in vestito di Regina, cum dui custodi della rocha, o vero arce, dui Taciturnuli, o vero Secretarii, et dui Equiti, cum parilitate di numero erano vestite octo di panno argenteo, cum il magistrato medesimo. Tutte queste secondo il suo officio, cusì se disposeron collocantese sopra gli quadrati del pavimento, cioè sedeci vestite d’oro da una parte, et sedeci d’argento da l’altra opposite. Le musice Sonatrice incominciorono a sonare cum tre instrumenti di temeraria inventione, molto concordi et inseme participati, cum suavissima consonantia et intonata melodia. Al mensurato tempo del sono sopra gli quadrati sui, secondo che imperitava il Re, se movevano le corigiante et Delphine Petauriste, cum decentissime revolutione el Re honorando et la Regina, salivano sopra l’altro quadrato, facta una praestante continentia. Il Re dell’argento (rincominciato il sono da capo) commesse a quella che dinanti alla Regina stava, che ad rimpecto di quella se ponesse. Questa cum quegli medesimi venerandi gesti procedente, fece la sua continentia et stete. Per questo cusì facto ordine, secondo la mensuratione del tempo musicale cusì di [p. 120 modifica]loco se mutavano, o vero persistendo continuo sopra il suo quadrato ballavano dummentre che impulse, o vero prehense se partivano, cum iussione sempre del Re. Si il sono conteniva uno tempo, quelle uniforme octo consumavano quel tempo in translatarse in altro quadrato. Non poteano retrocedere, si non meritamente per havere immune salito sopra la linea delle quadratione, ove faceva residentia il Re, né rectamente procedere nisi per linea diagonale. Uno secretario et uno Equite, in uno tempo tre quadrati transivano, il Secretario per linea diagonale, lo Equite per dui aequilateri recti et uno dalla linea devio, et per omni lato poteano transferirse. Gli custodi de l’arce molti quadri rectamente valevano et licentemente trapassare. Diqué in uno tempo potevano discorrere tre, quatro, o cinque quadrati, servando la mensura, et festinante il grado. Il Re poteva ascendere sopra quale quadrato, non impedito, o vero cum praesidio occupato, anci pole prehendere, et egli interdicto il quadrato, ove altri poteno salire, et si caso egli fusse opportuno è che egli ceda cum admonitione praecedente. Ma la Regina per omni quadrato del suo colore ove primo fermoe la sedia. Et bene è che sempre propinqua segui d’ogni lato il marito suo. Qualunque fiata che gli officiali dil uno et dil altro Rege, ritrovava uno del altro sencia custodia et praesidio, il faceano pregione, et ambedue basiantise, el victo fora usciva. Per questo tale ordine feceron uno celeberrimo ludo in una Chorea elegantissima, ballando et festivamente iocando, cum la mensura del sono, per modo che ristoe vincitore quello dell’argento cum alacritate solacio et plauso. Questa tale solemne festa duroe per gli contrasti, fuge, praesidii, per tempo di una hora, cum tanto mensurate circulatione, riverentie, et pause, et modeste continentie, che tanto delectamento me invase, che io non immeritamente suspicai alle supreme delitie del summo Olympo essere rapto, et novissima foelicitate. Terminato il primo ioco in ballo, tutti al suo statuito quadrato reiterorono. Et cum il parile modo, quale feceron in prima, cusì la seconda fiata, aequalmente ad gli lochi sui ordinatamente ritornate, le sonatrice stringendo la mensura del tempo, cusì gli movimenti et gesti degli lusorii corigianti, più solicitamente se movevano, ma cum il sono servato il tempo, cum tanto aptissimo modo et approbata gesticulatione et arte, che non fue opportuno, dire alcuna cosa. Ma bene perite le damicelle, cum le sue copiose trece, sopra le delicate spalle effuse, pendevano inconstante, et poscia sopra el dorso secondo il moto resultavano, nel capo innexe cum Corolla di olente viole. Et quando una era captivata, levate le brace converberavano una palmula cum l’altra. Diqué cusì ludendo et corigiando, ristoe [p. 121 modifica]la seconda fiata vincitore ancora il primo. Nella tertia chorea tutti ad gli lochi sui regulati et distributi, più ancora gli musici strinxeron la mensura del tempo, cum il modo et tono del excitante Phrygio, quale tonatione unque seppe ritrovare Marsyas di Phrygia. El Re vestito di oro movere fece, quella giovenetta, che inante alla Regina stava, sopra il tertio quadrato, recto incedendo nel primo trasmigrare. Per la quale cosa immediate se vide una pugna, uno torniamento, tanto delectabile, cum tanto praesta et subitanea vehementia, cum inclinarse fina in terra, facendo poscia uno repente et torculario salto, et quale Mymphurio tornatorio, cum due revolutione nel aere, una opposita ad l’altra. Et poi sencia mora, posto il pede dextro ad terra, tre fiate rotavase. Et poi subito l’altro pede, al contrario intorniava, tutta questa actione ad uno tempo consumavano, tanto accommodamente, et cum tanta agilitate che niente sopra, cum le sue profunde inclinatione et composite vertigine et facile saltatione, cum venusti gesti, quanto mai di tale et simigliante cosa se vedesse, né unque spectare se potesse, né mai tentata. Né unque l’una cum l’altra era impedimento, ma chi era apprehenso dal prehensore in instanti datogli il mostulento basio, del ioco se ne usciva, et quanto minore numero ristava, tanto più vedevase una lepidissima solertia alla deceptione di l’una all’altra. Tale digno ordine et modo da ciascuno sencia defecto fue observabile, quantunque brevemente festinata la mensuratione delle docte et praestante musice se praestasse, incitante non meno ancora ad tali movimenti tutti gli astanti, per la convenientia della consona harmonia cum l’alma maxime et praecipuamente essendo quivi in summo et concordante consenso dilla Eupathia degli dispositi corpi. Per questa tale ragione della potentia di Timotheo solertissimo musico, io caldamente pensai che egli cum el suo canto lo exercito del magno Macedonico ad reassumere l’arme violentasse, et poscia reflectendo la voce et il tono, neglecte le arme tutti cessabondi provocare. Di questo tertio ioco la vestita d’oro in forma regia gloriosamente triumphoe. Celebremente cum extrema laetitia et maximo solatio dunque terminata questa iocundissima festa, tutti se poseno ad sedere. Et quivi factomi levare, et dinanti la veneranda Sede della sua Diva maiestate feci profunda riverentia, et decentemente genuflectendome, cusì mi dixe. Poliphile horamai poni in oblivio gli praeteriti et occorsi casi, et d’indi gli fastidiosi concepti, et il transacto discrime, imperoché io son certa, che al praesente pienamente sei restaurato. Dunque volendo tu nelle amorose fiamme di Polia intrepido prosequire, convenevole cosa arbitro, che per questa recuperatione vadi ad tre porte, ove habita l’alta Regina Telosia, nel quale loco h [p. 122 modifica]sopra di ciascuna di quelle porte, el suo titulo et indice annotato et inscripto vederai, accuratamente legilo, ma ad la opportunitate del tuo guberno et munimine, io ti darò di tante mie facete et herile pedisseque due, le quale exercite illo tutissimo conducerano, et individue commiterano, cum laeto animo perciò va et cum foelice successo. Et incontanente cum regia largitate educto uno annulo aureo dill’annulare digito, cum una petra Anchite, tolli questo dicendo, et teco in memoria della mia amicabile munificentia laeto il portarai. Ad questa exhortatione et pretioso dono, io quasi Amphasiatico divenuto, non sapea per certo cosa alcuna aequivalente che dire, né regratiare. Ma ella benignamente avidutase matronalmente, et cum una genuina praestantia, et cum gravitate maiestale, ad due praeclare et insigne puelle, se voltoe, al suo Imperiale throno propinque assistrice, ad una che al dextro lato sedeva imperitante dixe. Logistica sarai tu altra che andarai cum il nostro hospite Poliphilo. Et cum sancto religioso et venerabile acto, se voltoe poscia ad lato sinistro dicendo. Thelemia et tu parimente andarai una cum esso, et ambe due datigli ad intendere et chiara notitia in quale porta el debi lui ristare. Dunque Poliphile ad un’altra Regina molto splendida et venerabonda te appraesenterano. La quale si ad te benigna et frugale se praestarae, beato sarai, si al contrario, discontento sarai. Niente di manco nel suo volto la pole comprehendere niuno, perché alcuna fiata cum patricia et genuina urbanitate et cum lepidissima iucunditate, essa se dimonstra, tale volta suapte tetra maligna, et aspernabile, cum instabile incursione. Quella è che termina el tutto. Et per cusì facta obscura conditione, non immerito Regina denominata è Telosia, la quale in tanta fasta et opulentissima mansione non dimora, quale hora manifestamente me vedi inhabitare. Voglio però che tu sapi, che il summo Opifice, né la ordinata natura non ti poteano praestare maiore thesoro, che pervenire ad questo mio divo conspecto et larga munificentia, diqué l’artificiosa natura, non valeria di accumulare maiore divitie, che obtenire, et la mia benigna gratia consequire, et participe essere di tanto bene. Onde cusì come exquisitamente te lice existimare, che unque al mondo tanto thesoro trovare se potrebbe, ad comparatione di quello che in me veracemente se trova, talento coeleste obtento dagli mortali. Ma la Regina Telosia mane in nubilante loco di latebra, et il suo domicilio ha gli aspiramenti obstrusi, perché quella cernere per niuna licentia consente, quanta et quale sia la bellecia sua ad gli homini, perché non lice, né permesso è ad gli ochii corporali diva formositate debbi apparere, et per cusì facta ragione caeco persta lo effecto del successo suo. Ma cum mira observantia se transforma versipelle et moltiforme, non desiderata volendo propalarse. [p. 123 modifica]Et quando le veterrime porte ti serano reserate, in ciascuna dinanti agli ochii tui futura sa ppraesentarà, et tamen non la cognoscerai, se non alquanto la moderatrice prudentia aenigmatice, et cum recto et sincero iudicio la vide, et più praesto la considera, perché di habito et di aspecto ambiguo se tramuta. Et per questa ancipite animadversione, l’homo saepicule dell’expectato remane sencia emendatione decepto. Quello dunque Poliphile che queste mie due consignate, et credite fanciulle suggerendo ti suaderano, et in quale porta doverai intrare, et remanere, et quale di quelle più te piacerà intendere et auscultare potrai per el mio excellentissimo et gratuito dono et praestata licentia liberamente assentire, perché queste di quella alquanta notitia tengono, et poi dicto fece nuto alle due, Logistica et Thelemia, le quale sencia praestolare se feceron humilmente serve. Et io allhora in acto, che parlare, non audeva né non sapea ad tanta sublimitate di praesentia, la regratiai del suo grande munificio. Le due comite delegate, me festivamente cum domestica promptitudine et gesti virginei prehenseron, l’una per la mano dextra, et l’altra per la sinistra, et praecipuamente dalla Regina primo, et poscia da tutte riverentemente obtenta la licentia. Fora per li medesimi Siparii et porta egressi, avido ancora io et inexplebile me rivoltai alla spectatissima porta per speculare integramente l’artificioso pallatio, admirabile di arte aedificatoria et perfinito, la subtilitate della quale opera imitare per niuno valido excogitato degli mortali poté niuno. Imperoché suspicava decentemente essa sagace natura, quivi ad admiratione tante delitie del suo imperceptibile opificio havere singularmente ficto, ad commoditate, ad uso, et ad gratia et adoria aptissimo, et ad la perennitate fermo et constante, et duraturo existente. Per la quale cosa excessivamente volentiera alquanto di morula harei affermatome, ma sectario le ductrice destinate, et mie consorte, io non potei, vero che in uno ocyssimo furare di ochio, nel phrygio, o vero Zophoro di essa porta vidi annotato tale inscriptione. HO TES PHYSEOS OLBOS. Et quanto che cum gli praestissimi sensi poti trahere, tanto praegratissimamente acceptai in esso transito extremo dilecto sumendo, quanto che a dire è incredibile. O foelice dunque chi in tale loco sempre concesso gli fusse essere patritio, o vero inquilino. Essendo nella conclusa Area del Naranceo septo pervenuti, Thelemia cum singulare affabilitate mi dice. Oltra le praeexcellentissime et miravegliose cose, che tu hai Poliphile mirate, ancora quatro admirande ti resta di vedere, et al sinistro lato del incomparabile pallatio in uno spectatissimo viridario me condusseron di maximo excogitato de impendio, di h ii [p. 124 modifica]tempo, et di subtilissimo artificio. Il quale di ambito et continentia tanto quanto era quello, ove stava la maiestale residentia, circuncirca cohaerente ad gli alamenti protendevano accommodate capsule hortense, in le quale in loco di virentia, omni pianta era di purgatissimo vitro, egregiamente (oltra quello che se pole imaginare et credere) intopiati buxi, cum gli stirpi d’oro tale materia conducta. Tra l’uno et l’altro degli quali alternava uno cupresso, dui passi non excedendo la sua altitudine, et degli Bussi uno. Referte poscia di mirabile fincto di moltiformi simplici, cum elegantissima secta dilla natura, et cum iocundissime devariate forme di fiori cum distincto coloramine et praegratissimo. La pianatura labiale dello hiato quadrante delle quale capselle, o vero altane, o vero de l’apertione era subcoroniceata di oro cum subtilissimi liniamenti perpolite et ornate, le facie dille quale di plaste vitrine nel intimo deaurate, et cum myrifica graphiatura di curiosissimo historiato, bellissime extavano, circuncluse di alveoli aurei mordicamente quelle continivano cum lo imo soccolo levato sextante. Il septo ambiente dil viridario cum disquisita distantia, era cum columne ventriculate della dicta materia, investite di florigeri convolvoli, di tutto expresso, et de qui et de lì extavano quadrangule d’oro striate, et da una all’altra inarchuava, cum requisite trabe, et Zophoro, et coronice, cum debita proiectura sopra il capitello vitrino della rotonda. Il solido della quale subiecto ad gli volubili, era fincto diaspro cum multiplice coloratione coeunte et illustre. Gli quali volubili dal sodo proportionatamente alquanto erano sublevati et evulsi, le fauce degli archi erano obstipate di Rombi vitrini purgatissimi, uno Triente il suo diametro, tra binati canaleoli simigliantemente inclaustrati et circunsepti cum diversa enchaustica picturatione ad gli sensi peracceptissima. La area ancora tutta era strata di rotundatione vitrinule, et altre convenientissime figuratione, ad suprema gratia, cum mutuo consenso, et stabile cohaesione, cum praecipuo collustramento gemmale, sencia supposita adulteratione di fogliatura. Sopra gli fiori spirava una praecipua fragrantia da uno illimento, peruncti et rosulati. Peritissimamente quivi la dulciloqua Logistica fece alquanta narratione, physiculabonda laudava la praestante factione, et la nobilitate della materia et arte et invento. (Quale non se trovarebbe in Muriano) et vituperando la sua natura, et dixe, Poliphile, ascendamo questa excellentissima specula, propinqua al giardino. Et rimanendo giù Thelemia, per cochleata scansione, nella superna parte coaequata alacramente salissemo. Ove mi monstroe, cum diva facundia uno horto di latissima circuitione, in forma deducto de discolo Labyrintho intricato, et gli circulari meati non calcabili, [p. 125 modifica] ma navigabili. Imperoché in loco delle gressibile strate, correvano rivuli d’aque. Il quale mysterioso loco era de sé agro salubre et di glebe foelice amoeno ferace, vario di omni copia di suavi fructi referto, et di exuberantia di fonti ornato, et di omni florulenta virentia iocundo, di omni solacio diffuso et di maximo oblectamento. Et dixe. Pensiculo io Poliphile che di questo mirando sito non intendi la sorte conditionata sua. Attendi. Chi entra, non pole retrocedere. Ma come manifesto vedi quelle specule et indi et quindi distribute, sette circuitione una da l’altra distano, et il danno extremo che sortiscono gli introeunti questo è che in quella specula centrica nel patore hiato del suo ingresso uno mortifero draco voracissimo et invisibile dimora. Et questo è dannosissimo in una parte, et nell’altra quiete, non lo potere videre, et extremo terribile non lo poter vitare. Il quale et nel ingresso et nel progresso dove lui a caso et statuito vole, devora gli introgressi. Et si tra una specula et l’altra non gli occide, passano securi tutta la septenaria circuitione fina alla specula propinqua. Dunque quelli che quivi entrano per quella prima Turre. (Mira il titulo di graeca annotatione scripto et accuratissimo pensicula. DOXA KOSMIKE HOS POMPHOLYS) vano cum la navicula cum alveo secondo, et sencia cura alcuna et fatica, gli fructi et fiori cadeno nel scaphidio, et cum summo piacere et gioco per le sette rivolutione discorreno, fina alla seconda specula. Et considera Poliphile quanta chiarecia è di aere in questo exordio, fina alla mediana specula accrescendo, et d’indi paulatinamente circa il centro decrescente se infusca tetro et illumino. In quella primaria torre, praesidente habita aeternalmente una pientissima matrona, et benigna largitora, dinanti alla quale stabilissimo sta una veterrima et sortitia et promptuaria urna, ornata di sette littere graece come vedi cusì. THESPION stipata di fatali melli, et ad gli introeunti a ciascuno lepidissima et munifica uno di quelli dona, sencia rispecto di conditione, ma secondo che occorre la eventicia dispositione. Questi recepti fora venendo incominciano a navichare nel labyrintho, sepiti gli meati di rose et arbori fructigeri. Transacta dunque la prima longa circuitione delle sette revolutione di Ariete ad la extrema cauda pissatile pervenendo alla seconda specula trovano innumere puelle di diversa conditione, le quale a tutti gli domandano la ostensione degli sui melli, et monstratolo ad quelle. Esse peritissime cognoscono il propriato et disposito mello, et quello amplexantilo hospite l’acceptano, et seco l’envitano, le altre sette circuitione pervagare, et secondo la sua inclinata promptecia, et cum diverso exercitio individue gli conducono fina alla tertia specula. In questo loco chi vole perseverare cum la sua comite, quella nunque ello abandona né lassa. Perché quivi altre più voluptuose damigelle trovano, et molti repudiano le h iii [p. 126 modifica]prime, et ad queste adheriscono. Diqué partentise da quella specula secunda, per venire alla tertia, trovano l’aque alquanto contrarie, et fa ministerio di remigare. Adventati alla tertia et giunti, et de qui facendo discesso verso la quarta, trovano l’aqua più contrastare, quantunque in questi sette obliqui corsi, si veda grande et variabile et incostante dilecto. Pervenuti alla quarta specula, altre giovenette trovano athlete et pugnatrice, et queste examinati gli primi melli, traheno gli amicali al suo exercitio. Et quelli che non hano la sua consimilitudine, meare permeteno cum le sue. Et in queste circuitione l’aqua ancora trovano più obstante, ove bisogna maiore studio et erumnale fatica di remigare. Alla quinta specula applicati, la trovano speculabile, nella quale contemplano, quanto è bello il suo simigliante, et cum questo periocundo et optatissimo oblectamento, nella mente servabondi cum più laborioso successo passano. In questo loco si discute enucleatamente quello motivo et aureo dicto. Medium tenuere beati. Non liniale, non locale, ma temporale di questo passo et termine, ove cum sincero examine il medio si discerne cum chi se ha coniugato la foelicitate, o beatitudine d’ingegno, o vero di copia. La quale non seco havendola, negli sequenti meno quasi valeno aquistare. Facendo de qui commeato, l’aque per gli amfracti circulari tendere alquanto incominciano il pernice corso verso il medio finale, et cum poco, o vero senza remigatione sono deducti alla sexta. Quivi trovano elegante Matrone, cum coelibi et pudichi aspecti, intente al divino culto, per l’aspecto divo delle quale gli hospiti capti nel suo amore, il pristino damnando et convertendo in nausea, cum queste fano quieto commercio, et pacato transito le sette rivolutione. Transacte queste per le sequente, cum fuscitate di aere, cum molti incommodi et erumnoso viagio, molto curriculo perpendono il traiecto. Perché più che la rivolutione degli meati se approxima nella figura al centro, tanto sono più brevicule. Et tanto più si discorre lapsi cum inefficace celeritate, et cum lubrice ambage, nel voragine della centrea specula, et cum suprema afflictione d’animo per reminiscentia degli belli lochi et societate relicta, et tanto più che cognoscono non potere ritornare nel voltare la prora della sua carina, perché continuamente alla puppa, sono le prore degli altri navanti. Accedendo a maiore pena il titulo spaventoso sopra lo ingresso della mediana specula, cum tale attico expresso. THEON LYKOS DYSALGETOS. Et quivi considerando il displicibile titulo, sono moerenti quasi di essere intrati in tale labyrinthoso pomerio, advegnia che in sé tante delitie compraehenda, et ad tanta miserrima et inevitabile necessitate subiace. Surridendo poscia Logistica, theophorita subiunxe, Poliphile, in questo vorace hiato sede una severa spectatrice stateraria, et degli intranti diiudicatrice, cum aequa lance, libra et scrupulosamente compondera la actione. Per la quale altronde meglio, o vero pegio [p. 127 modifica]sortire potriano. Et perché longo sarebbe il dire tutto, assai per hora sia il narrato. Discendamo alla nostra consorte Thelemia, la quale dimandando della nostra mora, Logistica li rispose, non era sufficiente solamente al nostro curioso Poliphilo di vedere, ma ancora ch’io li desse comperto di quello, che la materia non potendo ire, cum il mio interpretato almeno intendando, el possi cognoscere, et dicto questo, Thelemia dice. Andiamo a spasso all’altro giardino, non meno delectoso, et di delitie conferto, che il vitrino contiguo allo alamento dextro del superbo magno et regio pallatio, et quivi introgressi, io rimansi tutto allucinato et excessivamente mirabondo di videre operatura difficile, non tanto di fede, ma di narratione, il quale aequicapace era al vitriculato, cum simigliante dispositione di altane, cum ornati labri di coronatione et aureo socco, excluso lo operamento degli obvallanti parieti et materia, imperoché di seta tutto era artificiato excellentissime, gli buxi et cupressi sericei, stipiti et rami d’oro, non sencia interseminatione aptissima di gemme, et le bustuarie altane confertissime di simplici della matre invidi, cum iocundissima florulentia et desideratissima, cum omni exquisito coloramento, Olidi, et similmente quali gli altri vitrini, ma gli ambienti parieti di mirando opificio et d’incredibile impensa, erano tutti di operimento margaritale, questo è, che tute le facie vidi coperte di lucidissime perle, in uno congeste et coacervate, et cum densa cohaesione, di mediocre crassitudine inseme copulate, et di sopra bellissimamente, germinando fora delle capse varicante et verdissima hedera cum la fogliatura alquanto dalle perle sublevata et pensile, cum gli stipiti d’oro artificiosissimamente serpenti, cum exigue radicule per le margarite errante, cum summa et exquisitissima politura. Et Bacce di gioielli, innexe ad gli Corymbi, cum praestante divisione, per le quadrangule auree capitulate, cum maiestrevole et requisita sequentia di Trabe, Zophoro, et corona d’oro. Le facie delle buste ritramate cum ponto di razzo di historiette d’amore et venatione, in fili d’oro, et argentei, et seta, cum tanta acommodissima picturatione fincte, che niente aequabile. Il solo della aequatissima Area, vedevase gratissimo di seta verdigiante villoso, quale spectatissimo prato, et in medio dell’area una rotunda clausula extava, cum una levata cupula di virgule d’oro, cum multiplici et florigeri rosarii ricoperto egregiamente del dicto operamento. Quasi ch’io direi, molto più praeacceptatissimo questa factura ad gli sensi che la verace. Sotto il quale tecto alla forma ambiente, erano sedili di rubicondo diaspro, et tutta la intersticia area, d’una solida rotunditate quanto il capace ambito di diaspro giallo, di mixture discole confusamente conveniendo et in uno coeunte lepidissimamente adulterato. Cum h iiii [p. 128 modifica]tanta collustratione, che omni obiecto proprio aemulavano. Quivi sotto solatiosamente sedendo alquanto la facetissima Thelemia la lyra tolse, che seco portava, cum caelica melodia, et inaudita suavitate Edyepea incominciò a cantare, l’origine di tante delitie et lo imperio della sua Regina, et di quanto decoramento egli era la dolce comitiva della sua consorte Logistica miravegliandome perché Apoline quivi ascoltabondo non venisse, tanta era excessiva la harmonia prolata di costei. Diqué altro al praesente desideratissimo non harei unquantulo appretiato. Dopo dicto il divo poema subito la Theophilia Logistica per la mano prehendentime, del praesente loco fora me conduxe, Poliphile dicendo. Voglio che tu sapi, essere di maiore oblectamento allo intellecto le cose obiective, che ad gli sensi tanto. Per questo, intramo quivi a satisfare alle due receptibile operatione. La quale cum praeclarissimo comitato vicino ad questo viridario introdussime in uno altro, ove mirai uno arcuato areostylo, dal Area fina al supremo inflexo, passi cinque alti, et tre in hiato, tutto lateritio, cum Symmetriato displuvio, o vero laxamento, in gyro continuo, tutto bellissimamente investito di verdigiante edera et contecto, non apparendo minimo vestigio murale, et erano cento Archi, concludevano uno Pomerio floridante. Per singulo dunque degli Archi, era situata una Ara di rubente Porphyro optimamente liniata. Et in qualunque superassideva una statua aurea di Nympha cum divo effigiato, cum habito variante, et lo ornato del capo, et di acto, ciascuna riverente verso il mediano centro di questo viridario. In questo medio centrico mysteriosamente era fundata una basi di diaphano Calcedonio in forma cubica. Et sopra questo nel quadratile contento stava collocato una rotundatione, dui pedi alta, et di diametro passo uno et semi, di rubicundissimo diaspro. Superassideva poscia ad questo uno Triangulo, per il capto della subiecta figura, di altitudine passo uno et semi, di nigerrima petra. Gli anguli del quale Trigono, extendevano al limbo del subiacente Plyntho. Nella perpolita et expedita fronte di ciascuna, appacta era una spectatissima imagine nell’aspecto diva, grave, et veneranda, cum gli pedi sopra lo immune della figura Trigonia del suppresso rotundo, di procera statura, quanto la nigerrima petra, alla quale cum il dorso adhaerivano, cum gli brachii extensi levorso et dextrorso ad gli anguli, contenivano una copia stipata negli hebetati, o vero decacuminati anguli affixa la mutilatione degli diti aequata uno pede et sextante, di oro purissimo. Le copie, lori, et statue praefulgevano, cum le mane invilupate degli vaganti et varicosi lori. Per la planitie della petra volanti. Et cum habito Nympheo, non humana, ma diva operatura. Et per tanto [p. 129 modifica]quivi ceda il sepulchro di Tarina degli Sace Regina. Nella figura infima per singulo lato quadrale nella piana facia, erano inscalpte litere graece, tre, una, dui, et tre cum questo ordine. DYS A LO TOS. Nella circulare mirai tre charactere hieraglyphice perpendiculare sotto gli pedi di ciascuna imagine. Et primo era impressa la forma del Sole. Poscia sotto l’altra uno antiquario Temone. Ultimo appareva una platina, cum una fiamma intro.

Sopra il porrecto degli anguli della obscura petra, rimando vidi uno monstro aegyptio aureo, iacente quadrupedo. L’uno degli quali havea la facia tutta humana. L’altro semihumana, et semibellua. La tertia tutta belluale. Cum una vitta el fronte ambiente, cum dui lemnisci contegendo l’orechie dependuli, et al collo et pecto similmente perlambenti. Et uno per el dorso descendente, cum il corpo di Leena, cum il volto al protenso. Dunque sopra el tergo di ciascuno, praemeva una massicia Pyra aurea triangulare, fina al suo supremo propilato, linee cinque del faciale imo, o vero del suo diametro. In qualunque fronte era inscalpto uno circulo tanto, et di sopra il circulo una litera graeca. OMICRON Ne l’altra facia uno circulo, et sopra una littera. OMEGA. Nella tertia planitie uno circulo, et sopra sé una litera NY. Incomincioe quivi la Theophrasta Logistica praeconizare et a dire. Per queste figure la coeleste harmonia consiste. Et advertisci Poliphile, che queste figure cum perpetua affinitate et coniunctione, sono praeclarissimi monumenti antiquarii, et aegyptii hieraglyphi, gli quali insinuare volendo ti dicono. DIVINAE INFINITAEQUE TRINITATI UNIUS ESSENTIAE. La infima figura alla divinitate è consecrata, perché dalla unitate è [p. 130 modifica]producta, et per omni lato è una, et di qualunque figura è primario stabilimento, et in omni basi constante et permansura. La circulare superapposita è immune di principio, et di finimento. Nella planitie circunferita dilla quale, quelli tre liniamenti sono contenti, all’aspecto directe di ciascuna imagine, secondo la sua proprietate attributo. Il Sole cum iocundissima luce, poté omni cosa, et la natura sua ad dio se attribuisse. La secunda è il Temone, che il provido governo exprime del universo, cum infinita sapientia. Il tertio è il vaso igneo, sento diciò una partecipatione d’amore. Et benché distincte siano le tre imagine, tamen è una cosa inseme complexa, et singularmente amplexada et sempiternalmente in uno connexe, benignamente il suo bene communicabile, come poi rimare per le copie ad gli cubiti della figura existente. Et continuando la fatiloquia Logistica consequente dixe. Alla imagine del Sole, nota questa parola graeca, ADIEGETOS Ad quella del Temone, specula quello notato graeco, ADIACHORISTOS. Ad quella del foco inscalpto era, ADIEREUNES. Dunque per tali effecti, subsidendo subiecti sono poscia quelli tre animali al Obelisco aureo sopra incubante, che sono di tale figure tre maxime et celebre opinione. Et cusì come la humana effigie praesta efficacemente all’altre, cusì né più né meno l’opinato. In la Pyra sono tre lati plani liniati di tre circuli uno per singulo tempo significanti. Praeterito, praesente, et futuro. Intendi che niuna altra figura poté continere quelli tre circuii, se non in quella invariabili. Et niuno degli mortali cernere poté perfectamente né videre inseme dui lati della dicta figura, salvo uno integramente, che è il praesente. Et però sapientissimamente furono quelli tre charactere impresse, OON Per la quale cosa Poliphile, non me accusando prolixa, ma expeditissima di rectarte in tale narrato. Sapi che la prima basiale figura è solo ad sé cognita, et ad uno tanto humano et diaphana, ma ad nui non total chiarecia. Poscia colui che di ingegno è dotato, ascende sopra, et solertemente considera della figura il suo coloramento. Indagando più alla tertia figura ascendeno, la quale di sua coloratione è obscura et obstrusa in quelle tre imagine d’oro, et circumvallata. Ultimo più sopra scandendo, considerano una figura in trino aspecto, et d’indi quanto più al praeacuto gracilamento contemplabondi saliscono, et quivi quantunque instructissimi, non hano però altro acquisito, che el se vide, che questo è, ma che cosa sia, restano inscii, invalidi, et imbecilli. Havendo quivi Logistica praestantemente gli probatissimi praecepti cum absolutissima cognitione deprompti, cum sagace solertia, dal effusissimo gremio della natura divina decerpti. Io incominciai [p. 131 modifica]sencia haesitamento persentire dellectatione maiore, che qualunque altra mirabile opera, cum gli ochii mei gratiosamente conspecta, pensitante lo obelisco di tanto mysterio, cum ineffabile aequalitate statario, et ad firmitudine et perpetuitate integro, solido, et aeterno, cum aequatione di parilitate infriabile, et incorruptibile perseverante. Ove spirava spirito gratissimo del coelo, cum aure invariabile, in questo prato circumflorido di largo et circulare spatio permanente fundato, cum fruteti curvescenti di omni fructo, di suavitate gustabile, et di omni salute stipato, cum perpetua virentia, cum directione di regulato ordine ad venustate, et lepiditate, et decoramento dispositi, et consiti, cum praecipuo studio della natura alla perfectione mirificamente producti, et dal pretiosissimo oro indesinente collustrati. Silendo dunque Logistica, ambe per le mane tenentime, per lo hiato, o vero apertione di uno degli archi, festivamente uscissimo, fora la praecinctione della haederale convallatura, et progressi d’indi, medio di esse contento meante, loetissimamente dicendo Thelemia, andiamo hogi mai alle ordinate porte. Diqué per la amoena plaga, et patria, cum prompto et parato progresso procedenti, Mirava il coelo ripurgato da omni fuscante nube, cum suavi, faceti, et peculiari ragionamenti. Io che d’intendere il tutto delle inextimabile divitie, inconsiderabile delitie, et inaequabile thesoro (Al quale ceda Osyri degli dui templi d’oro fabricatore, uno ad Iove coeleste, et l’altro al regio) della Regina Sacratissima inexplebile, gli feci tale questiuncula. Ditimi beate adolescentule, si grato hora vi sia la mia curiosa petitione. Tra tutti gli praetiosi lapilli, che io ho potuto chiaramente videre, di grande talento et praetio imo incomparabile et sencia aestimatione pretiosissimo iudicai. Molto et assai più non fue il Iaspide, che la effigie impresa havea di Nerone toracata. Né tale ancora fue il coruscante Topacio della statua di Arsinoe Regina Araba. Né tanta impensa erogata fue per la gemma, per la quale proscripto fue Nonio Senatore, quale il splendente et incomparabile Adamante, di tanta invisa bellecia et crassitudine, che pendeva dalla richissima Collambia sopra il niveo pecto della nostra Diva Regina, che scalptura era quella? perché tanto era la sua fulguritate, et per essere ancora da lontano, io non el potei perfectamente cernere. Diqué questo solamente resta, che anxio me tene, et sospeso l’animo di sapere. Logistica animadvertendo del mio honesto interrogato, incontinente dicendo rispose. Nela gemma sapi Poliphile, che egli è inscalpta la imagine del supremo Iove in throno sedente coronato. Et sotto del suo maiestale et sancto scabello, sono gli ruinati giganti, che al altissimo solio suo, volevano alla sublimitate del suo sceptro amplissimo, aequabili ascendere. Et egli gli fulminoe. Nella leva mano tene una [p. 132 modifica]flammula di foco. Nella dextra una copia stipata farcitamente di bene, et sta cum gli braci passi. Questo è il tutto che si contene nel pretiosissimo gioiello. Alhora io dixi. Che vole significare quelle due cose molto disconvenevole che nelle divine mano tene? Thelemia scitula rispose. Per sua infinita bontate lo immortale Iupiter ad gli terrigeni fa sembiante che possino al voto, quello che delle due mane gli talenta liberamente eligere.

Et io sencia morare subiunsi, poscia che il nostro placito confabulamento quivi è divoluto, gratissime comite. Ancora del tutto l’accenso mio disio de intendere compito non essendo, et già che ’l non vi rincrebbe il mio auso, questo ditime ve prego. Ananti el mio horribile spavento, io vidi di temeraria granditudine et arte uno lapideo monstro, che è uno Elephanto. Intrante dunque nel suo inane ventre, trovai dui sepulchri, cum scripture di ambigua interpretatione, di trovare thesoro, ma che io spreto il corpo, asportasse il capo. Logistica senza altro cogitamento exponendo alacremente rispose. Poliphile so pienamente quello che inquiri, vorei però che tu sapesti, che non senza grande admiratione di humano ingegno et cum ardente studio et incredibile diligentia fue fabricata quella ingente machina, cum perplexibilitate dello intellecto ad intendere il suo divino concepto. Adverti che sopra del suo fronte depende l’ornato cum quella ancipite descriptione, la quale in materno et plebeo sermone dice. Fatica et industria. Imperoché nel mundo chi vivendo vole thesoro havere, lassi stare el marcescente ocio, significato per il corpatio, et togli la decorata testa, che è quella scriptura et harai thesoro affaticantise cum industria. Non più praesto finite le sue blande et efficace parole, che perfectamente edocto del tutto, io regratiai la sua affabile benignitate, tamen ancora essendo percupido de investigare tutto quello che per avanti imperfectamente havea compreso, familiarmente cum esse domesticatome, tertio io feci tale requisito. Sapientissima Nympha nel mio exito delle subterranee caverne, trovai uno antiquario et elegante ponte. Il quale ne le ambe sponde in saxo porphyrito da uno degli lati, et dal altro di Ophytico insculpti alcuni hieraglyphi io vidi. Et di tutti dui fui interprete, ma io restai ignaro solo degli rami, non li conoscendo, che alle corne colligati erano, et poscia perché in porphyrite lapide, et non della simigliante dell’altra parte. Subito senza altro pensiculare benignamente mi rispose, gli rami uno è [p. 133 modifica]di Abiete, et l’altro di Larice, la natura di quali legni consta, che uno facile non fa cum il foco commercio, et l’altro al pondo tignato, o vero riducto in trabe, non pandare. Quella dunque patientia è commendata, che di ira facile non s’accende, né in le adversitate si flecte. Il Porphyrico saxo exta cum mysterio notabile al tale expresso. Imperoché di tale natura essere affirmasi, che non solamente nella fornace non si coque, ma etiam gli altri saxi propinqui astanti, rende incoctibili. Tale se dimonstra la vera patientia, che non tanto se accende, ma gli accensi, extincti gli rende. La petra di Ophytes ha la sua proprietate notissima ad quello dicto convenevole. Diqué Poliphile, te in questa parte commendo, perché avido sei di tale disquisitione, imperoché, omni cosa rimare, considerare, et metire, laudabile se praesta. Laudai quivi summamente la sapientia della facondissima donna, gratie innumere dicendo. Et cusì cum honesti et approbatissimi parlamenti, festivissimamente ad uno lepidissimo fiume pervenissimo. Sopra le rive del quale, vidi uno gratioso Plataneto, oltra gli altri verdissimi arbusculi, et aquatici germini optimamente dispositi, et situati, cum intercalate lothi. Ove traiectava uno lapideo et superbo ponte di tre archi, cum gli capiti alle ripe sopra gli firmatissimi subici, cum le pille dagli dui fronti carinate, ad continere la structura firmissima, et cum nobilissime sponde.

In le quale nel mediano repando del substituto cuneo del arco, de qui et de lì, perpolitamente, excitata promineva una porphyritica quadratura fastigiata, continente una cataglyphia scalptura di hieraglyphi. Nella dextra al nostro transito, vidi una matrona d’uno serpente instrophiolata, solum cum una nate sedente, et cum l’altra gamba in acto de levarse, cum la mano dilla sua sessione, uno paro di ale, et nel altro del levarse una testudine teniva. Obvio era uno circulo, il centro dil quale dui spirituli tenendo, cum gli pectioli terga vertendo alla circunferentia. [p. 134 modifica]

Logistica etiam quivi me dixe. Poliphile, questi hieraglyphi io so che tu non l’intendi. Ma fano molto al proposito, a cui tende alle tre porte. Et però in monumento delli transeunti opportunissime sono collocati. El circulo dice. Medium tenuere beati. L’altro. Velocitatem sedendo, tarditatem tempera surgendo. Hora nella mente tua discussamente rumina. El quale ponte poscia era cum moderato prono, dimostrante la solerte disquisitione, et l’arte et lo ingegno del perspicacissimo artifice et inventore, collaudava in esso la aeterna soliditate, la quale non è cognita dagli caecucienti moderni, et pseudoarchitecti, sencia litteratura, mensura et arte, fucando, et di picture, et di liniamenti operiendo exta per omni modo il fabricato inconcinno et difforme. Il quale era tuto di marmoro Hymetio venustissimo. Havendo nui el ponte transacto, ambulavamo sotto per le fresche umbre, di vario garrito di avicule suavemente celebrate. Ad uno saxoso et cotico loco, ove gli excelsi et ardui monti se attollevano, pervenissimo. Et d’indi poscia contiguo ad una abrupta et invia, et salebrosa montagna, tuta derosa et piena di hernia scabricie. Alta fino nel aere, a ppendice fina delumbata, et nuda de omni virentia, et monti adryi circunquaque. Et quivi erano interscalpte le tre randuscule porte, rudemente excavate nel vivo saxo, opera antiquaria, et oltra il credere veterrima in magna asperugine di sito.

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Porta destra: ضةبش פעטח: ΖκΊΙ: xyxy: (caratteri a caso!)Porta centralePorta sinistra

Sopra qualunque delle quale, di charactere Ionico, Romano, Hebraeo, et Arabo, vidi el titulo che la Diva Regina Eleuterilyda haveami praedicto et pronosticato, che io ritroverei. La porta dextra havea sculpta questa parola. THEODOXIA. Sopra della sinistra questo dicto. COSMODOXIA. Et la tertia havea notato cusì. EROTOTROPHOS.

Da poscia che nui quivi applicassimo immediate, le Damigelle comite incominciorono ad interpretare disertamente, et elucidare gli notandi tituli, et pulsando alle resonante valve dextere occluse, di metallo, di verdaceo rubigine infecte, sencia dimorare furon aperte. [p. 136 modifica]

Et ecco che ad nui, una donna grandaeva se praesentoe, di aspecto coelibe, la quale fora di una craticea casuncula cum fumido tecto et parieti fumigati per la pusilla porta egressa (La quale sopra sé havea notato PYLURANIA) veniva cum pudico matronato, in solitario loco collocata la sua aedicula, et in una opaca rupe et cariosa di nudo et friabile saxo, lacera, squallida, macilenta, povera, cum gli ochii ad terra defixi, Theude il suo nome. Et seco havea sei contubernale et individue vernule ministrante, assai deiectamente vestite et obese. Delle quale una nominavasi Parthenia. La seconda Edosia, et una Hypocolinia. La quarta Pinotidia. Et ad presso egli era Tapinosa, la ultima Ptochina. La quale veneranda matrona cum il dextro brachio nudo, l’alto Olympo monstrava. Habitava all’ingresso di una strata scrupea, di progresso difficile, di spini et sente impedita. Il loco apparendo scabroso et dispiacevole, cum il coelo pluvio et turbato, et cum nubila caligine infuscata, et arctissimo calle.

Diqué Logistica animadvertendo, che io al primo intuito tale cosa abhorriva, quasi moesta dixemi. Poliphile, questo calle si non all’ultimo si cognosce. Et cusì questa veneranda et sancta donna Thelemia argutula praesto mi dixe. O Poliphile, per te hora non è l’amore di tale laboriosa foemina. Io ad Thelemia accortamente anuendo, d’indi fora venissimo. Et rachiusa la porta, pulsarono alla sinistra. [p. 137 modifica]

Ecco sencia praestolatione fue patefacta, et intromessi, se fece ad nui una Matrona chrysaora cum gli ochii atroci et nell’aspecto prompta, vibrante cum la levata sua spatha in mano et praelucente. In medio della quale, una corolla d’oro, et uno ramo di palmula intraversato suspesa pendeva, cum brachii Herculei et da fatica, cum acto magnanimo, cum il ventre tenue, bucca picola, humeri robusti, nel volto cum demonstratione di non terrirse di qualunqua factione ardua et difficile, ma di feroce et giganteo animo. Et il suo nominativo era Eucleia, et di Sene nobile giovenette et obsequiose venerabilmente comitata. Il nome della prima Merimnasia, della secunda, Epitide. Dell’altra, Ergasilea. La quarta era chiamata, Anectea. Et Statia nominavasi la quinta. La ultima era vocata Olistea. Il loco et sito mi parea essere molto laborioso. Per questo avidutasi Logistica prompta incomincioe cum Dorio modo, et tono di cantare tolta la lyra di mano di Thelemia, et sonando suavemente a dire. O Poliphile non ti rencresca in questo loco virilmente agonizare. Perché sublata et ammota la fatica, rimane il bene. Tanto fue vehemente il suo canto, che già consentiva cum queste adolescentule cohabitare, quantunque lo habituato di fatica apparisse, subito Thelemia politula et blandivola, et cum dolce sembiante mi dixe. Cosa ragionevola ad me pare, che ante che quivi Poliphiletto mio oculissimo te affermi, debbi per omni modo et la tertia porta videre. i [p. 138 modifica]Consentiendo io fora et di quest’altra egressi, et pesulate le aenee valve, Thelemia percosse la tertia et mediana porta, et rimoto lo obice, senza dilatione fue aperto. Et intromessi obvia se fece ad nui una insigne Dona, il nome della quale era Philtronia. Cum risguardi petulci et inconstanti, l’aspecto quam iocundissimo suo, al primo intuito al suo amore me violentoe et traxime. Inquilina di uno loco voluptuoso, di helvelle virente l’area et di fiori vestita abundante di solacio et piacevole Ocio, manante cum scatebre di limpidissimi fonti et rivuli, cum sonora scaturigine discursivi, ad maxima voluptate irriguo, Campi aprici, et le umbre degli fogliosi arbori sugelide et fresche. Seco similmente et essa havendo sei herile formosissime fanciulle aequaeve et in guardatura lepidissime, cum praegratissima lauticie et amorosi ornamenti, falerate, di ambitiosa bellecia decore, delle quale l’appellatione della prima era Rastonelia, l’altra nominavase Chortasina, la tertia Idonesa, et la quarta era chiamata Tryphelea. Et dicta era la quinta Etiania. l’ultima Adia. Queste tale et cusì facte praesentie, ad gli intenti ochii mei summamente grate se praestorono et delectevole. Per questo la sincera Logistica praestamente cum moeste voce vedentime disponere et già abruptamente deflexo all’amore di essa in servile modo addicto dixe. O Poliphile fucosa et simulata bellecia di costei è mendace, insipida et insulsa, imperoché si le sue spalle discussamente mirare le volesti nauseabondo comprenderesti forsa quanta indecentia subiace, et quanto aspernabile sono, et di fetulento stomachose et abhominabile, eminente sopra una alta congerie di sorde. Diciò che perpete et evanida fuge, et la voluptate passa, et il pudore cum penitudine, cum isperance vane, cum brevissima alacritate, cum pianti perpetui, et anxii sospiri la erumnabile vita superstite, rimane. O di miseria adulterata dolcecia in sé continente tanta amaritudine, quale il melle in Cholco dalle fronde stillante. O morte deterrima et soza come induta sei di veneno dolce, cum quanti discrimini et mortali periculi, et solicitudine da gli caeci amanti, inconsulta et praecipitamente quaesita. Praesente et dinante ad gli ochii tu li stai et miselli non te vedeno, o di quanti dolori et amara poena et cruciamento gerula sei, o pravo impio, et execrabile appetito, o insania detestabile, o defraudati sensi, per voi cusì lubricamente, cum il medesimo piacere belluo, et gli miseri mortali ruinano. O sordido amore. O absordissimo furore. O disordinata et inane Cupidine, di tanti errori et tormenti ad gli pertacti cori nidulabonda lacescente. O di multiplice bene malvagio et exitiale interito. O immane monstro, come agevola et subdola gli ochii degli infoelici amatori tui, veli et nubili? O tristi et sciagurati chi se inviscida cum tanti mali, in [p. 139 modifica]tanto poco, et venefico piacere, et in fincto bene praessati. Queste et consimigliante parole cum vehementia agitata, et nella fronte cum insurgente ruge indignabonda Logistica dicendo, proiecta la lyra ad terra la rumpete, diqué, Thelemia impigra et di tale suasione inperterita fecemi nuto ridibonda che ad Logistica non attendese. Per la quale cosa Logistica cognita la mia iniqua proclinatione succensa de disdegno, voltate le spalle, sospirosa, properamente cursitabonda, uscite fora.

Et io restai cum la mia victrice et chara Thelemia, la quale blandiente hilara mi dixe. Questo è quel loco Poliphile, ove non sarà dilatione di tempo, che tu trovarai senza fallo la più amata cosa da te, che è tua, ch’è cosa del mundo, della quale il tuo obstinato core senza intermissione pensa et opta. Diqué tra me scrupulosamente discursitando, solamente io trovai, che altro nel mio misello core, si non la mia Elioida Polia è impresso cogitabile et desideratissimo. Per queste solatiose et praegratissime et dive parolette i ii [p. 140 modifica]laetificato presi extremo confortamento. Avidutasi dunque Thelemia che ad me tale Matrona cum le sue, et il loco et conditione era di piacere et contento, et la benignitate sua, columbinulamente basciantime et strictamente amplexantime, da me chiedete licentia et cummeato.

Et recluse le metalline valve, rimansi claustrato immediate tra quelle egregie Nymphe, le quale meco lepidissime et lascivule incominciorono d’antorno a scherciare, et vallato dalla voluptica caterva delle quale, ad provocarme ad le illecebre concupiscentie, illice et suasibile. Onde experiva uno exordio di prurigine, fovendo gli petulci aspecti una augmentatione di amoroso et lacescente foco. Diqué forsa si sarebbe da Phrine cum tanto impeto d’amore il frigido et superstitioso Xenocrate concalefacto et in luxuria prolapso et commoto, né incusato statua da lei sarebbe, si quella fusse istata una di queste. Cum lascivi vulti, et gli pecti procaci, ochii blandienti et nella rosea fronte micanti et ludibondi.