Guida del visitatore alla esposizione industriale italiana del 1881 in Milano

1881

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Indice

Testo

GUIDA DEL VISITATORE


ALLA.



GUIDA DEL VISITATORE


ALLA


ESPOSIZIONE insilili ITALIANA


DEL 1881


IN MILANO


Sola pubblicazione autorizzala e compilata sotto la sorveglianza del Gomitato Esecutivo dell'Esposizione Industriale


Parte Prima. La storia dell’Esposizione. — Parte II. Gli Edifizj. Parte III. Attraverso l’Esposizione. — Parte IV. La vita in Milano.


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MILANO

EDOARDO SONZOGNO, EDITORE

14 . Via. Fasqairolo. 14 .


1881 .


Milan- - Tip. dolio Stab. di E. Son'.o^no.


PARTE PRIMA.

La Stori» dell’Esposizione.

MILANO E L'ESPOSIZIONE STATISTICA ITALIANA L’ INIZIO DELL’ ESPOSIZIONE LA CLASSIFICAZIONE DELL’ESPOSIZIONE INDUSTRIALE L’ESPOSIZIONE ORTICOLA L’ESPOSIZIONE OPERAIA L’ESPOSIZIONE DI BELLE ARTI L’ESPOSIZIONE MUSICALE L’ESPOSIZIONE ZOOTECNICA I PREMJ DELL’ESPOSIZIONE INDUSTRIALE.


PARTE SECONDA.

Gli Ediflzj.

GLI EDIFIZ.J DELL’ESPOSIZIONE INDUSTRIALE I CHIOSCHI DEGLI ESPOSITORI RISTORANTI E CAFFÈ I SERVIZJ DELL’ESPOSIZIONE.


PARTE TERZA.

Attraverso riesposi /.ione.

LA VIA DA TENERE LE TRE GALLERIE LA GRANDE GALLERIA E L'ANNESSO IL SALONE POMPEJANO

PRIMA E SECONDA GALLERIA DELLE MACCHINE PRIMA E SECONDA GALLERIA DEL LAVORO IL SALONE

IL PORTICO E LE GALLERIE ANNESSE DALLE GALLERIE CENTRALI ALLA ROTONDA DALLA ROTONDA AL MINISTERO DELLA GUERRA DALLA ROTONDA ALLA VILLA REALE NEI BOSCHETTI.


PARTE QUARTA.

! a vita a M i 1 ai» o.

UNA VISITA AI MONUMENTI I DIVERTIMENTI PER L’ESPOSIZIONE CONFERENZE — CONGRESSI — TORNEI — TIRO A SEGNO NEI DINTORNI.

ELENCO DEGLI UFFICI PUBBLICI, ecc. ccc.


PARTE PRIMA


La Storia dell’ Esposizione


MILANO E L’ESPOSIZIONE.


Il vecchio contro insubre, il gallico Mitta-land o città di mezzo, dove convergevano le vie di tutte le tribù, dove si te- nevano i conventus armali e lo corti druidicbe, il vecchio Me- diolano, è diventato il Mitta-land del lavoro d’Italia. Da tutte lo parti della penisola i lavoratori son qui convenuti a ras- segna, e ciascuna regione presenta il fiore delle suo indu- strie e delle sue arti, e la varietà di questi prodotti viene a dimostrare la diversità delle indoli o degli ingegni che si armonizzano nell’unità della patria.

Nè Milano si ritiene indegna dell’onore ospitale; fin dalla sua origine, definita dalla etimologia, fu destinata a convegno di popoli, e l’operosità dei suoi cittadini le conservò l’offi- cio che la natura le aveva affidato. Edificata in mezzo a una vasta pianura, senza che nè fiumi, nè monti la difendessero da’ nemici, questa città dimostra d’essere sorta non per intenti guerreschi, ma per le feconde opere della pace. Centro d’una ubortosa valle, posta fra le Alpi, il Po e i due mari, era predestinata a mantenere le relazioni fra i popoli che aveva intorno, ad essere lo scalo generale del commercio di scam- bio e di transito. Ed oggi, che la scienza umana ajuta la natura, s’aprono le viscere del Gottardo, e Milano vien posta in diretta comunicazione coll’Europa media e colla settentrio- nale, e sta per diventare un grande c florido mercato inter- nazionale.


8 GUIDA DEL VISITATOLE

La fortuna che presiedette al suo sorgere le creò innume- revoli e potenti nemici; ma, appunto perchè è un centro naturale di vita, risorge sempre e più vigorosa dallo sue rovino. Con Massimiano diventa sede ed emula di Eoma; con Dionisio, vescovo, è sollevata a metropoli d’Italia, dove co- mandava un vicario cui obbedivano setto provincie. Attila la distrugge nel 453, e di nuovo la edificano i cittadini su- perstiti ; la distruggo Uraja nel 539 e fa immane strage dei milanesi, ma i pochi sopravissuti, insiemo agli alleati, rial- zano le mura atterrate. Cercano i Longobardi di trasportare la capitale a Pavia; ma Milano attrae di nuovo la vita dello Stato o diventa il capo di quella Lombardia che Carlo Magno, neH’assegnarla a Pipino, diceva essere l’Italia d). Per il bisogno che aveva di quell’eguaglianza civile che sola può dar sicu- rezza allo industrie, si libera dalla feudalità che stendova l’ombra nefasta sull’Europa, o per prima inaugura il governo a popolo, che gli imperatori son costretti ad accettare nel 1045; e quando gli abitanti delle città vicino, gelosi della sua in- fluenza, chiamano il Barbarossa per annientarla, si trovano, appena compiuto il fatto, sì pentiti, che colle stesso loro mani s’affrettano a riedificarla. Nessuna prova puossi dare mag- giore della importanza di questa città, elio conservava il ca- rattere antico di centro sacro e parlamentare. E se la morte non fermava Gian Galeazzo Visconti nel mezzo della vittoria, sarebbe stata, nel 1400, l’unificatrice d’Italia tutta.

Milano non fu mai contro al modo francese , non as- sorbì la vitalità delle provincie, o non no formò neppure il pensiero o la pretesa: fu centro al modo italico, federativo, fu centro di lavoro e di commercio. Quivi era un numero infinito di officine e di botteghe, e queste provvedevano le città e gli Stati vicini. Panfilo Castaldi, inventore dei caratteri mo- bili, era qui venuto per mettere la prima stamperia (2). Si cerca-


li) Nec juncla prmil Vicinili Porftrc. Cosi l’epigramma ti’ Ausonio sul Milano del IV secolo. — Sant’ Atanasio nella sua lettera a san Dionigi Chiamava Milano metropoli d'Italia, o Cassiodoro diceva: « Damaso a Roma, Ambrogio a Milano tutta proteggono l’Esperia. » — Nel testamento di Carlo Magno si legge: « Italiam qui v et Loniioburilia (licilur. »

(2) Così fu stabilito per documenti trovati nell’Archivio di Stato, o spe- cialmente per una lettera di Cicco Simonetta del 5 maggio 1172, nella quale si parla della stamperia giti esistente.


tiA sforitA mah’ l'srosiziòxE 9

vano i nostri artefici in Francia e in altro nazioni fi) , e in una cronaca stampata nel 1576 leggiamo che correva sulle labbra popolari il detto: “ chi volesse rassettare l’Italia do- vrebbe rovinare Milano, acciocché passando gli artefici d’essa altrove, inducano l’arto sua in detti luoghi. „

Nel 1580 il ragioniere Pigliasco fece l’inventario in ar- ticuto mortis della prosperità commerciale milanese, valu- tando a lire italiane 22,665,586 il valore dei contratti che facovansi annualmente su questa piazza : aggiungeva si gua- dagnassero nelle manifatture lire 6,004,115, di cui più di un terzo per le stoffo di seta (lire 2,304,000).

Subito dopo l’oporosità produttiva era inceppata o fiaccata dalla mala signoria spagnuola, che per la smania d’imporre nuovo e gravi tasse somigliava all’improvvido agricoltore che taglia l’albero alla radico per coglierne le poma. Gli operai fuggivano (in otto anni, dal 1616 al 1624, lasciarono Mi- lano 24 mila operai), le officino si chiudevano ; e fra le pesti- lenze o la schiavitù (poste ancor peggiore, perchè agisce sugli animi) la città miseramente languiva nell’ignavia.

Languiva, ma non era spenta l’antica attività : od ecco nel secolo scorso riapparire sotto più moderne forme, sia susci- tando lo industrie del passato, sia tentandone di nuove. Da quel punto Milano ridiviene il Mitta-larid, la città centro: torna a crescere la popolazione diminuita , il lavoro è sor- retto od ajutato da Istituti appositi, e si pongono le basi della prosperità attuale. Napoleone Bonaparto mette qui la sede della Repubblica italiana (1800), poi del regno d’Italia, e da quell’epoca in poi il progresso fu costante, e in questi ul- timi anni si manifestò, puossi dire, in proporziono geometrica.

Uno studio di Milano economico non ò ancor fatto ; e chi vi si accingesse darebbe la dimostrazione di quanto abbiamo in compiutameli te acccnn ato.

Por dire appena alcuno cifre, ricordiamo la più antica sta- tistica. Quella di Bonvicino da Riva del 1288 che, se vera,


(lì Nel Recisi ro Missivo 111 dell’Archivio tli Stato di Milano, si legge, sotto la data 1S luglio 1172, che Cattaneo de’Cattani, armaiuolo milanese, mise botteghe a Tours e altrove in Francia. Da un'altra lettera, 27 giugno 1533, dolio stesso Archivio si rileva che il re di Francia aveva mandato Alberto Meraviglia a Milano per « haver laneri * ciob lavoratori in lana.


GUIDA DKI, VISITATORE


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(perchè anche le cifre sono talora un’opinione, come arguta- mente disse, non è molto, un deputato in Parlamento) verifi- cava in Milano 200 mila abitanti (Tristano Calvo nel 1295 ne pone 150 mila); un secolo dopo quella cifra -era di molto accre- sciuta; mala peste c gli Spagnuolilaridussorodimolto, e nel 1774 la troviamo di 128,473 abitanti. Ma, come notammo, la città era sul rifiorire: e infatti nel 1843 eccola aumentata a 183,244 (di cui 31,808 nei Corpi Santi, oggi uniti al Comune citta- dino), per toccare poi al 31 dicembre 1880 la cifra di 305,163 (*) .

Questa città conserva, con quell’ostinazione benefica che suggerisce il sentimento dell’indipendenza, la piccola indu- stria, fautrice di moralità, accanto alla grande che nello capi- tali è assorbitrice della prima; ed è dai laboratori casalinghi che escono molti prodotti che son venduti sotto il nome di “ articoli di Parigi. „ L’Esposizione, so potrà essere libera dalle pressioni dei commercianti, sarà una rivelazione per molti. In- tanto possiamo dire che la piccola industria in Milano, invece d’essere la rivale della grande, è una sua alleata e completa la produzione cittadina che alimenta anche le altre città e passa all’estero.

Tutti i nostri scrittori parlano della esportazione che si fece in ogni tempo dei prodotti di Milano, specialmente delle armature, dei drappi d'oro, d’argento, di seta, delle laneric, dei formaggi ; e questa esportazione, che continua tut- tora, sì da poterla diro la città più industrialo e più com-


(1) Fa pensare l’economista II confronto fra Patimento della popolazione e la* diminuzione del consumo della carne. Bonvicino assicura elio i 400 -beccai ch’egli nota in Milano nel 1288 uccidevano 70 buoi grossi al giorno, oltre a castrati, selvagginmi, polli, ecc. Vogliamo ammettere esagerata la cifra perchè ammonterebbe a 2.7.550 buoi all’anno ; ma nel 1813 si amntaz» zaròno in Milano 7070 buoi grossi, 3000 vacche e manzi, 35,950 vitelli, 11,478 maiali e 9017 ovini Nel ISSO si ammazzarono solo 6S08 buoi, ma crebbe il nu- mero delle bestie soriane immolato a 9922, cui vanno aggiunti 2822 cavalli, 33 534 vitelli 11,373 majali, 7591 ovini. In altri termini, nel 1843 si man- giarono 07 427 bestie, e nel ISSO, con 122 mila bocche di piti, si mangiarono la tutto 77,050 bestie. K davanti a queste cifre ci vengano a sostenere i soddisfatti che le mercedi sono aumentato in proporzione del rincaro dei viveri !

Ma sono dolorosi altri confronti. II Bonvicino dice che nel 1288 v’ erano 1000 taverne per vino e nel 1843 ne troviamo 301: nel 1880 salgono a 825: i caffettieri, da 117 nel 1313, sono oggi 313, cui dobbiamo aggiungere la piaga di 470 liquoristi. ... , .. . . ,

Nel 1288 vi erano 10 mila fra preti, frati e monache e 80 maestri P uh — blict : nel ISSO vi erano nella città Odi preti con 199 maestri pubblici dello scuole elementari.


LA STORIA DELL’ESPOSIZIONE 11

mereiaio d’Italia, si estenderà sempre meglio coi migliora- menti che si vanno introducendo nello fabbriche.

Le sete (') conservano l’ antica fama, e fanno di Milano il centro più importante in Europa (supcriore a quello tanto vantato di Lione) della produzione e del commercio di questo, che si chiama a ragiono “ il nobilissimo articolo ( 1 2 >. „ Il prodotto bacologico della provincia, che pur dà all’agricoltura un reddito di circa 12 milioni di lire, anche valutato ai bas- sissimi prezzi degli ultimi anni, non rappresenta forse nep- pure il quinto della quantità di bozzoli che occorre alla feb- brile attività dei numerosissimi stabilimenti delle Ditte di Milano, la cui produzione raggiunge molto probabilmente Tin- gente cifra d’una ottantina di milioni.

Nò la industria milanese si accontenta di filar la seta, ma la tesse; e sebbene la tessitura fosso altro volto più impor- tante in Milano di quello che lo sia oggi, tuttavia ancora si contano nella città da 1200 a 1500 telai che lavorano specialmente i ricchi tessuti operati e quelli meno ricchi, ma variatissimi por le cravatte, cui arte e buon gusto danno pregio singolare; inoltro nel contado si trova qualche note- vole stabilimento anche di tessitura meccanica.

Lo industrie del cotone e del lino non sono meno degne di considerazione: si può calcolare elio nella provincia si producano 30,000 quintali di filati di cotone e 50,000,000 metri di tessuti, e che la produzione dei linifici, a cui il territorio nostro fornisce ancho la materia prima, sia di quin- tali 25,000 di filato e di metri 20,000,000 di tessuto: e si noti che per gran parte sono di tovaglieria, vale a dire della parte più difficile e costosa.

NeH’itidustria della lana pur troppo Milano none riuscito a mantenere, nò a riacquistare la grandezza ch’ebbe al tempo dei Comuni quando gli Umiliati spedivano a tutta Europa i


(1) Lo minuto Informazioni cho seguono sulla produzione odierna mi- lanese le abbiamo raccolto alla Camera di Commercio di Milano, dalla cortesia del suo egregio segretario avv. Giuseppe Maldifasei, studiosissimo de’fenomeni economici cittadini.

(2) La seta per i Milanesi era posta a paro dell’oro e dell'argento; e si conservano gli Stallila mcrcalorurn auri, arenili et serici Mediolani , pubblicati sono tubac nel 1504 in piazza della Scala ed in Carrobio. Per gli orefici e i sctajuoli vi erano gli stessi regolamenti.


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panni, da’ quali ritraevano immenso ricchezze (') ; ma sono però ancora degne di nota lo sue fabbriche di scialli e fla- nelle, e quella più grandiosa che si trova nella provincia (in Lodi), dove si fabbricano anche le stoffe.

Sono accessorie allo industrie tessili quelle dei nastri, dei passamani (le passamanerie d’ oro e d’ argento falso sono cercate avidamente sui mercati d’Oriente), le maglierie, i tes- suti elastici ; dei bottoni, dei veli ricamati, industrie tutte di molta importanza in Milano dove forniscono lavoro a più di 10,000 persone e parecchie sono oggetto di abbondante espor- tazione, come le biancherie, lo cravatte, i bottoni di corno, Ccc. Notiamo per incidenza che l’industria dei veli si esercita solo in Milano (e provincia) ed in Ispagna, perchè segna una moda speciale del luogo.

Anche la tintoria, che è la quasi indispensabile com- pagna della tessitura, ha fatto notevoli progressi a Mi- lano; e, singolare a dirsi, i processi della tintura in rosso di Adrianopoli (espressione impropria, perchè sono ottenuti coll’alizarina) furono oggetto di cosi diligenti studj e di tante esperienze, che oggidì in questa tintura Milano lavora non solo per l’Italia, ma anche per la Svizzera, o manda poi i cotoni nell’Oriente, spingendosi fino a Calcutta.

Abbondanti fabbriche di prodotti e di concimi chimici pre- parano qui le sostanze necessario alla farmaceutica non meno che alle industrio manifatturiere e all’agricoltura: e tra le molte degne di lode ci piace additare quella grandiosa che si dedica alla produzione del solfato di chinino, di cui mette in commercio annualmente pel valore di circa 15,000,000 di lire, imperocché, in pochi anni di vita, essa ha saputo vin- cere la concorrenza straniera in paese non solo, ma uscire a combatterla sui mercati esteri.

Sorella all’arte chimica, colla qualo divide il vanto delle


(1) Quelli elio amano trarre «n Significato <la tutto, vogliono che il la- voro della lana sia la piti antica industria di Milano, e che la troja semi 1 * * 4 lanuta, che è l’insegna vetustissima del Comune, voglia appunto indicare que-

sto latto. Gli Etruschi quando s’impadronirono ueH’Insubria, trovando I

pascoli ubertosi, moltiplicarono gli armenti ed estesero il commercio della

lana. Vuoisi da alcuno che la troja coperta per metà di lana sia appunto l'emblema della fecondità della terra e dell’abbondanza del gregge. Il Grazioli aggiunge che i milanesi-galli, combattendo contro i Romani, ave- vano vexitta temiìanea.


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LA STORIA DELL’ESPOSIZIONE

più grandi meraviglie industriali dell’epoca nostra, viene la meccanica, di cui forse più d’ogni altra si può dire essere stato maggiore lo sviluppo conseguito a Milano in un periodo di tempo relativamente breve. Infatti non ostante il bisogno grande di macchine per l’impianto di industrie nuove, per mi- glioramenti apportati alle esistenti e per l’esercizio delle nu- merose linee di tramvie recentemente aperto, la importazione delle macchine a Milano non progredisce, ma decresce, o ac- cenna già ad esser vinta dallo esportazioni ( x ). Per formarsi un’idea della importanza di questa industria, basta considerare che il materiale metallico destinato al consumo della capitale lombarda è da 70 a 100 mila quintali, o di questi non è pic- cola la parto cho alimenta le arti meccaniche; le quali poi sono immensamente varie, passando dai più grossi apparati o dai veicoli da ferrovia alle macchine di precisione, a quello da cucire, o ai più dolicati strumenti scientifici.

Anche la produzione degli spiriti è pure importante perché sorpassa annualmente i 50,000 ettolitri, rappresentanti un va- lore di almeno 8 milioni di lire; ma non basta al commercio locale, il quale ne trae ancora dalla Germania o dall’America per alimentare numerose industrie della provincia e di fuori, tra cui principali quella dei liquori e quella dell’aceto, otte- nuto col sistema Schiitzonbach, cho a Milano c largamente rapprosentata.

L’intaglio e l’intarsio applicato ai mobili rivelano il genio dei nostri operai, veri artisti nell’inventare e neH’escguircle opere più vaghe e nell’imprimere anche ai mobili comuni quel gusto che è una rivelazione ed una aspirazione del sentimento artistico. Qui in Milano si fanno mobili che all’estero sono venduti dagli speculatori come antichi capolavori, e come opere moderne sono largamente rappresentati sui mercati delle capitali d’Eu- ropa e d’America: nei mobili poi comuni di legno e di ferro vengono occupati migliaja di lavoratori, specialmente nel con- tado monzese, dove si fabbricano a sì miti prezzi da renderò vana ogni concorrenza. Un’altra industria artistica di vecchia


(1) Le macchine da cucire, venuteci dall’ America, sono adesso fabbricate In Milano e mandate sui mercati americani. Così si fece dalla officina Fi- lotecnica dell’ing. Salmoiraghi, di cui la sezione macchine da cucire passò or ora al signor Prinetti.


14 GUIDA DDL VISITATORE

fama, è quella dell'oreficeria, elio in dieci anni è progredita siffattamente da emanciparsi completamente dalla Francia; o prosegue a migliorare mcrcò le scuole professionali elio a gara i principali o gli operai Fanno istituito.

La carta, gli oggetti di cancelloria, le arti grafiche d’ogni maniera; i fiammiferi, la conceria e la raffinatura dello pelli; la fabbrica di guanti, di cappelli, di ombrelli; la ceramica, la vetraria e i cementi; gli strumenti musicali, le seghorie automatiche di legname, la carrozzeria, il sughero, il cau- ciù, i saponi, le candele di cera e di stearica; l’amido, la colla, il glucosio, il tabacco e molti altri articoli formano la materia prima o l’oggetto di industrie esistenti a Milano in proporzioni piuttosto grandi. Eppure, in aggiunta alle mede- sime, noi quartieri popolosi della città s’incontra radicata quella piccola industria della quale già parlammo, esercitata in modestissimi lavorcri o nella camera stessa dove il lavo- rante mangia, dormo e passa la vita; o questa piccola indu- stria produce una quantità considerevole _ di oggetti, che rap- presentano talora il superfluo noi bisogni della vita, ma ali- mentano un animato commercio con tutta Italia, e sono tali da mettere in bella mostra l’ingegno inventivo o il buon gusto dell’operajo milanese; di questo novero sono lo industrie dei portafogli, della bigiotteria, delle pipe, dei giocatoli, dei pettini, degli spilli, degli utensili per le arti o per gli usi domestici e molte altro si varie che la loro enumeraziono non si riesce a fare completamonte. 0)

Se poi, staccandoci dallo industrie manifatturiere, volgiamo un rapido sguardo alla agricoltura, è con legittimo orgoglio che Milano può mostrare ,i ,campi opimi di messi, clic, con un lavoro indefesso e con capitali riversativi da secoli, i suoi abitanti seppero creare intorno alla città, convertendo alla col- tura sterili lande e paludi; e l’intelligente straniero viene d’In- ghilterra e d’Austria a studiarne l’ordinamento per trapian- tarlo, per quanto è possibile, nel proprio paese.

Sopra una superficie coltivabile difatti che non supera gran fatto gli ettari 250,000, la provincia di Milano produce al-


(1) Allo scopo di premiare questi bravi operai indipendenti la Camera di Commercio di Milano stabili 10 premi per i piccoli industriali che piu 6i distinguono all’Esposizione.


LA STOMA DELL’ESPOSIZIONE 15

l'incirca Tin milione di ettolitri di frumento, 2 di granoturco, un di riso e forse un altro milione tra avena, segale, fagiuoli, patate, miglio o semi di lino o di colza, la qual produzione complossivamento considerata non rappresenta un valore infe- riore agli 80 milioni, e si arriva certamonto ai 100 milioni, mettendo in conto circa 50,000 quintali di filaccia di lino, 80,000 di bozzoli o 70,000 di uva (<).

E dopo ciò resta ancora da calcolare una dello produzioni per cui la provincia milanese tiene probabilmente il primato in Italia, cioò quella dei latticini. Lo estese praterie difatti e le marcite ( 2 >, lo quali stanno ad attestare la feconda operosità dei monaci d’altri tempi, ci consentono il mantenimento di numeroso mandro di vacche, da cui si ricavano ben 50,000 quintali di burro, e 120,000 tra formaggio e stracchini, per un valore complessivo elio sorpassa i 30 milioni di lire; nè il commercio milanese si accontenta di far circolare questa abbondante produzione, ma ne trae anche dal Parmigiano o dalla Svizzera, facendosene poi dispensiere a moltissimo parti d’Italia.

Che più? Nel solo Comune di Milano vi sono 850 stabilimenti industriali importanti o 10,469 botteghe < 3 ).


(1) Accanto alla luco. 1 ombra. Tanta prosperità dei padroni è scontata dalla miseria dei contadini, fra 1 quali serpeggia la micidiale pellagra, colla mania, la demenza, la paralisi, il suicidio. I ricchi, sgomenti dagli effetti della malattia, apersero sale apposite nell’Ospedale Maggioro di Milano tin dalla metà del secolo scorso: e fin dal 1781 la Società Patriottica pro- pose un premio di 300 scudi a chi sapesse additare un metodo di cura ra- dicale per la pellagra. Anche Giuseppe li volle fare qualche cosa e destinò ni pellagrosi lo spedale di Santa Chiara in Legnano; ma nò i signori della Patriottica, nò 1 imperatore videro quello che era tanto facile vodero con un po di Rincora volontà : che ia pellagra era il male della miseria. Il dottor Stram b 1.0 tu il primo a dirlo; ma, sebbene sia quasi scorso un secolo, a pro- venire il malo non s’è ancor pensato. Si scrivono articoli, opuscoli, volumi:

• ? n ° ® s ' tengono conferenze; ma nessuno ha il coraggio

e il disinteresse di iniziare la riforma dolla condizione dei contadini, mi- gliorandone gli alloggi e il vitto, sollevandoli dalla degradazione di be- 6tie ai posto di uomini. La questione si fa urgente perchè l’istruzione cne si altronde insegna all’oppresso i suoi diritti e gli ia sentir doppio il peso e 1 avvilimento della miseria: guai so non si provvede prima che il

peso si faccia insopportabile !

(2) I monaci agricoltori di Chiaravalle, posti dall’abate Bernardo tre miglia fuori di porta Romana, in una sterile pianura, situata fra paludi che face- vano fuggire gli abitanti colla malaria, cambiarono quel luogo in un’uber- tosa campagna. Essi regolarono sopratutto la condotta delle acque o pili tardi s impossessarono a tal fine della Ycttabbia. I prato marcida si vedono DOI ! 1 o\ n w 1 | P f^i a . prima V 0,ta in una carta del 1233.

(ò) Nel iow le fabbriche e manifatture erano 433 e le botteghe 1738.


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GUIDA DEL VISITATORE


Una controprova a questo cifre o a questo considerazioni, la quale dimostra cho non abbiamo punto esagerato i colori nel tratteggiare brevemente Milano industriale, commercialo

0 agricolo, la troviamo nelle statistiche ufficiali O).

Questa prosperità è pagata da Milano a caro prezzo, perché contribuisce largamente alle imposte dello Stato.

Milano nel 1879 era inscritta nei ruoli di Ricchezza Mobile per L. 7,082,440, mentre Napoli, più popolosa, non era in- scritta che per L. 4,367,310, e Torino, cho pure è ricca di industrie, per L. 3,752,939. E la stessa superiorità nel pa- gare si verifica nello altre imposte. Nel 1879 Milano fu tas- sata nell’imposta erariale dei fabbricati per L. 4,012,726 o Torino per L. 2,988,251; per tassa di successione, nello stesso anno, Milano pagò per L. 1,533,579, Roma, la capitale d’I- talia, per un milione di meno, cioè per L. 585,039, Napoli per L. 973,017.

L’importanza degli affari che si fanno in una città si ri- vela nell’entità dei mezzi di comunicazione e di trasporto. Ora, secondo le statistiche ufficiali, Milano superò tutte le altro città, perfino il centro politico dello Stato, dove pure i diritti di posta e di telegrafi pare dovessero essere maggiori per

1 bisogni d’amministrazione e governo. Invece Milano diede per le Poste nel 1879 L. 1,806,159, Roma ne diode solo L. 1,601,635, e Napoli L. 1,187,824: per i telegrafi Milano diede L. 668,477, Roma L. 576,024 o Napoli L. 588,501. Ma le ferrovie danno una dimostrazione ancor maggiore dell’ope- rosità milanese: infatti questa città nel 1879 diede il pro- dotto di L. 10,148,755; dopo di essa, per importanza di cifre, viene Torino con L. 8,161,002, mentre Genova, si famosa per commerci, non diede che L. 7,072,474: non parliamo di Roma cho si limitò a L. 6,744,860.

Del grandissimo sviluppo preso da questa città fanno te- stimonianza il crescere dei bilanci comunali. Nel 1842 lo ren- dite della città di Milano erano di it. L. 2,795,807, da cui, sottraendo le spese in L. 2,616,064, rimanevano L. 179,743.


(1) Queste notizie le abbiamo ottenute dall’on. deputato Giuseppe Ro- becchi, membro dol Comitato Esecutivo dell] Esposizione Nazionale, che sta preparando uno studio dotto o importantissimo sulla vita economica della provincia milanese.


LA STÒRIA DELL 1 ESPOSIZIONE ' 1?

Nel 1879 invece il bilancio consuntivo diede una rendita di L. 14,011,119,02, una spesa di L. 13,306,299,97, e quindi un avanzo di L. 704,819,05. E per nessun bisogno chiese mai l’ajuto di alcuno. La Provincia, che si trovava in migliori condi- zioni, al 31 dicembre dell’anno 1879 aveva avuto entrate per L. 2,854,088,29 e speso per L. 2,940,100,67, ma la maggior spesa fu coperta dall’attivo netto che avevasi al l.° gennajo e l’attivo patrimoniale risultò di 4,129,486 lire, senza nessuna passività.

Nè Milano riposa un solo istante sulle conquisto; ma per aprire nuove vie al commercio si vide questa città di ter- inferma farsi iniziatrice di viaggi marittimi e di difficili im- prese nelle regioni intentate dell’Africa, dalle quali si atten- dono a ragione abbondanti frutti.

A questa importanza economica si aggiunga l'artistica, te- stificata dall’esposizione nazionale di Celle Arti che si apre ogni anno a Brera, dal teatro famoso nel ramo musicale; si aggiunga la scientifica e la letteraria, dimostrata dagli isti- tuti illustri e dal gran numero di opere che qui annualmente si stampano 0).

Da lunga pozza Milano ha nomo di benefica: e infatti la sua Congregazione di Carità ha un patrimonio di L. 32,384,416, o oltro a ciò 65 Opere Pie con un altro patrimonio di L. 3,749,661, ed altri legati per doti, sussidj e ricoveri per 9 milioni. La beneficenza per l’infanzia, la puerizia e la gio- ventù, come orfanotrofi, baliatici, asili, pericolanti, dispono di un capitalo di L. 25,513,279 : la beneficenza ospitaliera di L. 56,473,185 < 2 ). Accanto alla beneficenza antica fiorisco la previdenza rappresentata dal mutuo soccorso ; e 7 società mutuo riconosciuto dalla legge hanno un capitale di L. 2,006,496 con 2697 soci, e 100 società operaje non riconosciute raccol- gono 2 milioni di patrimonio con 10 mila iscritti.

Basti una parola dell’istruzione. Le scuoio elementari sono frequentate da 23,494 alunni; il che vai quanto dire che


Statistico italiano per 11 18S0 nota che in Milano si pub- Wicano 218 fra giornali e rivi-ito - in Roma 117, in Napoli IH, in 1-irenr» 11 01 ;,ì n K T " r,no 87 - !» Bologna 61, eco .

(2) Nella statistica dell’abate Vitali sulla Beneficenza in Milano, è no- tato di pili un patrimonio di 4 milioni por Opere Pie non erette in corpo morale, che sono per la maggior parto "di carattere clericale.


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18 GUIDA DEI- VISITATORE

l’istruzione era già estesa prima che la legge l’imponesse obbligatoria.

Tale è Milano: e più ancora parrà la sua, nobilitate quando si rifletta che a tale prosperità si è levata da sè sola, senza soccorso di alcuna parte. La natura la favori collocandola sopra una im- portante via commerciale: l’operosità do’ suoi abitanti, gene- rosi di sangue e di danaro, fece il resto. Anche l’indole dei milanesi si va modificando in bene ; nè più si troverebbe fra noi il tipo dipinto dal Porta c dai successivi scrittori copiato per ritratto, mentre era diventato una caricatura: e forse questa trasformazione la si deve anche alla continua immigrazione che porta un contingente novello di industrio, di ingegni, di Istruzione, di forze materiali e morali. Fin nel secolo XIII il Giulini aveva osservato come, per la situazione della città e per le facili sue comunicazioni coll’estero, qui venissero a sta- bilirsi molti forestieri: oggi l’immigrazione è un importante fatto economico che nel solo 1880 salì ad 8305 persone, e che aumentando ancor più, mercè l’aperta via del Gottardo, porterà in breve la popolazione di Milano a paro della più popolosa città d’Italia. Ed è per questo, che si stanno formando imprese por edificare un nuovo quartiere nella piazza d’Armi, affine di al- lestire le caso agli aspettati ospiti che il lavoro farà diventare nostri concittadini.

Sicura di sè stessa e conscia dei nuovi destini, Milano ha voluto l’onore di accogliere il prodotto del genio italiano fra le sue mura. L’idea, concepita da pochi, svegliò il plauso di tutti: e ad essa rispose il plebiscito più certo, quello della privata pecunia, che rappresenta il sacrificio personale. E la prima volta che, per un fatto economico, una cittadinanza sot toscrive un milione in dieci giorni.

Coll’etimologia gallica del Mitta-land abbiamo incominciato questa introduzione ; ma davanti all’ultimo fatto che abbiamo esposto, ci si affaccia alla mente un’altra etimologia: quella favolosa di Plutarco, il quale voleva che Medicano derivasse da Mirano, quasi res miranda, cioè opera maravigliosa. Maravi- gliosa invero per lo spirito d’amor patrio, di sacrifìcio, di la- voro dei suoi cittadini che feconda ogni utile e degna impresa.


C. Romussi.


LA STORIA DELL’ESPOSIZIONE


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STATISTICA ITALIANA.


Dicemmo di Milano : nè alcuno ci potrebbe accusare di soverchio amore di campanile per aver mostrato la impor- tanza di questa città. Opera nazionale è far conoscere^ una città italiana, perchè oggi la prosperità dell’ una non è più fondata sull’oppressione delle altro, come l’egoismo faceva fu- nestamente credere un tempo, ma bensì il benessere e la gloria dell’una è benessere dello città sorelle, è gloria della patria intera. Ture accanto allo cifre dell’attività milanese, dobbiamo, in quest’operetta dedicata al lavoro nazionale, aggiungerò .alcune altre cifre sullo Stato italiano, a complemento dello primo. Queste notizie le riassumiamo dalle chiarissime e di- ligenti statistiche che il prof. Bodio, direttore della Statistica Generale dello Stato, ha fatto compilare e che si trovano, quale prefazione, davanti al Catalogo Ufficiale dell’Esposi- zione Nazionale (>).

L’Italia nostra ha un considerevole sviluppo di coste sia nella penisola, sia nelle isole, ciò che fa conoscere l’impor- tanza vitale per noi d’aver una buona marina: le coste si estendono per chilometri e metri 6,311,289. Versano le loro acque in maro 155 fiumi, il loro bacino totalo è di chilo- metri quadrati 222,274.

Importante è la cifra della popolazione, della quale si segni il crescere per più di un secolo. Nel 1770 i cittadini che vive- vano sul territorio dell’attuale Stato d’Italia era di 14,689,31 < ; nel 1879 era quasi raddoppiata, toccando a 28,437,091, di- visa in 8382 Comuni, e sparsa su 296,305 chilometri quadrati: per ciascun chilometro quadrato vi sono 95 abitanti. I ma- tiimoni però non aumentano in proporziono; e mentre nel 1865,


JM™ velame di olire 300 pagine pubblicato dallo Stabilimento Edoardo « “ 1® tabella statistiche sono state cortesemente concesse dal si-

gnor proi. «odio stesso.


GUIDA DEL VISITATORE


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escluso lo provincio romano, vi furono 220,458 matrimoni, nel 1879 ve ne furono solo 213,096; è vero però per com- penso che il numero dei nati aumenta sempre più e si mo- stra indipendente dal numero delle nozze. Ài moralisti trarne la conclusione.

Confortante è il crescere degli allievi nello scuole. Nel 1801 frequentavano le pubbliche scuole elementari 885,182 allievi; nel 1878-79 erano cresciuti a 902,280: fra le serali e le festive vi sono poi altri 668,120. Anche lo nuove scuole d’arti e mestieri nel 1878-79 ebbero 6390 allievi. Nel 1879-80 avevansi nello scuole tecniche governativo 6990 allievi, nelle altre non governative 13,720: nei ginnasi governativi 12,191, negli altri 10,503 e nei seminari 9097, cifra quest’ ultima che dovrebbe impensierire, perchè l’educazione seminarista non crea cortamente gli operai della futura civiltà : nei licei go- vernativi 5930, nelle università 10,028 giovani.

Dagli studj passiamo alle rudi arti guerresche. Il nostro esercito permanente al 30 settembre 1879 ora di 737,565, e aggiungendovi la milizia mobile, la riserva e la territoriale, si hanno 1,544,665 uomini. Il naviglio da guerra al 1 gen- naio 1880 era di 67 navi, con 478 cannoni: e le navi erano della forza di 22,969 cavalli a vapore.

Tassando dallo forze improduttive a quello che fonnano lo ricchezze dello Stato, al commercio, troviamo che nel 1879 si importò per 1,358,631,517, e si esportò per 1,203,905,522 quanto al commercio generale, e nel commercio speciale si importò per 1,261,651,423 e si esportò por 1,106,919,278: l’esportazione avviene un po’ di più della metà per via di terra, mentre l’importazione si fa per un terzo per via di terra e due terzi per via di mare.

Per questo commercio si svilupparono grandemente o con rapidità le ferrovie, e mentre nel 1839 si costrassero 8 chi- lometri di strade ferrate, e parvero in Italia poco meno di un miracolo, nel 1859 i chilometri erano salite a 2068, crobbero nel 1878 a 8268, che diedero il prodotto di liro 154,634,669. Le poste che nel 1862 diedero 11,944,797 lire di rendita, nel 1878 no diedero 26,117,374. Le linee te- legrafiche, le quali nel 1805 trasmisero 1,746,689 dispacci, nel 1879 ne spedirono 6,134,922 con un prodotto di liro 2,533,565.


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LA STORIA DELL’ESPOSIZIONE

Con quali mezzi lo Stato sopperisce ai suoi bisogni ce lo insegna la tabella delle finanze. Nel 1878 si incassarono lire 1,437,308,909: 86, e si pagarono liro 1,445,169,633. 11 ministero che spese di più fu quello del Tesoro e delle Fi- nanze, com’era naturalo (lire 912,418,913) e dopo di lui vien quello della Guerra (L. 212,908,936): per l’Istruzione Pub- blica non si spesero che L. 26,047,925: sarà un giorno lieto per l’Italia quello in cui le cifro dei bilanci della guerra o dell’istruzione saranno invertite.

Meglio che sulla marina da guerra , ci fermeremo su quella mercantile, dove troviamo un movimento grandis- simo fra arrivi o partenze. Nel 1878 arrivarono per opera- zioni di commercio 94,342 bastimenti, e salparono dai porti 94,812: il movimento di rilascio forzato o volontario fu di bastimenti 18,793 in arrivo e 18,717 in partenze. Una popo- lazione di marinai vive su questi bastimenti mercantili, di 210,267 persone. Non manca però la nota triste: per naufragi perirono, in quell’anno, 215 bastimenti.

Un buon pronostico por l’avvenire, nello stesso tempo che è un ottimo fatto presente, lo scorgiamo nelle society per azioni: mentre tutte le società subiscono alternative di aumenti e diminuzioni, le sole Banche Popolari presentano un continuo accrescimento in numero e in potenza di capitali; e queste che nel 1872 erano 80 con lire 24,365,900, nel 1878 erano 124 con 41,187,220. Fra tutte le società per azioni si rag- giunge il numero di 615, con un capitale di lire 1,982,601,238.

Il risparmio si sviluppò dal canto suo con notovole slancio : o le Casse di risparmio che nel 1825 erano 13 in tutta Italia con un capitale di lire 2,691,182, salirono nel 1879 a 3838 con un capitale di lire 839,849,820.

Nei bilanci comunali si trova un eccesso di spese: così nel 1878 le entrato furono per i Comuni del regno di liro 502,043,731 e le spese lire 502,312,090.

La beneficenza delle Opere pie dà in Italia 1’ 1,75 per abitante, media non certo grandissima. Ma questa media è diversa secondo le regioni : e nelle Calabrie è solo di 23 cen- tesimi, mentre è di lire 4 nel Lazio, di 3,07 nella Lombar- dia, ecc. La Lombardia ha la rendita maggioro d’Opere pie, avendo incassato nel 1878 lire 10,034,986: in tutta Italia la rendita di queU’anno fu di lire 47,110,208.


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GUIDA DEL VISITATORE


Accanto alla beneficenza fiorisce la previdenza : e la stati- stica del 1878 dà un totale di 1981 società di mutuo soc- corso, che pagarono ì sussidj per 1,512,216 giornate di ma- lattia, e contavano 827,834 soci con un. capitalo di lire 21,141,662, di cui 7 milioni appartengono alla sóla Lom- bardia ( l > .

Queste forzo dell’Italia economica, che noi abbiamo colle fredde cifre cercato d’indicare, appajono oggi in azione nella Mostra nazionale, accresciute dai risultati dell’ultimo anno, in cui grandemente si svilupparono i lavori pubblici, e lo riforme finanziarie crebbero l’ordinaria attività.


J/INIZIO DELL’ESPOSIZIONE.


In ordine di tempo l’Esposizione di Milano è la seconda nazionale; ma di fatto può dirsi la prima. Nel 1861 si aperse in Firenze una Esposizione Italiana; ma allora eravamo ap- pena usciti dall’oppressione e, fra lo strepito delle guerre pa- triottiche, si mostravano timidamente le industrie amiche della pace. Quella Mostra fu la manifestazione di quanto poco va- lesse l’Italia nel campo economico: la presente mostra i mi- racoli compiuti negli ultimi venti anni che por una nazione giovane e vigorosa equivalsero ad un secolo.

Il progresso apparo anche dal modo col quale sorse l’espo- sizione. I popoli incapaci di governarsi da sè han bisogno in ogni atto della vita d’essere sorretti e indirizzati: i popoli maturi alla civiltà non domandano altro che la libertà di fare. Quest’ultimo modo tenne Milano: la Camera di Commercio


(1) Lo società di mutuo soccorso sono in numero molto maggiore; ma pop tutte vollero presentare al governo lo loro statistiche.


LA STORIA DELL’ESPOSIZIONE 23

prese l’iniziativa di una Esposizione Nazionale alla fine del 1879, ma, non potendo assumersi tutto il carico dell’impresa, elesse un Comitato composto dei signori : Bigatti Ambrogio, Castcl- barco Cosare, D’Italia Giacomo, Feltrinelli Giacomo, Ferri Vit- torio, Fuzier Luigi, Galli Enrico, Ginoulhiac Luigi, Labus Ste- fano, Ponti Ettore, Richard Giulio, Robecchi Giuseppe depu- tato, Spel uzzi Giuseppe, Terruggia ing. Amabile e Vigoni Giulio. Questo Comitato, al quale fu aggiunto il professor Giuseppe Colombo, elesse a presidente onorario il Sindaco di Milano, senatore Giulio Belinzaglii, a presidente effettivo il signor Luigi Maccia, presidente della Camera di Commercio, e a segretario l’ing. Amabile Terruggia.

Prima cura del Comitato fu interrogare la volontà dei cit- tadini. Il voto che domandarono non fu una scheda con una parola, ma una scheda con una cifra, la qualo fosse la più certa delle affermazioni. Le idee erano dapprima modesto: e si volovano raccogliere por pubblica sottoscrizione 300 mila lire al più. La sottoscrizione si presentò anche come un af- fare, e questo fu savio accorgimento. Si stabili di raccogliere le somme accennate mediante azioni di 200 lire ciascuna, dello quali si prometteva il rimborso, totale o parziale, colla metà degli introiti giornalieri dell’Esposizione.

Allora si vide una meravigliosa emulazione, nel dare: in dieci giorni si sorpassarono ie 300 mila lire richiesto, e poco dopo, fatti i conti, si trovò essersi raccolte 797,400 lire in quote e 190,000 lire a fondo perduto.

Intanto si chiese il soccorso del Municipio e del Governo. Il primo diede 100,000 lire, promettendo di concorrere alle spese per lo feste; e il Parlamento votò un concorso dimezzo milione. Le Camere di Commercio italiane, dal loro canto, mo- stravano d’aver compresa l’importanza dell’impresa col votare sussidj in proporzione delle rispettive forze, talché si rag- giunse un totale di L. 1,600,000.

La scelta del luogo d’una esposizione diede sempre luogo a vive polemiche. In Milano la polemica raggiunse l’ ac- canimento. Sulle prime s’ erano venuti additando, varie loca- lità: anzi ciascun quartiere cittadino vantava un diritto spe- ciale ad avere per sé la Mostra Nazionale. Ma in breve, messe da parto lo proposto minori, si delinearono duo partiti: uno teneva per la piazza d’Armi dov’era un ampio spazio fra il


24 GUI!) A DEL VISITATORE

Castello, l’Arena e il classico Arco del Sempione; l’altro so- steneva che i Giardini Pubblici sarebbero stati la sede più elegante, più economica, perchè comprendeva già tre palazzi, in mezzo ad nn avvicendarsi di fronzuti boschetti o di prati fioriti. Vinse quest’ultimo partito, e la piazza d’Armi fu riservata ai giuochi pubblici, alle corse, agli spettacoli straordinari.

Il Comitato conferì l’incarico di allestire i progetti e di pro- cedere subito alle costruzioni all’architetto Giovanni Ceruti di Milano; e Senza por tempo in mezzo, cominciarono i lavori nel mese di marzo 1880.

Ma i progetti primitivi dovettero assoggettarsi a continuo ampliazioni , perchè per la nostra esposizione avvenne il fe- nomeno contrario di quanto suol accadere fra l’idea e la sua estrinsecazione. Anche l’artista, che sa piegare più obbediente la materia alla sua fantasia, non giunge mai a tradurre nella realtà dello linee o dei colori l’imagine che prima gli balenò alla mente : testimonio Raffaello, che su ciò esprimeva il suo doloro al Castiglione. I promotori dell’Esposizione di Milano in- vece hanno veduto a poco a poco diventar grande il modesto primitivo pensiero, e da una Mostra industriale si sviluppò una vera e completa Esposizione Nazionale. Un dopo l’altro sorgevano nuovi Comitati speciali pieni di buona volontà: dalla Permanente sorse quello per le Belle Arti, con C. Cantù, Labus, Mylius ed altri; quello Orticolo dalla Società Lombarda; il Zootecnico dalla Veterinaria; il Musicale dal Conservatorio; VOperajo dall'unione dol Consolato coll’Associazione generalo, e ciascuno era un centro di attività cospirante ad un intento comune.

Infine si costituì una Commissione anche per promuovere ed ordinare le feste, presieduta dal duca Melzi e dal marcheso Trotti.

I danari che bastavano all’Esposizione modesta, non erano più sufficienti al nuovo sviluppo : e fu allora che si pensò a croaro una nuova fonte di rendita con una Lotteria Nazionale di due milioni di biglietti ad una lira, approvato con reale de- creto 5 marzo 1881. Con questa Lotteria il Comitato si as- sicurò più di 700 mila lire per tante compero di prodotti esposti, che a loro volta servono poi di premio ai vincitori.


LA STORIA DELL’ESPOSIZIONE


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LA CLASSIFICAZIONE DELL’ESPOSIZIONE INDUSTRIALE.

Ordinare le infinito forme sotto lo quali si manifesta il lavoro umano e racchiudere la loro varietà entro definiti confini, fu sempre uno degli scogli delio esposizioni, contro cui più facilmente può esercitarsi la critica. La Commissione, presieduta dall’onorevole deputato Giuseppe Robecchi, cui venne affidato l’incarico di ordinare i prodotti, tracciò undici grandi divisioni principali o gruppi, perchè ciascuna di questo riu- nisce un certo numero di classi (in totale 60), avendo avuto di mira il modo di lavorazione o di destinazione. Scienziati ed industriali di fama per ciascuna industria ebbero l’incarico di stendere i programmi, che riuscirono lavori dotti e pratici da meritare d’essere inseriti nel Catàlogo ufficialo (>>. Noi diremo brevemente di ciascuno.

Urnppo I. Industrie estrattive. — Qui si riuniscono i prodotti cho si estraggono dal seno della terra, come i mi- nerali sopratutto metallici, le acque minerali, e quelli che si traggono dalla coltivazione agricola, dalla pastorizia, dalla cac- cia e dalla pesca : comprende 7 classi. Yi sono uniti i mo- delli o i materiali di lavorazione.

Gruppo II. Industrie meccaniche. — La meccanica cho nello esposizioni attrae la viva attenzione del pubblico, co- mincia col presentare gli oggetti in legno e in metallo che si impiegano nelle costruzioni civili, stradali ed idrauliche; Poi le macchine d’ordine generalo, come motrici, trasmissioni, carrucolo, trombe, ventilatori, ecc. ; poi lo macchine special- mente applicato ad una industria; quindi, a parte, la mecca- nica agraria; e finalmente la numerosa ed importante cate- goria della meccanica di locomozione: in tutto classi 0.


(1) Il Catalogo ufficiale , edito solamente dallo Stabilimento 15. Sonzogno in seguito a privativa ottenuta dal Comitato.


26 GUIDA DEL VISITATORE

Gruppo III. Industrie chimiche ed affini. — La prima classe riguarda gli apparati, gli utensili dei laboratorj chi- mici: poi si passa ai prodotti farmaceutici e tecnici; quindi si specializzano i prodotti della tintoria, della conceria, dei tabacchi, della profumeria, della pirotecnica e anche dei con- cimi chimici: comprende classi 8.

Gruppo IV. Materie alimentari e preparate. — Tutto quanto servo di cibo all’uomo e viene preparato dall’indu- stria è compreso nel gruppo: i farinacei e i sistemi di pre- parare il pane e le paste; gli olii, i latticini, i formaggi, le caimi e i pesci seccati; le frutta e i legumi conservati; lo zuccaro, le pasticcerie, e infine le bevande fermentato: classi 6.

Gruppo V. Ceramica e vetraria. — Quest’industria ar- tistica di storica ed attuale importanza per l’Italia, si mostra nelle terre cotto, nello stoviglie di grès, nelle majoliche o nelle porcellane; poi nei vetri d’uso comune, nei vetri lavorati o nei cristalli d’uso e d’ottica: classi 2.

Gruppo VI. Industria della carta ed affini, arti gra- fiche. — Si comincia colle paste della carta, siano fatte di legno, di paglia o di cenci; si passa alle applicazioni ed alle diverse qualità di carte; infine alla tipografia, alla litografia, alla stereotipia, alla calcografia, ecc. : classi 3.

Gruppo VII. Industrie tessili. — Dal luogo in cui si tiene l’esposizione, questo gruppo assume una notevole fisio- nomia speciale. I tessuti di seta sono una gloria della Lom- bardia; i filati e tessuti di cotone gareggiano coi primi per la larga base di consumo e per il lavoro proficuo ed esteso cui danno impulso; i filati e tessuti di lino, di canape, di juta, dove la nostra potenza di produzione è minore, ma può esten- dersi molto; i filati e tessuti di lana pettinata e cardata che ricordano gli antichi vanti pastorali del paese e comprende an- che tappeti e cappelli; infine i tessuti non annoverati fra i già detti, cioè: maglie, merletti, passamanerie, corde, ecc.: totale classi 5.

Gruppo VITI. Arti usuali. — La maggior parte degli arredi delle abitazioni sono compresi in questo gruppo, dove s’incontrano le materie e i processi di lavorazione più di- sparati, uniti fra loro solo dall’ uso cui i prodotti son desti- nati. Epperò qui si trovano le vestimenta — i mobili usuali ed artistici — le tappezzerie — gli utensili domestici — gli


LA STORIA DELL’ESPOSIZIONE 27

apparati di riscaldamento, illuminazione, soneria — i lavori in ebanisteria, avorio, corallo, ambra, schiuma, mosaico, ecc. • — i lavori in metalli fini e finti, oreficerie, ceselli, bronzi ar- tistici, ecc. — i lavori in metalli ordinari o leghe — i lavori da legnajuolo, da bottajo, da canestrajo, da carradore — da scllajo e valigiajo — di crini, pennelli e spazzole — di paglio, stuojo, corde — e finalmente l’industrie casalinghe delle sin- gole regioni d’ Italia, che potranno fornire i materiali ad una storia comparata del lavoro: totale classi 14.

Gruppo IX. Arti liberali. — La scienza nella parte che è industria, presenta gli strumenti ed apparati d’astronomia, di fisica, di geodesia; quelli d’orologio, di chirurgia, di mu- sica, d’ingegneria (e qui si comprendono i modelli di co- struzioni); i servizj municipali, lo geografìe e le topografie; le pubblicazioni tecniche, quanto riguarda il disegno indu- striale e l’insegnamento tecnico superiore: classi 10.

Gruppo X. Arte militare c nautica. — Classi 2.

Gruppo XI. Educazione, istruzione tecnica, previdenza, e beneficenza. — E la parte morale dell’esposizione: tratta delle scuole professionali ed agrarie, delle biblioteche popolari e circolanti, delle scuole tecniche inferiori, dello società ope- rai 0 ! dello casse di risparmio, delle case operaje e di quello istituzioni che ajutano lo svolgimento della previdenza e della cooperazione classi.


ESPOSIZIONE ORTICOLA.


Quando sulla terra medesima vedete spuntare il grano che vi nutre e il fiore che vi rallegra, voi avete dinanzi l’inse- gnamento dell’utilità che non si disgiungo dalla bellezza. Alla stessa guisa, mentre sotto le spazioso gallerie in fondo ai Giar- dini Pubblici fischia il vapore, stridono veloci le ruote e s’odono i colpi vigorosi e misurati degli stantufi, confusi in un fra-


28 GUIDA DEL VISITATORE

gore che è la marcia trionfale delle utili industrie, — poco di- scosto, verso la via Palestro e nella calma del giardino della Villa Beale, si spande un soave olezzo, sotto gli alberi fron- dosi: ed è questo l’inno giocondo di pace e di bellezza che innalza la variopinta famiglia dei fiori.

La Società Orticola di Lombardia, che ogni anno soleva in- vitare a limitato concorso gli orticoltori lombardi, appena seppe della Esposizione Nazionale, divisò di estendere quel concorso in relazione a questa e, d’accordo col Comitato dell’Esposi- zione Nazionale, bandì tre Esposizioni per gli orticoltori d’I- talia, le quali fanno parte dell’Esposizione Industriale. Due di queste sono temporarie, una permanente.

La permanente e la prima temporaria si inaugureranno nello stesso giorno della Industriale, 5 maggio 1881, per du- rare la prima sei mesi, la seconda fino al 15 dello stesso mag- gio: l’altra temporaria si terrà dal 15 al 30 settembre, e per questa si può iscriversi a tutto il mese d’agosto.

La prima temporaria del maggio si divido in 7 classi e 56 concorsi. Classo I : piante da stufa o d’aranciere colle or- chidee in fiore, le draccene, le cordiline, le felci, le gloxinio e le pelargonie. Classe II : alberi ed arbusti diversi collo roso che il poeta chiamava i più leggiadri fiori della natura, e colle vivaci azalee. Classe III: piante erbaceo annuali e perenni, delle quali fan parte quei vaghi fiori che, allevate sui vostri balconi, come i garofani, le cinerario, le calceolarie, le viole d’ogni forma c d’ogni colore, le petunie, le resede, le vainiglie, le verbene e le peonie. Classo IV : ajuole e canestri in piena terra avuto riguardo alla più pittoresca distribuzione. Classe V: dedicata alle frutta, fra cui due concorsi son riserbati alle fragole già mature. La Classe VI lascia da parte i poetici fiori e passa in cucina, mostrando le più svariate raccolte di ra- dici primaverili mangerecce, come carote, rape, barbabie- tole, ecc., insieme ai cavoli, asparagi, carciofi, insalate. — Clas- se VII: riserbata ai fiori recisi.

L’esposizione temporaria del settembre si rivolge ad altra qualità di fiori, di frutta o di ortaggi: ò divisa in 5 classi e 41 concorsi. Nella Classe I chiodo i vegetali originari della Nuova Zelanda e del Capo, le fucsie, i coleus, le begonie, i pelargoni, i gerani, le verbene, gli elitropi. La Classe II, cho riguarda i fiori colti, chiede le dalie, i sempiterni e le grami-


U S10RIA DELI* ESPOSIZIÓNE 29

E acce clie son atto alle decorazioni invernali. Nella III si chie- dono gli ortaggi della stagione, cavoli, endivie, cicorie, se- dani, zucche, pomidori, ecC., e le verdure essiccate atte alla esportazione. La IV spetta alle industrie orticole, e cioè ai mazzi di fiori essiccati e alla più bella decorazione di ban- chetto in forma di trofeo di Pomona e di Bacco. La V pro- fitta della stagiono autunnale por passare in rassegna tutte le frutta, ed un sol concorso chiede una collezione di 100 va- rietà esattamente denominate.

Disseminate un po’ dappertutto fra le gallerie dell’industria e fra i padiglioni, affine di riposare gradevolmente l’occhio, stanco dell’osservazione continua e minuta, ci si mostra l’e- sposizione permanente di albori e fiori: però il suo centro è nei Giardini Pubblici, ove alla grande tettoja fianchcggianto la via Palestro sono allestite quattro serre di varie forme, in una delle quali si mostra al pubblico la Victoria Regia in fiore. I fruttoti sono pur essi collocati non lungi dalle tettoje destinate alla esposizione agraria, come l’anello di congiun- zione fra l’agricoltura e l’orticoltura. Appartengono a questa esposizione i coniferi che s’alzano bruni ed eleganti, le magnolie grandiflore dalle foglie metalliche, i cui fiori esalano ineb- brianti profumi, le piante rampicanti che rivestono i tronchi e i muri di una verde e morbida pelliccia; le robuste palme nato sotto altro cielo, gli aceri del Giappone , le querce orna- mentali e le varietà di agave, di jucca, di aucube, di ilex o d’arbusti sempre verdi resistenti al clima di Milano. Appar- tengono pure a questa esposizione le ajuole di fiori che sfi- dano i caldi soli e di fiori che serbano i loro profumi per le modeste ombre e per le ajuole, le quali, durante tutta la stagione, rinnovano la fioritura dei fiori piantati in piena terra.

Della esposizione permanente fan parte anche i progetti di orti, di frutteti e di giardini; i sistemi migliori per traspor- tare frutta ed ortaggi, i migliori terricci e le imitazioni di frutta in gesso, in marmo, in cera e in tutte quello materio che meglio rondano al vero i prodotti si da essere più utili agli studj pomologici.

A questa esposizione fu aggiunto un ultimo concorso, con premj speciali, per la più scelta e più completa collezione di ortaggi d’ogni specie e natura coltivati e fatti crescere a piena aria, su di uno spazio della superficie non minore di


no GUIDA DEI, VISITATORE

100 metri quadrati, suddiviso in ajuole l>an ordinate ed eu- ritmiche, che presenti le migliori varietà delle diverso sta- gioni succedentisi a perfetta vicenda, nonché i migliori si- stemi di coltivazione razionale e concimazione ordinaria od artificiale.

.Por promuovere la esposizione orticola, il Ministero d’Agricol- tura, Industria e Commercio, il Municipio di Milano e la So- cietà Orticola stabilirono parecchie medaglie e premj in da- naro; e i gindizj si pronunziano, per le mostre temporarie, appena sono aperte, per la permanente, nel 16 settembre.

La Commissione ordinatrice è composta dei signori:

Barbò nobile Lodovico di Milano — Bornardoni Giuseppe di Milano — Cajrati ing. Michele di Milano — Cusani no- bile. ing. Luigi di Milano — Fenzi E. 0., presidente della R. Sbcietà Toscana d’orticoltura, Firenze — Fogazzari Ma- riano di Vicenza — Formilli Augusto di Roma — Galvagno barone Emilio di Oderzo — Garovaglio Santo, professore di botanica all’ Università di Pavia — Greppi nobile Lorenzo di Milano, amatore — Guillon Mangilli Edoardo di Venezia. — Litta Modignani nobile Paolo di Milano — Longlii dottor Achille di Milano — Manati Fabio di Milano — Ponti Emilio di Milano — Ponti Ettore di Milano — Roda Marcellino, presidente della R. Società Orto-Agricola del Piemonte in To- rino — Sambny conte Ernesto di Torino, deputato al Par- lamento — Tosi Giuseppe di Milano, negoziante d’ortaggi — Trotti marchese Lodovico di Milano — Trotti Natale Ales- sandro di Baveno — Villoresi Santo, direttore dèi RK. Giar- dini di Monza — Vittorelli Giuseppe di Milano.

A questi va aggiunto l’operosissimo avv. Carlo Aureggi se- gretario, amatore intelligente di fiori.

Un’esposizione orticola è una delle tante faccio sotto le quali si presenta la lotta dell’uomo colla natura. La natura, questa grande c creatrice artista, ha smaltato di fiori i campi, ha arricchito gli alberi di frutta: l’uomo colla sua industria cerca i segreti della vita delle piante per regolarne le fasi, rad- doppiare i petali e variarne lo tinte, e per rendere più fra- granti e più saporite le frutta, per vincere i climi ed offrirci riuniti i piaceri di tutte lo flore.


1A STORIA DELL'ESPOSIZIONE


SI


ESPOSIZIONE OPERAJA.


Il lavoro nazionale si manifesta per la prima volta nella rinnovata patria, e l’operajo doveva affermare sè stesso nella parte elio in quel lavoro gli spetta. A lui spettava di affer- marsi nel concetto del mutuo soccorso, che ha rialzato il sen- timento della sua dignità; e doveva farlo col dimostrare le forme ed i vantaggi della previdenza che lo agguerrisce contro l'improvvisa sventura: lo doveva coll’opera della mano e della mente.

L’Italia industriale appare in Milano sotto tutti i suoi aspetti, e la potenza del capitale, la qualo sviluppa le pro- duzioni dell’ingegno, ora conveniente si mostrasse al fianco dell’ingegno isolato elio lampeggia noi tentativi individuali. L’un a esposizione è complemento dell’altra; e imparando a conoscami ed a stimarsi, industriali ed operai sapranno pro- cedere nell’avvenire in una concordia feconda di benefici per loro, di gloria per la nazione.

A questi principj s’informarono gli iniziatori d’nna esposi- zione operaja, il cui desiderio non ò nuovo in Milano. Fin dal 1870 il Consolato operajo milanese deliberava di celebrare a ricorrenza delle Cinque Giornate con una annuale mostra nel lavoro; ma il sopraggiungero di vari eventi non pormise ui attuare per allora il buon pensiero. E fu spiacevole invero, perchè parecchi industriali, plaudendo all’idea, avevano g'à concesso agli operai, da loro dipendenti, di consacrare un certo tempo per settimana a un lavoro speciale per l’esposizione.

Intanto però il buon pensiero si svolgeva, progrediva. Nel- 1 ottobre del 1870 si faceva un’esposizione operaja in Siracusa, dalla Società operaja: nel febbrajo 1871 un’altra in Milano dall’Associazione Generale -degli operai: e parecchie mostre parziali si vennero succedendo in progresso di tempo, or nel- l’una or nell’altra città.

Appena si parlò dell’Esposizione Nazionale del 1881, gli operai milanesi pensarono che era giunto il momento di mo-


32 GUIDA DEI, VISITATORE

stratsi distintamente nel lavoro, nell’istruzione, nel mutuo soc- corso, in una parola di farsi veramente conoscere per quel che sono, mentre oggi si travedono dietro i prismi, sovente ingannevoli, dei partiti e delle classi sociali.

Fin dal 27 febbrajol880 il Consolato Operajo presentava un’i- stanza al Comitato esecutivo dell’Esposizione per vedere so fosse possibile consacrare una galleria all’esposizione operaja e per concorrere a quella del lavoro in azione. Ma il Comitato ri- spose che non poteva accogliere la domanda d’una esposi- zione a parte, perchè erano state stabilite le categorie in cui dovevano essere distribuiti i prodotti, c gli operai doves- sero esporre insieme agli industriali.

Intanto nel marzo l’Associazione Generale degli operai con altre società, chiedeva al Comitato di poter rappresentare le Società e gli operai anche non di Milano all’ Esposizione , e gettò le basi per una esposizione della statistica del mutuo soccorso.

I due gruppi operai, il Consolato e l’Associazione Generalo, si accordarono insieme, com’ era naturale, su queste basi : sollecitare 1’ esposizione di lavori di operai che sarebbero esposti nelle gallerie industriali alla fine di ciascuna classo, coll’inscrizione operajo: — sollecitare l’esposizione delle sta- tistiche del Mutuo soccorso : — facilitare le visite degli ope- rai all’Esposizione o renderle istruttive : — provvedere all’al- loggio ed al vitto degli operai dello altre città che arrivano in Milano.

Fu eletto un Comitato che' s’intitola “ delle Società Mila- nesi, , e che fu composto dei signori : dottor Stefano Labus, dottor Carlo Bazzoni e nobile Giovanni Visconti- Venosta, pre- sidenti — dottor Fedele Massaro e Carlo Romussi, vice-pre- sidenti — Chiusi Carlo, Conti Alessandro, Dell’ Uomo pro- fessore Alfonso, Magriglio ing. Tranquillo, Mambretti An- tonio, Montani Giuseppe, Paganetti avv. Mario e Secchi Fran- cesco, consiglieri — Maffì Antonio e Parravicini Luigi, segretari.

II Comitato dell’Esposizione fu lieto d’essere ajutato in parto nel suo lavoro : il Municipio di Milano del pari, per quanto riguarda le visite degli operai delle altro città e i doveri ospitali. Infatti presero accordi per venire a Milano gli operai di Genova, di Torino, di Bologna, di Udine, di Intra, di Kovara, ecc.


LA STORIA dell’esposizione 33

I lavori dogli operai si vedono esposti in ciascuna classe : troviamo, fra gli altri, una macchina per far scrivere i ciechi, un freno istantaneo per ferrovie ed altre invenzioni, che dimo- strano come l’operajo abbia quasi sempre di mira, nei suoi studj,il bone generale, e dimenticando sè stesso e la sua po- vertà cerchi il bene degli altri: i lavori delle Società di mu- tuo soccorso nel Salone, sotto la classe “ Istruzione, Previ- denza e Beneficenza. „ Questa esposizione (tuttoché non com- pleta come orasi ideato dapprima) dimostra però sempre l’impor- tanza del mutuo soccorso e delle altre istituzioni di previdenza; essa fa palese il valore personale degli operai e, presentando i frutti dell’istruzione professionale, addita il dovere di esten- derla; è giusto compenso materiale ed anche morale per chi lavora ; porgo i mezzi di farsi conoscere e valutare a molti ingegni nascosti o negletti; essa infine distrugge molti prò- giudi zj che ancora esistono contro la classe operaja.


ESPOSIZIONE DI BELLE ARTI,


Allorquando si pubblici) l’invito agli Italiani di accorrere all’Esposizione industriale, eravamo, come si disse, nel mar- zo 1880, e in Torino si preparava quella Mostra nazionale di Bello Arti, che fu una rivelazione inaspettata e lietissimadél genio italico. Quella prospera riuscita raddoppiò il dispiacere che l’arte non venisse ad abbellirò del suo divino sorriso l’Esposizione di Milano : o nessuno poteva persuadersi che dall’appello che si faceva all’attività nazionale dovesse rima- nere esclusa quella cui si dovettero i conforti, ricchi di spe- ranze nei giorni luttuosi del servaggio, e che ci rallegrò di tanti gloriosi lauri. D’altra parte un’ esposizione è una. ras- segna della civiltà d’un popolo, o monca, è quella civiltà che s’appoggia solamente alle forze materiali e non tra le- varsi ai disinteressati ardimenti del bello.


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GUIDA DEL VISITATORE


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Non si voleva d’altra parte avere neppur l'apparenza di contendere alla sorella città di Torino l’onore e il vantaggio della festa artistica da tanto tempo bandita: epperò si volle tacere fino a quando quell’esposizione non fosse sul finire. Intanto però si prendevano i primi amichevoli accordi fra alcuni cittadini milanesi. Dietro iniziativa del Comitato e dei rappresentanti industriali o coll’ajuto della Società per l’E- sposizione permanente di Bello Arti si costituì por la bisogna un Comitato composto di Cesaro Cantù presidente onorario, Stefano Labus presidente effettivo, Federico Mylius vice-pre- sidente, Carlo Bassi e Luigi Esongrini segretari : e Francesco Barzaghi, Giuseppe Bertini, Gilberto Borromeo, Cesare Ca- stelbarco- Albani, Emilio Dragoni, Luigi Fuzier, Gerolamo In- duno, Giuseppe Mongcri, Gerolamo Oldofredi, Eleutcrio Pa- gliano, Michele Redaelli, Giulio Richard, Luigi Stcffani e Gioachino Tagliasacchi. La Permanente si riservò la gestiono finanziaria, che il suo presidente Mylius esercita con pru- denza ed abilità ; e in breve tempo si raccolsero grosse somme per acquisti. Aggiungeremo che Cesare Cantù stabilì dal suo canto un premio di 1000 lire per l’artista che sviluppi nel marmo o sulla tela il miglior concetto storico. Anche l’Ac- cademia di Bello Arti di Milano rinunciò alla annuale Espo- sizione di Brera, per non frazionare la nuova e straordinaria.

Per questa si scelse il palazzo Elvetico, un capo d’arto anch’esso, sede con san Carlo dei chierici svizzeri, poi del Senato del Regno italico, poi della Corte d’Assiso ed oggi dell’Archivio di Stato. L’architetto Mangoni lo cominciò nel F602, ma non potè compiere l’opera che fu dal Richini men correttamente condotta a termine nella facciata. Magnifici i due grandi cortili circondati da portici con colonne di ordino dorico e da loggiati superiori con colonne monolite d’ordine jonico, di granito miarolo roseo; so no contano 104 al pian terreno e 08 al superiore. Questi portici di classica perfezione entusiasmavano il Bianconi che nella Guida di Milano del 1787 scriveva che passeggiando sotto di essi “ al forestiere potrà sembrare d’essere in Atene ai felici tempi di Pericle o in Roma a quelli di Augusto. „

Questo palazzo, fabbricato por essere stanza dei seminaristi svizzeri che, divenuti preti, fossero apostoli del cattolicisimo contro il protestantesimo, fu scelto por la festa pagana del


LA STORIA DELL’ESPOSIZIONE 85

bello. Nè la scelta poteva essere più giudiziosa, perchè sorgo sul limitare dell’Esposizione industriale si da confondersi con essa e da presentare uniti al visitatore ciò che mai dovrebbe essere separato, cioè il lavoro, la scienza e l’arte.

Vennero coperti i due cortili, di cui il primo misura metri 47 per 39, il secondo 37 per 39. Un largo corridojo li attraversa per il lungo (127 metri), mostrando da una parte il navi- glio, dall’altra i Giardini Pubblici. In questo corridojo, tap- pezzato di rosso bruno e illuminato splendidamente dai lucer- nari, son disposte le statue.

Da una parto c dall’altra si aprono parecchie camere im- provvisate con telai e tappezzerie, dove piove pure una luce limpida ed egualo, e quivi si vedono appesi i quadri; e la superficie si calcola maggiore di quella che avevasi a Torino nell’ultima mostra nazionale. Finalmente i porticati, rivestiti di arazzi antichi, ricoverano i progetti architettonici, gli studj, i disegni, le incisioni.

Quest’esposizione si divido in due periodi : la prima comincia al 1 maggio e finisce al 30 giugno: il secondo comincia al 1 luglio con facoltà nel Comitato di tramutare di posto le opere e di metterne di nuovo.

Il palazzo ha tre eleganti vestiboli : il primo all’entrata, il secondo fra i due cortili, il terzo davanti alla gran sala, dovo, alcuni mesi sono, si svolgevano i drammi giudiziari della Corte d’ Assise. Sotto al secondo vestibolo zampilla una fontana: il terzo introduce nel salone, dove si trova da una parte l’espo- sizione dei fotografi Calzolari e Muggia, dall’altra quella dello stabilimento Edoardo Sonzogno che è artistico e tipografico ad nn tempo. I fotografi sopradetti hanno la privativa delle ri- produzioni fotografiche; il signor E. Sonzogno ha quella del Catalogo Ufficiale, del Catalogo Illustrato, del Giornale Illustrato e deU’yDòo dei Capolavori dell’Esposizione na- zionale del 1881.

De pubblicazioni, per la maggior parto illustrate, dello Stabilimento Sonzogno, sono esposte con ricche ed artistiche legature in una monumentale libreria, in ebano ed avorio, costrutta dal signor Egidio Crespi sopra, disegno dell’inge- gnere Sfondóni. Ai lati figurano, in ampi quadri, dello stesso stilo, vari saggi dolio pubblicazioni artistiche di detto Sta- bilimento, fra cui molti disegni autografici dogli artisti espo-


GUIDA DEL VISITATORE


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sitori, disegni rappresentanti le principali opere da loro Espo- ste nell’attuale esposizione e stati eseguiti per il Catalogo Illustrato dell’Esposizione nazionale di Belle Arti del 1881. Lo Stabilimento Sonzogno espone pure un saggio di tutti i processi dell’arte grafica sino ai più recenti trovati.

Da questo salone si esce in un giardino che i fratelli Terrario hanno arricchito di palme trasportate dallo riviere di Nizza, dove ride perpetua primavera: nel mezzo vi è una fontana fra bianche rocce di tufo; e da una parto e dall’altra, sotto i portici, si trova un caffè ristorante, condotto dal signor Muller. Questo è l’unico caffè che rimanga aperto la sera: e una scelta orchestra, diretta dal maestro Rivetta eseguisce i concerti musicali che si sposano alla festa dell’arto.


ESPOSIZIONE MUSICALE.


La musica è arto ed è industria. Sotto questo secondo aspetto è classificata dall’Esposizione industrialo nella cate- goria 54 del gruppo IX, che comprende le arti liberali, o posta fra gli strumenti di chirurgia e quelli di ingegneria: e ad essa fu destinato il Salone pompejano, una delle parti più vaghe degli edilìzi sorti ai Giardini Pubblici. Gli studiosi della musica e tutti quelli che ad essa chiedono una dolco commozione od un’ energica scossa, un istante di soave oblio od uno di inspirazione più fervida, non vollero permetterò che l’arte ideale venisse confusa con lo lancette chirurgi- che ed i compassi. Tanto meno era conveniente che la mu- sica comparisse sotto un aspetto puramente industrialo in Milano, meta di artisti e di maestri di musica ansiosi di ottenero quella confermazione del merito cho nei cittadini


t,A STOMA DM.l’ESPOSIZIONE J17

teatri vien data colla parsimonia che mantiene il valore del giudizio.

Nel settembre 1880 si formò una Commissione composta dei signori: conte Carlo Borromeo, presidente; Boncinelli Amilcare e Bicordi Giulio, vice-presidenti; Sangalli prof. Amilcare e Villafiorita maestro Giuseppe, segretari : Appiani prof. Vincenzo, Boltraffio avv. Cesare, Catalani Alfredo, Civelli Antonio, Colombo Virgilio, Corio prof. Lodovico, De Cristoforis dott. Malachia, Galli prof. Amintore, Giacobbe avv. Giovanni, Giubili avv. Ferdinando, Melzi conte Lodovico, presidente del Conservatorio di Musica, Morandi dott. Luigi, Negroni rag. Achille, Noseda Aldo, Orsi prof. Romeo, Pavesi avv. Riccardo, Pullé conto Leopoldo, deputato, Rognoni avv. Ernesto, Ronchetti-Monteviti Stefano, direttore del Conservatorio di Musica, Rampazzini prof. Giovanni, Sanseverino conto Alfonso, senatore, Scotti avv. Giuseppe, Torrioni prof. Antonio e Varisco prof. Giovanni.

Questo Comitato pubblicò tosto il suo programma: c por crescere importanza al concorso musicalo invitò tutte le na- zioni a scendere nel nobile arringo.

L’esposizione si divide in tre sezioni: la prima è l’esposi- zione propriamente detta ; la seconda abbraccia le conferenze e lo letture ; la terza il Congresso musicale. La prima si sud- divido, a sua volta, nei seguenti cinque gruppi:

I. Composizione. — 11 Comitato si ricordò che un nostro antico scrisse che “ la musica c’insegna a fare voci di canto in cetore, in organi e in altri strumenti, e accordar l’uno col- l'altro per diletto dello genti e per far canti in chiesa per l’ufficio di Nostro Signore. „ Epperò il programma comincia colla musica sacra: passa a quella di stile classico, poi alla drammatica, a quella da camera, alla popolare arricchita dagli inni nazionali, e finalmente alla musica dei balli teatrali completi.

II. Opere didattiche. — Qui si passa alla scienza dei principj elementari della teoria musicale: dai metodi popo- lari si ascende ai metodi più difficili, alle innovazioni musico- grafiche, alla acustica applicata alla musica, ai trattati d’ar- monia e ai metodi di strumentazione ed orchestrazione.

III. Letteratura musicale. — Il campo, oltremodo vasto, si cercò limitarlo in quattro classi. Nella prima la storia ed archeologia, dove si prendono in esame le vicende dell'arte


38 GUIDA DEL VISITATORE

dai suoi principj conosciuti, 0 si intesso la storia dei diversi strumenti a cominciare da quelli che la favola attribuisce agli dei, che sono ì gerenti responsabili dell’ingegno creatore del- l’antichità. A questa va aggiunta la storia dei teatri, degli artisti, delle società corali ed orchestrali, delle officine di strumenti e via dicendo, fino alla bibliografia dell’arte. Nella seconda si comprendo la filosofia dell’arte; nella terza si di- scute l’igiene della voce; nell’ultima si tratta della giuris- prudenza teatrale.

IV. Istrumenti. — In tutti i tempi l’uomo ha usato qual- che strumento per accompagnare il ritmo della danza, e prima che si trovassero gli istrumenti da fiato e a corde, si facevano uso di quelli erustici. Si sa di certi popoli selvaggi che ancor oggi, per unici istrumenti, hanno verghe di legno, pietre e persino crani di nemici uccisi in guerra: e questi crani, battuti l’un contro l’altro, danno un suono pari a quello del crotalo. Gli strumenti primitivi avranno lor luogo alla Mostra: poi i primi strumenti a percussione con suoni inde- terminati. Vengono poi quelli a percussione con suoni deter- minati, quelli con tastiera d’arco a pizzico, a fiato, a mantice, e finalmente gli strumenti di nuova invenzione.

V. Raccolte diverse. — Le raccolte cominciano dagli au- tografi, passano ai ritratti, ai salteri, ai libri antichi e rari, e giungo fino alla collezione di canti popolari e a quella di strumenti musicali campestri e poco usati, come le ocarine, gli scacciapensieri, le armoniche, le arpe eolie, ecc. Sarà que- sta una potente attrattiva dell’esposizione musicale, tanto più che in Italia abbiamo avuto fabbriche illustri e vantiamo tuttora importanti officine di istrumenti.

L’esposizione si farà nel Conservatorio di Musica, un am- pio palazzo che fu già convento dei canonici Lateranesi, fatto edificare da Daniele Birago milanese, arcivescovo di Metellino, nel 1485. Nel principio del secolo, nel 1808, durante il primo regno d’Italia, venne cambiato in Conservatorio di musica, ma serba ancora le tracce dell’antica destinazione, nei vasti cortili monastici e nella distribuzione delle salo.

AH’estero la notizia di questo concorso venne accolta con vero entusiasmo : e si costituirono Comitati coll’ in ter vento dei rispettivi governi per presentarsi con maggior docoro al con- corso internazionale.


u stoma dell’esposizione 89

Fra gli espositori italiani si notano i fratelli Kraus di Fi- renze colla loro raccolta di strumenti antichi, e la signora Arrigoni di Milano 9011 un’ altra splendida raccolta consimile.

11 Congresso si propone di risolvere parecchie questioni importanti, fra cui quella detta dai tecnici “della quarta corda, „ necessaria per l’accordo delle orchestre.


ESPOSIZIONE ZOOTECNICA.


Un’esposizione moderna di animali ha un carattere speciale. Oramai si può diro che gli animali non si creano più per goneraziono, ma si fabbricano; e coi sistemi di Bakewcll 0 di Collins si assottigliano le ossa, riducendo lo scheletro allo stretto necessario per tener in piedi la bestia, accrescendo in quella vece la carne. Anzi si è giunti ad aumentare la carne precisamente in quelle parti dove è più saporita ; c certe razze inglesi di buoi hanno sulla schiena una specie di gobba che non è altro che tanta carne accumulata sui lombi a disposi- zione dei cuochi clic la ricercano per l’arrosto.

Inoltre gli animali domestici sono alcuni i nostri compagni di lavoro, alcuni gli amici più disinteressati e più pazienti, alcuni la baso del nostro sistema d’alimentazione. Le società zoofile, che gli scioperati volgono in ridicolo, hanno per iscopo di farci conoscere le meraviglie della natura animale che ci circonda, e, con questa conoscenza, di promuovere in noi sentimenti di giu- stizia e di compassione nel nome dell’igiene e della inorale. I maltrattamenti inflitti agli animali deturpano e guastano le razze migliori, con danno della industriale della agricoltura, e i supplizi penosi alterano le carni di cui ci cibiamo, con danno della salute pubblica. Un’esposizione zootecnica che premia gli animali meglio allevati è pertanto utile a tutti : e infatti fu ge-


40 GUIDA DEL VJSlTATOfeÈ

nerale il plauso al Comitato dell’Esposizione industriale che Ja promosse fornendone la totalità dei mezzi.

La Commissione speciale per la Mostra industriale Tenne eletta in seno nell’ Esposizione industriale come segue: Gi- rolamo Chizzolini presidente, Rusca Raffaele vice-presidente, Baroggi Anacleto, Bonzanini Emanuele, Gregori Luigi, Grif- fini Ciro, Labus Stefano, Ponti Emilio, Zanelli Antonio, in- gegnere F. Clerici segretario.

L’esposizione si divise in due parti: esposizione propriamente «ietta di animali domestici, e concorso di animali grassi. La prima avrà luogo dal 30 agosto al 26 settembre; la seconda dal 20 al 26 stesso mese; ma il termine per far le domande scade per entrambe col 31 maggio.

Prima cura della Commissione fu quella di allestire un lo- cale conveniente in prossimità alla esposizione industriale. A tale scopo scelse il bastione quasi limitrofo, che da porta Venezia va a porta Vittoria, e qui eresse ampie tettoje e stalle, adatte alla mostra ed al ricovero degli animali. L’edi- lizio di porta Venezia occupa uno spazio di 10 mila metri quadrati, ed una elegante palazzina serve di fronte e d’ingresso verso la porta Venezia. Il disegno fu dato dalla stessa Com- missiono nunzia dell’esposizione, che appaltò la costruzione all’architetto Broggi. Si ebbe cura di fare 50 box o gabinetti dove si lasciano gli animali liberi. Nell’edificio frontale sono gli uffici, le sale per i giurati, gli ispettori, ecc. Nelle gal- lerie gli animali saranno disposti col muso rivolto verso la parte centrale, si che il visitatore, percorrendo la corsia di mezzo, potrà vederne le teste allineate, mentre percorrendo i passaggi laterali, ne vedrà il dorso.

L’esposizione degli animali domestici fu divisa in tre pe- riodi: dal 30 agosto al 5 settembre si espongono le razza equine, o cioè: i cavalli stalloni, lo cavalle, i puledri eie puledre di anni 2, i puledri interi di 3 anni, le puledre pure di 3, i gruppi di cavalli di 12 capi, gli asini stalloni, i muli e le mule; — dal 6 al 12 i bovini e i camelli, e cioè: i tori razze da lavoro, i tori razze da latte, le giovenche da latte, lo vacche da latte, le coppie di buoi da lavoro, i gruppi di 12 capi, i bufali e camelli; — finalmente dal 13 al 19 gli ovini (arieti o capre), i suini (verri e scrofe), gli animali da cortile e da colombaja ed altri volatili (galli, galline, tacchini, galline faraone, pa-


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voni, fagiani, odio, anitre, piccioni e conigli); cani da guardia, da caccia e di lusso. Notiamo specialmente quest’ ultima, perchè è la prima volta che in Italia si fa una esposizione di cani.

Il concorso ha per iscopo di premiare e incoraggiare l’in- dustria agricola dell’ingrassamento o preparazione delle carni scelte da macello — di premiare o d’incoraggiare l’intrapren- denza commerciale, che ha per iscopo di fornire di carni migliori i mercati nazionali od esteri. — di studiare, mediante il con- fronto, lo razze italiano di animali domestici sotto l’aspetto della loro attitudine ad impinguare, utilmente, e ciò nell’ in- tento di illuminare gli allevatori e far conoscere le razze stesse ai consumatori nazionali ed esteri II Ministero d’Agricoltura stesso stabili il programma di questo concorso, del quale so- stiene lo spese delle premiazioni sia in denaro, sia in medaglie.

Lo domande degli espositori sono molto numerose, e per promuovere anche il commercio fra gli allevatori di bestiame, si son prese le misure perdio a ciascun periodo dell’ esposi- zione corrisponda una fiera di quel genero che si espone. Que- sta fiera può compensare largamente i concorrenti, perchè si fa sopra una piazza straordinariamente popolata, dove si pre- vedono numerosi i contratti.


I PREMI DELL’ESPOSIZIONE INDUSTRIALE


I premj istituiti dal Comitato esecutivo dell'Esposizione in- dustrialo da conferirsi dai Giurati, consistono in 20 diplomi d'onore, 80 medaglio d’oro, 500 medaglie d’argento, 1000 me- daglie di bronzo, e 1400 menzioni onorevoli.

Vengono anche conferite medaglie ed attestati di merito ai be- nemeriti dell’industria o del progresso, ed ai collaboratori ed operai, giusta quanto è detto all'art. 10 del presente rego- lamento.

I Giurati assegnano pure i premj che, istituiti dai Ministeri,


42 GUIDA I)Et VISITATORE

da Istituti pubblici, da Associazioni o da privati, fossero stati affidati pel conferimento al Comitato dell’Esposizione. Nell’as- segnare quosti premj sono da seguirsi le norme speciali sta- bilite nell’atto di fondazione, o, in difetto, quelle del presento regolamento.

I Giurati sono nominati dal Comitato sopra proposta della detta Commissiono.

I Giurati sono 170, e ognuno concorre al giudizio degli oggotti compresi nella Sezione alla quale è ascritto. La ri- partizione dei Giurati nelle Sezioni è fatta dalla Commissione per la Giuria.

Non più tardi dol 30 giugno i presidenti di Sezione, d’ac- cordo colla Commissiono per la Giuria, provvedono ad una prima e provvisoria ripartizione dello ricompense tra le Se- zioni.

Ogni Giuri di Sezione forma l’elenco degli espositori nella rispettiva Seziono che giudica meritevoli delle ricompense, e li classifica secondo l'ordine dello ricompense stesse.

I Giurati di Sezione sono anche tenuti ad indicare i nomi dei benemeriti dell’industria e del progresso, nonché qnolli dei collaboratori ed operai che credono meritevoli di distinzione, tanto pei servigi resi alle industrie manifatture ed agricole, quanto per la partecipaziono alla produzione di oggetti me- ritevoli che figurano alla Esposizione.

I diplomi d’onore sono destinati a ricompensare special- mente le grandi invenzioni, o la introduzione in paese di in- dustrie, di provvedimenti o processi destinati a promuovere efficacemente il benessere generale, o quello particolare di determinate classi di cittadini.

I Giuri di Sezione devono avere ultimato i loro lavori, e compilate le liste dei premiandi pel 15 luglio.

. Ad Esposizione compiuta, la Commissione per la Giuria presenterà al Comitato esecutivo, e pubblicherà una relazione riassuntiva concernente le premiazioni ed il lavoro della Giuria.


PARTE SECONDA


Gli Edifìzj


GLI EDIFÌZJ DELL’ESPOSIZIONE INDUSTRIALE.


Il progetto primitivo dell'Esposizione industriale compren- deva 15 mila metri quadrati coperti; oggi i metri coperti sono 60 mila, sopra un’area di 200,000. Questa genesi dà la ragione del modo col quale son disposti gli edifìzj che sorgono nei Giardini Pubblici. Qui non abbiamo il corpo unico dal quale derivano tutte le parti secondarie ; ma sonvi parecchi centri, fra i quali trovano luogo numerosi annessi. All’unità è so- stituita la varietà con tutte le sue eleganze, ricca di scene sempre nuove e di vaghe prospettive d’alberi verdeggianti e va- riopinti padiglioni che sorprendono ed allettano lo sguardo.

L’area su cui sorge l’Esposizione muti) molte volte desti- no. Aperta campagna nel primo periodo della citta mila- nese, cioè nel gallico, nell’epoca romana era diventata se- polcreto ; e negli scavi fatti nella prima metà di questo secolo, si trovarono molte statuette e vasi di terra cotta e di vetio che deponevansi allato alle ceneri degli estinti. Nel secolo IV alla morte subentra la vita; al paganesimo crollante s im- pone la fedo cristiana colla chiesa fondata in questo luogo dal grande Ambrogio, e da lui intitolata a tutti ì santi Profeti e Confessori. „ Più tardi diventò la chiesa di ban Dionigi : e, vicino a questa, un altro grande arcivescovo mila- nese, Ariberto dTntimiano, l’invontore del Carroccio, fondò nel secolo XI, un monastero e un ospizio per ì poveri, dOYO


tìtTIBA BEL VISITATORE


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si ricoveravano i fanciulli abbandonati c s’avviavano al la- voro. Sotto questa bandiera del lavoro si preludeva ai tempi nuovi, i quali preparavano in questo luogo istesso l’odierno aringo all’attività italiana. All’epoca degli Spagnuoli pullula- rono qui pure i conventi, e dove sorge il Salone era il mo- nastero delle Carcanine, le cui ossa furono scoperte an- cora oggi nello scavare i fondamenti delle Gallerie delle macchine. Ma ogni ricordo religioso scompare sullo scorcio del passato secolo, mentre il Piermarini dispone il vecchio giardino pubblico; e nel 1862 il Balzaretti apre il nuovo, sede il primo in tutto, il secondo in parte dell’Esposizione industriale.

Su quest’area si trovano oggi quattro grandi corpi di- stinti di fabbriche, intorno ai quali son disposti gli annessi, alla guisa che intorno ai pianeti stanno i loro satelliti. 11 primo di questi è composto dallo tro gallerie centrali: il se- condo dalle gallerie destinate alla meccanica e dal Salone: il terzo dalla rotonda colle gallerie che raggiano da esso, compresa la più grande che si prolunga verso il bastione : il quarto dalla Villa Reale e sue dipendenze. Inoltre vi sono le gallerie annesse nei vecchi Boschetti, lo serre nei giar- dini nuovi o i padiglioni sparsi un po’ dappertutto. L’architetto che ideò questa distribuzione , che diede i disegni degli edi- fizj e che ne invigila la costruzione, è il signor Giovanni Ce- ruti, un giovane altrettanto modesto quanto ricco d’ingegno, il qualo dovetto estendere gli editìzi man mano che s’am- pliava il concetto dell’esposizione. Il Comitato incaricò puro della vigilanza delle costruzioni gli ingegneri Stelli e San- tamaria.

L’ingresso principale è dalla via Senato. Una porta sem- plicissima s’ apre fra i cancelli o introduco nei Boschetti. Da una parto e dall’altra si stendono le gallerie: quella a destra di chi entra contiene il materiale ferroviario, quella a sinistra il materiale delle tramvie : un’ altra parallela a quest’nltima racchiude l’esposizione nautica. Dopo l’obelisco centrale dei Boschetti, fiancheggiato da un masso di marmo bianco di Serravezza del peso di 15 tonnellate o da un masso bruno di lignite della Società Carbonifera di Spoleto del peso di 18 tonnellate, continuano due linee di tettojo a sinistra per le macchine agricole o i laterizi, e due a destra pei ce-


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monti. Quivi sorgono anche vari chioschi di legno, casette di cemento e un padiglione di rinfreschi. E, percorsa questa strada, eccoci davanti alla vera facciata dell’Esposizione.

Al di là della via Balestro si stendo, nella larghezza di 81 metri, un palazzo in istile del Risorgimento, coronato di una balaustrata e ornato di statue in terracotta che rappre- sentano l’Industria, l’Agricoltura, il Commercio, ecc., ecc. Nel corpo centralo si apro l’arco principale, alto 22 metri e sostenuto da colossali colonne corinzie scanalate: nella lunetta di quest’arco lo scultore Bisi ha plasmato un basso- rilievo allegorico al fausto evento. È l’Italia che offre le co- rone del merito alla Scienza ed all’Industria che si volgono desiose verso di lei. I corpi laterali, alti 12 metri, constano ciascuno di un portico a 6 archi dei quali i 3 ultimi pie- gano obliquamente in avanti. Il pavimento di tavolette va- riopinte e battuto in cemento, è della ditta Boffi. La costru- zione dolla facciata fu assunta dal capomastro Annoni.

L’atrio, candido e arioso, comincia a ben disporre il visi- tatore su quanto lo aspetta. Entriamo per la porta adorna di ricche tende : e tosto si affaccia al nostro sguardo la gal- leria principale. La lunghezza è di 240 metri : per la prima metà circa è larga 13 metri, per la seconda 47. Pilastri quadrati con capitello dello stile Risorgimento sostengono il soffitto a vòlta, la cui parte centrale è foggiata a gran lu- cernario a vetri: sopra ciascun architrave brilla in colori e dorature lo stemma d’una città italiana. I muri sono d’un color rosso cupo, il nazionale color etrusco; lo vólto supe- riori in tinta chiara, sono ornate da una fascia rossa e nera che si ripiega ad uso riquadratura.

Da una parte e dall’altra di queste gallerie ve ne sono duo minori, lo quali, dopo 125 metri, cessano e si confondono colla centralo nel punto della sua maggiore ampiezza.

Dopo aver percorso questa nella sua lunghezza di 100 me- tri, entriamo nel Salone pompeiano, che è un gran salone a croce greca, tutto coperto con vetri, avente ai due lati un ampio loggiato e nello sfondo ana esedra; il pavimento di questa è di oltre 3 metri più rialzato di quello del salone. Il salone in complesso è largo 50 metri e lungo 40 : due scale laterali ed una terza nel fondo danno accesso alla loggia. Le colonne a due colori coi capitelli bronzati, lo pareti co-


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lorate secondo i modelli pompeiani, i soffitti, il pavimento, gli ornati, tutto è riprodotto con scrupolosa diligenza e in per- fetto stile. Nel crocicchio della doppia gradinata di fronte che serve per salire al loggiato, zampilla una fontana fra una nicchia rivestita di lucenti ametiste.

Passiamo al secondo corpo di fabbrica. Uscendo dal Salone pompeiano e volgendo a sinistra ci troviamo nello spazio rac- chiuso fra le gallerie o i cancelli del Giardino Pubblico verso il corso Venezia. In questo sono erette tre ampie gallerie per lo macchine e per il lavoro in azione. Nell’angolo verso il ba- stione si vedono da lungi sorgere la torre del camino dello caldajo producenti il vaporo che comunica il movimento a tutte le macchine ed agli opifizj improvvisati. Queste gal- lerie sono altissime per poter ricoverare macchine di grande dimensione: una è larga 48 metri, lunga 73: in tutto co- prono uno spazio di 8600 metri quadrati. Il loro aspetto è di gigantesche tettoje in legno con ampi lucernari, con largho invetriate: la decorazione è la stessa tinta del legno resa pi il vivace colla vernice e listata in rosso e nero.

Da queste gallerie si passa ad altre simili alle primo de- scritto, che girano su due lati del Salone, antica costruzione che fu il nucleo di antecedenti Esposizioni. Sul davanti della facciata vi ò un cortile adorno di ajuole fiorite, di una fon- tana e di un elegante portico in giro.

Attraversiamo le principali e penetriamo nel corpo di fab- brica che ha suo centro nella liotonda. Il nomo è improprio, perchè è un padiglione dodecagono di 24 metri d’altezza o 26 di diametro, con cupola a lunette, un lucernario nel cen- tro, e sostenuto da dodici pilastri ed altrettanto colonnino. Dallo sei finestre circostanti, quando sono spalancate, si scorgo il cielo azzurro, o lo tinte di questo armonizzano colla decora- zione bianca, gialla e rossa delicata, a piccoli disegni, che raddoppia vaghezza all’arioso edilizio. Collo finestre si alter- nano sei medaglioni che portano gli stemmi delle antiche sei porte di Milano, e cioè : lo scudo rosso per porta Romana ; lo scanno rosso in campo bianco per porta Ticinese; lo scudo diviso in due campi, rosso sopra e bianco sotto per porta Vercellina (oggi Magenta) ; lo scudo a scacco bianco e rosso per porta Comasina (oggi Garibaldi) ; lo scudo mezzo bianco e mezzo nero per porta Nuova, e il leono nero in campo bianco


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per porta Ronza (oggi porta Venezia). Son qnosti gli stemmi che ricordano la gloriosa epoca comunale, ricca di^ esempi operosi a noi tramandati in opere di pubblica utilità.

Da questa Rotonda partono sei raggi, uno dei quali è di- retto alla Porta Veneziana e il principale si prolunga nella di- rezione del bastione, parallelamente alle gallorie principali che abbiamo già vedute, o finisco in un altissimo salone della superficie di 7000 metri quadrati. Questo salone (che a sua volta ha un’appendice per i Ministeri della Guerra e della Marina) è decorato con intagli di legno, colorati in rosso e celeste, ricordandoci certe costruzioni germaniche di sempre pittoresco effetto. 11 raggio rimpetto a questo guida ad un cortile coperto d’una tettoja in ferro e vetri, dalla quale si passa alla Villa Eoale.

La Villa Reale è uno degli edifizi notevoli della città non solo, ma ancora della storia dell’architettura, perchè mostra il risorgere dell’arte nazionale dopo lo slavato barocco del set- teoento. 11 generale principe Lodovico Belgiojoso lo fece edifi- care nel 1790 dall’architetto Leopoldo Polack, che vi portò uno squisito gusto e un fare largo e magnifico. Più tardi, seguendo i politici rivolgimenti della Lombardia, divenne villa Bona- parte, poi villa Reale; ma sotto tutti i dominatori si prose- guirono gli abbellimenti. Il nostro Appiani, il pittore chiaro, sorridente e sereno come il classico Monti di cui incarnava col pennello le fantasie dell’antica mitologia, dipinse in una sala il Parnaso, e fu l’ultima opera sua. Gli scultori Rusca, Cara- belli e Ribossi fecero le statue che adornano la facciata verso il giardino, la quale si offre allo sguardo come una nuova facciata dell’Esposizione. 11 cortile di questa villa è stato co- perto a vetri dalla ditta Bosisio, che espone il proprio la- voro: svelte colonne di ghisa, dipinte in color verde ed oro, sostengono il tetto. Le pareti del cortile sono rivestite di stoffa rossa: e l’insieme richiama alla mente i padiglioni che s’er- gevano in campo aperto per i duci degli eserciti.

Il grazioso giardino della Villa Reale fu il primo esempio di giardino inglese che si vedesse in Milano. Qui si vede sul margine di un prato il Ristorante Svizzero condotto dalla ditta Premoli; più in là si vede una statua sporgere da un bo- schetto: un tempio s’innalza sopra una collinetta artificiale e Botto quello sta ritta una statuetta d’ Amore: in un viale om-


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braso si vedo una tomba che porta il nomo di Laura o due versi (sbagliati) di Petrarca che la piango: un fiumicello at- traversa il giardino e nasce da una cascatala fragorosa e spumeggiante: alcuni ponti mettono in comunicazione i boschetti con questo gradevole ritrovo, dovo si riposa piace- volmente e si ripensa alle cose veduto.

Nò ancora sono finiti gli edilìzi: rimangono da vedere lo serro vicine alla Porta Veneziana: rimangono altro tettoje di oggotti esposti, i chioschi e i padiglioni dei caffè, delle trat- torie e degli espositori.


I CHIOSCHI DEGLI ESPOSITORI.


Una dello parti più pittoresche d’ogni esposizione sono i chioschi che le società e gli industriali erigono per mostrare unita tutta la loro produzione, sia per produrre nei visitatori una impressione più intensa e duratura, sia per facilitare gli studi e i giudizi.

I Ministeri han dato l’esempio di queste mostre indipen- denti: perchè quello dellTnterno ha costruito una galleria fra i prati adiacenti al bastione, dove raccolse le statistiche, i modelli, le uniformi, i lavori dei prigionieri, e tutto quanto riguarda V Amministrazione Carceraria, custodita dalle guar- die delle prigioni.

Allontanandoci dai mesti emblemi della pena, vediamo sorgere, fra gli alberi verdeggianti, una specie di rifugio, quale s’incon- tra, invocato e benedetto dallo stanco alpinista, fra i gioghi dello alte montagne. E questa la capanna del Club alpino italiano, disegnata dall'architetto dell’Esposizione, il bravo G. Ceruti.

Alcuni soci della Sezione di Milano del Club Alpino Ita- liano avevano espresso desiderio che, approfittando della coin- cidenza della Esposizione nazionale col Congresso Alpino che


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nel prossimo autunno si terrà nella nostra città, si facesse anche una Esposizione alpina. La direzione della Sezione Milanese del Club Alpino Italiano accettò tale proposta con molta riserva, temendo che, essendo l’attenzione pubblica tutta concentrata nella grande Esposizione nazionale, di molto sa- rebbe scemata l’importanza di questa piccola mostra.

Avvalorato più tardi questo progetto dall’influente appoggio dell’on. Quintino Sella, presidente del Club Alpino Italiano, e da quello dell’on. deputato Robecchi, che quale membro del Comitato esecutivo per la Esposizione nazionale, promise tutta la sua cooperazione, la Direzione della Sezione di Milano vedendo cosi quasi assicurato un favorevole risultato, subito im- pulso all’esecuzione del progetto, e per questo nominò un ap- posito Comitato nei signori prof. Luigi Gatta, avv. Carlo Ma- gnaglii, ing. Callisto Villa, che provvide a far costruire questo ricovero. Furono diramate circolari a tutto le Sezioni del Club Alpino Italiano invitandole a prender parte a questa impor- tante Mostra.

Parecchio Sezioni e molti dei singoli soci aderirono al- l’invito.

La Sodo Centrale di Torino mandò un fac-simile dello ta- volo in bronzo offerte ai duo presidenti onorarj del Club, t ittorio Emanuele li e Umberto I, più una collezione com- pleta dello sue pubblicazioni.

La Sezione di Torino, una gran Carta geologica delle Alpi Piemontesi fatta dal prof. Gastaldi, o piani c disegni di ri- 11 oi alpini; modelli di equipaggiamento, attrezzi, tende, rac- colte di roccie, ecc.

. La Società di Milano, alcune sue pubblicazioni, una carta importantissima del gruppo dell’Ortler, che per incarico della pozione stessa sta rilevando il socio ing. Pogliaghi, modelli ' 1 capanno e di attrezzi da alpinista, raccolte di roccie e di “°ra alpina, ecc. <

Aosta mandò le vecchio corde che prima furono usato a tendere accessibile il Cervino, raccolte di roccie portate dalle guide Carrel nella loro ascensione al Cimborazo. Alcuni pa- norami e una macchina por rilevare un panorama inventato “al socio abate Carrel. Il signor Giuseppe Corona fa una ^accolta di fiori e di tipi lepponi confrontati coi fiori e coi Lpi alpini. Inoltro radunò il principio di un museo alpino.

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Bergamo presenta una magnifica raccolta di veduto e pa- norami eseguiti dal pittore Bossoli, e una colleziono di flora alpina fatta por cura del presidente della Sezione ing. Curò.

Inviarono ancora importanti raccolte lo Sezioni di Vicenza, Varallo, Biella, Lucca, Susa o parecchi singoli alpinisti; ma troppo lungo sarebbe ora l’enumerare tutti i diversi oggetti. Quanto s’è detto basta già a mostrare l’importanza di questa Esposizione, lo sviluppo preso nel nostro paese dal Club Alpino. La qualità poi degli oggetti esposti, e i nomi illustri di chi vi cooperò, sono una prova che l’alpinismo offre vasto campo a profondi e proficui studj.

Gli industriali in terra cotta hanno fatto una specie di gara per esporre i prodotti delle proprie officino nella forma più appariscente : o il rosso dei loro chioschi li fa notare da lungi. 11 signor Giuseppe Biglietti di Milano costrusse un padiglione di proprio disegno, a guisa di tempietto, alto 11 metri, con una ben proporzionata cupola, sostenuta da otto grandi co- lonne corinzie. Nell’ interno si vedono le calci, i grès, le terre- cotte, gli stucchi impiegati negli oggetti più semplici che servono agli usi comuni e nei più eleganti che decorano le nostre stanzo ed accoppiano l’utilità alla bellezza artistica.


Non lungi da questo padiglione sorge quello di Carlo Candiani e C. (Stabilimenti a Milano e a Tortona). E nel fantastico stile moresco con quattro archi, uno per facciata, sostenuti da pilastri o colonne, e sormontati da una cupo- letta dalla quale si leva uno svelto pinacolo, raggiungendo l’altezza di 12 metri: lo spazio occupato è di 40 metri circa (7 per 6), e una balaustrata pure in terra-cotta circonda l’edi- fizio. Oltre al chiosco, che mostra per sè solo l’importanza di questa fabbrica, noli’ interno si vedono i prodotti principali, come tegole, mattoni, fumajuoli, materiale refrattario, statue: e fra queste ultime notiamo una Esmeralda di belle propor- zioni o di accurata fattura.


Affatto artistica è la produzione dello Stabilimento Dal- l'Ara e Comp. (Milano), il cui padiglione sorgo vicino al la- ghetto, di faccia alla statua del Porta. Questo stabilimento


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salì in fama nei tempi scorsi sotto il nome di Doni, che lo impiantò fin da trentacinque anni sono: il signor Dall’Ara, che si trovava già nell’officina, e die da sei anni gli è successo, trasse la casa all’attuale sviluppo. 11 padiglione, di una linea ele- gante per eccellenza, informato allo stile del Risorgimento, consta d’un arco principale e di due altri per parto: misura 15 metri di lunghezza per 5 di profondità. Le statue Del- l’Ara sono notissime non solo in Italia, ma anche in Fran- cia, in Inghilterra, nel Belgio, nell’America: e i suoi bimbi sotto l’ombrello, il putto col cigno per fontana, lo quattro parti del mondo, Bacco giovinetto ed altre molto, hanno acqui- stato una vera popolarità. Egregi scultori plasmano le forme: intelligenti operai lo traducono in terra-cotta, talché il ca- rattere dell’invenzione è rispettato e sviluppato in modo con- degno. Passeggiando in questo padiglione si dimentica l’ in- dustria e par di trovarsi in una gallega di vera scultura.

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I fratelli Longari-Ponzone ingegneri di Casalmaggiore eres- sero un padiglione in terra-cotta, in mattoni rossi e bianchi, al solo scopo di mettere in opera e far apprezzare il meglio possibile i materiali del loro stabilimento, laterizj comuni e terre-cotto da decorazione, ottenuti col sistema privilegiato Iloffmann. Oltre ai laterizj, ai quadri da pavimento ed altri consimili generi, premiati più volte nelle esposizioni regionali, producono anche vasi da agrumi che si vedono disposti in- torno al chiosco di forma quadrata, con quattro pilastri agli angoli, porte arcuate sulle facciate: il tutto ò sostenuto da una trabeazione con mensole.


Un altro chiosco costrussoro i signori Raggio e Romani di Voghera in terra-cotta. E collocato tra il frutteto e la parto di giardino dove si coltiva il tabacco.

Fra la lunga galleria delle arti usuali e quella dedicata alla chimica, i Cugini Praga di Milano costruissero un chio- sco in asfalto. Questo chiosco raccoglie i saggi dell'applica- zione dell’ asfalto naturale e della lava metallica a terrazzi,


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pavimenti, scuderie, magazzini, atri, aje, spedali o via dicendo. 13asti dire che si sostituisce perfettamente al suolo, impedendo ogni filtrazione d’umidità. Inoltre è ottimo intonaco anche di muri, dove appunto si ha bisogno di avere locali asciutti. Da alcun tempo si è pensato di adoperarlo anche per i tetti, e se no ha una dimostrazione nella copertura del padiglione eretto che imita perfettamente l’ardesia. Altro applicazioni, che si ve- dono esposto sotto il padiglione, sono i tubi, lo bacchette di scolo, lo tavolette per leggende, e numeri in lava e porcellana cho hanno aspetto chiaro ed elegante, o costano pochissimo.

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Davanti al chiosco Praga vi è il padiglione della ditta Mi- gliavacca di Yobarno in Valsabbia: è rettangolare, si eleva su basamento di granito con colonne in ghisa e lastre di la- miera in ferro, gli ornati o l’inquadratura sono pure in ghisa. Questo saggio industriale serve puro ad accogliere la mostra dei bei prodotti della stessa ditta.

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Un ricco signore, che ò innamorato dell’arte della tarsia e la coltiva con un entusiasmo degno dei devoti artisti me- dievali, fece costruire un chiosco apposito, poco lontano dalla Uccelliera per esporre i propri mobili, lavorati con infinita pa- zienza e con scelto gusto da lui stesso: è il chiosco cho porta il nome del proprietario signor Maurizio Jung: i suoi mo- bili sono da lui intitolati politarsic, usando comporre i qua- dretti coll’intarsiare il legno di altri legni, d’avorio, di metalli e d’altre materie.

Il chiosco ha davanti un portico sostenuto da quattro co- lonne di marmo in istilo corinzio con capitelli di bronzo: la facciata è di granito, gli altri lati fatti a bugno. Entrando vediamo i mobili inventati dal signor Jung con quadri in politarsia, riesciti d’un effetto splendido e che fan pensare ai miracoli di fra Damiano. Il metallo, impiegato nei cieli ci- lestrini, nei vasi (rame), nelle porlo (argento), nei fiori, ag- giunge un brio che l’intarsio comunemente non ha. Si am- mirano specialmente i quadri di Raffaello, U Convito degli Dei e il Consiglio degli Dei, quello celebre di Guido Reni L’Aurora, il famoso dell’ Albani La danza degli amori, che forma la parte superiore d’un tavolo.


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Il signor Michele Bussi di Milano ha avuto un pensioro ori- ginale ; quello di erigere un chiosco che presentasse un esem- plare dei principali sistemi e prodotti di galvanoplastica del suo stabilimento. L’edifizio ha un’ossatura in legno ricoperta di lastre di zinco, preparate con una speciale tinta che lo pre- serva dalla alterazione prodotta dall’atmosfera. Le decorazioni dolle porte e dello finestre, come pure le mensole che sosten- gono la gronda del tetto, sono riproduzioni galvaniche in rame, di modelli espressamente eseguiti: lo stesso si dica dei capitelli o degli antefissi. Le colonne sono di lamiera di ottono niche- lati. La cupola interna è di lastra di zinco ottonata galva- nicamente o decorata con fiori dipinti ad olio. Un pinacolo di lamiera galvanica corona il tetto e porta l’asta del para- fulmine. Il suolo è ricoperto di una lastra galvanica che imita un pavimento alla veneziana, lavoro nuovo e bellissimo, che richiese un tempo non indifferente per la sua preparazione. Nell’interno sono osposti gli stupendi prodotti dello stabili- mento tanto in rame galvanico che in bronzo fusi col sistema a cera fusa.

Tutte io operazioni galvaniche furono eseguite nello stabi- limento Bussi con non lievi sacrifici; il disegno e la direziono della parto costruttiva ed artistica sono dell’architetto Guido Pisani: la parte modellatura fu eseguita dallo scultore Iìic- cardo Eipamonti.


Noi Boschetti sorgono parecchi chioschi in cemento. Una bella casetta grigia edificata con mattonelle di cemento della Società Italiana di Bergamo, è sorta in pochissimi giorni e si presenta abitabile tosto per rispetto all’igiene : oggi vi si tro- vano gli spedizioneri fratelli Gondrand. Il disegno della ca- setta è del bravo architetto Tagliaferri di Brescia.


La Società Anonima per la fabbricazione dei cementi in Casale Monferrato ha eretto, su disegno dell’architetto C. Ge- lati di Torino, un arco decorato riccamente. Questa società ha per suo rappresentante in Milano l’egregio scultore Re- nato Poduzzi, il quale è riuscito ad ottenero una perfetta imi- tazione dei marmi artificiali di Pompei, i quali uniscono la


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levigatezza e la durata alla modicità dei prezzi. Nell’interno si trovano i pezzi principali di cementi, riusciti notevoli per la somiglianza col marmo, e un tavolo di resistenza col quale si può provare dai visitatori la resistenza dei cementi esposti.


Le serre per l’esposizione orticola sono con diversi sistemi adattati alla diversità dei climi e delle famiglio dei fiori.

Il signor Defendente Oriani (Milano) ha una serra che i pratici esaminano con ispeciale attenzione. E un modello di serra calda e temperata, appoggiata ad una parete di muro, lunga m. 12, larga m. 5,50, alta m. 4,80, la quale offre, sotto un’appa- renza modesta, le più vantaggiose innovazioni dettate dal buon governo delle piante e da un lungo ed accurato studio dei particolari costruttivi.

I pregi più notevoli di questa struttura, cho si presta, senza alterare la natura o l’economia delle diverse parti e l’eleganza di forme e di ornamenti che può desiderarsi in simili costru- zioni, sono: una economia nel riscaldamento della serra calda, ottenuta coll’applicazione di doppia vetrata racchiudente uno strato d’aria di quattro centimetri, in modo da diminuire il disperdimento del calore senza indebolire sensibilmente l’effi- cacia dei raggi solari; una buona ventilazione dell’ ambiento, moderata a piacimento col far scorrere gli appositi telai mobili, ottenendo il cambio dell’aria senza perciò lasciar pe- netrare nell’interno le acque pluviali; una disposizione inge- gnosa di condotta lungo le pareti interne per ovviare all’in- conveniente dello sgocciolamento delle acque di condensazione dalle pareti stesse; un comodo e semplicissimo sistema di co- pertura delle vetrate con persiane scorrenti lungo le pareti esterne, trattenute a distanza dai vetri e manovrabili dall’ in- terno in modo da regolare la quantità di luce nei diversi campi in cui è divisa la serra.

Davanti alla serra vi è un lettorino con paratoje a ribalta, mobile per mezzo di una leva capace di trattenere il tclajo a diverse inclinazioni.

Lo stesso Oriani espone anche un portavaso per sala in istile gotico di ferro, eseguito con grande finitezza, abbellito da or- nati a martello e da cornici in lastre.


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Un padiglione bizzarro è costrutto con griglie di ferro da Joannos o Galli di Torino. Merita d’essere conosciuto questo sistema col quale si fanno padiglioni, gabbie di formo artistiche, cancellate, ripari da ajuole, vagli da ghiaja, panieri, ecc., per- chè non limitandosi all’impiego di lili di piccole dimensioni, ma salendo fino ad un centimetro di diametro, si possono con questo sistema sostituire molti lavori da fabbro.


Tre altre serre sono presentate dal signor Pasquale Koy di Torino, una a modello olandese, un’altra contro muro e una terza a letturino : un’ ultima finalmente fu esposta dal signor Enrico Morisetti di Intra ad uso di giardino d’inverno: è lunga 17 metri ed alta 4: nel centro però ha una cupola che raggiunge i metri 7. Essa è naturalmente in vetri con leggiera guarnitura di ferro ed ò coperta di granito bianco: nell’ intorno ha un calorifero per le pianto tropicali. Questo serre si trovano sparse nei Giardini Pubblici nuovi, fra ajuole fiorite, una grande macchia di magnolie dal fogliame verde o metallico, con frutteto in piena terra, o perfino una piccola piantagione di tabacco, a ino’ di prova.


RISTORANTI E CAFFÈ.


I ristoranti e caffè sono sparsi un po’ dappertutto nel re- cinto dell’Esposizione, ed attraggono facilmente l’attenzione per la vaghezza e la varietà degli stili dei padiglioni appo- sitamente fabbricati per ospitarli. .

Chi entra dalla via Sonato incontra per primo noi Boschetti, vicino agli odifizj di cemento, il ristorante Coriani elio venne inaugurato prima del 5 maggio per uso degli espositori, che trovarono così un luogo di ritrovo senza uscire dal campo del lavoro. L’edificio non è del tutto nuovo, perchè vonno utiliz- zato con fabbricato esistente.


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Lo stesso si foco por 1’elegante caffè-ristoratore centralo del signor Panighi, elio si trova nell’antico Salone doi Giardini Pubblici fra l’esposizione di Beneficenza, Istruzione e Previ- denza e quella dello Arti liberali ebo occupa i portici qua- drati intorno al caffè medosimo. Questo caffè è in una delle più amene, posizioni perchè lia davanti un giardino conter- minato da artistici portici in legno, dove sono esposti i mo- delli delle costruzioni, i servigi pubblici municipali, ecc., men- tre nel mezzo una fontana fa zampillare lo suo acquo elio ri- cadono in un rotondo bacino.


Più in là, vorso il bastiono, si alza un artistico padiglione moresco, cogli archi a ferro di cavallo, coi rabeschi variopinti: è questo il ristorante Pedcrziui, elio scelse lo stile turco mo- derno: l’architetto fu il Formenti. L’edificio ha forma di por- ticato rettangolaro allungato, cogli angoli arrotondati: lo co- lonne, che formano cinque arcate, sostengono una grondaja molto sporgente sul genore delle lontane orientali.


In mozzo agli alberi sporgo la cima d’un tetto acuminato : è il Padiglione russo del signor Maurizio Canotta per ser- vizio di bottiglieria. È una costruzione che occupa più di 100 metri quadrati, tutta in larice d’America, pince-pin, legno pregevolissimo per il suo colore e per la regolarità dolla sua struttura. Il disegno fu dato dall’ingegnere Carlo Formenti: il tetto a scaglia di pesce o le pareti a somiglianza dello capanne o stazioni russe, son fatte leggiadro dagli intagli di legno: un alto penacelo termina il tetto acuminato com’è stile degli edifizj nordici elio devono lasciar scivolare la neve, la quale altrimenti farebbe, col suo peso, crollare la casa. Il mobilio, eseguito dalla ditta Arosio, è in perfetto stilo russo e di ottimo gusto.

Questo simpatico padiglione, saldamente piantato, si spera abbia a rimanere anche finita l’esposizione.


Seguendo un viale, sotto amene ombre, perveniamo, dopo pochi passi, davanti a un edilizio che dal settentrione ci tra.-


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porta ai sorrisi del mezzodì. La confetteria Porta e Comp. ò una Tabernula pompejana, elio vediamo sorgere davanti ai nostri occhi, fresca od animata come dovevano essere, di- ciannove socoli sono, lo magioni della sepolta città. Questa co- struzione si dove al chiaro Gaetano Speluzzi, che la disegnò con coscienza d’archeologo o con gusto d’artista. E larga 3 metri di fronte e lunga 14,50, piccola, corno è noto ch’orano tutto le caso di Pompei. Gli stucchi venivano largamente usati negli edilizi pompejani, perchè di questi si intonacavano le co- lonne, colorandolo per metà in rosso, come nella casa del Fauno: e anche qui vediamo lo colonne rosse nella parto inferiore o bianche nella superiore, su cui corro una sottilo fronda d’edera dorata; i capitelli sono di bronzo antico. Chi entra vede le pareti dipinto a figure, a ornati, a pampini: il pavimento è di piastrello con disegno greco-italo, e una lieta danza di pattini par che voglia sfuggire da una sottilo tela di ragno dipinta sul volario.

L’csocuziono del velario fu affidata al Burri e Bacciocchi di Milano, dei puttini al pittore Manteg'azza: le decorazioni in istucco sono opera doi fratelli Lanfranconi.


Nel Porticato cinquecentista, che sorge poco discosto, si trova la birraria-buffet doi signori Stabilini o Savini, direttori della Birraria milanese della Stella. Una ditta espositrice, la Tra- v aglini o C. di Bergamo, por mostrare col fatto il valore dei Propri cementi, ha fabbricato questo portico ad archi, colonne 6 terrazzi, con una ricca decorazione: o ne diede il disegno l’ingegnere Enea Torelli, che, tenendosi fedele allo stilo del cinqueconto predominante negli edifizi dell’Esposizione, fece un’ opera grandiosa ed elegantissima nello stesso tempo che 8 fida la pietra della quale simula l’apparenza.

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Un’altra birraria si trova proprio in mezzo al Salone o ulla Galloria del lavoro, lungo ii viale che viene dal corso Venezia. E questo lo Chdlet svizzero del signor Angelo Po- r «tti, costruito dall’architetto Giovanni Battista Ferrari. Sem- plice è la linea goneralo, ma abbellita da vaghi trafori, da intagli che rendono ancor più caratteristico il padiglione, o


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rivelano nel giovane e valente architetto la profonda cono- scenza dello stilo che impreso 'a svolgere. Nell’interno vi è un ampio salone cho misura 64 metri quadrati, ed aggiungen- dovi i locali di servizio, si ha un totale di 120 metri di su- perficie. Qui si vende la birra varesina, industria tutt’affatto lombarda, che intende emanciparci a poco a poco dal gravo tributo che paghiamo all’ estero. Il signor Angelo Foretti ha ottenuto la birra con vegetali seminati nel nostro suolo o con lavoro affatto italiano, o i suoi eccellenti prodotti furono già più volto premiati.

Non manca, fra questi eleganti luoghi di ritrovo, anche quello che più conviene, per i miti prezzi, al borghesuccio dalla borsa modesta ed all’operajo che si reca all’Esposizione per istudiaro i perfezionamenti del lavoro. Il ristorante: Al buon mercato, dei fratelli Vergani, che si trova fra la grande galleria (poi- chi esco dalla porta vicina al Salono pompojano) e la galleria dello macchine, soddisfa al bisogno. La costruzione è, nella massima parte, in legno: larghi finestroni, ornati di tende, vi danno aria e luce, e può servire ad un tompo 200 per- sone, allargandosi fuori dell’edilizio sotto lo pianto ombroso de’ viali vicini. I prezzi sono straordinariamente bassi, sul sistema dei Duval parigini.

Chi esce dai Giardini Pubblici per recarsi nella Villa Reale dove è esposta l’oreficeria, incontra, verso la Porta Veneziana, il modesto edificio della Latteria Lombardia, che vi offre un bicchiere di latte fresco, assicurando velo innocente d’ogni bat- tesimo.

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Da un piccolo chiosco, situato fra le alte piante davanti alla facciata principale, una giovane svizzera vi offre i suoi bicchieri di Magen-bitter: è un chiosco stato allestito dal signor Do- nuler di Interlaken, che assicura essere il suo liquoro venuto proprio dallo erbe alpine.

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Per i fumatori, col patto di accendere i sigari fuori dello


GLT EDIFIZJ


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gallorie, dove è proibito fumare per una prudente precauzione, vi è il padiglione delle privativo di faccia al laghetto dove ò la statua di Carlo Porta. Il padiglioncino alto 6 metri, ele- gante nella struttura, di pianta ottagona, ha forma di chalet svizzero, e si vede studiato con molta cura dal signor Mere- galli, che ne diede il disegno e ne fece faro la costruzione per conto del signor Giorgio Baracchi, che ha la privativa della vendita dei tabacchi.

Passato il cortile della Villa Reale ed entrati nel giardino inglese, dove si trova l’orchestra, vi è il vasto padiglione sviz- zero, della ditta Premoli o Compagni, la stessa che conduco il caffè dell’Europa nel centro della città, per servizio anche di ristorante. L’edifizio si eleva sopra una piattaforma cito occupa lo spazio di 100 metri quadrati: contiene un localo per cucina e un salotto ben illuminato da un lucernario che innalza il corpo centralo e misura più di otto metri dal suolo. Lo decorazioni non vi sono profuse, ma la semplicità che vi domina risponde all’ambiente geniale, laonde è passeg- giata molto gradita questo parco all’inglese, calmo c refrige- rante, discosto dai chiassosi allettamenti dell’Esposizione.


I SERVIZI DELL’ESPOSIZIONE.


I biglietti d’ingresso. — I biglietti d’ingresso sono ven- dibili alle edicole presso gli ingressi e nei luoghi ove sono disposti dal signor Ceriani concessionario della vendita.

Oli ufficj ilei Comitato. — Il Comitato ha i suoi ufficj bel recinto dcU’Esposizione, al quale si possono rivolgere gli espositori e i visitatori per il soddisfacimento dei loro de- siderj. Il Segretariato generale, diretto dall’ingegnere Amabile Terruggia, si trova nella Reai Villa — l’Ufficio di colloca- mento nel Salone vicino alle Gallerie delle macchine — ‘Ufficio delle macchine nello stesso Salone in quella parto


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elio guarda verso il corso Venezia — l’ Ufficio tecnico nello salo terrene della Villa Reale — l’Ufficio della Giuria nollo sale terrene della Villa medesima.

Gli impiegati in servizio del pulì li li co. — Gli impiegati die vigilano l’Esposizione, e ai quali si può ricorrere per in- formazioni od altro, sono : i custodi — i fattorini. I custodi portano il cilindro e l’abito chiuso nero filettato di az- zurro coi bottoni dorati: al braccio sinistro hanno una fa- scia azzurra sulla quale è ricamata in oro la parola Custode. I fattorini hanno il camiciotto azzurro coi bottoni d’argonto e i calzoni color grigio : sul berretto hanno scritto in argento la parola: Fattorino.

Questi impiegati sono alle dipendenze degli Ispettori, cui spetta l’alta vigilanza e ai quali, visitatori ed espositori, pos- sono ricorrere per avere informazioni e per soddisfare ai pro- pri interessi.

Ufficj di Pubblica Sicurezza. — Nel casino posto alla sinistra della facciata, vi sono gli ufficj di pubblica sicurezza.

Quivi è puro stabilito un servizio di vigilanza municipale, nel Salone sotto la direzione del delegato signor Eigini.

I pompieri e i carabinieri risiedono nel Salone in fondo della porta in apposito fabbricato, dietro la prima galleria delle macchine, appiedi del bastione di porta Venezia.

Posto o telegrafi. — Nell’interno dell’Esposizione vi sono anche gli ufficj di posta e telegrafo. Si trovano nel ca- sino a destra della facciata principale; sono aporti dalle 9 del mattino allo 5 della sera, a disposizione del pubblico, senza nessuna sopratassa.

Sale di lettura. — Per leggere e scrivere è aperto un locale convenientemente addobbato nel fianco settentrionalo del Salone centrale, dove si trova l’esposizione degli istituti di Beneficenza e Previdenza, assunto dal signor F. Di Biso- gno. Quivi si trovano i principali giornali italiani, francesi, tedeschi, inglesi, spagnuoli, ecc., le Guide e i Cataloghi uffi- ciali dell’Esposizione Industriale e di quella di Bello Arti. Qui vi è puro un servizio completo di cancelleria per scri- vere: per cntraro si paga una tassa di Cent. 10, per iscrivere una tassa di altri Cent. 10. Un impiegato è pronto a rispon- dere a tutte lo richiesto dei visitatori.

II signor Di Bisogni ha ottenuto la concessione di due



Gli ÈDIFTZJ (51

edicole per la vendita dei libri e delle stampe autorizzate dal Comitato.

Carrozzelle per girare l’Esposizione. — Il servizio di carrozzelle per girare l’Esposizione senza stancarsi, venne sta- bilito dal Comitato col mezzo dei signori fratelli Thonet, ai quali fu concesso in appalto. Nel primo maggio saranno pronte 12 carrozzelle, che in progresso di tempo divente- ranno 30. Queste carrozzelle sono di un nuovo modello, es- sendosi perfezionate quelle dell’Esposizione di Parigi del 1878 e di Bruxelles del 1880. Sono in legno curvato, coperte di pelle per impedire i riscaldi, leggierissime e movibili facilmente a volontà di chi siede nell’interno, che le dirige dove me- glio vuole. I visitatori sono serviti da fattorini della ditta appai tatrice, vestiti come i fattorini dell’Esposizione, ma aventi sul berretto l’iscrizione: Fratelli Thonet. La tariffa è stabi- lita a 1 lira per un’ora o per fraziono di essa.

Guardia medico-chirurgica. — La guardia medico-chi- rurgica per la Esposizione industrialo italiana, venne dalla Giunta municipale, d’accordo col Comitato esecutivo, affidata all’Ufficio medico municipale.

La direzione e la responsabilità dello speciale servizio sono conferite unicamente al medico-capo municipale dott. L. Bono.

I materiali ed attrezzi, armamentario chirurgico, ecc., per l’impianto e l’andamento del servizio sono graziosamente for- biti dalla Giunta municipale di Milano, elio provvedeva an- che a proprio spese gli occ orribili medicamenti c mezzi di «‘asporto.

Sono però specialmente approntati presso l’Esposizione:

Un carro d’ambulanza — una lettiga — una cassa di dedicazione.

Jn ogni possibile emergenza medica o chirurgica, l’opera funzionar) di guardia si limita alla prima visita ed alla prima medicazione, ed a fare le pratiche perchè i degenti siano Scompagnati e trasportati, secondo i casi, al domicilio od

all’Ospedale.

Le prestazioni medico-chirurgiche, per parte dei sanitari della guardia dell’Esposizione, sono affatto gratuite.

Servizio idraulico. — 11 servizio idraulico d’una Espo- stone industriale non manca d’esser cosa d’una certa diffi- coltà ed importanza, in una città non munita di condotta l’acqua.


G2 - GUIDA DDL VISITATORE

I bisogni dell’Esposizione in proposito si ponilo dividere in tre categorie distinte, a cui rispondono i seguenti servizi: ser- vizio d'acque potabili, servizio d’acque per uso industriale, di pulizia e decorazione, e servizio per caso d’incendio.

Risponde a queste esigenze un triplice sistema di distri- buzione d’acqua, a cui si dovette ricorrere per usufruire delle circostanze speciali, e perchè cadauno sarebbe riescito insuf- ficiente.

Per il servizio d’acque potabili si usufruirà dell’acqua di pozzo, sollevata e distribuita in pressione mediante la motrico e la pompa municipale, che già funzionavano nel Salone a ser- vizio della fontana.

Per il servizio industriale, di pulizia e decorazione, serve l’acqua della regia Zecca depurata con appositi ampi filtri, sol- levata da potenti pompe di nuovo impianto, mossa dai mo- tori della stessa regia Zecca, e distribuita in pressione alla fon- tana innanzi al civico Museo, o nell’interno dell’Esposizione per ogni parte con estesa nuova condotta metallica.

Al servizio incendio infine risponde come misura preventiva, fotta con ogni maggior cura o col consiglio del solerte capi- tano dei nostri pompieri, un numeroso sistema di visibili boc- che di getti d’acqua, liberamente apribili da chiunque, ad ogni occorrenza, nell’interno dell’Esposizione, ed un sistema di tini di presa aperti nelle roggie sotterranee (Acqualunga o Balossa) per la copiosa alimentazione delle pompe d’incendio dei pompieri, che stanno pure in parte opportunamente di- stribuite nei vari locali.

II complesso dell’impianto fu progettato o diretto dall’inge- gnere Paladini; per la parte docoratrice delle fontane dal- l’ingegnere (lombi e dall’Ufficio tecnico dell’Esposizione. Le pompe furono costruite dalla ditta P. Bosisio e C. della no- stra città.


PARTE TERZA

Attraverso l’Esposizione


LA VIA DA TENERE.


Per quattro porte il visitatore può entrare nell’Esposizione: e dove tenero un diverso cammino, a seconda dell’ingresso clic ha scelto.

La porta principale è in via Senato: la seconda in via Pa- lestre dalla parte di piazza Cavour: la terza sul corso Ve- nezia rimpetto alla via Borghetto: la quarta nella via Bo- schetti, promiscua coll’esposizione di Belle Arti.

Entriamo dalla prima. Noi troviamo da una parte e dal- l’altra le due gallerie del materiale ferroviario o di quello delle tramvie. Diamo uno sguardo alle tettoje dei cementi e del materiale refrattario, alla casa in cemento della Società Italiana di Bergamo, fabbricata sul disegno del bravo archi- tetto Tagliaferri, e a quella della Società di calce e cemento di Casale Monferrato. Delle gallerie che sorgono dall’ altra parte, destinata alle macchine agricole, per ora non ce ne oc- cupiamo, perchè le vedremo in seguito. In questo modo siam Pervenuti alla facciata: entriamo dalla porta dimezzo e per- corriamo la galleria dei tessuti fino al punto in cui si al- larga e cambia classe: allora volgiamo a destra, entnamo nella galleria laterale e torniamo verso la facciata, esami- nando pure i tessuti esposti: giunti alla facciata, attraversiamo la galleria principale ed entriamo nella galleria laterale si- nistra dedicata anche questa ai prodotti tossili. Quando que- sta galleria finisce, ci troviamo ancora nella principale, là


GUIDA dft, visitatore


Ci

dove questa forma un gran salone unendosi allo altro diro ciré abbiamo percorso. In questa troviamo il vestiario, il mobilio, ed altre arti usuali. Per completare la visita della classe, usciamo tratto tratto per le porte che si trovano alla nostra sinistra, ed esaminiamo la galleria che si stende parallela a questo corpo principale di fabbrica: poi, rientrati nella grande gal- leria, ci sediamo a riposare alquanto nel Salone pompejano. Passati in rivista gli organi, i pianoforti, i figurini e quanto v’ ha di più degno in questo Salone, usciamo da esso per la porta a sinistra di chi sbocca dal Salone, e ci troviamo di faccia allo gallerie dello macchine.

Cominciamo dalla prima, la superiore verso i bastioni: dopo averla esaminata usciamo dalla parte per la quale siamo en- trati ed entriamo nella seconda che troviamo di fronte. Una porta a sinistra ci conduce, per un passaggio coperto, alla Galleria del Lavoro, che è simile a quella dello macchino. Da questa galleria entriamo nella seconda del Piccolo La- voro, riserbata alle industrie che richiedono minore spazio, come quella della oreficeria, dei ventagli, della Scuola pro- fessionale e simili. Da questa galleria si passa nel Salone vecchio, dove nei vari scomparti si trovano lo tabelle e i modelli che si riferiscono al gruppo Beneficenza, Previdenza c Istruzione. Per la beneficenza fu riserbata una galleria al- lato alla sala del Piccolo Lavoro. Da questa si può passare nel giardino posto davanti al caffè Panighi circondato da portici, sotto i quali si trovano esposti i progetti architettonici e i servizi pubblici, poi nella galleria, dietro a questi, allo arti liberali; dalle quali si entra nel riparto del gruppo I Industrie estrattive, dove si trovano i prodotti delle cave e delle miniere.

A questo punto siamo pervenuti ancora alla facciata: ci con- viene attraversare il corpo principale delle gallerie ed entrare nel raggio della Rotonda che si presenta a noi di fronte. Que- sto raggio è occupato dalla carta e dalla tipografia: lo per- corriamo e ci troviamo nella Rotonda, dove ci appare il trionfo dell'arte ceramica. Ceramica e vetreria occupano due altri raggi della Rotonda, mentre quello rimpetto alla galloria doll’indu- stria della carta è riserbato alle materie alimentari. Un’ampia galleria, che si dirige verso i bastioni, ci attrae: è quella che ha da una parte i prodotti chimici, dall’altra i prodotti


ATTRAVERSO i/ ESPOSIZIONE C5

agrari, nel mezzo la carrozzeria e selleria: in fondo lo espo- sizioni dei Ministeri della guerra e della marina.

Giunti a questo punto, il visitatore è desideroso di riposo: gli alberi verdeggianti che servono di sfondo allo gallerie, lo invitano al loro rezzo. Uscendo è attirato dai molti padiglioni variopinti, e passa dall’nno all’altro, ammirandone la varietà degli stili (Vedi i capitoli: I chioschi degli Espositori c i llì- storanti).

Rientrati, per uno dei raggi, nella Rotonda, passiamo ad esaminare la vetreria esposta sotto il passaggio coperto che conduce alla Villa Reale, ed entriamo nel cortilo di questa. In questo luogo ci appajono l’oreficeria e i lavori in metalli fini. Il vicino giardino ci aspetta con tutto le suo seduzioni, fra cui quelle del padiglione svizzero per caffè, e dell’esposi- zione orticola. Parecchi ponti, costruiti sull’acqua della rog- gia, ci conducono sotto lo gallerie dei Boschetti, dovo vedonsi lo macchino agrarie o gli oggetti di nautica: facilmente la porta di via Boschetti ci conduce, attraverso il giardino di palmizj, nell’ esposizione di Belle Arti. E cosi è compiuto il primo giro.


Secondo ingresso. Entriamo dalla Porta veneziana in via Pa- lestre. Appona varcata la soglia, ci troviamo in mezzo alla cera- mica, seguendo la quale penetriamo nella Rotonda elegantissima che contiene i principali prodotti della anzidetta industria. Ra carta è esposta nel braccio di galleria opposto a quello per il quale siamo entrati: o, visitato questo, noi passiamo nel segmento della industria tipografica. La galleria vicina ci riconduce nella Rotonda, e da qui entriamo nel vestibolo delle vetrerie , poscia nel cortile della Villa Reale, dove sono disposte le oreficerie. Dopo aver girato intorno a questo cor- tile, attraversiamo le votrerie per entrare nel raggio e nel seg- mento dove vedonsi i prodotti alimentari, e da questo pas- siamo nella vasta galleria decorata in giallo ed azzurro. Entrando, troviamo da una parte la mostra agraria, nel mezzo la carrozzeria, dall’altro lato i prodotti chimici o la esposizione del Ministero dei lavori pubblici: nel prolun- gamento di questa galloria hanno le loro mostre i Ministeri della guorra e della marina.


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GUIDA DEL VISITATORE


Usciamo da questa galleria e spargiamoci alquanto per i Giardini a visitare i padiglioni dei ristoranti, i chioschi degli espositori e le serre degli orticoltori : poi, dopo aver volto uno sguardo alla ferrovia elettrica, e fattavi, se ci aggrada, una corsa, torniamo verso le gallorie centrali. Per penetrarvi fa d’uopo attraversare le già percorse gallorie, e per la porta dove s’incontrano le esposizioni dei prodotti chimici e della ceramica, entrare nella galleria dei tessuti.

In questo punto ci troviamo alla facciata principale del- l’Esposizione, o seguiamo l’itinerario del primo giro per quel che riguarda queste gallerie, quello dello Macchine c del Lavoro, il salone della Beneficenza e Previdenza, o le gallerie delle Arti liberali e delle Industrio estrattive. Quando siamo giunti a questo punto, usciamo dalla facciata principale, giriamo per i Boschetti, esaminando i padiglioni doi cementi e le gallerie delle macchine agricolo, passiamo, per i ponti, nel giardino della Villa Reale, esciamo di là sotto le gallerio del materiale dello tramvie, esaminiamo quello delle ferrovie che è disposto rimpetto a quosto, e per la porta di via Pa- lestra entriamo nell’esposizione di Belle Arti.


Terno ingresso. Supponiamo ora d’ontraro dalla porta sul Corso Venezia, rimpetto alla via Borghetto. Appena entrati sotto il passaggio coperto, ci troviamo fra le due gallerie del Lavoro: diamo la preferenza anzitutto a quella alla nostra destra, che nella passeggiata intitoliamo prima, e, dopo averla percorsa, entriamo nella grande galleria delle Macchino che si trova davanti a noi, dalla quale passiamo in un’altra più piccola, pure dedicata alla meccanica. Visitata quosta, usciamo vicino al Ristorante Vergani del buon mercato, percorriamo il viale fronzuto fino al Salone dove si entra per esaminare la mostra di Beneficenza e Previdenza. Da questo passiamo nella piccola galleria del lavoro (la seconda), che ci mette poi nello gallerie delle Arti liberali o dei prodotti delle cave o miniere. Così siamo pervenuti alla facciata, e qui comin- ciamo la visita alle gallerio principali dei prodotti tessili e delle Arti usuali, come è indicata nel giro primo a pagina 63.

Uscendo dal Salone pompojano, invoco di volgere a dritta, il che ci condurrebbe allo gallerie delle macchine già visitate,


ATTRAVERSO l’ ESPOSIZIONE


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prendiamo a sinistra, o discendiamo per la piccola galloria delle arti usuali fino a incontrare i raggi della Rotonda della ceramica: e qui proseguiamo la passeggiata, come è descritta nel giro primo a pagina 64.

Quarto ingresso. L'ultimo ingrosso è dalla via Boschetti, pro- miscuo con quello della esposizione di Belle Arti. La passeg- giata è allatto identica al primo giro, cominciato dalla via Senato, bastando visitare in sul principio le gallerie del ma- teriale delle ferrovie, delle tramvie o l'esposizione nautica.


Siamo davanti alla facciata principale. L'esposizione co- mincia ai nostri piedi. Il pavimento variopinto che calpestiamo nell’atrio è esposto dalla ditta Boffi di Milano, che fece opera generosa col darò un’utile destinazione ai suoi prodotti.

Entriamo dalla porta principale. Qui ci si affaccia una selva di vetrino in cui predomina il color nero e l’oro, e fra queste un viale, largo tre metri e mezzo e lungo 247, guida l’occhio sino al fondo del Salone pompeiano, dove fra il giallo e il rosso antico, risplendono le canno argenteo d’un organo colossale. Concessi brevi istanti alla prima sorpresa, 'piasi tosto comprendiamo la logica distribuzione dei prodotti. Ci


LE TRE GALLERIE («).


(1.) La rivista che si


fa in pagine »o»P«*


<5S OtilDA DEL VISitAfóftB

troviamo fra le sete (grappo VII, classe 32), lavorazione emi- nentemente nazionale, che pare venga risorgendo a nnova vita, mercè la coraggiosa energia di intelligenti industriali. Per i disegni variati e per gli splendidi colori, questa espo- sizione attrae gli sguardi anche delle persone che non sono dell’ arte ed esercita un’attrazione invincibile sullo signore. Le vetrine sono disposte in quattro schiere. Rasente lo pareti sorgono le alte vetrine che contengono le stoffo: poi due ! schiere di vetrine più basse, contenenti i campioni di sete greggio torte o ritorte o i cascami, occupano la parte libera: I nel mezzo la corsia, e da ciascuna parte, fra le vetrine alte e le basse, due altre vie.

A destra vi è la vetrina di Augusto Beaux (Milano), che I espone le mirabili sete lavorato nel suo stabilimento di San Pellegrino: e siamo lieti di cominciare da lui la nostra | rivista, perchè quella officina è una specie di collegio, dove si . raccolgono 250 giovinetto che imparano a leggere o scrivere, e si guadagnano la loro modesta doto; o l’industria che com- | prende e sviluppa la sua azione benefica. Segue il Casartelli i Carlo di Milano colle sete greggio; — poi la Società per la j filatura di cascami in seta (Novara), che espone belle stoffe in | eleganti vetrine; — la filatura e cardatura di Bologna; — Groffelder Antonio (Treviglio) coi prodotti della filatura del bozzolo, sete greggio e stoffe diverse ; — Orefice Bianchini (Vicenza) con stoffe di seta pura, unite, colorate, nere e a fantasia; — Chapuis e Delleani (Torino) coi mirabili velluti neri o a colori; — La Marra Pascul e C. (Napoli) con stoffe , di seta e damaschi e con quadro rappresentante le trasforma- j zioni e i prodotti del baco da seta; — lo lunghe vetrine di , Bersanino e Corti che tengono le fabbriche a Zoagli e le case j a Torino, a Firenze e Roma; — quindi il Trepolin di Venezia, i che fabbrica velluti colorati coll’apparenza antica, radunando 1 in un solo tessuto moltissimi colori.

Nelle vetrine di mezzo, sempre da questa parte a sinistra, j troviamo nelle vetrine basse, fatto a tavolo, i cascami e lo sete non tessute: cominciamo con Lanzani (Milano); — Ghiera e Och (Novi Ligure) con sete greggio alla tavella con forte incrociatura: — C. A. Melito (Acri), — C. Marangoni (Man- tova) seta cenerina ; — Francesco Maffioli (Domodossola), " Sartori Antonio (Cremona) con bozzoli; — S. P. Lons (Pine-


ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE 69

rolo) con filati di cascami; — Gavazzi figli (Milano) con gaietto e seta; — G. B. Cicori (Valmadrora), — Pellerat o Festenaire (Sinigallia) ; — Lazzaroni e Mira (Milano) con sete a doppi filati, trame, organzini, cucirine, ecc. — G. Austria (Milano), — N. Aducci (Forlì) con coperte di cascami seta, stoffe, vigogne, ecc.

Cominciando invoce il nostro giro dalla destra e movendo sempro dalla porta d’ingrosso, troviamo rasente alla parete Pietro Marini (Zugliano) coi suoi esempi di seta e bozzoli ottenuti da seme di sua produzione; — Cesare Redaelli (Bo- sana, Brianza) con bozzoli e seta di sei qualità; — Alberto Koller (Milano) coi prodotti della seta greggia, e lavorati ; — Rinaldo Martini fu Giuseppe '(Milano) coi prodotti dell’antica industria milanese, broccati d’oro e d’argento, damaschi e tappezzerie sopratutto por chiesa, cui aggiungo i ricami ad alto rilievo in oro o argento; — Schoibler Felice (Milano) con sete greggio e lavorate; — Giussani Filippo (Milano) con altri broccati in oro o in argento, ricami, stoffe spe- cialmente por chiesa ; — Gnocchi e Scannelli (Forlì) con ma- tasso di filo di seta greggia; — Solei Bernardo (Torino) colle sue famose stoffe por mobilia ; — Agostino Pogliani di Milano collo note felpe di sota mista por cappolli, le fodero e i passamani; — la ricca, esposizione Vornazzi, fabbrica an- tica di Milano in tessuti di seta d’ogni sorta; — seguo quella dell’ Ambrogio Osnago, pur di Milano, colle stoffe da tappez- zeria, da mobilio, da abiti; — rimpetto quella di Cerri Bou- chard (Milano) con tessuti di seta pura e tessuti misti;

Poi ci troviamo in una specie di salone che comprende cinque campate o che raccoglie quanto di più bello e di più nuovo han saputo fabbricare nello seterio gli industriali della citta 6 della provincia di Como, contro precipuo in Italia di que- sta produzione.

Fra questi industriali comensi si notano le ditte: A. Ber- nasconi e C., Bortolotti Corti e C.,E. Eressi e C., Braghonti 6 G, Camozzi e C., Lorenzo Carcano di Alessandro e C., Ca- ronti e Frontini, Carlo di B. Casuali, Luigi De Bossi, A. Dò- tara, Successori di Remigio Fasola e C. Ferrano o Peregrini, Fossati o Coduri, Grassi Nessi e C., Lanzani fratelli o C., Mar- tinelli Giovanni, Silo Butti e Pozzoli, G. Silo e Succhi, Stuc- chi Edoardo, Tasca e De Vincenti, G. Mondelli, Nobili Luigi, Ferlasca Giovanni, Scalini Gaetano.


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GUIDA DEL VISITATORE


Nello vetrinetto basse cho sorgono in questo lato di destra notiamo: Barbera G. (Messina) con seta greggia; — Cesare Bozzetti e C. (Milano) colla seta greggia doppia, seta chinese, organzino, trame, ecc.; — la filanda a vapore di Arzignano (Vicenza), rappresentata dal dottor Pietro Concato, espone i campioni di seta greggia di diversi titoli; — Raffaele Oli- vetti (Ivrea), — Ferrano Sessa e C. (Milano), — Granzini ing. Antonio (Chignolo Po), Guddum H. e C. (Torino), tutti con sete lavorato. — I fratelli Cimbardi (Milano) espongono cucirino ed altri prodotti in crudo e tinto lavorati con doppio greggio filato; — Dezza Baldassare (Melegnano), seta greggia: — Pa- store Luigi (Genova), tessuti cosi detti ter zanelli di Genova; Gavazzi Egidio e Pio (Milano), seterio pure e miste fra cui la stoffa per gli ombrelli.

Ogni breve tratto la galleria centralo guida con frequenti passaggi alle laterali. Sulle pareti del primo passaggio a destra sono appesi i quadri della ditta Benigno Crespi di Milano, che ha la filatura di cotone a Concesa, vicino a Trezzo d’Adda : o proprio di fronte al passaggio, il Crespi ha una magnifica vetrina di ferro in stile gotico, dove sono esposti i saggi di filati e tessuti in cotone. Così siamo entrati nella galleria laterale destra consacrata in gran parte al cotone, indu- stria introdottasi fra noi sul principio dol secolo e che oggi è esercitata in Italia in 647 opificj, dove sono occupati più di 53,000 operai fra uomini, donne e fanciulli. Girando lo sguardo incontriamo la vetrina del Cotonificio Cantoni (Mi- lano), le due votrine rotonde di Haussmann e Wcnner, una in rappresentanza della ditta Vonwiller Asclmeyer, di filati, l’altra della ditta Schlaepfer e Wenner, il primo di Napoli con filatura a Salerno, il secondo di Salerno con tessitura bianchetti e stamperia; i Bonicalzi fratelli (Gallarate) con cotone ritorto, greggio e lavorato; Bo fratelli (Sestri Le- vante) con cotonine da vele; Candiani e Crespi (Busto Ar- sizio) con biancheria o tovaglieria; Ferrario Giuseppe di A. (Milano) con filati e tessuti; Visconti di Modrone, nomo ce- lebre nella storia milanese e che dalla signoria politica è passate nella feconda e moderna vita industriale; Turati (Mi- lano) con filati di cotono semplici e ritorti e tessuti di co- tono lisci o operati. Notiamo anche i tessuti in cotono della Badossa delle Benedettino di Città Ducale. Y’ò inoltre un


ATTUA VERSO I,’ ESPOSIZIONE 71

Minelli di Bologna che fabbrica un articolo speciale in filati cucirini in pacchi formati con diversi numeri di grossezze a comodo dei rivenditori ; — si nota la vetrina isolata della Ditta Pasquale Borghi, ecc.

Procedendo in questa galleria incontriamo la manifattura d’Annecy e- Pont (Torino); — E. Sacconago (Milano) con filati di cotone; — <3. G. Zuppinger (Bergamo), filati o tessuti di co- tone; — Locamo e Calderara (Milano), — fratelli lìoy (To- rino) con tessuti filo e cotono e tessuti per tende e materassi ;

— notevole la vetrina del Carlo Niemack (Livorno) con refi da cucire, da ricamare e con fili cotono ; — altre coperte ha Moretti G. B. (Bergamo); — tessuti di cotone, di lino, di lana, di seta, il Pazzoro Felice (Chiori) ; — tessuti di cotono a colori i fratelli Rossi (Genova) ; — poi lungo la parate vi ò il Caprotti Bernardo (Fonte d’Albiate) coll’assortimento di tes- suti cotone, montre nel mezzo vodonsi il Caprotti e Guttingor (Bergamo) coi tessuti di cotono a colori. — In seguito viene Schionemberger o Muller (Bergamo) con campioni di varie qua- lità di tessuti e filati tinti; — Francesco Muserà (Chieri) colle coperte di cotone a doppio pelo e quelle a cotono e seta vege- tale; — la manifattura di Courgnè dirotta dal signor Pianta (Torino) con filati di cotone; — Fratelli Faseno (Chieri), Merini Faustino (Pontedera); Fratelli Figliodoni (Monza), Fratelli Dell’Acqua (Milano) tutti con tessuti di cotone; — Rosio Maria e Matteo (Milano) collo coperte Bellincioni Andrea (Pontedera) coi tessuti di cotone colorati, canapo e lino;

— I. V. Gentiluomo (Pisa) assortimento di stoffe; — Legher Hefti (Bergamo) filati e tessuti, semplici e ritorti, e finalmente

A. Ammann e Wepfer (Milano) coi copiosi filati, cotone. La bella vetrina isolata è opera dell’ebanista Bartolotti di Milano.

Perora abbandoniamo questa galleria, perchè comincia un al- tro gruppo di prodotti, e rechiamoci a finire l’esame di quello che riguarda i tessuti. Attraversiamo pertanto la galleria cen- trale e passiamo in quella laterale a sinistra.

Qui troviamo il lino, la canape, la lana. In una camera che s’apre in fondo a questa galleria (verso. la facciata), si trovano raccolti i cordami, gli spaghi, i filati da roti, lo tele da vela e da imballaggio, ecc. _ ,

Sull'entrata troviamo i tessuti di juta o i cordaggi di G.

B. Brusaferri (Brescia), e i tessuti di juta e di cotone di Brio-


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sdii o Cazzaniga (Milano). Appena nella sala ci si affacciano un’alta piramide di cordami destinati alle navi, e presentati da Carrena e Torre (Sampierdarena), e intorno ai quattro lati isolati nel mezzo, i tubi di canapo e di lino di L. F. Taffara (Genova), i rotoli di cordame di Agenore Biagi (Livorno), quelli di Giuseppe Alberti (Ostiglia), e la canape lavorata a corda di Giacomo Cozzi (Lugo). Intorno allo pareti, cominciando il no- stro giro a destra entrando, incontriamo i cordami bianchi, colorati o incatramati di Sala Bartolomeo e C. (Sesto Calende), poi i saggi di lavori in cordami grossi o piccoli di Nicolò Luxardo (Santa Margherita Ligure), gli sportini di sostanze vegetali, i tessuti misti di canapo e pelo di capra o quelli di crine di Garuti Giovanni (Sampierdarena), la canape in tutte lo foggio da Andrea Cappelletti (Treviso), il libano e la cor- della di sparto di A. Do Filippi (Trapani). Viene poscia Alessandro Cremasela (Bergamo), che fabbrica solo le corde di filo per la tessitura meccanica del cotone; Giovanni Molo (Fratta Maggiore) con cordami e canape pettinata; Pacchioli Stefano e Giuliano (Brado) con cordami e spaghi di tutto le grossezze; i fratelli Vannini (Pistoja) con telo d’imbal- laggio; i fratelli Gerard (Genova), applicazioni al commer- cio e alla navigazione della canape, del lino, della juta, con filati, cordami, telo da vele e da imballaggio: Arnaud e Vigo con stoffe tutte di juta colorate; altre stoffe di juta lavorate in filatura e tessitura da E. Balestreri (Lucca) ; un’ impor- tante mostra di spaghi e cordami da E. Bombaglio (Milano) ; funi o cavezze dei Sancassani Giovanni (Verona); cinghie di juta por tappezziere da Frattini, Macchi e C. (Parma), ed in- fine cordami a macchina e a mano di Achille Meroni (Milano).

Torniamo ora sui nostri passi nolla galleria laterale destra, dedicata nella prima parto, come dicemmo, ai filati e tessuti di lino e canape.

La vetrina che attrae subito la nostra attenzione è quella isolata, bella d’intagli e di dorature, che spiccano sul fondo d’oro, ed accoglio l’esposizione della ditta G. F. Sessa o C. (Milano), consistente in mazzi di lino, di canape, in pacchi e matasse di filo e di - refe. In seguito vengono tre vetrine rotonde, una più grande nel mezzo o due piccole ai lati, con decorazioni in nero, rosso ed oro; son quelle del Linificio e Canapificio Nazionale (Milano) con canape e lino greggio e


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pettinato, con filati greggi e imbianchiti, ritorti, spaghi o filati di juta ; nell’angolo vi è la mostra dei fratelli Oggioni (Milano) con servizi da tavola, tele e fazzoletti di lino; in fondo la canape e il lino sia pettinati, sia filati di Giu- seppe Roy (Vicenza) ; poi i filati e i tessuti in canape e juta del conte Ferdinando Zucchini (Bologna); notevole è anche l’esposizione, fatta in vetrina isolata, delle canapi greggio e pettinate di Kleftinger e C. (Bologna); l’attenzione è richia- mata dalla splendida mostra Frette, Payra, Chabord e C. (Mi- lano) con generi diversi, dalle tolerio grossolano alle più fino.

Questa mostra di canape e di lino è veramente importante perchè indica i progressi introdotti nella lavorazione por al- largare la base pratica del loro commercio : e si verificano successi veramente splendidi. Proseguendo la nostra rapida corsa, accenneremo i nomi dei fratelli Giustacchini (Brescia), di Trombini o C. (Milano) pacchi di lino e di canape e ma- tasse di fili ; dei fratelli Muggiani (Milano) telo e tovaglierie, dolla Manifattura Beale Pozzolini (Navacchio) con tessuti o con specialità in biancheria; di Giulio Tendimi (Brescia) con un campionario di telo lisce di lino e con tessuti imbianchiti ; della Filatura di canapo di Bologna colla canape greggia e pettinata, con filati semplici e ritorti, imbianchiti e colorati; di Giusoppe Chiesa (Milano) con telo di lino e tovaglierie.

Nel mozzo della galleria si trova il Municipio di Riposto, vicino a Catania, con tessuti di lino ; la Camera di Commercio di Girgenti con telo casalinghe, di Palma G. L. (Napoli) rap- presentata da Haussmann e Wenner a Milano, linoni, sgarze, tessuti di lino o canape; poi le vetrine di Pozzi Cesare (In- tra) con tessuti diversi di lino tinti e stampati, di Do An- geli A. e F. (Reggio-Emilia) telerie e tovaglierie di lino, di A. Fumagalli (Milano) con tessuti lisci ed operati, di Giu- seppe Casa di Genova con tele da velo, ecc.

L’altra parte' di questa galleria è consacrata alla lana, che comprendo i filati e i tessuti e i cappelli. Primeggiano in fiQosto riparto i Sella, che no occupano ancho gran parte. L’opi- ficio Sella e C. di Valle Mosso espone i tessuti in lana car- data d’ogni specie in due grandi vetrine l’ùna rimpetto al- l’altra: duo altre vetrino occupano un largo spazio per conto •iella ditta Sella Maurizio di Biella; questo ultime vetrine sono 'aalto più eleganti, essendo in noce scolpito finamente con co- lonne, .capitelli e ornati.


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Prima di questi però troviamo, a destra entrando, i filati di Dal Bruii Antonio (Schio), le lanerie di L. V. Thomas (Pistoja); a sinistra le tre vetrine con stoffe, panni pei mi- litari, ecc., dei fratelli Bona di Caselle Torinese, poi i panni e i drappi di Antonio Barbando (Salerno), e le lane dei fra- telli Marzotto (Valdagno). Nel mezzo s’ incontra la Società anonima di manifatture di Borgosesia con lane greggie, car- date, con filati a colori per tessitura, maglierie o ricami; il Crosio (Milano) con tappeti o coperte ; i Bresciano, Polli e Ce- retti (Torino), con feltri circolari di bue per le macchine da carta; il Budelli A. (Gandino) con tessuti, flanelle, coperti'.

Doi>o i Sella troviamo Giuseppe Focei (Arezzo) con stoffe e panni, C. Galizioli (Milano) con tappeti e coperte, i fratelli Bey (Torino) con tappeti da tavolo e da soppedanei; poi una splendida vetrina a otto colonno in color noce con ornati in nero ed oro, ripiena di bei tessuti di Gerolamo Garbici (Schio). Meritano d’essere osservati i berretti a maglia, i fez e le cal- lotte di Anseimi Incerti da Modena; o lo berrette di un sol pezzo ili lana follata della Società Anonima por la fabbrica- zione dello berrette di Modena.

Moretti e Forno (Va'. Mosto) esposero stoffe di lana uso cheviot; Gino Giacomini (Milano) tappeti da tavolo e da pa- vimento; i fratelli Ugono (Torino) staccie di lana e lane meccaniche per la filatura; Coller e Perrot (Pinerolo) coperte e copertoni, i fratelli Radici (Gandino) le flanelle, le stoffe o i feltri per cartiera, ecc.

Ispettore dello classi 32, 33, 34 e 35, che abbiamo viste fin qui, è il signor Camillo Bussi.

Rientrando per uno dei 'passaggi nella galleria centrale, ci troviamo nel mezzo delle classi 36 e 37, che comprendono: la prima gli scialli, i tessuti di crine, i merletti, i tulli, le maglie, i nastri, le passamanerie, i galloni, le treccie e le corde metalliche; la seconda Io vestimenti, cioè i lavori di sarto, di modista, di cappellaio, di calzolaio, di guantaio, ecc.

La classe 36, che si estendo tosto nella galleria laterale destra, comprende i tessuti cho non si battono in pezza e quei prodotti che volgarmente son detti tessuti, ma cho per l’armatura o il processo di fabbricazione non si possono ri- gorosamente considerar tali ; cosi pure si comprendono i pizzi


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a macchina, porche quelli a mano (classo 37) li vedremo in seguito nella galleria centrale. Sul principio di questa classe ci appaiono tutti i vari generi. Ecco qui a destra entrando gli scialli di lana e lo stoffe a maglia di Manusardi o Franes (Pistoja), le passamanerie di G. Picei (Firenze), i tessuti a maglia in seta, lana e cotono di Boglietti e Guglielmotti (Biella), i tessuti a maglia in pezze di F. Ferrano (Milano), poi le stoffe in seta e i broccati con oro e argento fino o falso, di grande effetto, per chiose e per teatri (oh, eguaglianza profa- natrice delle industrie! esclameranno i devoti) di Ghidini (Torino); poi i passamani per mobili di Carlo Menni (Milano), i fiocchi, le frange e i cordoni di Serafino Minelli (Bologna), i nastri di seta per cappelli da uomo e lo cravatte di Visconti e figli (Milano), i passamani in seta, lana o cotone di Ber- nardo Solei (Torino), le maglie in pezza o le maglie lavorato di Taveggia e Chierichetti (Milano), lo maglie e le calze di G. Boflfa (Torino), lo copioso maglierie in genero di Carlo Lorenzi (Milano), nastri misti di velluto di G. Gachet (To- rino), passamani di moda di Peroli Ginseppo o C. (Milano), la passamaneria per forniture militari di Carlo Morandi (Milano), gli scialli o gli scialletti di lana e le flanelle di Ermanno Mosters (Somma Lombardo), i nastri e le fodere per cappelli da uomini di Vergeat e Sartirana (Milano), e in una vetrina alta e vistosa le stoffe diverse e parecchi generi di passa- maneria di Luigi Peliti (Torino), le tomaje per calzolaio e i tessuti elastici di Edoardo Gajo (Milano), le passamanerie del Pasta Giuseppe o del Francesco entrambi di Milano, lo passamanerie da signora di Paolo Galli (Milano), gli scialli e i tessuti di varia sorte con prevalenza in lana di Enrico Dario (Milano)..., insomma questo è un vero complemento dei tessuti delle classi già veduto.

L’ultima parte della galleria centrale e di quella laterale destra è sotto il dominio della volubile moda, che estende il suo potere ancho sul principio della galleria maggioro elio viene in seguito. Siamo in mozzo all’estetica femminile, quella che ha o almeno dovrebbe avere per iscopo di dar risalto alla bel- lezza naturalo, e che talora invece l’offende o la deturpa. Qui non abbiamo, come all’ultima Esposizione di Parigi, gli abiti da 10 lire e quello di 85,000, prezzo questo d’un abito dlAlen^on, ch’era costato sette anni di lavoro a quaranta operai ; ma peri)


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abbiamo noi puro una larga scala di prezzi dai massimi ai minimi.

La distribuzione venne fatta con molta cura e chiarezza, il che era cosa non facile in mezzo a tanti generi diversi; la gal- leria laterale destra fu riserbata ai ricami in oro, seta o lane, ecc.; quella di mezzo ai cappelli e vestiti da signora, agli oggetti di fantasia, bottoni, fiori, guanti ; poscia la grande galleria comincia colle biancherie lavorate, ed ha da una parto i busti, dall’altra lo scarpe; o procedendo si trovano i mer- letti a sinistra, i cappelli da uomo, o dietro a questi i lavori in cartonaggio o la mostra Bocconi.

Comìnceremo il nostro giro nella galleria laterale destra, dove abbiam lasciato la classe 36. Qui abbiamo i merletti coi Co- lombo; gli splendidi ricami in oro di molti valenti: coi Va- lori Giovanni (Milano), Biella Antonio (Milano), Landoni En- rico (Milano), che fra gli oggetti ecclesiastici espone anche lo bandiere ricamate per le Società di mutuo soccorso. Nel mezzo s’innalza la vetrina di S. F. Keiser (Gallarate) collo tende e colle mussole ricamate a macchina; poco lungi il Valeroi Giuseppe (Milano) coi veli di tulle o di seta ricamati amano, oltre a una collezione di campioni. Gli abiti maschili, che sfigurano sempre presso quelli dello signore, sono presentati da Luigi Ratti (Milano); Giuliano Frandoni (Milano), che espone abiti all’ultima moda e livree; da Marchetti Giovanni (Bergamo), da Marzio (Milano), da Giuseppe Spagnoli (Mi- lano), che unisce gli abiti per i due sessi ; da Biglia "A. (Ver- celli) che ha un abito completo per alpinista; da Kenelli Carlo (Milano). Per i militari pensano, in ciò che riguarda le pas- samanerie e i ricami, il Virgilio Gavirati (Milano), il Keina Ercole (Milano), che, unendo alla spada il pastorale, agli addobbi militari aggiungo gli ecclesiastici. Nel genere ricami abbiamo vari oggetti di biancheria ricamati pazientemente dalla signora Viandè, colletti e polsini dipinti per abito da signora della si- gnora Giuseppina Sportine (Torino), i lavori fatti colle mac- chino a cucire dell’ing. Carlo Greuter (Milano), ecc. Kimpetto vediamo due grandi armadi pieni di abiti pittoreschi, che ral- legrano in mezzo alla monotona foggia moderna; uno è dello Zamperoni, l’altro dell’ Ascoli, ambedue di Milano, e vestia- risti teatrali, che forniscono gli artisti lirici e comici dei tea- tri più importanti.


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Tornati nella galleria principale, troviamo che questa classe attende agli oggetti più svariati di fantasia , non solo ai fiori , ai bottoni , ai ventagli e a tutti gli altri che servono aH’abbigliamento femminile, ma anche alle legature di libri, ai lavori in cartonaggio , ai portamonete, ai portafogli, ecc. E guardando a destra troviamo i fratelli Yenegoni e Guerrini Angelo di Milano, ambedue con treccie e lavori in capelli; Mazza Carlo con treccie, fiori, pettinature; Zeano Prospero (Torino) con fiori artificiali, e Patrucco Carlo (Torino), che ha pettinature di buonissimo gusto, con pazienti lavori in ca- pelli; Cogliati Virgilio e Antonio (Milano) con molto vaghe piume e parrucche ; i figli di Binda Ambrogio (Milano) con bottoni della loro famosa fabbrica- Robiati Domenico (Milano) con bottoni d’ogni sorta e col disegno, accompagnato dalle prove da lui ottenute, d’un nuovo metodo per utilizzare i ca- scami di corno.

Nel mezzo ci si affacciano gli abiti femminili colla loro grande varietà. Ed ecco le signore curiosamente aggirarsi in- torno allo vetrine delle signore Ornaghi Teresa (Milano), Grassi- Zen Rachele (Milano), ai cappellini ed agli oggetti eleganti della signora Belotti Celestina (Milano), agli abiti, ai mantelli e ai molti generi di moda esposti da Giuseppe Eoa (Milano). Meritano menzione poi i guanti di Laforèt Felice (Milano), Pirola Carlo (Milano); ombrelli ed ombrellini Gilardini Gio- vanni (Torino), Pastore Stefano (Genova), Ronchetti Giu- seppe (Milano); II. Anseimi (Milano) presenta fiori, foglie e piante artificiali ; Ambrosini (Milano) le ricche pelliccerie ; Bernacchi Domenico (Milano) altre pelliccerie lavorate e in natura, e belle e numerose sono pur quelle di Pinzi, Coen e Pugliesi (Mantova).


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LA GRANDE GALLERIA E L’ANNESSO.


Tina galleria, larga corno l’antecedente, forma la congiun- zione fra le tre visitate e quella amplissima nella quale po- niamo piede. In questa abbiamo lo biancherie lavorate, e ci si all'accia l’elegantissima esposizione Bigamonti, consistente in una tavoletta per Signora, coperta di stoffa di seta colorata, alla quale sono soprapposti scelti pizzi nazionali. Sulla stessa linea frontale vi sono le camicie, i polsini e i colletti di Riva Luigi (Milano), i guanti e lo biancherie di Francesca Sala (Milano). .Vengono poi altro finissime biancherie personali di Alfredo Lassalle (Milano) , di Biella Angolo (Milano), di Martinelli fratelli (Milano), ricami in biancheria di Giletta Emilia (Milano), i corredi da bambini e spose di Teresa Magugliani (Milano), e di A. Sinigaglia (Milano), di Baroffio Guido (Milano), di Carlo Formento (Milano). I corsetti che rovinarono tante fanciulle e tante madri ambiziose di mo- strare una vita da vespa, quasiché fosso l’ideale non avere i visceri necessari allo funzioni della vita, sono ridotti a forme saggio ed igieniche da Carlo Violini (Milano), e da Pescatori e Ghinelli (Parma).

Giunti a questo punto, in mezzo alla grande galleria, ci si presenta il colossale mobile dei fratelli Bocconi (Milano). Paro una porta di città, un monumento con un alto arco cen- trale fra quattro laterali minori; il color rosso della costru- zione è un richiamo che agisco da lontano e fa accorrere ad esaminare gli abiti, le biancherie, le pellicce, gli ombrelli, i parasoli, i ventagli..., un po’ di tutto quello che si vende in quell’emporio universale.

Eimpetto abbiamo i merletti, cho sono fra gli ornamenti più ambiti dalle signore. Le operaje di Cantù hanno mandato i loro pizzi fatti a mano, belli di disegni artistici o varia- tissimi, i quali contendono, con fortuna, il posto ai pizzi di Francia. Certamente non sono fini come quelli di Bruxelles


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e di Malines, elio pajono tede di ragno, e por alcuni dei quali si adopera un filo così sottile o quasi impercettibile che costa fino 25,000 lire al chilogramma; ma sono anche questi finis- simi od eleganti. I molti Colombo di Cantù hanno fatto un espo- sizione copiosa, che mostra tutte le applicazioni dei pizzi dalle più modesto allo più costose; Tomaso Mascheroni, pur esso di Cantù, ha esposto merletti, sciarpe, contorni da fazzoletti; Ra- dice Giovanni, Bianchi Giuseppe e Frigorio Luigi, sempre di Cantù, hanno merletti, scialli, ombrelli, ecc. ; anzi il Frigorie lo ritroveremo co’ suoi pizzi anche nella galleria del lavoro, dove ci sarà dato vedere in qual modo si fabbricano dalle indu- stri dit delle brianzuole.

Sono inframmezzati a questi pizzi e li seguono, i merletti fa- mosi di Venezia e di Liguria, che fuori d’Italia si imitano ser- vilmente e si pagano prezzi favolosi. Baffuto Angolo di Santa Margherita Ligure mostra i bei pizzi in refe o seta. Jesurnm M. e C. di Venezia riproduco i pizzi antichi bianchi o a vari colori con disegni figurati e con successo completo ; e la So- cietà Anonima per la Manifattura Veneziana dei merletti, stata premiata all’Esposizione di Parigi, ha una stanza intera con- sacrata a’ suoi preziosi prodotti, che seducono i riguardanti. Questa Società presenta lo spalliere di poltrone messe a posto, di commissiono del conto Papadopoli, che sono squisite di la- voro; una vetrinetta in fondo contiene merletti del valore di una trentina di mille lire! La Società ha scuola di merletti policromi, e se no ammira specialmente uno sul disegno del- l’ ing. Oreffice. Questa industria era un tempo sì prospera in Venezia, cho il ministro Colbek volle introdurla in 1 rancia stipendiando operajo veneziane: ed oggi risorge all antica prosperità. . _ .

Ispettore delle classi 36 e 37 è il signor ing. Giovanni tosi.

Il rimanente della galleria e un’altra che si stende pa- rallela sul lato sinistro è consacrata alle arti usuali. La va- stità del luogo permise di erigere vicino alle pareti, dalle due parti, tanti salotti che presentano, per così dire, 1 mobili in azione, cioè colle tappezzerie, colle stoffe e con tutto ciò che servo a dare una prova di gusto artistico nell allestimento

della casa. . . , , . ,.

Nel mezzo furono erette altro pareti quadrate, dove si di- sposero i mobili separati, aggruppandoli come meglio si poteva.


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Cominciamo il nostro "irò nel mezzo, a destra. I mobili ita- liani conservano, per lungo e non interrotto ordine di arte- fici, il valore nazionale nell’intaglio e nell’intarsio. Per lo più i nostri mobili hanno una semplicità di linee accompagnate da una delicata esecuzione di particolari. La disposizione ci mette davanti fra i primi i mobili di stanza di Cattaneo In- nocente (Milano), lavorati con molto gusto; un canestro di legno ed altri lavori di tornitore di Angelo Cavallotti (Milano) ; una specchiera con portafiori e un piedestallo in legno noce con eleganti ornamenti dorati di Giuseppe Patrucco (Milano); la stanza da letto in noce graffito del Budini di Milano, le due credenze in noce di Antonio Zanetti (Vicenza), che portano sculture leggiadre, danze di puttini ricordanti i bassorilievi greci, e inoltre altri mobili di elegante linea; poi vengono le mirabili sculture di Salvatore Pagano (Napoli). Una di queste, in rilievo intero, è la Primavera: da un cespuglio s’ ergono fiori e scappano le foglie da tutte le parti, mentre un cane esce dal suo casotto guardandosi intorno; l’altra: Il custode della caccia, è un gruppo ancor più artistico, per l’atteggiamento del cane che vigila fieramente perchè nessuno tocchi la selvaggina ch’egli ha ajutato a prendere.

Segue l’esposizione della Scuola Artigiana di scultura in marmo e in legno di Varallo-Sesia, che mostra i profitti degli allievi nelle cornici, nel bassorilievo copiato del Donatello, in alcuni busti di marmi a colori intarsiati: in un solo occhio contansi quattro pezzi di marmo. Vicino vi è un letto espo- sto dalla Banca Popolare di Siena, lavoro di operai che è lodevole per la composizione (secolo XV) o per il lavoro d’inta- glio, che conserva le tradizioni . della scuola senese.

Il comparto vegnente è dedicato alle opere del Moretti Luigi di Milano, che sono d’una severa bellezza. I mobili devono essere destinati alla famiglia Visconti, perchè lo stemma del biscione è ripetuto nei motivi ornamentali: la porta, inta- gliata con sobrietà di disegno e con minuta esecuzione, porta nel sommo i ritratti di Gian Galeazzo e Filippo Maria Vi- sconti: due figure occupano il centro e portano scritti i nomi di Justitia c Veritas: la libreria e la credenza sono degni della porta. Nel medesimo comparto sono pure disposti i mo- bili ad intaglio del Barbetti di Firenze, una credenza, un ta- volo e tre scranne, robusti sì di disegno che di fattura; e con


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questi lo cornici o l'inginocchiatojo dol Ricciarelli di Poscia (Siena), notevoli por gentilezza di forma o squisitezza di intaglio.

Fermiamoci a considerare un istante i mobili artistici dove l'intaglio si sposa all’intarsio, di Pietro Zanolotti (Milano). Cominciano a far capolino i mobili veneziani, una scultura di legno a duo colori, d'un gusto affatto moderno. Pietro Doso (Venezia) ha una credenza; il Toso Francesco (Venezia) ha empiuto uno scomparto intoro delle sue statue di legno, piene di tanta espressione, di putti, di portafiori, di mensole, di lavori d’ogni fatta; il l)e Lotto G. B. (Venezia) continua i lavori di questo medesimo genero, e notiamo, fra gli altri oggetti, un tavolo sostenuto da uno schiavo e un gruppo di duo paggi. Ed ecco il Bosarel (Vonezia) colle sculture in legno, che potrebbero passero da questa esposizione industrialo all'artistica, o far arrossire qualche scultore por la correttezza del disogno o la cura dell’ esecuzione.

Sotto una votrina si vodo uno stipo od una fotografia: sono l’opera o il suo autore: la prima rimane, l’altro dorme sotto lo ignorato globo d’un cimitero campestre. Quel mobilo ha una storia. Giovanni Spaggiari era un boaro del Crestolo (lteggio- Emilia) elio si sentiva trasportato da un ardente passione per l'arto: ed empì le caso dei conoscenti di bastoni intagliati o d’altro piccolo opere. Il signor G. Garofani, maravigliato da alcuni di quei lavori elio vido, lo spronò ad oporo maggiori, promettendogli lo avrebbe assistito di danaro, corno foco: e lo Spaggiari, nei momenti d’ozio dallo grossolano fatiche, compiò in sotte anni questo delicato lavoro di intaglio in bosso. Or fanno quattro mesi morì ; o il suo benefattore pensò di esporre l’opora e il ritratto di chi la foce por onorare la memoria del- l’oscuro operajo, o porgere un nobile esempio d’ingegno, di costanza o d’operosità. .

Di squisita fattura sono lo stipo ad intagli oa alcuni qua- dretti scolpiti dello Scarsolli di Firenze, elio raffigurano fiori e animalotti piccini o delicati. E dove lasciamo il lavoro in legno per pendola del Roggero, un italiano che sta a Ginevra, e elio il marchese Doria pagò 10,000 lire? E il lampadario in legno, scolpito con un prodigio d’abilità dal Monili?

Ora, invece di entrare nel Salono pompejano, clic ci sta di fronto, volgiamo a destra per esaminare i principali lavori esposti noi comparto laterale : nel Salone entreremo fra breve.


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Proprio nel punto di voltarci, incontriamo i mobili dorati dei fratelli Bouvier, una eletta famiglia d’artisti, pittori, di- segnatori, scultori in legno (Milano), che allestirono uno splen- dido mobilio a lineo grandiose; poi un padiglione da campo persiano formato da tappeti che rivaleggiano con quelli di Persia, o sormontato da un leono in galvanoplastica di Giu- seppe Consonno.

Nell’angolo un quadrato intero è riserbato al naturalista Bonomi di Milano. Da una parto si vedono appoggiarsi ad una rupe artificiale due avoltoi, degli agnelli, maschio o fom- raina, che, da buoni mariti e moglie, stanno disputandosi un agnello cho hanno tra gli artigli: un terzo avoltojo è 11 per piombare in mezzo a loro, sperando sostenere la parto del torzo che fra due litiganti gode, o paro librato in aria. In uno degli scaffali sono i preparati tassidermici, per uso scien- tifico, fra cui duo fagiani della China o deH’Ócoania ; l’altro scaffale racchiudo lavori di fantasia. La vetrina è dedicata alla caccia, alla pesca o all’alpinismo, e gli oggetti che vi si riferiscono sono disposti con garbo sulle pareti, appesi, quadri, tosto di animali, sedie di nuovo genere, per sale da caccia, porta-orologi fantasia, in legno. In un angolo del quadrato uno specchio di genero nuovo, con due dipinti ad olio, di Ve- spasiano Bignami, intitolati Da Sud a Nord, più gruppi di gazzelle e cani in diverse prese. In faccia ad uno degli scaf- fali, su una roccia, è un’aquila fulva, presa nel ferro, colla gamba insanguinata, cho volgo la tosta verso la parte ferita, con una evidente espressione di dolore.

In questa corsia son pur disposti i lavori in legno trafo- rato del Fumcl e del Barelli di Milano.

Degne di speciale menziono lo vernici sul vetro ad imita- zione delle varie qualità di pietra del Venegoni di Milano, ed i mobili di giunco dorato del Sartorio pure di Milano.

Il verniciatore Marco Bardusco (Udine) ha disposto le suo cornici dorate, rosso e nere in semicerchio, fra pilastri e vasi, poi ci conviene passare ad ammirare la fila dei salotti che i fabbricatori di mobili e i tappezzieri hanno allestito.

La prima che troviamo discendendo è del Itameli i Andrea (Milano), che preparò una camera da letto completa; poi il sa- lotto da pranzo di Villa Filippo (Milano), che è in istile del seicento ; una camera di Andrea Trombetta (Como) colle pareti


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coperte di pelle commina e colla soffitta a rosoni ; un’altra è dell’architetto Tagliaferri, nello stile fiorentino del secolo XIV, o rappresonta un ' vero trionfo della fratellanza industriale. Molti industriali bresciani volevano fare un’esposizione collet- tiva, e l’architetto Antonio Tagliaferri ponsò di fabbricare una sala, dove ciascuno potesse contribuire la propria parto di lavoro. E infatti il pavimento ò formato di mattonella di cementi della fabbrica Peverati P. e C.; gli stipiti dello porto sono in marmo di Eezzato intarsiato con altri marmi della provincia bresciana ; gli intorni furono eseguiti dallo scultore Lombardi e gli esterni dallo scultore G" libri, ambo di Rez- zato; il camino o la caminiera sono in Scagliola dei fratelli Peduzzi ; la bella tappezzeria di cuojo che ricopro le pareti è della fabbrica G. M. Bonardi da Iseo, impressa ad ornati dal tappezziere Armanolli, e lo scenografo Giovanni Zuccarelli dipinse lo spazio intermedio fra la tappezzeria o la cornice, consistente in un motivo ornamentale che includo in ordine storico gli stemmi dei dominatori di Brescia, presentando così la storia della città dal mille fino ai nostri giorni. Tacciamo del soffietto di legno d’abete del falegname Frigerio e di altri che contribuirono a questo lavoro, perchè i nomi di tutti si leggono in due quadri appesi ai lati delie finestre. I mobili, sempre in perfetto stile, sono ciascuno un lavoro insigne. E ol- tre agli esecutori, va data lode al Tagliaferri che ideò ogni cosa e diresse tutti i lavori con intelligente amore d’artista.

Vien poscia la ricca sala dei fratelli Tradico (Milano) in istile barocco con istucchi, cariatidi q copioso dorature, con mobili in perfotto carattere, e infine il salotto da pranzo dei fratelli Mora (Bergamo).

Rimpetto troviamo specchiere intagliate con arditezza o buon gusto da Cella Carlo (Milano) e da Paulotto Domenico (Milano) ; lo curiose statue variopinte e dorate, lo cornici do- rate del Boshard di Firenze; e i tavolini o gli stipetti del Catalano di Palermo verniciati quali a vieux-laque o quali ad imitazione dei mobili giapponesi. Son pur qui disposti al- cuni mobili del Campodonico di Chiavari, una sala o una stanza da letto del Moisè di S. Coen, ed una stanza da letto del Gatti di Milano.

Rientriamo nel comparto centrale, od esaminando i mobili clic si trovano nella parte opposta a quella che già vedemmo,


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incontriamo i mobili di Chiavari, bianchi e loggieri, di Giu- seppe Raffo ; e poi uno stipo ricchissimo in legni orientali, o adorno di mosaici di Etienne Chalon (Firenze), elio presenta anche mobili a intarsio di linee colorate ; gli eleganti mobili in legno chiaro con intarsi monocromi, puro in logno, di Le- nardon Luigi Paolo (San Vito al Tagliamonto).

Luigi Cassani (Milano) presenta bei mobili in ebano ed avorio; il Galfetti Giovanni o figli si dimostrarono vori artisti nella costruzione di un mobile in noce d'india con intarsia- ture in legno bianco, incise od ombreggiato a modo cho ti sembrano in bassoriliovo, ed ornato con vario figure allego- riche; — Brambilla Adriano (Milano), parecchi mobili di gran lusso con begli intarsi e adorni di pietre dure ; poi la si- gnora Arrigoni (Milano), che fa eseguirò i mobili in ebano ed avorio in modo da simulare gli antichi capolavori. Bizzarri di concetto e di buon intarsio sono la specchiera e il camino del Capponi di Roma. Ecco lo stipo intarsiato in argento o piotro preziose di Bolla Giuseppe di Milano.

Il Polli Francesco (Fironze) lavora egualmente bene l’in- tarsio cho l’intaglio; od espone tavolo intarsiato in metalli o in legni a colori, e una tribuna od una libreria dogni doi palazzi mediovali per la severa bellezza dello stilo. Ricchis- sima è l’esposizione del Ferdinando Pogliani (Milano), cho ha mobili intarsiati e incisi in ebano o avorio, ed altri scolpiti con buon rilievo e finitézza.

Vogliono essere notate le duo statuo di donna scolpite in legno dal Pucci di Firenze, portanti due candelabri, e lo stipo intagliato in noce dello stesso. Di fattura magistrale i duo grandi mobili e i piccoli esemplari d’intaglio del Cheioni di Firenze: grande finitezza d’intaglio ed armonia di disegno.

Anche questa volta ci fa d’uopo resistere alla tentazione di entrare nel Salone pompeiano per visitare il comparto che sta alla nostra sinistra, occupato esso pure dai mobili.

Il bronzista Pandiani (Milano) presenta le belle o lucenti lampade artificiali; dietro lui viene il Brund, pure di Milano, che ha eleganti lampade in bronzo di nuovo modello ; — se- guono i letti e le mobilie in metalli di Sessa e Torti di Mi- lano, con ricca decorazione di camino, di Alfano, Silva, Sca- lia, ecc. Qui ci aspetta' una lunga schiera di stanze. La prima è di G, Parvis, un italiano che sta al Cairo, dove ha fatto for-


ATTRAVERSO L'ESPOSIZIONE 8§

tana per il felice connubio che ha saputo introdurre fra lo stile italiano e l’arabo. Ci sta davanti un salotto completo degno d’un ministro del Kedivè, colle pareti in tela e coi mobili egiziani intarsiati in avorio, metallo e madreperla.

Vengono poscia la camera da letto di Edoardo Mariani (Milano) con mobili intagliati ed eleganti sculture in noce lucidati all’antica, in istile del cinquecento; — un gabinetto fantasia di Bianchi B. (Milano) colla tappezzeria in seta; — due camere da letto complete di Zara e Zen (Milano); — tin gabinetto di L. Guastalli (Cremona) coi mobili in ebano intar- siati in madreperla e diversi metalli irl istile bizantino; — una camera di M. Ceruti (Milano) in istile Luigi XVI collo pareti tappezzate in istoffa antica rossa, e sul soffitto un quadro rappresentante il Bersaglio d’amore ; i mobili sono del bravo ebanista Sevoso che ha la sua officina nell’Orfanotrofio maschile di Milano ; — la camera di A. Baner (Firenze) completa con stipo, scrivania, sedie, e qui notammo gli intarsi in avorio co- lorato che simulano lo pietre dure e sembrano veri mosaici : uno stipo cogli stonimi a colori di Firenze, di Roma e di Milano, ne è bellissimo esempio; — un gabinetto in istoffa di stilo antico do- icato di tinte, di Galbusera tappezziere (Milano), che tappezzò la camera con un fondo di velluto rosso, su cui spiccano i quadrati dorati e azzurri; — la bella sala decorata da Va- lentini e Bernasconi (Milano), o mobiliata da Porro e Rossi in istile Luigi XV. Il fondo è bianco con ornati d’oro : gli stucchi girano intorno alle pareti ed al soffitto in cordoni o fogliami, e formano puttini candidi e leggiadri; in fondo vi è un ca- mino in perfetto stile; da una parte un quadro pastorale del genere che richiama Wattoau; un medaglione pur dipinto sullo stesso genero occupa una parte del soffitto. I mobili sono in perfetto stilo, e manca solamente la dama incipriata cho venga a prender possesso di questo fresco nido. Al di fuori un panneggiamento in istucco adorna la divisione del muro.

Seguono: la camera da letto con mobili di lusso di Carlo Corbotta (Milano) ; — un salotto di mobili artistici intagliati di Daniele Lovati (Milano); — una stanza di Conti Carlo (Mi- lano); una sala di (Forioli Minorini (Milano); o finalmente uno studio in istile russo con mobilio artistico dei fratelli Bronzini (Milano).

Così siamo venuti al fine della galleria centrale; usciamo


86 GtjlDA DEL VISITATOLE

dalla porta a sinistra e percorriamo la lunga e stretta galle- ria parallela dove sono raccolte altre arti usuali. Qui le stufe, i caloriferi e lo cucino del Sigismund (Milano), che ha un modellino di cucina economica a un terzo del vero, molto ele- gante; il Lomazzi e Broggi (Milano), alla camera del calori- fero sostituì un sistema tubularo di 25 canne, le inferiori in ghisa, le superiori in ferro; il G. B. Porta (Torino) ha un focolajo per ventilazione, un altro calorifero, un termosifone, cucine economiche, parecchie cucino e stufe; Zolla e C. (To- rino) presentano un calorifero con tubazione ed accessorj per riscaldare lo serro da giardino, un calorifero d’appartamento e stufo a vari sistemi; il Crivelli Cesare (Torino), un forno in ferro montato sopra un carro e un calorifero; Bozzoli Giacomo (Inverigo), una stufa in cotto, nuovo modello sistema, e caloriferi; Giannantonio Giuseppe (Cremona), cucine eleganti con marmi e ferro e caloriferi; Buscagliene Giacomo (Torino) con caloriferi e caminetti in ghisa e in terra refrcttaria ; Galli Michele (Milano), caldajuoli per stufe ; Galli Andrea (Lomazzo), stufe Franklin; Zappa Nicola (Milano), apparecchi idrotera- pici per ritirate ; Moltini Giacomo (Genova), ritirate con nuovi sistemi; e la Società Milanese per pulire i camini dalla fu- liggine presenta i suoi modelli.

Il Canavesio Giovanni (Torino) ha alcuni apparecchi per riscaldare le bibite, per bruciare il caffè, ecc.; e il Casazza Gaudenzio (Milano) presenta un piccolo tavolo a molla con ordigni por cuocere le carni allo spiedo, col fumo, ed un ca- mino, pure a tale intento, di nuova invenzione.

Nel mezzo di questo riparto si ammira una bella lampada di ferro in istile antico di Andreoli Carlo (Monza). In questo genere sono assai ammirate le lampade e le cornici in ferro del Ceruti, che sono eloganti e sottilissimi ; e il gigantesco lampadario del Villa (Milano), tutto in ferro, le pende dalla vòlta della galleria che metto al Giardino pubblico. Prima di arrivare a quel tronco aperto di galleria, dobbiamo osservare i mobili in ferro: fra questi si distinguono i letti, gli stipi e le tavolette della ditta Volontà, detta Al Vulcano (Milano); le camere del Moneta, i mobili del Tonti, Taralda, Lodini, Franci Pasquale, Masi, Rodello, Carboni.

In quel tronco di galleria che abbiamo accennato, e dove si trova la lampada Villa, sono esposte le casse forti e parec- chi attrezzi da giardinaggio.


ATTRAVERSO l/ ESPOSIZIONE 87

Una parete, a sinistra, è occupata dai rubinetti di G. B. Provana (Torino); seguono le inferriate lavorate a intreccio, imitando una famosa nella piazza San Sepolcro di Milano, del Giuseppe Pastorini (Cremona) ; le taglio metalliche por iscri- zioni dei fratelli Brassart (Roma) ; lo serrature di D. Crespi (Busto Arsizio); i lavori in stagno fatti a mano dai fratelli De Giorgis (Milano) ; Piazza Ambrogio (Monza) un fornello- caldaja per la follatura dei cappelli ; Bossi Gaetano (Locamo), cassette e borse postali con nuovo meccanismo; Maggini Mar- chesi fratelli (Milano), le splendide stagnole bianche e cola- rato che son note in tutta Italia, le lastre di stagno, le ca- psule metalliche, ecc. ; Adami Giuseppe (Milano), lime e raspe ; Foracchi Luigi (Rcggio-Emilia), doccie in zinco e ottone; Pa- gani fratelli (Milano), seghe d’acciajo; Pagani Giovanni (Mi- lano), apparecchi in metallo per saldature; Tacchi Bernardo (Genova), tele e griglie metalliche; Yanzulli fratelli (Caronno), utensili e macchino por imbottigliare; Stefano Jhonson (Mi- lano), bottoni di metallo o medaglie; G. B. Izar (Milano), bul- lette, bottoni, coltelleria. Giovanni Pagani, operajo della So- cietà Archimede di Milano, espose due cluilumot per saldare i metalli ecc.

Ci troviamo poi fra i pavimenti di legno di Zari, Bianchi Del Colle, Borghi, ecc., disposti a mo’ di salotti, dove son col- locate le mobilie di Chiavari. Notiamo le bello persiano del Gajetti di Torino fatto corno tappeto antico, del Montani di Milano, ecc.

Le botti colossali, da far pensare a quollo immense di Co* nisberga, sono presentate da Cioffi Luigi (Bari) ; E. Fenzi,E. Orazio (Firenze) che ne ha sedici; da Carrosi Agostino (Chia- vavi), da Ferdinando Belluco (Bottaglia), che no ha duo, una di 15, l’altra di 30 ettolitri; da Giuseppe Caldara (Bergamo), tne ha vasi e secchi per vino, da Enrico Zambelli (Milano), che ha tre fusti di rovere, o da Ogliani Giuseppe (Torino), che ha botti gigantesche, ecc. Il Fareut di Torino presenta modelli d agricoltura ; Mauri Marco (Milano), costelli per frutta, ecc.

Rientriamo nella galloria e penetriamo finalmente nel Sa- lone pompejano.


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OUÌDA DEL VISITATOLI']


IL SALONE POMPEIANO.


I pianoforti, le vetrino e gli organi occupano in gran parto questo Salone, destinato in origino a sala di riposo e nell’ oc- casione di cerimonie e di conferenze; ma il gran numero degli espositori costrinse il Comitato ordinatore ad approfit- tarne per collocarvi gli strumenti musicali e la mostra, dotta con un francesismo, dei costumi, nascondendo in gran parte la bella decorazione, studiata sugli avanzi di Pompei.

Gli strumenti musicali occupano il pian terreno; ma gli organi si sono impadroniti anche dell’esedra, posta al disopra della fontana che lenta scorro fra le roccie d’amatiste.

Nel posto d’onore sorgo un organo colossale del Tonoli di Brescia, cho spande lo solenni armonie per l’ampia sala.

Fra gli strumenti musicali notiamo l’organo sinfonico, ad- ditato corno novità, di Inzoli Pacifico (Croma); l’organo con armonium di Carlo Alotti (Monza); quelli di Troner Filippo (Pistoja), di Zanfretti Gaetano (Verona), di G. B. Lorenzi (Vicenza), di Antonio Gadda (Milano); — i pianoforti di G. Aymonimo (Torino), Amelotti Carlo (Alessandria), G. B. An- gelini (Milano), Beferale e d’Aletta (Torino), Svizzi e Nicolai (Firenze), Vigo (Milano), Del Gais (Napoli), De Meglio (Na- poli), Gavioli, (Modena), Giachetti (Cigliano), A. Grimm (Mi- lano), Carlo Ducei (Firenze), Maltarello (Vicenza), G. Mola (Torino), E. Ratti (Milano), C. Roesler (Torino), F. Sala (Mi- lano) - nè manca un automa che suona il flauto di Luigi Mangetti (Aosta), il pinomccata, macchina elettro-magnetica per l’esecuzione automatica di qualunque pezzo musicalo su- gli istrumenti a tastiera di Enrico Bemolli (Mignanogo); un flauto di marmo di A. Fortini (Carrara) ; il melograno di Luigi Caldero (Torino); un istrumonto nuovo dotto g abusi fonio di G. Gabnsi (Bologna); — i violini di Enrico Ceruti (Cremona), di Giusto Dattini (Pavia', di A. Gottardi (Treviso), di P. Grulli (Cremona); — un clarino di nuovo sistema di E. Dal Secco


  • ATTRAVERSO i,’ esposizione 89

(Venezia); — gli istrumenti a fiato di A. Meldina (Milano); di A. Do Torri (Verona); le ocarine perfezionate di E. Ghezzi (Milano); — una macchina per comporre musica a manubrio di Orsini Marchese (Snmona); e finalmente il Pelitti Giu- seppe (Milano), che raccoglie in una grande vetrina cento e più istrumenti musicali.

Sulla loggia, tntt’intorno, sono disposti duo ordini di ve- trino: quelle alto accanto alle pareti racchiudono i fantocci ve- stiti nello foggio delle varie parti d’Italia; lo più piccole con- tengono gli oggetti che completano la mostra etnografica e formano il principio d’una storia del lavoro italiano. La confor- mazione della penisola e più ancora le viconde politiche, hanno fatto sì che fra gli abitanti d’una provincia e quelli d 'un’al- tra passa maggior differenza di vestire, di industria e di abi- tudini che non quasi fra due popoli di stirpo diversa. L unione politica cerca di far scomparire queste differenze, a quella guisa cho l’istruzione sostituisce gli oggetti primitivi con quelli per- fezionati dalla scienza; ma vi sono tuttora in certe provincie gli arnesi, gli aratri e i vasi dei pastori della Bucolica c delle Georgiche.

I costumi mostrano la varietà grandissima di stoffe, di tes- suti, di oreficerie, di ceramiche, della cui conoscenza potrebbe l’industria trar profitto. L’esposizione, promossa principalmonte dai signori Cornali;:, rag. Pini e Garovaglia, fu disposta in ordine geografico ; quindi cominciano a destra i fantocci (pre- parati dall’abate Luzzardi di Brescia) vestiti coi costumi del Piemonte (Val d’Ossola o Val Sesia) — della Liguria — dolla Lombardia — dol Veneto — dell’Emilia — dell’Umbria — dello Marcilo — della Toscana — di Roma — degli Abruzzi (Molise) — della Campania — delle Puglie — dolla Basili- cata — della Calabria — della Sicilia e della Sardegna.

Rimpetto a ciascuno di quei fantocci vi sono gli oggetti della sua regione nelle vetrino basse; e sì gli uni che gli al- tri sono mandati dalle Camere di Commercio, dallo Società de- gli studiosi dei varii luoghi. Il Museo di Varallo mandò fan- tocci vestiti nelle foggio dei paesi alpestri di Val Sesia, e cioè di Alagna, Fobello, Rimella, Vocca, Civiasco, Lima, Carcoforo e Varallo;' — la Fondazione Callotti di Domodossola inviò dieci costumi interi rappresentanti le alpigiane dolla valle dell’Os- sola. Il prof. G. Bellucci (Perugia) ha mandato una colleziono


90 GUIDA DEL VISITATORE

di amuleti dell’TJmbria; — Tiraboschi Antonio (Bergamo) sei costumi bergamaschi e vari oggetti; — il dott.} Tossera Fe- derico e il dott. A. Margno (Lecco) due costumi da donna ed uno da uomo di Promana, oltre alaggi industriali; — l’in- gegnere Giuseppe Quaglia (Varese) inviò una collezione di og- getti preistorici delle stazioni lacustri da lui illustrata; — Plasmo Giovanni (Rionero, Potenza) alcuni costumi, oggetti d’uso personale, stoviglie e arnesi rurali; — F. P. Matori (Grassano-Potenza) quattro costumi da donna o duo da uomo, il giuoco della rociola, calzari, aratri, ecc. ; — dott. G. Ma- rietti (Parma) costume delle popolano parmensi detto Polo- nese o vari strumenti casalinghi e agricoli; — il Comitato etnografico di Bologna espose costumi, gioje, utensili di casa e di lavoro; — la Camera di Commercio di Sassari molti co- stumi sardi. I costumi romani furono esposti dalla Camora di Commercio di Roma, che deliberò di lasciarli in dono a Mi- lano, come ricordo di fratellanza.

Questo gruppo comprende le classi 38, 39, 40, 41, 44, 45, 47, 49, 50, 54. '

Ne sono ispettori ing. Cecilio Arpesani, Giorgio Meregalli, Cesare Manzoni.

Dopo esserci riposati nel Salone, torniamo nella galleria centralo ed usciamo per la prima porta che troviamo alla no- stra sinistra, vicina al padiglione persiano, e ci troveremo di faccia all’andito che separa la prima dalla seconda galleria delle macchine.


PRIMA GALLERIA DELLE MACCHINE.


Il corridojo che dalla galleria centrale conduco a quelli delle macchino è occupato da due schiero di vetrine addos- sate alle pareti, nelle quali trovansi i piccoli oggetti attinenti alle classi 9 e 10, come robinetti, tipi per stampa, licci, pet-


attraverso l’esposizione 91

tini (li tessitura ed in genero pezzi staccati destinati a met- terò in rilievo i particolari di alcune macelline.

A metà di questo corridojo si aprono lo porte delle duo ampie gallerie destin.ato alla meccanica. Affacciamoci a quella che abbiamo alla nostra sinistra e che ci introduce nelle gallerie più vicine al bastione.

Lo spettacolo è grandioso, imponente. Una colossale gru da ferrovia è posta a cavalcioni del viale di mezzo e forma un arco sotto al quale passano i visitatori: da un lato e dall’altro lo macchine a vapore e le pómpe ; più lontano una fila di locomobili, in fondo un trofeo di tubi di ghisa esposto dalla fonderia di Terni. D’ogni lato quei colossi di ferro soffrono, stridono, mugghiano: l’acqua si rovescia dai tubi, si agitano le membra poderoso mosso da una vita incosciente, cui non può resistere la forza dell’uomo, ma che un moto della sua mano sospende ed arrosta.

Dirigiamo i nostri passi a destra, ed entriamo nel vialo laterale che trovasi fra due file di macchine. Vicino alla pa- rete vi sono le locomobili. Due sono di Neville e C. di Ve- nezia; due di Dell’Era Battista di Belgiojoso; una di P. Bo- sisio e C. di Milano; una della Società Veneta di costruzioni meccaniche di Treviso; una dell’Elvetica di Milano; una di Enrico Gragnola di Milano; una di Chinaglia; una di Cosimini di Grosseto; una di Pietro Rossi di Como; una di Geisler Tobia di Vicenza ; ed una finalmente di Edoardo Do Morsier di Bologna.

L’altra schiera è composta di macchine più svariate. La ditta E. G. Neville, già nominata, ha due macchino a va- pore, una turbina, un trapano, un ventilatore, che occupano due comparti; — la Società Veneta di costruzioni meccaniche e fonderia di Treviso mette in moto colla sua locomobile un’i- drovora colossale per prosciugare paludi, inaffiaró campi, e per tutti quei servigi per i quali occorre innalzare l’acqua, la quale viene gettata in abbondante cascata. La stessa So- cietà espone anche una macchina fissa a vapore, sistema Cor- liss, della forza di 90 cavalli. — Enrico Gragnola (Milano) ha una macchina a vaporo fissa di 18 cavalli con cilindro ad inviluppo di vapore che mette in moto varie macchine di questa sala. Notiamo inoltre una tagliatrice da carta, attiva; una imbozzimatrice, che serve por dare la preparazione ai fili d’or-


92 GUIDA DEI, VISITATORE

dito poi telai; ed i torni, torchi, modelli, ecc. — Segue unà bella macchina a vaporo, della forza di 15 cavalli, di Edwin Brunner (Pellezzano, Salerno) ed altra dell’ officina del Ceri- medo e C. di Milano. — C’è poi una pompa sollevatrice del- l’acqua dell’ in g. E. Fontana di Reggio- Emilia. — L’inge- gnere Girolamo Chizzolini (Milano), noto per i suoi studj di prosciugamento dello paludi, ha un sistema di pompe a collare accoppiato, di recente invenzione, per usi agrarj, elio si mantengono in azione por mezzo del vapore. — Geislor Tobia di Vicenza, già nominato, ha una macchina a vaporo orizzontalo della forza di duo cavalli, ed una vorticalo por filando e filatoi di duo cavalli e mezzo. — Vediamo inoltro in azione un modello di motore a vapore con stantuffo di G. Beltrami di Castelnuovo Scrivia ; ed altre piccolo motrici a vapore di Vincenzo Agosteo di Pavia, di Colombo Iginio di Genova, di Magherini di Prato. Seguono poi le pompo por incendj, por agricoltura, per giardini, per strado, ecc.

In questo modo abbiamo girato metà della galleria. Get- tiamo uno sguardo nell’ammasso che trovasi in fondo, dove sono le macino o parecchie macchine per variati usi.

Seguendo il sistema tenuto nel visitare la prima metà della galleria, ontriamo anche qui nel viale laterale che si trova fra lo due schiere di espositori. Imngo la parete come dal- l’altra parto vi erano le locomobili, così qui vi sono in gran parte pompe o torchi. Comincia la ricca esposizione di Ales- sandro Calzoni (Bologna), cho ha motori idraulici ed a va- poro o molto pompe; poi vongono lo pompe di Pietro Rossi (Como) per asciugamento, per travaso, ecc.; quindi lo macchine di Rossi Provino (Milano); qnollo dei fratelli Erba (Milano); e finalmente il tempietto a tubi di ramo ed altri apparecchi dei fratelli Mussi (Milano).

Tornando indietro ad esaminare l’altra schiera, posta verso il centro, ci si mostrano una motrice orizzontalo con pompa di servizio annessa ed altre macchine di Tesini Podestà (Cre- mona); una motrico a vapore verticale ed una orizzontalo, una pompa a vaporo e il disegno di un forno per caldaja, ed altre macchine per la lavorazione del cuojo, del Cravero di Genova; una macchina a vapore fissa orizzontale, di forme nuovo, della forza di 30 cavalli a condensazione e distribuzione sistema Corliss, ed un piccolo motore a vapore che sono in azione, ma


ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE 93

non applicato a muovere macchine, dello Stabilimonto di Pie- trarsa o Granili (Napoli); due macchine a vaporo, un molino doppio, un tagliacarta, una pialla di Masera Antonio di To- rino; un bel molino, notevole per avere con sè la macchina cho lo muove, è esposto dall'ing. Giovanni Enrico (Torino).

Ed occoci giunti all'esposizione di P. Bosisio e C. (Milano), cho oltro allo macchino a vapore, ha pompe, oggetti di fon- deria e una colossale gru da ferrovia cho sta a cavalcioni del viale di mezzo.

Un immane cilindro che ruota intorno a sè, ci richiama alla mostra Edoardo Silffert o C. (Milano); è un lisciviatoro por la paglia destinata ad essere convertita in carta; espono puro macchino a vaporo di assai buona costruzione.

Poco discosto v’è il gasogeno dell’ ingegnere Giuseppe Ye- nini (Milano), cho è un’utile invenzione consistente in un focolajo mobile a gas. Finalmente vi sono le pompo por in- condj, del Pietro Berzia di Torino. In questa sala sono degne di nota lo caldajo esposto dallo ditto Bosisio, Minili e Yen- turi, o Calzoni.

Questa galleria mantiene splendidamente lo speranze cho si erano concepito sull’ Incremento dell’industria meccanica in Italia.

Uscendo da questa, prima di ontraro por la porta che ci sta di fronto, nella seconda galloria dello macchine, volgiamo a sinistra e rechiamoci al localo dello caldaje in servizio.

Questa, corno si vedo anche dalla pianta, ò stata edificata alquanto discosto dallo gallerie di legno, per buona procau- ziono contro gli incendj, e precisamente nell’angolo formato dal bastiono e dallo caso privato. In un camino solo, alto 30 motri, concorrono tutti i prodotti della combustione; nella casa sono disposto in batteria novo caldaje, cho è un vero pec- cato non possano rimunero esposte agli sguardi del pubblico. Diciamone almeno i nomi. La prima a destra del visitatore è la più grando, ha duo focolari, ed è presentata dallo Sta- bilimento dell’Elvetica, Cerimedo o C. Seguono le duo della ditta Bosisio, notevoli por essere ciascuna in soli tre pezzi di lamiera; poi una del Siifiert, che ha aggiunto un serpentino economizzatore perchè l’acquasi scaldi prima di entrare nella caldaja; due di Cantoni o Krumm; la settima di Do Morsier- l’ottava di Brunuer, con alcuni pozzi congiunti senza chioda-









Attraverso l’esposizione 97

cordi, cho trasportò qui l’esposizione che doveva fare nella galleria del lavoro; — una macchina tipografica celere a ro- tazione, un torchio a leva e una trancia a doppio eccentrico di Dell’Orto Amos (Monza); una macchina per carta continua di Edoardo Do Morsier (Bologna), il quale espose altresì una pompa centrifuga ed una macchinetta a vapore, e ci ritorna così nelle altre industrie estranee alla tipografia.

Valerio Cliecchin (Mantova) mise in moto una macchina per margaritare le. pelli; — Decker e C. (Torino) una calandra per stirare e lucidare le stoffe ; — Sella Maurizio e ing. Cer- rutti Fedele (Biella) una caldaja per tingere e lavare materie tessili; Salvaneschi C. (Broni) parecchie macchine per l’indu- stria vinicola; — altre macchine per la stessa industria i fra- telli Mure (Torino); — un bramino per riso con inviluppo di sicurezza i fratelli Zanetti (Mortara), e alcune macchine pu- litrici di grano e una macina per triturare le corteccia, ed al- tra per lavorare il cuojo, Luigi Zanelli (Torino).

Infine osserveremo il gasometro in lamina presentato dai fratelli Badoni (Lecco), ed altri numerosi apparecchi pel gas della Compagnia Continentale.

Ora che abbiamo compiuto la nostra rapida passeggiata attraverso questa importante galleria, esciamo dalla porta che si trova nel mezzo della parete sinistra, la quale ci conduce nella prima galleria del lavoro.

L’ordinamento delle duo Gallerie delle macchine, come pure di ambedue le Gallerie del lavoro, insieme all’ impianto dei generatori di vapore, della tuberia e delle trasmissioni per le macchine in moto è stato diretto dal prof. ing. G. Colombo, il quale fu coadiuvato in ciò dagli ing. Saldini e Ponzio, e, per quanto riguarda il collocamento, anche dagli ing. G, Accarini e Brunati, ispettori dolio Gallerie medesime.


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GUIDA DEI. VISITATORE


PRIMA GALLERIA DEL LAVORO.


Accanto alla Galleria delle macchine si trova quella del la- voro, dove figurano in attività, non solo le piccole, ma be- nauco parecchie delle nostre grandi industrie e specialmente quella importantissima della seta.

Qùest’ultima occupa da sola un’area coperta di mq. 1200 e precisamente metà della vasta Galleria che corre parallela al corso di Porta Venezia. Questo spazio corrispondo a metà precisa della prima Galleria del lavoro.

Il Comitato consacrò cure speciali a questa mostra delle sete in lavoro. Per l’ordinamento ed esercizio della stessa stanziò una ragguardevole somma, che venne poi anche aumentata dal generoso concorso di questi principali industriali, e, per la sua organizzazione, delegò il signor L. Ginoulhiac, che, at- tivamente coadiuvato da apposita Commissione dell’Associazione Serica di Milano, composta dei signori Gallavresi, Carmagnola, Fratelli Dubini, Cramer, Fratelli Gavazzi, Pàlladini e Riva, potè raggranellare gli elementi necessari a ben rappresentare la lunga serie di operazioni che devonsi attraversare prima di ottenere finito quello splendido tessuto serico che cresce nuovi vezzi alla beltà.

Anzitutto si vedo illustrata in questa Galleria la selezione microscopica, l’ibernazione e l’incubazione del seme, poi ral- levameli to bachi nelle diverso sue fasi ed il raccolto dei boz- zoli. Seguono i processi di stufatura o quindi la filatura del bozzoli. Quest’ultima è illustrata da ben venti bacinelle in azione rappresentanti i diversi sistemi di filatura: e anche la relativa maestranza riesce molto caratteristica nella pittoresca sua fog- gia brianzuola. Vedonsi poi, e sempre in attività, i lavori delle sete, vale a dire l’incannatura, la stracannatura, la prima torcitura (filato), la binatura, la seconda torcitura (torto), la preparazione e la stagionatura delle sete greggio e lavorate. Fanno seguito le operazioni attinenti alla tessitura (incanna-


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ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE

tojo, orditojo, piegatolo, tavolo di disegnatore, leggìo, foratore dèi cartoni, ecc.), e finalmente si scorgono battere dodici telai, parte a mano e parto meccanici, e producenti sul luogo stoffe e nastri lisci ed operati, rasi, velluti, maglierie e pas- samanterie di seta. Alcuni di detti telai producono dei ricordi dell’ Esposizione che il visitatore può anche acquistare all’appo- sito banco.

T/ingegnere Guido Susani di Bancate (Milano), un'auto- rità nella partita, ha provveduto tutto quanto riguarda i processi di fabbricazione e d’ibernazione del seme, nonché l’allevamento dei bachi: tutti gli apparecchi furono disegnati sul tipo fornito dal Susani ed occupano uno spazio grandis- simo.

La Casa Cattaneo di acclimazione (Milano) presenta un quadro contenente una collezione di bozzoli, accompagnata da importanti note illustrative ; Giuseppe Luziardi di Brescia ci dà un baco da seta anatomico preparato con precisione da benedettino : questo nomo di Luziardi lo abbiamo incontrato anche nel Salone pompeiano, quando esaminavamo la mostra etnografica.

Per la soffocazione dei bozzoli abbiamo qui molti sistemi. Uno consiste in una stufa di Angelo Beretta (Casate Nuovo); un altro è un modello di Giuseppe Betti (Milano); un mo- dello di stufa per bozzoli ci è dato anche da A. Giretti di Pinerolo; altri due modelli per lo stesso scopo, di cui uno in ferro, li presenta Carlo Lamperti di Milano; un ultimo piccolo modello di stufa da Trentini Materno di Monzino. L’ingegnere Milesi Angelo (Milano) ed il Batti Panieri hanno un apparato di stagionatura della seta.

( Quanto al lavoro dolla seta troviamo i principali produttori. Cominciamo dagli apparecchi. Giuseppe Albertari espone in attività una sbattrice ed un distributore d’acqua per lo baci- nelle; la ditta Dubini ingegnere Giuseppe e Pietro Bossi di Unno e Battista Paravicini di Villalbese presentò quattro bacinelle di filanda coi relativi molinelli e sbattrici meccani- che: notammo nell’esposizione di questa ditta l’incrociatura meccanica del filo della seta, una delle innovazioni dell’in- dustria : Luigi Galbiati (Milano) ha qui due bacinelle coi re- lativi aspi e sbattrice, oltro a un aspo per trattura, atto ad impedire la formazione delle coste, e ad una macchina per la


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GUIDA DEL VISITATORE


pantinatura delle sete; l’ingegnere Francesco Daina (Bergamo) presenta quattro fornelli di filanda riuniti con due batterne. s’ di sua invenzione; i fratelli Traverso di Novi Ligure quattro bacinelle, il Battaglia di Luino due; l’ingegnere Emilio Ro- meno (Milano) ha un banco di sei bacinelle con sei aspe e due sbattrici o con aspirazione della fumana. Importante è la esposi- zione della scuola di tessitura della Società d'incoraggiamento di Milano, che l’ottimo prof. Bossi, da pochi mesi estinto, trasse a notevole progresso: questa Società espone un leggìo (lisage) sistema Bossi, un bilancino di ragguaglio per pro- vinare la seta, un modello di orditojo circolare ad elice ed un modello di caricatore degli ordimenti (piegatqjo).

Si muovono le macchine : qui girano i telai per fabbricare stoffe di seta degli operai dell’officina Vernazzi di Milano: e lo stesso stabilimento fa muovere itn telajo Jacquard, dal quale esce una stoffa ricchissima spolinata; più in là i telai esposti dal meccanico Neirotti di Torino fabbricano nastri in seta operati e lisci per conto di Aventino Barbero di To- rino; altrove Lampugnani e Croce di Milano fan muovere il telajo per nastri di seta col battente di 32 pezzo; un altro telajo in attività per stoffa di seta operata lavora per conto della ditta Bertolotti, Corti e Coinp. (Como); un altro fab- bricato da Corticelli e C. (Cernobio) lavora per conto di G. Eressi e C. di Como; due altri per Camozzi e C. (Como) fabbricano il velluto; uno per Cerri Burkard e C. che fab- brica stoffe di seta operata; uno meccanico, sistema Honegger, e un molinello per Gavazzi Egidio e Pio (Milano).

Nè qui si fermano i lavori in seta; ma Beati Enrico (Milano) fabbrica qui sul telajo Je calze di seta variegate e le traforate; gli erodi di P. Gamba (Milano) fan agire un incannatoio per seta tinta; Heebel e Morlacchi di Milano mostrano in lavorazione un piegatqjo automatico per ordi- menti e un orditojo verticale; Mapelli Benedetto di Olginato uno orizzontale a pedale per incannatojo da seta, un aspatojo a giri contati per trame ed organzini, e un altro per provinaro la seta; Pozzi Gaetano (Milano) un incannatojo di dodici fusi con motore a contrappeso per assaggio delle sete gregge, un modello di filatojo con motore e un modello di binatojo con due fusi; Ratti Ranieri (Milano) un gruppo di due appa- recchi per stagionatura delle sete, riscaldati a gas; Isidoro


attraverso l’esposizione


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Bommaruga (Milano) un aspatojo a giri contati con bilancer, indipendenti, un torchio per immazzettare coi relativi capebe aghi e spuntoni, un tornello per cavare, un bilancino e un provino; i fratelli Vicini (Milano) un banco da incannatóio di dodici fusi, un banco stracannatolo di sei e uno di binatojo pure di sei; Zappa Antonio e fratelli di Ponte Lambro (Como) e Battaglia di Luino due valichi di filato o torto da sessan- taquattro fusi.

So non erriamo, nessuna delle precedenti Esposizioni, anche internazionali, potè raccogliere prima d’ora o presentare in attività un assieme così completo di tutte le operazioni atti- nenti alla industria serica.

11 pregio di questa Mostra del lavoro delle sete non è dun- que lieve, tanto più che nell’organizzazione della stessa non si ebbe di mira soltanto d’illustrare con un tipo qualunque quella sequela di operazioni, ma benanco di rappresentare i diversi e più recenti sistemi, rendendola così, non già oggetto di semplice curiosità, ma di utile ammaestramento.

Vi soprintende l’ispettore Giovanni Rusconi.

Nel centro di questa sala vi è una motrice gemella della ditta Bosisio di Milano che dà il moto a tutte le macchine.

Un quarto della sala è occupato da lunghe macchine estere (fabbricazione Piatt) che filano il cotone per conto della ditta Rostim A. e C. (Milano) : gli apparati sono composti di due carde, uno stiratojo, tre banchi a fusi, un filatojo auto- matico, una arrotatrice, ecc.

Nell’altro quarto due macchine di . Niemack .Carlo di Li- vorno producono rapidamente gomitoli di refe e rocchetti di cotone. Un’altra industria essenzialmente lombarda, dovuta ai pascoli ubertosi dall’artificiale distribuzione dello acque, è quella del formaggio. 1 signori Bohringer, Mylius e C. (Lo- oue iriulzi) portarono qui gli apparecchi per la condensazione

, : . !* e P er la fabbricazione del formaggio sotto gli occhi dei visitatori.

Lombardi, Macchi e C. (Milano), espongono i vari sistemi coi quali fabbricano le confetture e la cioccolata che si ven- ymo ai visitatori : la Regìa Cointeressata' dei tabacchi fa ve- iere dieci operaje a fabbricare sigaro tti buoni d’Avana, senza le porcherie che si trovano di solito nei sigari comuni che ordinariamente si comperano.


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GUIDA DDL VISITA'I'OKK


Infine abbiamo l'industria che non manca mai nelle Gal- lerie del lavoro alle esposizioni: quella delle medaglie com- memorative, e questa venne assunta dal noto stabilimento di Stefano Johnson (Milano), il quale fabbrica le medaglie che il pubblico si affretta a comperare appena escono lucenti o ancor calde dalle mani degli operai.

Cosi è finita la passeggiata attraverso la prima sala della Galleria del lavoro. Usciamo dalla porta ed entriamo, se cre- dete, a riposarci alcuni minuti nel padiglione' Poretti della birra varesina che sorge quasi di fronte alla porta.


LA SECONDA GALLERIA DEL LAVORO.


Quel po’ di verde che si vede nel passare dall'una all’altra sala, riposa gli occhi stanchi del lungo e minuto osservare, e par rinfreschi anche la mente e la prepari e rianimi alle nuove fatiche.

La seconda sala del lavoro è meno vasta della prima: essa raccoglie le industrie che richiedono minore spazio, e in gran parte quelle in cui l’opera della mano e dell’ingegno del la- voratore è maggioro di quella delle macchine. La piccola in- dustria, quella che vuole pochi mezzi materiali, ma attività, energia individuale e. svegliatezza di mente, che promuove le scoperte, che fiorisce talora nella stanza stessa dove l’operajo passa la vita colla sua famiglia, e che è quindi eminentemente moralizzatrice e feconda, e mantiene i legami domestici, è qui rappresentata su larga scala e richiama tutta la nostra at- tenzione.

Alla nostra sinistra una motrice verticale del De Morsici- di Bologna comunica il moto a quelle industrie che ne abbi- sognano: la trasmissione non si vede, perchè è esterna.

Il telajo .1 acquari fa udire il suo rumore secco e misurato


ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE


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fabbricando i tessati di lino damascati per la ditta Prette, l'avre, Chaboud e 0. (Milano), della quale abbiamo vista la vetrina nella prima Galleria a sinistra; — girano i torni di Garganico Apollo di Bellagio foggiando il legno d’olivo in portabicchieri, anelli ed utensili domestici; — e un altro legno, l’ebano, lavora più minutamente Riccardo Giannotti di Milano, formandone bastoni ; — Ferrarlo Giuseppe di A. (Milano) ha messo in moto un telajo di fabbrica inglese che produce uno speciale tessuto di cotono; — un’altra macchina venne posta in attività dal Linificio e. Canapificio Nazionale (Milano).

Là fabbricarfb il cioccolato: una macchina di Giuseppe Bian- chi (Milano) fa succedere la trasformazione dello zucchero e did cacao sotto ai nostri occhi, e, vende il prodotto ancor caldo. Citi oltre il Carlo Simonetti (Milano) stampa istantaneamente 1 biglietti di visita, con grande comodo dei visitatori del- l’Esposizione che portali via anche un ricordo. Un altro indu- striale, Ermenegildo (Milano), fa agire un’altra macchina per istampare i biglietti di visita su cartone e legno.

Non molto discosto G. lì. Bellasio (Milano) fabbrica le buste da lettera; — Giuseppe Colombo fa vedere come si facciano i portafogli e i portamonete che si vendono a un buon mer- cato straordinario; — e C. M. Zini (Milano) fondo i caratteri tipografici e fa agire i timbri, le cassette da tipografia.

Ma, attrae specialmente l’attenzione un lungo banco che si avanza proprio nel mezzo della sala : è quello della Società Mi- lanese per la fabbricazione di oggetti d’oreficeria e giojelleria, dove l’oro in verghe si trasforma in minuti, leggieri, traforati, vaghissimi lavori che emulano quelli di Parigi, dove si co- prono di smalti, si adornano di gemme, e a poco a poco si vede la materia preziosa cedere il campo all’abilità degli artisti che creano un nuovo valore.

Le ditte riunite Crippa, Vanzo e Crivelli stabilirono questa officina che ad una sol voce è proclamata modello per la ac- concia distribuzione dei lavori. Il banco è coperto da un pa- diglione rosso granata, in fondo al quale, vicino al muro ve- nosi un piccolo fornello a gas : è qui dove si gettano le verghe n oro nei crogiuoli e lo si fondo. Gli operai (vestiti in ca- miciotto bianco) prendono l’oro e lo passano ai laminatoi: da qui al torchio dove si stampa. Seguono poi i banchi, seduti intorno ai quali gli abili artefici lo lavorano in vario modo


GUIDA DEI. VISITATORE


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secondo la destinazione dell’oggetto: c finalmente gli oggetti sono messi sul tavolo della pulitrice. A questi prodotti deli- cati e preziosi è la donna che dà l’ultimo tocco, il definitivo suggello artistico. Il visitatore, dopo aver assistito a tutte queste successivo trasformazioni, può comperare l’oggetto che ne risulta al banco della vendita.

A sinistra di questo banco vi ò quello della Scuola professio- nale femminile di Milano, ornato di fiori che si abbarbicano ai pilastri del padiglione, e che lo fanno somigliare a un fresco giardino. E ancor maggiore è la somiglianza per i grandi rosai che occupano il ^centro della mostra e che le mani delle abili operaje mantengono sempre provvisto ad onta che le visitatrici lo spoglino di continuo per portar seco un ricordo.

Questa scuola fu fondata nel 187 1 da Laura Solerà Mante- gazza, che raccolte solo 7 allieve, ne novera oggidì intorno a 150; in essa, oltre all’istruzione regolare di lingue, italiana, francese e tedesca, aritmetica, calligrafia, canto, ecc., si im- parte un insegnamento professionale diviso in molteplici se- zioni, quali la contabilità, applicata specialmente al commercio, il disegno industriale ed artistico obbligatorio per tutta la scuola, il ricamo, la cucitura meccanica, la telegrafia, la la- vorazione dei fiori artificiali, la decorazione della ceramica e del cristallo ; da ultimo vennero aggiunte la litografia, la ti- pografia e la miniatura su pergamena. La Scuola professio- nale occupa nella Galleria del lavoro 48 metri quadrati, cir- condati da doppie vetrine, nelle quali sono esposti i ricami in bianco ed in colore, le miniature, le ceramiche, i cristalli decorati, ed i fiori artificiali. Nel centro il laboratorio delle fioriste ; il rimanente della mostra della Scuola trovasi al Sa- lone, nel riparto Scuole.

A simigliauza di quanto s’era fatto a Parigi nel 1878, anche qui abbiamo la lavorazione dei diamanti, che richiama intorno a sè un gran numero di persone. I fratelli Bosato di Venezia stabilirono qui una taglieria di diamanti, dove si vedono le pietre prezioso faccettate sprizzare lampi di luce fra le mani degli artisti e riflettere i colori dell’ iride.

Un’altra parte dell’oreficeria, che è gloria affatto nazionale, è quella del mosaico: e qui lo si vede in lavorazione per cura di Giovanni Boncinelli e figli di Firenze. Le pietruzze colo- rate si cangiano in fiori, in ornati, in vedute, e la materia


ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE IO 5

par trasformarsi e perdere la natia durezza per assumere le delicate parvenze delle odorose corolle.

Per chi si accontenta dell’ apparenza, nel banco di Carlo Bartesaghi di Milano si fabbricano oggetti di giojelleria falsa, che vuol gareggiare colla fina ; — non lontano, la cosi detta “ schiuma di mare „ si cambia in portasigari ed oggetti ar- tistici nel banco Lichtenstern di Milano.

Vi ricordate d’aver ammirato qualche volta quei mirabili pizzi di Cantò che escono dalle umili casupole brianzuole e mo- stransi nelle dorate sale sulle spalle e sulle braccia delle belle signore che li cercano con tanto desiderio? Qui vedete come si fabbricano; — e Luigi Frigerio di Cantò ha condotto al- l'Esposizione sei abili operaje, che col rapido muovere delle dita e dei fusetti intessono quelle sottili tele di ragno.

Le signore passano poscia ad esaminare l’officina dove si intessono i sottili e pieghevoli cappelli di paglia di Firenze, per conto di Francesco Campani di Milano; — quòidi ai la- vori in biancheria e ricami delle sorelle Desio (Milano); — alla fabbricazione delle calze ed altri generi di maglieria di Carolina Mariani (Milano): alla tagliatura e cucitura digiuniti di Francesca Sala (Milano) ; — alla fabbricazione di ventagli, di Tenenti Ambrogio (Milano), lavoro in cui la pittura e l’eba- nisteria si uniscono a servizio della mod^.

Da una parte girano le piccole seghe della lavorazione del legno a traforo, utilissime per insinuare il gusto artistico nei giovinetti: la piccola officina è impiantata dalla ditta Pietro Barelli (Milano).

Abbiamo detto che questa sala è una vera fantasmagoria dell’industria, dove ad ogni volger di Capo incontrate un la- voro nuovo, affatto dal primo diverso. Così da una parte si fabbricano le palle di gomma elastica e i vestiti impermea- bili dagli operai dello stabilimento Pirelli e Casazza di Milano;

dall’altra si fanno incisioni a pressione e miniature poli- crome per la ditta Pasquale Mirctti (Milano); in un terzo luogo si vedono fabbricare occhiali e pince-nez od altri ge- neri d’ottica da Enrico Vigevano di Milano.

Ispettori delle Gallorie del lavoro sono i signori ingegneri Accanili e Brunati.

Abbandonando il frastuono di queste officine aggruppate, entriamo, per la porta di mezzo della Galleria, nel Salone dove ci aspetta la più calma esposizione dell’attività morale.


GUIDA DEL VISITATORE


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IL SALONE.


Il Salone fu riserbato alla mostra del gruppo XI, che ab- braccia l’educazione, l’istruzione tecnica, la previdenza e la beneficenza. Per avere uno spazio maggiore in pareti, si sono alzate cinque grandi divisioni, tagliate in mezzo da un viale, o delle quali le due che si affacciano per prime a noi, sono dedicate allo Scuole tecniche, la terza a varie Scuole profes- sionali, la quarta più ampia alla esposizione delle Scuole pro- fessionali fatta dal Ministero d’agricoltura e commercio, e l’ul- tima alle Società di mutuo soccorso, cooperative, allo Rancho popolari, ecc. Nel loggiato superiore vi è la parto più spe- cialmente pedagogica, ed oltre a ciò il Museo Artistico Nu- mismatico della città di Milano, al quale i visitatori dell’E- sposizione hanno libero accesso.

11 Salone è addobbato colle bandiere dello città italiane. Nel mozzo scende il vessillo di Roma colla lupa e i gemelli ; intorno a questo si scorgono quelli di Torino, di Venezia, di Firenze e di Napoli ; ai quattro angoli si vedono le bandiere di Genova, Bologna, Palermo e Cagliari; tutt’ intorno altre ventisei delle principali città della penisola.

Una Commissione speciale sopraintende all’ordinamento, composta dei signori G. Robecchi, G. Visconti-Venosta, Negri, Scotti, Fano, Somasca, Bordelli.

Gli Istituti tecnici che inviarono i loro saggi alla Mostra sono numerosi. Notiamo quelli di Ancona, Aquila, Bergamo, Catania, Chieti, Como, Cremona, Firenze, Girgenti, Livorno Mantova, Pavia, Piacenza, Ravenna, Reggio-Emilia, Treviso, Udine, Verona.

Vi sono poi gli Istituti nautici di Gaeta e di Sorrento quelli tecnici e nautici di Genova, di Livorno e di Napoli.

Le Scuole tecniche sono di Arcevia, di Ascoli Piceno, di Cerignola, di Crema, di Cremona, di Fabiano, di Fioronzuola d’Arda, di Gallarate, di Genova, di Milano, di Orvieto, di Palermo, di Parma, di Pergola, di Perugia, di Poggio Mirteto, di Reggio-Emilia, di Salerno, di Savona, di Sondrio, di Spoleto, di Susa, di Venezia.


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Delle Università, una sola concorse: quella di Bologna con una collezione di modelli di cristallografia in legno. Notammo poi la Scuola normale maschile provinciale di Milano.

Quanto agli Istituti superiori, si distingue quello di Milano per i lavori de’ suoi allievi eseguiti sotto la direzione dei professori; le Scuole di applicazione per gl’ingegneri di Bolo- gna, di Padova, di Napoli, di Torino, e la Scuola superiore navale di Genova.

L’altro comparto è destinato alle Scuole professionali libere, e fra questo tengono degno posto la Scuola professionale fem- minile di Milano coi disegni e libri, e quella del Consolato operajo di Milano per gli adulti maschi e femmine.

Qui vicino il prof. Arnaudon col suo assistente Fubini di- sposero il Museo merciologico trasportato da Torino.

Questa bellissima raccolta è divisa in due grandi classi : l’una delle materie alimentari, l’altra delle materie industriali; ep- porò comprende i materiali da costruzione, le materie grasse e resinose, i prodotti chimici, le materie tessili, tintorie e con- cianti; e infine, quale complemento, vi è la sezione dei re- sidui ed avanzi negletti nelle case, nelle campagne, nelle ma- nifatture. Questo museo è grandemente utile. Alle materie prime, quali si trovano in natura, fanno seguito le trasfor- mazioni che l’industria fa loro subire per adattarle ai diversi bisogni della vita, come alimentazione, vestiario, abitazione, occ. La raccolta medesima serve pure a fare conoscere i tipi delle merci, la varietà di esse, il loro valore paragonato ad un’unità presa come termine di paragone e che gli industriali e commercianti possono ritenere come normale ed a cui ri- correre ad ogni evenienza. In questo museo sono messi in evidenza i materiali che il nostro paese possiede di fronte ai similari esteri ai quali si possono sostituire. Ad ogni genere di mercanzia va unita una breve monografia, la quale com- prende l’etimologia e sinonimia nelle principali lingue o dia- letto italiano, la composizione, la provenienza, gli usi attuali e quelli di cui sarebbe suscettibile. Ciascun gruppo di ma- terie primo è illustrato da carte, diagrammi, tavole statisti- che sulla produzione, importazione, esportazione e consumo delle Viirie sorta di prodotti commerciabili.

Il Ministero d’agricoltura e commercio ha organizzato una mostra splendida delle sue Scuole professionali. Vi è l’Istituto


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meccanico artistico di Aversa con isquisiti intagli; i lavori della Scuola d’intagli e d’incisione di Firenze; la Scuola di liiclJa, che espose ottimi lavori di tessuti in lana, o filati tinti in isplendidi colori ; quella di Foggia con bellissimi modelli di mobili e di ferramenti ; quella di Laveno, i saggi di costru- zione della Scuola di Catania, e i modelli di aratri; quella di Vercelli, che presentò anche un grande finestrone scolpito; naturali per la imitazione ed arditi per l’esecuzione sono i fiori in plastica della Scuola tecnica di San Carlo di Torino, oltre gli ornati per decorazione di appartamenti; buoni i mobili di Foligno, di genero pratico, ma costruiti con gusto; gli ac- querelli e le decorazioni della Accademia Olimpica o Scuola Vicentina sono precisi ed eleganti, ed ha inoltre lavori in cera notevoli ; si ammirano anche i lavori d’ebanista e di fabbro meccanico dell’Istituto Aldini Valeriani di Bologna, coi mae- stri Casalini, Ramponi c Musiani.

La Scuola dei merletti di Burano presenta i suoi migliori prodotti in una vetrina sormontata dal Leone alato di San Marco; numerosi assai e bellissimi sono i lavori della Scuola veneta d’arte applicata alle industrie, dove sono e pittori, e mosaicisti, e meccanici, e legnaiuoli; e l’Orfanotrofio comunale di Roma; dove sono lavori in pelli, in metalli, in legno, in marmi ; e la Scuola di disegno di Viggiù, e quella di Padova, notevole per i modelli di costruzioni, di Monza, di Pisa... e via via ; nè vogliamo tacere che fra queste stanno degnamente la Scuola superiore di Milano di disegno e plastica, e la nume- rosa e proficua Scuola della Società degli Orefici pure di Milano.

In questo comparto si scorge quale deve essere l’avvenire d’Italia; la scuola, avviamento al lavoro fecondo che nobilita la fatica o rende intelligente l’opera della mano.

L’ultimo comparto è dedicato alle istituzioni di previdenza ; da una parte, a sinistra, vi sono le Società operaje di mutuo soccorso, dall’altra, a destra, le Società cdificatrici operaje, le Casse di Risparmio, le Banche Popolari, Agricole, ecc. Le istituzioni di beneficenza furono collocate in un annesso ap- positamente costruito nei Giardini Pubblici, fra il corso Ve- nezia e lo Gallerie del lavoro.

Nel comparto delle Società, di mutuo soccorso vi sono molti quadri statistici, accompagnati dai documenti, resoconti e sta-


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tnti ; alcuno presentano anche i lavori di alcuni soci. Notiamo le Associazioni generali dogli operai di Milano, dolio operaje di Milano, di Venezia, di Bologna, di Torino, di Como, di Roma; il Consolato operajo di Milano, la Società mutua dogli istrut- tori d’Italia, le Società fra i macchinisti e fuochisti dell ferrovia dell’Alta Italia; le Società Archimede di Milano (che ha un quadro statistico in metallo, lavoro dei suoi soci e al- cuni prodotti di questi, come uno galvano di G. Zini, una macchinetta verticale di F. Baffi), la Castaldi, che presentò anche la novità bellissima dei caratteri per le linee curvo: quella dei sarti, dei cartolai o librai, dei tappezzieri, dei caffet- tieri, dei parrucchieri, dei portinai, degli addetti all’arte edili- zia Manfredoni, degli impiegati, delle persone di servizio, tutte di Milano ; poi di Missaglia, di Novara, di Genova, di Schio, di Treviso, di Avezzano, di Udine, di Cortona, di San Bassano (Cremona), di Pordenone, di Badia Polesine, di Gorgonzuola, di Cremona, di Casalbuttnno, di Fano, di Pordenone, di Pizzighettone, di San Sepolcro, di Modena, di Fojano, di Traili, di San Giovanni Persiceto, di Fabriano, di Garlasco, di Man- tova, ecc.

Dall’altra parte si vede il bel modello dello casette sul si- stema Moulhuso, costruito dal capomastro Fazzini, della So- cietà edificatrice di abitazioni operaje in Milano, che distri- buisce gratuitamente disegni e relazioni ai visitatori; — segue la Società edificatrice di Firenze, quella di Sampierdarena, quella di Genova; — i saggi del forno cooperativo di Cave- nago d’Adda; — le Casse di Risparmio di Bologna, Torino, Livorno, Piacenza, Porto Maurizio, Ravenna; — la Società Cooperativa di Chiaravalle (Marche); — l’Associazione delle Banche popolari italiane con sode in Milano ; — le Banche popolari di Milano, di Monza, di Pavia, di Madigliana, di Peggio-Emilia, di Siracusa, di Sondrio, di Broscia, di Rugo, di Macerata, di Novara, di Bologna, di Pesaro, di Siena, di Vicenza; — la Banca Agricola di Milano; la Mutua Assicu- razione contro i danni della grandine di Milano, la Società reale d’assicurazione sulla vita, ecc.

Ora ascendiamo lo scalone e visitiamo la mostra degli educa- tori e degli oggetti didattici ordinati con diligenza dal pro- fessore G. Somasca.

Sullo scalone un gran quadro calligrafico ed artistico ese-


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GUIDA DEL VISITATORE


guito dal professor Piatti per la Cassa di Risparmio in Vo- ghera.

Nell’atrio superiore si trovano i saggi del R. Istituto dei sordomuti, e i bei lavori delle MarcelUne di Milano; poco di- scosto i modelli calligrafici del Cobianchi, e in giro i metodi calligrafici del Thevenet, del Galli, del Eavaloro, del Gigli, ed i saggi cospicui della signora Confalonieri, del Bari di Fi- renze, del Cottini di Torino, della Marcellina e di molti altri.

Girando la loggia da sinistra a destra, si vedono schierati da una parte i lavori dello Scuole private femminili con in- dirizzo professionale, fra le quali citeremo quelle Pedrazzini di Codogno, Ghislanzoni e Monguzzi di Milano, Sant’Anna di Perugia, Santa Caterina di Reggio Emilia; dall’altra parte sono disposti i materiali degli Asili Infantili e dei Giardini Frcebelliani, come il Vittorino da Feltre, il Gaetana Agnesi di Milano, l’Asilo Israelitico di Roma, quelli di Firenze e pa- recchi altri.

Tengono dietro i banchi igienici per le scuole in vari mo- delli: uno è proposto dallo signore Salvoni, un altro dal si- gnor Besana, un terzo dal dottor Pini, e via dicendo; un altro dal signor Bitter di Lugano. Il Municipio di Milano e il Col- legio Reale delle fanciulle espongono i loro banchi perfezio- nati; il Municipio di Genova dei banchi di nuovo modello, e il prof. Piatti di Voghera un notevole tavolo da disegno.

Itimpetto vi sono le carte geografiche: notevoli quelle del- l’Istituto di Saronno. Tre carte in rilievo per i ciechi sono esposte da Bolla, da Cantalupi e da Bistolfi, ambedue di Torino.

Seguono in nitide tavole i casamenti delle Scuole di Pa- dova e il modello della lavagna Wittanovich, i resoconti della Lega veronese e della bolognese con saggi dei loro Asili e delle Scuole festive, oltre a quelle di Crespino e di Riposto, e molti oggetti importantissimi del Museo Pedagogico della città di Genova, Bergamo presenta in questo scomparto i saggi del suo Istituto stenografico, e il Fagnani ingegnere di Mor- tara i suoi Geodeoscopi.

Le Biblioteche popolari e i Gabinetti di letture istruttive presentarono regolamenti, relazioni, resoconti, cataloghi; no- tiamo quella di Milano per il numero dei volumi che possiede e quella ricchissima di suppellettili scientifiche e di giornali d’ogni lingua del signor Bitter sunnominato.


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1] prof. G. Varisco (Milano) presentò un fonometro per l’insegnamento della musica; la Società Ginnastica di Lodi mandò il modello in legno del proprio edificio, che è reputato fra i tipi migliori di palestre, ed un altro pure notevole del signor Ronchi.

Seguono i librai. Il Paravia (Torino-Milano) ha una ricca mostra di libri, di modelli in gesso per il disegno, di topo- grafie, di globi geografici, di nomenclature figurate d’arti e mestieri, e perfino una bella collezione di minerali; — Boscary per la calligrafia, Carrara e G. Agnelli hanno belle mostre di volumi educativi; e in una vetrina son disposti i libri presentati dagli autori; fra questi si notano Cesare Cantìi, che da cinquant’anni ne fornisce le scuole, non solo d’Italia, ma di molti Stati d’Europa, il Ile Angeli, il Claus, ed altri molti.

Esaminiamo l’esposizione della Scuola Magistrale maschile della Provincia di Milano, ricca per carte geografiche e dei più recenti viaggi di esplorazione, disegni graduati, e buoni metodi calligrafici appropriati all’indole di scuola magistrale. Da ultimo entriamo nel Museo cittadino.

Questo Museo non fa parte dell’Esposizione, ma, avendo sua sede in questo Salone, si convenne per patto fra il Co- mitato esecutivo e il Municipio che dovesse rimanere aperto m visitatori, senza alcuna tassa d’ingresso.

Questo Museo è importante per il medagliere ricchissimo ma di monete milanesi, sia di medaglie che si riferiscono ad nomini ed eventi della storia d’Italia. Vi sono anche alcuni quadri di Vari Dyk, di Rubens e il ritratto di Rembrandt atto dn j u i medesimo. I marmi sono di poco valore storico •i artistico, perchè i più importanti si trovano nella Biblio- f‘< a Ambrosiana e nel Museo archeologico di Brera. Di que- s i parliamo nella quarta parte del presente volumetto.

malesi dallo scalone, attraversiamo la sala già veduta e a vedremo la grande Galleria del lavoro, dove è raccolto quanto si riferisco alla beneficenza, disposta dall’avv. G. Scotti.

<• C1 nppajono le fotografie e i documenti antichi 1 n fratoni ita della Misericordia di Firenze, i resoconti

delle Congregazioni di Carità di Milano, di Napoli, di Ber- gamo, di Aquila, di Bologna, di Siena, di Osimo, di Cre- mona, di Ferrara, di Firenze, di Livorno, di Pavia, di Sa-


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GUIDA DEI, VISITATORE


vignano, di Teramo; gli Ospedali, gli Asili di carità, gli Ospizi, i Ricoveri di mendicità, la Società di protezione dei fanciulli di Milano, gli Orfanotrofi, fra i quali notiamo l’Or- fanotrofio maschile di Milano, che espose disegni di ornato, architettura, mobili, lavori calligrafici eseguiti dagli orfani, oltre ai lavori eseguiti dagli orfani nelle proprie officine ed esposti nella tipografia {Giacomo Agnelli), nella oleografia (Panigatti-Gallctti), nei ceselli (Filippo Frigerio), noli’ eba- nisteria (Vincenzo Seveso), nella meccanica (Isidoro Som- maruga), e l’Istituto dei ciechi che avrà in permanenza una sezione di piccoli allievi applicati al lavoro manuale (•).

L’Orfanotrofio femminile di Milano presenta ogni sorta di lavori femminili: qui sono ricoverate 356 ragazze dai 7 ai 18 anni ( 1 2 >.

L’Ospizio Trivulzio di Milano offre i prospetti e bilanci dell’Amministrazione: qui sono ricoverati 368 uomini e 347 donne, in totale 715, che hanno oltrepassati i 70 anni d’età (3).


IL PORTICO E LE GALLERIE ANNESSE.


Dopo aver vagheggiato l’avvenire fra i banchi delle scuole, noi lavori dei giovani artigiani e negli studi tecnici, e ammi- rata l’opera della beneficenza, ci dirigiamo al giardino che gli occhi affaticati scorgono desiosi di riposare al verde. Ed ecco le bolle palme dal largo fogliame, lo cicadee, le magno- lie lucide ed olezzanti che sorgono in un quadrato ricinto di portici, nel centro del quale zampilla una fontana le cui


(1) Durante l’Esposizione lo Stabilimento può essere visitato nei giorni di sabato e lunedi dalle 2 alle A.

(2) Durante l’Esposizione lo Stabilimento può essere visitato nei giorni di domenica e giovedì dallo 2 alle 4.

(9J Durante l’Esposizione lo Stabilimento può esser© visitato nei giorni di domenica e giovedì dalle 2 alle 4.


ATTUA YKKSO L'K8P0SIZ10NK 113

acquo ricadono con tenue mormorio nella rotonda vasca da- vanti al calìe Panighi.

I portici, che occupano tre lati, accolgono la mostra di modelli e disegni di costruzioni private e di lavori pubblici e i servizi tecnici dei Municipi e delle Provincie.

Vicino all’ingresso vi è una coda del Gruppo II ; sono le costruzioni metalliche della ditta Galopin Suo di Savona. Poi comincia il Gruppo IX.

S’incontrano per primi gli attrezzi di ginnastica relativi alla sezione Igiene elio ha posto nella prossima galleria prin- cipale del Grunpo IX. Sono espositori di questi apparecchi i signori Brunetti.

Succedono gli apparati igienici del signor Provetta Gaetano di Napoli o della ditta Chiaralunga pure di Napoli. Abbiamo poi una serie di bilance ordinarie e stadere diverse poste qui dal Pettinelli di Gallarate, dal Banda di Milano, dall’ing. Chamrog puro di Milano con sistema speciale per imprimere, e però fanno seguito nell’altro ramo di portico, che fronteggia il caffè del Salone i grandi ed accurati modelli dell’impresa Alfredo Cottrall di Napoli. Si rappresentano questi nella Scala di 1x10. La tettoja della ferrovia Sicula-Occidentale in Palermo, il ponte della Scafa in Sardegna, provincia di Cagliari o nella scala di 1x20 il ponte di muro nella ferrovia della Pontoba.

II ponte che viene dipoi è presentato dalla città di Torino e dall’impresa Belloli; è il modello del ponte Valentino, cui Leti dietro l’altro a Vanchiglia. Succede a questo il modello del ponte da costruirsi a Trezzo sull’Adda dell’ing. Giulio Moroni di Bergamo.

Il Municipio di Milano espone gli istrumenti relativi ai servizi tecnici cittadini; l’ing. P. Airaghi il progetto di un nuovo canaio circolare intorno a Milano por coprire la fossa interna o Naviglio; il colonnello Luigi Amadei (Napoli), il progetto di sistematone del Tevere, da lui compilato secondo le idee di Garibaldi, che aveva adoperato la sua influenza per salvare Koma dai danni che il mal governo antico aveva la- sciato crescere intorno alle suo mura. Ed è bello vedere le nuove ideo salutari penetrare nei piccoli centri, come lo pa- lesano i disegni della fognatura nuovamente introdotta nel Comune di Mede (Mortara), secondo i principi igienici.

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I signori Anderlólii o C. (Roma) hanno presentato in pla- stica i modelli del nuovo e grandioso stabilimento delle acque albule presso Tivoli, accompagnandoli da disegni e da sedi- menti delie roccde. Gli ingegneri V. Ita vizza o P. Guzzi (M i- lano) in due tavole di disegno presentano il progetto di una cupola ad ossatura od a fodere metalliche per coprire lo spa- zio centrale del Duomo di Pavia ; unito v’è un modello in le- gno del grande palco costrutto dall’impresa Peregrini (Milano) in quello spazio stesso per sostegno dell’attuale tetto peri- colante.

Vengono poscia i piani di bonifiche e di prosciugamenti mercè stabilimenti idrovori dell’ing. G. Chizzoliui.

1/ attenzione è attirata dal bel modello rappresentante il grandioso stabilimento per la brillatura di riso in Treviso del signor Angelo Rosada e C. di Venezia, fatto con una abilità e una precisione di consumato meccanico. Dai vetri delle finestre si scorge tutto l’ interno dello stabilimento, con tutte le motrici, le macchine operatrici, le puleggie, le trasmissioni. L’ opificio industriale è separato dall’ officina di servizio pro- priamente detta, e con un semplice meccanismo d’orologeria si pongono in moto tutto le parti dello stabilimento. Il si- gnor Marini, ingegnere della brillatura Rosada, costruì questo notevole modello aiutato in modo speciale dagli operai Giusto Paronetto legnaiuolo o Antonio Perer fabbro. Il lavoro costà più di un anno di tempo a 5 operai ad esso esclusivamente dedicati.

II Marini presenta inoltre vari disegni di stabilimenti in- dustriali da lui progettati e costrutti in Italia e all’estero, degni di speciale attenzione.

La Società Anonima degli Omnibus presenta il modello dei suoi edilìzi, che stanno fuori di porta Venezia e porta Te- naglia.

La Direzione dello ferrovie Alta Italia presenta un quadro plastico-grafico della ferrovia Novara-Pino con disegni delle gallerie della ferrovia Airolo-Biasca.

Il territorio, ritratto in plasticografia, ha 109 chilometri di lunghezza e 50 di larghezza, ed una superficie di 5450 chi- lometri quadrati, e la rappresentazione è sopra una scala pia- nimetrica di 4:28,000, mentre la scala altimetrica è di 1:8000. Da Oleggio, che è a 285 m. sul livello del mare, questo


ATTRAVERSO ^ESPOSIZIONE


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territorio si svolge innanzi allo sguardo o dopo molti acci- denti del suolo, s’innalza 2719 m. nel Pizzo del CI aro sopra la valle Biaschina; è riprodotto in tutte le sue qualità ca- ratteristiche sia per la forma che per il colore. Le pianure verdeggianti, i monti selvosi, le roccie bige sono di un ma- gnifico effetto. Chi conosce bene questa parte della Lombardia vi trova tutto accuratamente rappresentato: chiese, caso, mo- lini, lo strade nelle esattissime proporzioni volute dalla scala.

La Società Anonima della ferrovia funicolare del Vesuvio occupa l’estremo del porticato con un modello nella scala di 100 di quel sistema eseguito per cura dell’ing. Laurin, inge- gnere capo della linea.

Nell’angolo c’è il crematoio Betti e gli apparecchi per la pulizia stradale dell’ing. Luigi Fornaroli di Piacenza e del signor Giuseppe Penati di Monza.

Subito fuori del porticato si scorge l’elegante modello nella scala 1 a 10 della campata di mezzo del grande viadotto pel vallone Olona, esposto dall’impresa Cottrau.

Penetriamo ora, per la porta di mezzo, nella galleria che sta dietro a questo portico e elio è dedicata alle altre classi dello stesso Gruppo IX, “ Arti liberali. „

Il Gruppo che sta alla nostra destra è dedicato alla chi- rurgia, In fondo la benemerita Società Italiana d’igiene (Mi- lano), oltre a disegni e opuscoli, che s’occupano di diversi ar- gomenti, espose una raccolta di scarpe militari di parecchie nazioni, russe, inglesi, ecc., fatta da P. Eitter, di Lugano, che dimostrano come una cattiva calzatura possa diventare un istrumento di tortura. E ciò è provato dalle orribili stor- piature che deformano il piede, come lo palesano quelli con- servati nello spirito. La stessa Società espone anche zaini igienici per soldati, per alpinisti e scolari. Anello G. Baldi (Firenze), poco discosto, ha forme meccaniche per le scarpe, ( he sono una vera provvidenza dei piedi.

In una vetrina Giuseppe Redini (Pisa) espone gambo arti- ficiali ; il dottor Carlo Labus (Milano) un apparecchio per ad- destrare gli allievi medici alle operazioni chirurgiche.

Sono notevoli gli apparati chirurgici ed il lapingoscopio della ditta Galanti Piretta di Napoli, che fanno bella mostra 111 elegante vetrina posta vicino all’ingresso della sala: il prof, C. Lombroso (Torino) ha preso di mira la piaga orribile


OUJDA PKL VISITATOKK


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della pellegra (vedi la nota a pag. 15 di questo volume), o mostra còrno sia un vero veleno il mais guasto di cui si nu- trono i nostri contadini ; espone la tintura e la farina del mais guasto, il pane del mais sanò e un modello iti pietra per maculare privatamente il mais.

A fortificare il corpo colla scherma e colla ginnastica pensa Alberto Bouflior (Milano) mettendo in mostra gli strumenti re- lativi ; il prof. A. Briziano (Milano) cogli apparecchi podoja- triei ; il dott. L. Gennari (Milano) gli strumenti di chirurgia e di ortopedia; Arrighini Giovanni, oporajò della Società Ar- chimede, istóumenti chirurgici.

Passando dall’altra parte troviamo in una stanza il crema- toio lodigiano del prof. Gorini, e una raccolta de’ Suoi prodotti geologici, de’ preparati e delle pietrificazioni di cadàveri. Inoltro la Società di cremazione di. Milano espone i modelli di crema- toi, e additiamo specialmente quello dell’ architetto Guidini, fatto d’accordo col prof. Gorini per quanto riguarda l’este- tica; e nello pietrificazioni del Gorini si ammira un cadavere intero di un giovane di 27 anni morto di cachessia palustre e perfettamente conservato. Una lunga chioma di donna paro recisa jeri, tanto si . presenta lucida . e i morbida ; una biscia pietrificata par viva; un grosso rospo si direbbe che stia per saltare è da tanti anni è cangiato in pietra. Vi ò la testa di un contadino conservata da trenta anni. Ad un braccio fu tagliata la pelle per mostrare corno disotto sia perfetta la conservazione dei muscoli. Con visceri umani vennero tatto ciotole e lavorucci che si direbbero di pietra.

Vicine vedonsi le vetrine di F. Baldineili (Milano) con mac- chine elettriche, istrumenti ortopedici, chirurgici, un letto-let- tiga, ecc. ; — di Zurico Luigi (Milano) con diverse specialità di cinti erniari ; .— di N. Padovani (Milano) con un appa- recchio per le fratture, cinti erniari , ecc. Archiori Giuseppe (Milano) espose un craniometro, un toracimetro e alcuni letti per ajutare i malati.

Nel mozzo vi sono : Galli Pieretti (Lucca) strumenti chirur- gici; — iA. Sottocasa (Milano) cinti, polverizzatori e altri strumenti; i — G-. Gozzi (Parma) letti per varie operazioni;

— G. Barbero e C. (Napoli) strumenti di chirurgia o igiene;

— poi, addossati alla parete, le vetrine dei medici dentisti C. Berteli (Brescia), Volpi Luigi (Pavia). Notiamo inoltro


attraverso l’ esposizioni; H7

l’esposizione della. Società ligure di salvamento (Genova), col letto per coricare il sommerso, e salvagente, le cinto e i ma- terassi insommergibili, le. bandiere e gli stampati della So- cietà; — i litontrittori e una macchina per la galvano-cau- stica del prof. Scarenzio (Pavia); — i prospetti della Società di scherma di Milano e le fotografie e i disegni, presentati dal Sovrano militare Ordine di Malta, della baracca-ospedale per Posercito.

Qui comincia l’ ingegneria e la meccanica di precisione. Notiamo nella prima una relazione di lavori eseguiti dalla Società Veneta per Imprese e Associazioni parallele corredato da illustrazioni o disegni. L’ ing. A. Ferrano (Milano) ha inventato un liquidimelo a sifone mobile intermittente per lo misure dei liquidi, un posatore idraulico e un maroometrografo; 7 ~ l’ing. F. Cagnacci (Siena) presenta un eclimetro a piano inclinato per segnare la pendenza dello strade; — Enrico Cla- vonna. (operajo della Società Archimede di mutuo soccorso in Milano) espose un livello a pendolo con grafiometro fino a 5 gradi, bitte parlauti a tre piedi e esattissimi compassi di precisione ; — Fantinelli Diomiro, operajo della stessa, So- cietà Archimede ha presentato un nuovo misuratore e bilan- cia per la seta, — Monti Angelo, operajo, corno sopra, lavori di geodesia; — Messeri Giuseppe, socio c. s. lenti per can- nocchiali, bollo cilindriche o specialità di microscopi — poi, pas- sata la porta, si trovano, l'una di seguito all’altra, le esposi- zioni tecniche del Municipio e della Provincia di Milano, o Giunta di Censimento di Lombardia.

Nel mezzo vi sono due lineo di espositori : l’una è composta da Francesco Korisca (Milano) con cannocchiali astronomici, microscopici, e da campagna; da Oliva Pietro (Milano) colla ricca mostra d occhiali e di occhialetti in cristalli, legati in oro, ar- gento, tartaruga, pakfond, allumina, oltre allo limpide lenti di. ingrandimento tutti goneri elio vanno fino in America; anzi parecchi non furono mai, prima dell’Oliva, eseguiti in Italia, ed ora si presenterebbero sotto quaranta e più modelli uno di- verso dall’altro e tutti usciti dalla sua. officina; — da Fre- scura (Belluno) occhiali; — da Ponti Carlo (Venezia) con oc- chiali e una bussola, che mentre sente l’azione delle correnti magnetiche della terra, è resa insensibile all’azione esterna del ferro, laonde può essere adoperata dai piroscafi costruit


GUIDA DEL VlfllTA'l’OKE


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in ferro; — da G. Miloto (Napoli), che espone un panometro che soddisfa ai bisogni dell’ingegneria ; — da Roncalli conte Antonio (Bergamo) che trovò il melografo elettro-chimico e

10 scrutatore elettro-magnetico; — da G. Risoni (Cerenna) con una pila elettrica a solfato di rame; — da Ramperti e Restelli (Milano) con lenti semplici, barometri e termometri, oggetti d’ottica por bachicoltura, ecc.

L’altra linea del mezzo è occupata da due officine mila- nesi : il Tecnomasio e la Filotecnica. 11 primo presenta istru- menti fisici e chimici, l’anemografo, il chimografo e strumenti diversi.

L’officina Filotecnica dell’ing. Angelo Salmoiraghi (Milano) occupa un largo spazio, e si fa, notare cogl i imponenti cannoc- chiali. Ad eccezione degli istrumenti minori per il topografo e l’agrimensore, tutti gli altri esposti dal Salmoiraghi, e desti- nati ad ingegneri, geografi, astronomi e navigatori, danno l'idea di una manifattura affatto nuova per l’Italia. Notiamo specialmente per i visitatori che sono astronomi, ingegneri, geo- grafi, topografi, artiglieri e marinai, l’universale-astronomicor geodetico, il nuovo apparato per la misura delle basi geode- tiche, il polioptometro Porro, il quale viene per la prima volta mostrato al pubblico. 11 telemetro Salmoiraghi per l’artiglieria da costa; gli istrumenti nuovi per il nuovo metodo di rile- vamento detto la celeriniensura; la raccolta di cannocchiali astronomici, che incominciano da 8 pollici per scendere fino alla minima apertura; raccolta che valse all’ing. Salmoiraghi

11 premio dell’Istituto Lombardo di scienze e lettere di lire 3500 di fondazione Brambilla; — la raccolta di binoccoli , mani- fattura nuovissima per il nostro paese, e tre campioni di obbiet- tive fotografiche; — cannocchiali di lusso d’ogni dimensione ecc. Dalla morte d’Amici, avvenuta circa mezzo secolo addietro, è questa la prima officina e tuttora l’unica nella quale siansi lavorate e si lavorano obbiettive acromatiche per cannocchiali astronomici.

Dopo aver osservato gli oggetti di ottica fisica e meccanica di Antonio Minuzzi (Milano), e gli strumenti di precisione di E. Getti (Careno , domiciliato in Londra), passiamo agli orologi che si trovano nella piccola Galleria che fiancheggia la principale.

Un immenso orologio da torre, mosso da un piccolo mec-


attraverso l’espo'siotone 1 l!)

c'nismo a scappamento, nuovo sistema, attrae l’attenzione: è di P. Sommaruga (Milano), che no presentò duo altri. Il Ca- spani Gaetano (Milano) espose i suoi orologi controllori per lo vetture da nolo, già applicati nella nostra citta. Orologi da torre e piccoli orologi da casa presentò Cesare Fontana (Mi- lano); — altrettanto l’officina E. Calzoni (Roma). Importante è la mostra di Giuseppe Kolilschitter (Milano), che presentò un regolatore astronomico che segna 52 anni di giri, e per di più parecchi istrumenti trasmettitori dell’elettrico. — Un giovane di Varese, per nome Eligio Corti, inventò un remon- toirc nuovo da lui detto di controllo con due movimenti in- dipendenti, molle volanti o una sola carica; Antonio Car- pano di Torino, presenta lavori che meritano attenzione, di scappamenti diversi; notevole è pure l’orologio di Giuseppe Pizzoccheri (Monza), che misura il tempo con dati matema- tici, sia per la reazione dell'isocronismo di ciascun pendolo alla sua volta, sia per avvertire qualùnque impercettibile mo- vimento del piano su cui vien messo ; ha due pendoli che si danno il moto vicendevolmente, e misurano il tempo colla sola forza di gravità.

E dove lasciamo il frate domenicano G. B. Embriaco di Roma? Egli espose i seguenti oggetti da lui inventati: un regolatore con soneria senza ruotiamo, che si carica una volta al mese; idem a grande soneria; nuovo scappamento a bi- lanciere per cronometri o per orologi tascabili; ordigno per estrarre le viti rotte dai castelli degli orologi.

Diamo un’occhiata alla mostra del Consorzio del fiume Olona, poi al grande mappamondo ed alla bella carta d’Italia a ri- lievo della ditta Paravia (Torino), e alle pubblicazioni scien- tifiche dell’Hoepli, e avviamoci per visitare l’altra galleria delle arti liberali. Sull’ingresso troviamo da una parto i campanelli, le sonerie e. i telefoni di F. Rosati (Milano); dall’altro i colori minerali di Calcaterra (Milano), e varchiamo la porta.

Alla nostra destra abbiamo le sonerie elettriche, lo pile, gli isolatori, i pesatori dei fratelli Zeda (Milano); poi gli appa- rati di Basilio Castelli (Brescia) per la simultanea trasmissione di telegrammi sopra un sol filo e in senso inverso, gli avvi- satori di convogli ferroviari, i segnali elettrici, ecc. ; — gli istrumenti di fisica meccanica di G. B. Battacchi (Verona); — gli orologi elettrici e gli apparati telegrafici dei fratelli Ge-


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rosa (Milano); pile, motori, apparati a luco elettrica, sonerie, eoe., di Angelo Arrighini (Milano ; — gli «strumenti di precisione o i compassi di Bardelli Geremia (Milano! ; — un control- loro automatico per i liquidi, di Bertolaso ing. Bortolo (Zimella) affitte d’ impedire la fraudolenta introduzione dei liquidi nei vasi vinari; — gli istrumenti d’assaggio per enologia, per caseificio, gli idrometri e gli oggetti d’ottica di Duroni e C. (Milano); un idrometrografo per misurare le tracce delle ac- que dei fiumi di Giulio Maronzi (Bergamo); — apparati elet- trici di nuovo sistema di Emilio Siccardi (Torino .

Nel mezzo sorgo un istrumento verniciato di bianco, di triste ricordo ; è un pesatore por il macinato in doppio sistema : uno per introdurre il grano a piattelli, l’altro ad elica ; è pre- sentato dal Ministero delle finanze, e tengono dietro lo bi- lance, fra cui notansi quelle di Antonio Opessi (Torino) che lui una stadera a ponto bilico tutta in metallo per, pesare i vagoni, colla cassa di ferro fuso, in sostituzione delle opere murarie, della portata di chilogr. 20,000 ; — un nuovo si- stema di pesa a ponte di A. Marcili (Cremona); — le bilance di precisione e di commercio di D. Ganzi (Milano); — quello a pendolo dei fratelli Schiavi (Udine) ; — parecchie bilance e stadere a ponto bilico di Paolo Buzzetti (Gallarato).

Le misure sono rappresentate dai prodotti di A. Bianchi (Milano) e dallo trarnoggio per l’esatta misurazione dei cereali di C. Bini (Livorno).

Ispettore del Gruppo IX “ Arti liberali » è il signor ing. F. Albertin i.


La porta vicina al pesatore del Ministero delle finanze ci introduce in una Galleria che è addossata a quella delle Arti Liberali, della quale segue perfettamente il disegno. È questa hi Galleria del Gruppo I, che comprende le industrio estrattive, una delle principali del nostro paese.

Volgendoci a sinistra, noi troviamo l’esposizione delle acque minerali, copiosa ed importante, sia perchè aumenta di con- tinuo le scoperte di sorgenti utilizzabili a scopo sanitario, sia per la loro varietà derivante dalla natura in parte vulcanica del nostro suolo. L’apparenza è modesta, perchè l’esposizione si riduce a bottiglie ermeticamente chiuse, che i giurati de-


ATTUA VEKHO I/JjmiSUiONE


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vomì aprire per giudicare: alcuni, però aggiunsero allo botti- glie i minerali, per i quali .l'acqua passa acquistando le pro- prietà terapeutiche. Notiamo le acque di Montecatini, esposte dall’Amministrazione dello Stato; quelle di Recoaro, esposte da Antoniani Ponziano ; di Pejo, esposte da Luigi Bellocari di Verona (Fontanino), e da Borghetti Carlo (antica fonte).; le acquo salino-ferruginose di S. Zenone degli lizzelini (Tre- viso) ; quelle celebrate di Trescorre ; quelle ferruginose e solfarne di Cittadinale; quelle salso-jodica di Rivanazzano-Voghera e solforico-magnesiaca-alcalina di monte Alfeo ; le acque mi- nerali di Tripongo (Foligno); quelle delle Termo Taurine e delle Fromelle (Civitavecchia); di Prestino (Domodossola), di Castro caro, di San Sepolcro (Arezzo), di Borzonasca (Chia- vari), della Vena d’oro (Belluno), di Bobbio, del Colomba- nno di Brisighella, di Sciacca, del San Gottardo, di Tabiano, di monte .Civitina, di Celentino, di Vinadio, del Cliiata- mque, eoe. La Giunta provinciale di Bergamo mandò tutte lo acque della Provincia, ricchissima in questo prodotto: il Comune di Acqui mandò i saggi del suo fango termale c dolio sue, sorgenti.

Ma gli sguardi sono attratti da un grande masso di sale presentato dalla Direzione Generalo delle Gabelle, che pesa 250 chilogrammi! In Italia il sale si produce, com’è noto, in grande copia, tanto che so ne fa un notevole commercio d’esportazione in America e nelle Indie; e all’anno se ne estraggono 241,744 tonnellate per circa L. 3,863,103, im- piegando quasi quattromila operai.

11 sale marino fu esposto dalla Camera di Commercio di Siracusa e da molti industriali di Trapani, come Adragna Girolamo, D’Ali E. M., Giacomazzi Salvatore, baroni Pepoli t ratei li. Salvatore Piacentino, Spanò Lazzaro o Antonio, i quali ultimi som» .più propriamente di Marsala. La salina di Salsomaggiore espose i suoi prodotti in una magnifica vetrina dorata.

Vicino a quest’ultiina si trova in attività un modello di macchina per lavare il minerale di rame esposto da Callisto Coni ut di Vogogna d’Ossola (Torino).

Qui vediamo una porta che guida all’aperto: usciamo da questa ed eccoci in mezzo ai concerti assordanti delle cam- pane. Sono sette concerti allineati lungo le gallerie sotto le


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alti forai o fonderie di Follonica, e Cecina : li espose l’Ammi- nistrazione fonderia di Toscana (Livorno), e son tratti dal gia- cimento dell’Elba di faina mondiale, una delle nostre ricchezze principali minerarie e che troppo trascuriamo. Noteremo poi il ferro c la ghisa in barre dei fratelli Tardy di Livorno, i prodotti della Società delle miniere toscane di Follonica, ie matasse di lil di ferro dei fratelli Matti di (lardone, i cer- chioni di carri c carrozze dei Zitti di Bergamo e dei Zitti di Cedegolo, gli oggetti fusi in ghisa malleabile, e . in altri me- talli dell’ing. Cesare Civita di Milano, pezzi in. getti ghisa per comporre un tornio di Carlo Prestini, e finalmente i bel- lissimi oggetti in bronzo e meglio ancora in ghisa di Tesini Podestà di Cremona, rappresentanti vasi, cornici, statue intere, come il Mercurio di Giambologna.

Nè mancano le solite , curiosità, prodotti della pazienza, come una gabbia in fil di ferro, rappresentante una casa.

Lodatissima va la vetrina di noce, in forma di castello merlato, nel quale gli industriali bresciani fanno una mostra collettiva di coltelli ed armi : questi industriali sono i signori Bordoni, Sabatti, Beretta e Micheioni.

Ci rimane ancora d’osservare la mostra delle buonissime armi del Glisenti Francesco di Brescia elio presento fucili da guerra, da caccia, un trapano da canne di fucili, un torno da canne, ecc.

Entriamo, per la porta elio si trova fra la mostra Glisenti e quella Tassara nell’altra Galleria del Gruppo I. A sinistra vediamo disposta sopra un’ampia gradinata una ricca colle- zione di piombo aurifero della miniera di Pertuzola. Si comincia dal piombo e si va fino all’argento puro. 11 piombo è il mi- nerale metallico di maggior importanza che si produce in Italia, e si trova in copia nella Sardegna. Questa non mancò all’appello, ,o nel mezzo della sala i suoi prodotti insieme raccolti occupano una grande vetrina e. i blocchi maggiori sono disposti anche ai piedi di questa. Il signor Roux pre- senta un campione di antracite di circa un metro cubo e mezzo; la Società delle miniere di Burnisci lui presentato numero 85 campioni di minerali d’argento, uno dei quali pesa circa chilogrammi 9 ; il signor Basa Salvatore dei bloc- chi di solfuro d’antimonio; la Compagnia Piot, Bellegrandi o C., Francesco Calvi, la Compagnia delle miniere di Mon-


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{«poni, la Compagnia dello miniere con sede a Genova e il signor Ridi, minerali di piombo; il signor Francesco Calvi presenta un blocco di minerale di piombo del peso di circa una tonnellata, ed un altro di zinco di 900 chilogrammi circa, oltre una stupenda collezione di galene, argentifere, sol- furi o carbonati di piombo e zinco. Aggiungaci i blocchi di minerali d’antimonio che espone il signor Rogier Carlo, e quelli che espone la miniera di Molfidano, che produce chi- logrammi 40,000,000 all’anno di minerale ed ha assicurato per 30 anni questo ricavo.

Il banco seguente è occupato da numerosi marmi di Bo- logna, lavorati in vago modo, si da mostrarne l’attitudine ai più svariati usi, sopratutto di decorazione: camini, parapetti, statue, vasi, ecc. : sono esposti da Venturi Davide e figlio di Bologna. Sequela di camini, di colonne, di croci e monumenti, perchè gli espositori diedero alle pietre la forma artistica. Aschieri Michelangelo, di Verona, presentò 12 pezzi di marmo di vario epoche e qualità di S. Ambrogio Valpolicella; Renato Red uzzi di Milano, i suoi marmi artificiali, dei quali parlammo a proposito del padiglione di cemento eretto nei Boschetti; Cas- sani Enrico di Milano, un camino; Sartorelli Romeo un contorno di camino in marmo verde; Fontana Primo di Carrara un altro camino in pietra statuaria; Rossi Alberto di Siena un camino di granito rosso; Castagnoli Giuseppe di Borgotaro, un tabernacolo e trono in marmo di Carrara, ecc. Meritano speciale attenzione una colonna e un capitello di Raffaele Granelli di Foligno, scolpiti leggiadramente e con minuto disegno in pietra cdciolfa. Questa pietra, che gli antichi chiamavano petra alba, appena estratta dalla cava si può lavorare assai agevolmente, poi indurisce in modo da resistere ai secoli, come ne fan fede molti palazzi dal 1400 al 1500, fra questi quello del Popolo a Perugia.

Moltissimi attorniano sempre la maravigliosa lastra di marmo bianco di Serravezza presentata dal signor S. Heuraux alta metri 4,15, larga metri 1,55 e dello spessore di 1 centimetro. K lo stesso espositore del blocco di marmo che si trova da- vanti alla facciata.

Notiamo un saggio di pavimento in mosaico di Fiaschi Ge- rolamo ; poi vengono le sei lunghe vetrine e i numerosi scaf- fali della mostra del Collegio degli Ingegneri ed Architetti


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di Milano e di Napoli. È questa un’esposizione dotta e pra- tica nello stesso tempo, perchè è una raccolta copiosa di pietre, marmi, lave, tufi, calci, cementi ed altri campioni di mate- riali da costruzione, classificati con grande diligenza.

Noi mezzo della sala, rimpetto alla mostra del Collegio In- gegneri, troviamo in otto vetrine un campionario di tutti i marmi in piccoli saggi presentati da numerosi espositori; poi diciotto campioni di marmi veronesi del marchese di Canossa ; vengono quindi parecchie vetrine di lavori in amianto. Ve no ha una dèlia Società Anonima per l’escavazione e lavora- zione dèli’ amianto in Italia, sedente in Torino; società in- glese, perchè noi non ci curiamo di profittare delle ricchezze del nostro suolo; e ci mostra cordo, carte, cartoni, tele, ecc., tutto fatte con questo minerale incombustibile. Vi sono poi i prodotti di Render e Martiny, pure d’amianto, cioè cordoni, guarniture per caldaje a vapore; finalmente i lavori nostrali di Ettore Albasini (Milano), che fece anche un buon mastice d’ amianto.

Le Camere di Commercio offrono importanti raccolte dei materiali di costruzione dei loro distretti. Notiamo fra queste la Camera di Varese. Procedendo il nostro cammino, troviamo una piramide di marmi segati, di Tornei Albióni (Pietra- santa); le pietre litografiche di Portland Nazionale (Diano Marino); poi i tronchi di colonna in marmo della cava Verde Polcevera di Enrico Degola (Genova) ; poscia le buone pietre cotte dei Piccinini di Pradalunga (Bergamo); e in fondo alla sala, esposto da Pestorcnn uniteti-, alcuni saggi del minerale d’oro, il cui solo nome attira i visitatori che sogguardano le pagliuzze brillanti in mezzo alla pietra bruna.

Lungo la parete, da questa parto, vi sono i petroli, perchè in Italia vi sono anche questi prodotti singolari che hanno poche regioni. Se ne vedono lo prove negli scaffali di Riva Nazzano e di Tocco Casauria.

Vengono poscia i combustibili fossili: tre grossi pozzi di lignite sono esposti da Murlo; altri dal Dal Verme; ma sopratutti desta maraviglia il pezzo di torba presentato dal duca Giulio Litta di Milano e consistente in un pilastro alto fi metri ed avente mezzo metro di lato, che rappresenta tutta la sezione della torbiera posta vicino a Varese, perchè nella parte superiore si vede ancora l’erba, poi la terra cede il luogo


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alla torba, che cambia coloro man mano elio scendo al fondo, finché cessa del tutto lo strato. Uniti a questo pilastro vi sono gli strumenti per l'escavazione della torba usati oggidì e con- frontati con quelli di trent’anni sono.

L’unica miniera di stagno che abbiamo in Italia ha pre- sentato i suoi prodotti estratti dalla ditta Hollway nella pro- vincia di Pisa ; — notiamo poi il materiale d’antimonio dello Scamiglia ; i minerali di rame e i modelli per trasporti dei fratelli Modigliani (Livorno) ; — le grandi pietre litografiche di Marangbi (Pesaro), o gessi dei fratelli Romani.

11 solfo, che in Italia produce per 26 milioni annui di lire, è largamente rappresentato. Lo Camere di Commercio della Sicilia (elio è una delle più estese formazioni solfifere) ne man- darono in abbondanza; la Compagnia Inglese per i solfi di Cesena, ai pezzi del minerale d’ogni qualità aggiunse tavole sull’estrazione del solfo e sulla sua fusione ; il conte Castel- barco Albani ha qui raccolto, in una vetrina, solfo in polvere, solfo raffinato in grossissimi pani, e piante delle miniere e dei forni che ha nella provincia di Pesaro; e di Pesaro pure è il Cangiotti Agostino, che espose i prodotti delle miniere solfuree La Morda. Da Padova mandarono solfi lavorati Mo- linelli e Levi; da Bologna la Società delle miniere solfuree di Romagna mandò carte geologiche, piani e i suoi pro- dotti, ecc.

L’Ufficio delle Miniere del distretto di Milano presentò una bella carta mineraria e un campione di tutti i suoi minerali; il dottor Moriconi Antonio di Arcedia una importante rac- colta di fossili; e l’esame di due apparecchi per miniere com- piranno la nostra sommaria rassegna dei principali espositori. Uno di questi apparecchi è una miccia di sicurezza di Er- cole Cavallini di Genova; l’altro di Schneider Orazio di Masse Marittima, è un paracadute automatico da applicarsi ai vei- coli, che serve si alla discesa nelle miniere che nella ele- vazione. Importante è la raccolta dei marmi d’Italia presen- tati dall’ing. Zucchi.

L’ispettore del Gruppo è l’ing. Giuseppe Gratognini.

Uscendo da questa galleria attraversiamo lo tre gallerie che abbiamo visitate per prime, e entriamo in un raggio della Rotonda.


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DALLE GALLERIE


CENTRALI ALLA ROTONDA


Siamo noi rogna della carta. Ecco i rotoli che passando sotto le macchine diventeranno libri e giornali, ecco le stri- sce dipinto e stampato che coprono le pareti della vostra ca- mera, ecco i libri e i giornali, i quadri e le fotografie che han reso democratica la scienza e l’arte. Noi non sapremmo ornai concepire la vita sociale senza la carta; e nel 1221 l’imperatore' Federico II pubblicava un decreto col quale di- chiarava nulli tutti gli atti scritti sulla carta, e comandava si trascrivessero entro due anni sulla pergamena. E vero che la carta allora era sì grossolana, si spugnosa, sì facile ad assorbire l'Umidità che quanto si scriveva sovr’essa si confon- deva ed anche cancellava; ma il progresso, migliorando il prodotto, ha reso il decreto una curiosità archeologica. Oggi nel mondo, secondo alcuni recenti computi statistici, vi sono 3900 fabbriche che producono 950 milioni di chilogrammi di carta all’anno, di cui una metà serve alla stampa. L’Italia produce 48 milioni di carta all’anno, ma non produce tutte le qualità che son necessarie alle suo industrie, perchè importò, nel 1879, 14,702 quintali dall’estero: è vero che ne esportò 74,220.

La galleria, nella quale siamo entrati, accoglie la carta fabbricata colla macchina senza fine, colla macchina a tam- buro o col tino. A dèstra ci appaiono la carta da involgere e da imballaggio di Foresti Eugenio o C. (Milano), lo pasto per carta e carta a macchina di Ademollo e Giannetti (Stia Arezzo), la carta a mano ed a macchina di Bernardino No- dari (Lugo), poi le belle carte di ogni qualità di P. A. Mo- lina (Varese) elio ne ha da lotterò e da stampa, collata alla gelatina e collata alla resina, bianche e colorate in paste, e mostra poi il processo della fabbricazione della carta di pa- glia imbianchita.

Poco discosto il Giovanni Ferro (Milano) tappezza colla carta d’ogni colore o disegno riquadri di un gran pezzo di parete.


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ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE

Paolo Pigna (Milano) presenta la «irta a macchina di ogni genere e colorata a mano; — Pasana Eugenio la carta per registri, stampa e disegni della cartoleria di demonio (Varese); e un mobile, posto nel mezzo della galleria, di forma qua- drata a color nero ed ornati d’oro ci attrae ad osservare la mostra delle belle carte di lusso di Edlmann A. e C. (Bologna). D’un genere diverso è l’esposizione di Cipriano Carcano (Ma- slianico, Como), perchè consiste in cartoni lucidi per soppressa od appretto di panni, seta, scialli, ecc. ; Larcher e C. (Milano) ha un campionario di carta e cartoncini biaccati e colorati per litografia; — Canziani-Fritz Carolina (Milano) carta e cartoni bianchi o colorati per istampa; — Vita Enrico e fratelli (Milano) carte diverse ; — Zuanelli G. B. (Toscolano) carte fine da impacco colorate; — Vonwiller Caroues e C. (Mi- lano) carta da lettere da cancelleria e da stampa; — e poi due eleganti esposizioni, una con carte d’ogni sorta special- mente da stampa, di A. o C. Binda (Milano), l’altra di Fran- cesco Bossi (Schio) di carte e cartoni a macchina coi cam- pioni delle paste relative. Nell’esposizione Binda merita atten- zione un foglio di carta da disegno lungo 8 chilometri e del peso di 2700 chilogrammi. Eotolato porge il diametro di me- tri 1,65 e una larghezza di metri 1,75.

Dall’altro lato troviamo le rinomatissime carte a mano e filo- granate di Pietro Miliani (Fabriano); poi le tappezzerie pompe- iane e quelle che somigliano alle stoffe di seta dello Stabilimento del Fibreno, di proprietà del conte di Bassorano (Napoli), che espone, nella vetrina dolio tappezzerie, anche la carta bianca; poi le carte assortite della Società delle Cartiere Meridionali dell’I- sola del Liri; nel mezzo i campioni di carta da registri, disegni, lettere, stampa e filigranata di Luigi Favini (Maslianico); — i prodotti della Cartiera Italiana (Torino); — le carte a mac- uniia per stampa, registri e disegni di Andrea Mafiìzzoli (toscolano); _ i a Car t a a mano o la filigranata per i boni delle Banche e i titoli pubblici, di Antonio e Giambattista For- 11 _ a ri (Fabriano); — in una vetrina isolata si vedono le paste di legno, di paglia e di stracci, oltre alla carta relativa di Ercole Maffioretti (Omegna); — poi un’alta piramide sopra una baso in nero e oro, che porta i saggi dei prodotti della cartiera A. Sonzogno e C. (Polla d’Orta, con rappresentanza in Milano) consistente in giganteschi rotoli di carta continua che

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servono per istampare il Secolo in una macchina Marinoni, c che hanno la lunghezza ordinaria di parecchi chilometri; poi la carta per le edizioni di altre opere e quelle di gran lusso, la colorata in pasta per copertine e per manifesti, carte asciuganti, pelvres, cartoncini, ecc., a prezzi straordinariamente miti.

Qui vicino si vedono i prodotti della cartiera di Fermignano del principe Castelbarco Albani, che fece rivivere un’indu- stria del paese, andata spenta e che vanta gli ultimi metodi di lavorazione colle macchine più perfette. 1 prodotti princi- pali consistono in carta di paglia per incartare e per bachi, e in carte di disegni.

Il tappezziere Carlo Oggioni (Milano) distese lungo la pa- rete la carta delle sue tappezzerie a vari colori; e .Riganti F. (Milano) lavori in cartonaggi.

Due porte nella parete sinistra immettono nel segmento di circolo che conduce all’altro raggio o galloria, dedicato pure alla carta ; e questo segmento è diviso in tre ordini di ga- binetti che a girare non sono la cosa più facile. Qui vi sono le fotografie, le litografie e le oleografie.

Nell’ordine di gabinetti più vicini al centro, e quindi più breve, troviamo le fotografie al naturale di Ruggiero Trevisani (Rimini), le vedute alpine e i ritratti in pose artistiche di Desso Vittorio (Biella); i gruppi di fotografie di costume di Giacomo Borelli (Roma); le macchine fotografiche di legno ed altri og- getti pure in legno per fotografie di Gerolamo Brioschi (Mi- lano) ; Vii laboratorio portatile per il formato di mezza placca per lavorare in campagna di I. Carli (Chieti) ; le litografie di A. Ohevalier (Torino) ; poi un sistema poco noto, la fotantracogra- fia, ovvero l'arte di copiare colla luce e coi colori presentato dal sacerdote Alessandro Sobaeehi (Lodi), e nello stesso com- parto i quadri bellissimi in oleografia, artistici e finiti, ebe gareggiano collo pitture ad olio, di Ulisse Borzino (Milano), Ne] primo gabinetto vi sono le etichette in rilievo di Carlo Belloni (Milano), gli affissi teatrali di Toschi Paolo (Modena) e le oleografie di Meneghini Matteo e C. (Milano) e l’esposi- zione di Giacomo Rossetti di Brescia, che consta d’un grande quadro fotografico della facciata della Chiesa dei Miracoli, e di cinque altri con bellissime vedute dei monumenti artistici bresciani.


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Nel mezzo del passaggio fra questi gabinetti e quelli di- rimpetto si trova un mobile a paravento colle oleografie che imitano l’acquerello di Panigati e Galletti (Milano), fra cui le molte belle dei monumenti d’Italia, un altro colle litografie del Wenk di Bologna e di Bruno e Salomone di Torino, e un altro ancora colle calcografie del Grandi di Milano e del R. Stabilimento di Calcografia di Roma. Infine una grande e importante vetrina cogli oggetti necessari alla fotografia, di Oscar Petazzi (Milano), e una tenda da campagna per fo- tografia di Carlo Antonietti (Panna).

Nella stessa sala un gabinetto intero è riserbato a Ferdinando Ongania (Venezia), che espone le tavole originali di disegno e pittura per la riproduzione della basilica di San Marco e saggi cromolitografici; nel vicino esposero Cesare Rocca (Roma) foto- grafie varie; Davani Luigi (Firenze) le cromolitografie inalte- rabili; Weintraub Guglielmo (Salerno) la fotografia e le sue varietà come fotolitografie, fototipie, cbimigrafie, citrotipie, eco,; altrettanto fa il G. B. Brusa (Venezia), che rende inalterabile le fotografie mediante processo di eliotipia, e presenta anche le impressioni fotografiche all’inchiostro da stampa. Giulio Rossi (Milano) occupa un gabinetto intero colle sue belle fotografie; altrettanto fanno i fratelli D’Alessandri (Roma), che adornarono i ritratti d’eleganti cornici; in cornici molto artistiche anche il B. Lauro (Napoli) presenta le sue fotografie Giacomo Brioggi (Firenze) le fotografie ai sali d’argento ed al carbone; Paolo Bertieri (Torino) i lavori fotografici; e altre fotografie i fratelli Lovazzano (Torino), Michele Torroni (Milano).

Passiamo ora al terzo ordine di gabinétti, il più esteso che sta più vicino alla circonferenza. Anche qui le fotografie oc- cupano il luogo principale, mostrando come quest’arte , nata Jori ed oggi già adulta, abbia nel nostro paese numerosi e valenti cultori. Come già vedemmo anche nei già osservati gabinetti, oltre ai ritratti la fotografia nostra si piace ripro- durre le bellezze naturali e artistiche del paese, rendendo un vero servigio all'istruzione. Così ritratti e vedute ha il Capitani Cristoforo (Brescia), il Fidanza Francesco (Varese), il Pietrobon Alberto (Varallo Sesia), che presenta anche i pittoreschi co- stumi di Valsesia, i fratelli Vidan (Ancona), il Maccozzi Carlo (Milano), il Paganini Giovanni (Novara), il prof. Lugi Borii- netto (Padova), che trovò molte applicazioni all’arte nella


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Noi mozzo dol passaggio fra questi gabinetti o quelli di- rimpetto si trova un mobile a paravento colle oleografie che imitano l’acquerello di Panigati o Galletti (Milano), fra cui le molte belle dei monumenti d’Italia, un altro colle litografie del Wenk di Bologna e di Bruno e Salomone di Torino, e un altro ancora colle calcografie del Grandi di Milano e del K. Stabilimento di Calcografia di Roma. Infine una grande e importante vetrina cogli oggetti necessari alla fotografia, di Oscar Petazzi (Milano), e una tenda da campagna per fo- tografia di Carlo Antonietti (Parma).

Nella stessa sala un gabinetto intero è riserbato a Ferdinando Ongania (Venezia), che espone le tavole originali di disegno e pittura perla riproduzione della basilica di San Marco e saggi cromolitografici; nel vicino esposero Cesare Rocca (Roma) foto- grafie varie; Davani Luigi (Firenze) le cromolitografie inalte- rabili ; Weintraub Guglielmo (Salerno) la fotografia e le sue varietà come fotolitografie, fototipie, chimigrafie, citrotipie, eco.; altrettanto fa il G. B. Brasa (Venezia), che rende inalterabile le fotografìe mediante processo di eliotipia, e presenta anche le impressioni fotografiche all’inchiostro da stampa. Giulio Rossi (Milano) occupa un gabinetto intero colle sue belle fotografie; altrettanto fanno i fratelli D’Alessandri (Roma), che adornarono i ritratti d’eleganti cornici; in cornici molto artistiche anche il B. Lauro (Napoli) presenta le sue fotografie Giacomo Brioggi (Firenze) le fotografie ai sali d’argento ed al carbone; Paolo Portieri (Torino) i lavori fotografici; e altre fotografie i fratelli Lovazzano (Torino), Michele Torroni (Milano).

Passiamo ora al terzo ordine di gabinetti, il più esteso che sta più vicino alla circonferenza. Anche qui le fotografie oc- cupano il luogo principale, mostrando come quest’arte , nata Jori ed oggi già adulta, abbia nel nostro paese numerosi e valenti cultori. Corno già vedemmo anche nei già osservati gabinetti, oltre ai ritratti la fotografia nostra si piace ripro- durre le bellezze naturali e artistiche del paese, rendendo un vero servigio all’istruzione. Così ritratti e vedute ha il Capitani Cristoforo (Brescia), il Fidanza Francesco (Varese), il Pietrobon Alberto (Vara Ilo Sesia), che presenta anche i pittoreschi co- stumi di Valsesia, i fratelli Vidan (Ancona), il Maccozzi Carlo (Milano), il Paganini Giovanni (Novara), il prof. Lugi Borii- netto (Padova), che trovò molte applicazioni all’ arte nella


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fotomicrografìa, cromotografia, fotomeccanica, incofotografia, fafofotografla e fototipia.

Si distinguono per la nettezza, il colorito e l’artistica posa le fotografie del Calzolari Icilio (Milano), e del Maggia Achille (Milano). Entrambi sono i fotografi del l’Esposizione di Belle Arti e mostrano anche colà la loro valentia.

Aggiungiamo ai nominati espositori il (E Forrotto (Treviso), il Crespi Felice (Milano), il Ganzini (Milano), i fratelli Alinari (Firenze), che espongono vari processi di lavoro, il Pietro Car- levaris (Torino), che aggiunse la glicotipia e la microfototipia a luce ossi-idro-inagnetico, ecc.

Saggi ben riusciti a cromolitografia e a litografìa presen- tarono il Ximenes, il Manenti Ercole (Milano), il Bellora Ales- sandro (Milano), il Dressler Oscar, che vi aggiunse belle n fedeli oleografìe.

Finito di andar su e giù per questo segmento , entriamo nella galloria della tipografìa.

In questa a prima vista ci apparo lo sviluppo di quest’arte, che per vivere e crescere prosperosa ha bisogno dell’atmosfera della libertà. Ventidue anni sono, nella divisa Italia, vi erano (100 tipografìe con 10,000 operai; i torchi erano quasi tutti a mano; alla fine del 1879 le tipografie erano più che rad- doppiate essendo 1300, e in questo si movevano 800 macchine celeri, occupando 25,000 operai. E secondo i compiti del si- gnor Bernardoni, calcolando la produzione d’una macchina a cinque volte quella d’un torchio, si ha una produzione cin- que o sei volte maggiore che nel 1859. Le prove le abbiamo a questa esposizione, dove s’era dapprima destinato una sola galleria alla carta ed alla tipografìa, od oggi le vediamo occupare invece uno spazio doppio ed è ancora angusto alla folla degli accorrenti. Per toner dietro ai principali espositori, mettiamoci in fondo alla galleria colla faccia ri- volta alla Rotonda. Noi troviamo a sinistra i fratelli Treves (Milano) con incisioni e litografie ; poi il Messaggi tipografo con edizioni e legature; — il Marin Leonida (Schio) con vo- lumi ed oggetti di stereotipia ; — la ditta C. ltebeschini e 0. (Mi- lano) con saggi tipografici, libri, opuscoli, giornali, stereotipie, galvani e processi relativi; — nel mezzo il divelli Giuseppe (Milano, Roma, Firenze) con numerose edizioni. — Zani- chelli Nicola (Bologna) con saggi delle proprie edizioni; —


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successori Le Mounier (Firenze) con una collezione di volumi di divèrso formato e stile; — quasi rimpetto il Y. Vezzari (Roma) con saggi di riproduzione istantanea eseguita colla carta fotocianografica ; — P. Clerc (Milano) con edizioni e le- gature; — Agnelli Giacomo (Milano) con molti volumi sco- lastici e tabelle pedagogiche por i giovanetti; — Natale Bat- tezzati (Milano) con vari libri e col suo utilissimo sistema di catalogo bibliografico generale, che porterebbe non poco van- taggio ai librai ed agli autori se venisse adottato ; — Pa- ravia G. lì. (Torino) con saggi tipografici e pubblicazioni scien- tifiche ; — il Laudi (Firenze) con ispeciali lavori tipografici ; — Alberghetti F. e C. (Prato) con classici latini e greci e il Ftirceìlini in 06 fascicoli; — la Stamperia Reale di Torino- N istrice C. (Pisa), Treves fratelli (Milano), Casanova Fran- cesco (Torino), ccc.

Risalendo la galleria s’incontrano i fratelli Merlani (Bo- logna), la mostra di Bartolomeo Saldini (Milano) colla spe- cialità di litografie per ingegneri e architetti; Itipamonti- Carpano (Milano) colle legature e le cromolitografie; — ditta Maliardi Francesco (Milano) con libri e carte geografiche; — e vicino il piccolo od elegante mobile colle belle edizioni del Barbera di Firenze. Nel mezzo si vede il T. Ricordi (Milano) con tipografie, stereotipie, oleografie e incisioni ; — l’Officina del Consorzio delle Banche di Roma con saggi di obbliga- zioni e di azioni; — Simonetti Carlo (Milano) con opero — Huepli Ulrico (Milano) colle molte- Pietro Pellas (Genova) con azioni di e riproduzioni in galvano; — Grassi con incisioni a secco ed umido , e fratelli (Lecco) con saggi tipografici; — l’Officina governativa di carto valori (Torino); — la ditta Dumolard (Milano) con molte opere scientifiche e di vario genere d'e- dizione propria; — Moretti Pietro (Milano) coll’opora-l’iA/- Monumentale; — Mondovì Giuseppe (Mantova) con edi- zioni; — Roux e Favate (Torino) colle carte geografiche in rilievo; — Carrara Paolo (Milano) con opere diverse, in ispecie educative, di sua edizione; — Orsenigo Francesco (Milano) cogli inchiostri da tipografia e litografia ; — Barbini Carlo (Milano) con libri vari; — Maliardi Antonio (Milano) con carte geografiche, globi, ecc.'


scientifiche e romanzi plici sue edizioni; — Società a vari sistemi Francesco (Bologna) Grassi


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Da questa galleria entriamo, per una porta rimpetto a quella del segmento della fotografia, in un altro segmento; è un’appendice all’industria della carta. E qui ci si affaccia la carta per ventagli di Gl. Salvi (Prato), i mastri o le car- tolerie del G. Murari (Milano), lo legature, i monogrammi, i registri del Maglia (Milano), del Croce Bartolomeo (Milano), del Morandi A. e C. (Milano), del Valli Leopoldo (Milano), i saggi di applicazione di caratteri e cartelli ad imitazione della porcellana del Cassimi AntonhV(Milano); — le impres- sioni in oro falso e rame battuto sulla carta gelatinata o .sem- plice di Legros e C. (Milano), e di Pompeo Masporo (Milano);

— carta colorata e vetrata di Gl. B. Bellasio (Milano); — le scatole di cartone di A. Posteria (Milano); — saggi di legatura di L. Ravizza (Milano); — cartonaggi di M. Spada (Milano); — Cartoleria dell’Orgnieri, del G. Gussoni (Milano);

— tele e carte smerigliato c vetrate di Rossi e Brussa (Mi- lano): — Sacchetti di S. Quaranta (Torino) ; — buste da let- tere di E. Binetti (Milano); — o infine le grandi carte geo- grafiche di Sacchi ed Artaria (Milano).

Usciamo dal gabinetto, e per la galleria dei prodotti tipo- grafici entriamo nella Rotonda.

In questa comincia l’esposizione della ceramica; ma sic- come l’esaminarla ci condurrebbe fuori dell’Esposizione, cosi, riserbandoci di ammirarla fra poco, dirigeremo i nostri passi verso la galleria rimpetto , che porta la distinzione del Gruppo IV.


DALLA ROTONDA AL MINISTERO DELLA GUERRA

Dal mezzo della Rotonda si vede, a sinistra di chi guarda verso il bastione, il Gruppo delle materie alimentari. Ce ne fa ac- corti un bagliore di colori spiccati e di vetrine dorate che di solito accompagnano la esposizione di questi generi, molti dei


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quali, essendo di lusso, limi bisogno di sfarzose apparenze per sedurre i consumatori.

Entriamo nella galleria che si trova rimpetto a quella della litografia e tipografia, ci troviamo in mezzo al trionfo della raffinata ghiottoneria: torroni, biscotti, panettoni, pasticci, frutti canditi, zuccherini foggiati in tutti i colori, rappresen- tano il paradiso dei bambini e fan correre l’acquolina in bocca. Le vetrine sono adattate alla speciale esposizione: le quali rappresentano piramidi gigantesche, padiglioni a diverse fogge e colori, chioschi, elegantissimi, gigantesche bomboniere, sotto cui s’ammucchiano i dolci.

Ecco il Puricelli (Milano) colle sue confetture e colle con- serve; un banco bianco dorato e pieno di mostarde, canditi, pasticcione e panettoni è stato preparato da Luigi Fossati (Milano); sorge poi un padiglione di Augusto Fieschi e C. (Cremona) coi vantati torroni e colle mostarde; — seguo Lombardi e Macchi (Milano) con una elegante mostra di con- fetture, cioccolato, bomboniere e fiori: — quindi Allemand Silvestro (Savona) coi frutti canditi d’ogni genere ghiacciati cristallizzati, dei quali fa anche un’esportazione all’estero; il Talmona di Torino con una grandissima vetrina ove espone cioccolato in tutte le qualità e gradazioni, con stupendo la- voro in cioccolato rappresentante la propria fabbrica a Torino;

— i fratelli Stringa di Voghera ricchissima vetrina con con- serve d’ogni qualità; il Biancotti di Milano con bellissima ve- trina colle statua in cioccolato del re.

Moriondo e Ganglio (Torino) hanno qui il loro cioccolato; ~ Gaj e Revel (Torino) presentano altro cioccolato; — Baj Giuseppe (Milano) pasticcione e frutta conservate collo zuc- caro; — Baj Luigi (Milano) un’altra mostra consimile; — Majani Giuseppe (Bologna) il cioccolato collocato in una bella vetrina; — Giovanni Marina (Milano) lo pastiglie di zuccaro di forme e colori svariatissime ; — Grassini Carlo (Novara) in un bellissimo chiosco i biscottini, che sono una privativa di quell? città; — Viti Antonio (Cremona) il torrone e la mostarda; — altrettanto Luigi Cerri e Montaldi Armodio della stessa città ;

— Bolaffio L. F. (Venezia) i biscotti veneziani detti Cairoli; — Garnier Valletti (Torino) più di mille esemplari di varietà di frutti elio l’espositore intitola Pomona artificiale; — Bozzacchi Giuseppe di Cannobio in una vetrina decorata in bianco ed oro


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espose ottimi frutti conservati ; — Heins Mattia (Brescia) il cittadino bussola; — poi i pasticcini di Siena col panforte e coi fiori di zuccaro, come Evaristo Mencarelli, Giovanni Pa- renti, Matteo Poraiii, Livio Pessi, Natale Pepi, Virgilio Sapori, Giuseppe Vivi, ecc. Dei fiori di zuccaro se ne fanno di belli a Pisa, corno mostrano gli espositori di quella città, Bureli Sera- fino, Cesare Ciardellizza. Notiamo pure la mostra di Salvatore Gali (Palermo) con frutta, mandorle, confetture e fiori; il Tiberio Lemmi di Perugia fece pinocchiate o confetture.

Finalmente in fondo a questa galleria vediamo l’esposizione di Cirio Francesco (Torino) coi legumi in conserve e i frutti che fornisce ai mercati di tutta Europa, ed altri come la pi- ramide delle scatole tutte condensate della ditta Bertet Mi- hius. Una porta a sinistra ci conduce in un’altra sala dove stanno disposti i farinacei e i loro preparati, i salumi e le carni preparate, classi 21 e 23. Ciascuna provincia d’Italia ha le sue specialità gastronomiche, e l’esposizione di questo Gruppo lo prova coi fatti. Lo abbiam visto nei dolci, qui lo vediamo nei salumi. Ve ne sono di fenomenali che raggiun- gono dimensioni degne dello stomaco di Gargantua. In una vetrina ve n’ha uno lungo 4 metri, rivestito di stagnola ar- gentata: lo espose Galimberti Ermenegildo (Milano) sotto una cupola dove è circondato da fratelli minori; — altro di Anelli (Milano) lungo metri 4; — un altro è lungo metri 2,50

0 del diametro di 25 centimetri, poi vengono le bondiole e

1 prosciutti di Stefano Ziliotto (Noventa Vicentina); — i sa- lami di Angelo Longoni (Milano) e le carni suine di Carlo Valdoni (Casal San Giovanni) ; — le mortadelle e i prosciutti di Giuseppa Bella Nani (Modena); — i tonni e le sardelle all’olio dei negozianti di Livorno, Genova, Sestri e Savona.

Un poeta di bell’ umore del secolo scorso descrisse in un so- netto le leccornie delle principali città d’Italia : e davvero qui assistiamo all’illustrazione di fatto della poetica bizzarria del ghiotte ne:

Napoli vanta in prima i maccheroni,

Roma i prosciutti o le giuncate in maggio Milano i cervelluti ed i capponi;

Firenze ha (Fogni buono un piccol saggio,

Torino sa condir qualcun erbaggio :

Genova manda paste e bei limoni;

Parma del cacio suo fa tomi in foglio;

Ferrara si sostenta co’ storioni.

Bologna è la maestra in mortadella... t


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Bologna manda infatti lo sim mortadelle, che inette anche nelle scatole: così vediamo i prodotti già premiati altre volte nei suoi produttori Medardo Bassi, Natale Bordoni, Ulisse Colombieri, Alessandro Colombini, fratelli Lancia, fratelli Lan- zarini, Orsi Raffaele, Giuseppe Romagnoli, Gaetano Samoggia, la Società Bolognese, Paolo Zacconi e fratelli Zappoli.

Modena ha gli zamponi con Giuseppe Bellentarii, fratelli Prigerio, fratelli Molinari, Gregorio Panini, Tosi-Bellucci , Biovanni Zironi.

Cremona i salumi all’aglio, posti da Carletti Luigi, Carulli Davide, ecc.

I farinacci attirano la nostra attenzione anche col lusso delle vetrine Splendida è quella di G. Stucky di Treviso, un vero lavoro d’arte di G. Rossi, in legno colorato, scolpito in figure e in emblemi. Tre. persone che escono dai fogliami e dallo spighe formano il piedestallo, portando l’aratro, la falce e la ruota, simboli della coltivazione dei grani, della mietitura e della lavorazione in pasta; e infatti le paste primarie si ve- dono nelle vetrine. Zoppi o C. di Redona (Bergamo), di al- tra bellissima del Rosada di Venezia, ,e Mandelli di Treviso in una ricca vetrina rappresentante un tempietto espose i saggi di farine in tanti vasi di cristallo che circondano uff piede- stallo d’ebano sormontato dalla bianca statua dell’Agricoltura colle mani piene di spighe; le. paste di minestra si vedono m tanti scompartì d’un mobile rotondo di Gentili Ferdinando (Pisa) ; in un altro tavolo consimile le paste pur di minestra, di Vespignani Rossi Adelaide; — le farine di frumento ma- cinate col sistema ungarico-americano e il riso pilato si ve- dono in un mobile di Angelo Tosi (Tieviso), che fece un edifizio semicircolare a quattro ordini di colonne: la cui parte snpe- uore sostiene duo statue in legno, l’Agricoltura o il Com- mercio; notatisi poi le farine ad alta e bassa macinazione, le semolino, la crusca e il grano marchigiano del principe Ce- sare Albani Castelbarco (Milano).

Genova e Napoli hanno antica celebrità per le paste: e della prima città abbiamo il De Barbieri, (fabbriche riunite) fratelli Ghigliotti; della seconda Salvatore Aconfora, Carlo Cesare, Giannelli Paolo, Ferdinando Jovina, Guardo Lembo Moresca e Carotenuto, Francesco Riccardi, Filippo Lemme; Milano ha un po’ di tutto: biscotti del Brasile con Stefano


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Baruffi, paste mangerecce coi fratelli Bianchetti, Angelo Ma- rabelli, Luigi Mazzetti; riso lavorato con Carlo Bosè, Antonio Nasoni, assortimento di farine con Santino Brambilla, Gae- tano Mosca, i grissini di Torino portati all’Esposizione da Luigi Ariano. Anzi le paste hanno fatto anche invasione nelle lunghe gallerie riserbate all’ industria agricola.

In questo riparto si studiano i diversi sistemi di panifi- cazione. Il dottor Carlo Bazzoni espose il suo pane di sangue, nutriente ad alto grado, e che propone quale rimedio contro la pellagra ; — il bravo prete Rinaldo Anelli, apostolo in- defesso e fortunato dei forni economici e locali delle campagne, mise qui il pane di melgone ottenuto con quei forni; — la Società Anonima di Panificio di Morbegno presentò il pane di tutto frumento e un pane salubre per il contadino: — la Società operaja di Avellino espose una collezione di farinacei e dei prodotti del pane, ecc.

Una piccola camera vicina è destinata ai formaggi ed al burro. L’odore guida facilmente dove vi sono. Le convalli d’ Italia che il poeta diceva “ seminate di case e d’ oliveti „ e le spiagge apriche mandarono campioni d’olj pregiati in commercio e cercati avidamente dai buongustai. Vi sono qui i campioni inviati dal conte Agostini-Venevosi (Pisa) e dal marchese Giovanni Albergotti (Arezzo), dal Ardizzone G. B. (Diano Marino), dal principe Aldobrandini (Siena), da don Ric- cardo Gemuta duca di Vallombrosa (Sassari), dal barone Filippo Bacile (Lecce), dal contò Lodovico Bottoni (Brescia), dal mar- chese Bucci de (bambini (Pisa), dal marchese Ducesois Teodoro (Firenze), dal marchese Artale di Collutto (Palermo), dalle marchese Durazzi Pallavicini (Sestri Levante), dal marchese Gropallo (Genova), dal conte Alessandro Buglioni (Perugia), dal marchese Cristoforo Petrolio (Arezzo), dal marchese Pucci-San- sedoni (Siena), dal conte Bucci-Boncambi di (Foligno), dal principe Clemente Rospigliosi (Firenze), dal marchese G. A. Torriglia (Chiavari), da Anseimi Murazzi (Napoli), dal conte Quisibei Iteginaldo (Perugia), da Fusi Emilio (Pisa), da L. Mirabello (Lucca), da Portoghese Salvatore (Catania), ecc. E curioso il vedere come produttori d’olio siano quasi tutti conti e marchesi. E un fatto che indica come le grandi pro- prietà in parecchie provincie italiane si sono conservate nello mani dei nobili.


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1 formaggi invoco sono più plebei. Edoardo Grassetti di Mi- lano lui il parmigiano, il gorgonzola e il burro; — Modesti bellone, pur di Milano, ha il grana, stracchino e il burro sa- lato ; Faccioli Alessandro (Milano); il burro salato; — Guglielmo Messina (Milano), oltre ai latticini ed al formaggio, presenta anche un modello di coserà; Bignami Emmanuele (Codogno). formaggio lodigiano, gorgonzola e burro; Polenghi, Lombardi 0 Bivio (Codogno) presentano stracchini, formaggio e burro; Antonio Zazzera (Codogno) espone diverse qualità di formag- li 10 , di stracchini e di burro; — Locatelli Antonio (Varese) y ari stracchini e i robiolini di Montevecchia, ecc.

Esposero formaggi anche le Latterie sociali di Albo-Pallanza, Aosta, Domodossola, Bormio, Bracchio, Caprezzo, Mergozzo, Mozzio, Sesto Cremonese, Talamona.

Uscendo per la medesima porta dalla quale siamo entrati (' attraversate le salo già vedute dei formaggi, dei salumi e dei dolci, passiamo in quella dei vini e liquori. I vini sono entrati anch’essi (come le poste) nelle lunghe gallorie della mostra agricola, colla quale hanno tanti punti di contatto, e qui vediamo schierate in ordine di battaglia migliaja di bot- tiglie. Grandi scaffali di bottiglie raccolgono numerosi espo- mtori, il cui nome si legge sulle ditte delle bottiglie. Uno scattale pieno di fiaschi impagliati ci avvisa che quella è l’espo- suione dei Fiorentini, dove si trova il Montepulciano, il Po- nnno, il Chianti ed altri prelibati che furono in sì perfetta >ogua cantati dal Redi. I vini di Sicilia fanno compagnia ai toscani.


Questa mostra è una delle più serie, perchè l'Italia, che pro- 1 uve più vino di quanto ne consuma, deve definire i tipi co- s aliti che possono avere uno stabile smercio fuor di paese.

gg 1 invece le cantine hanno tanto quantità di vino quante sono lo botti. Il raggiungimento di un tipo per provincia, è 0 scopo di molte Società Enologiche.

t vini furono esposti in ordine di regione dal signor dottor lerzaghi. Comincia il Piemonte coi signori Boschiero Gio- 'anni, Gagna c Cugini, fratelli Secco, fratelli Barberà, fra- tj'" 1 Gancia, Unione Enofila, ecc.; - segue la Lombardia colla Società Enologica Valtellinese, i signori fratelli De Giacomi, •rateili Salis, Enrico Guicciardi, Pietro Redaelli; — la Liguria con Dimazzo, Delfino, Cossisa, Rambaldi; — il Veneto colla So-


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cietà Enologica Veronese, Cesare Trezza, Carlo Rossi, conte P. Segramoso, Arvedi e figlio, Società Enologica di Conegliano, Comizio Agrario di Barbarano, Assicurazione Generale di Ve- nezia; — V Emilia con Eugenio Righetti, ing. Luigi Vec- chia, Società Enologica Scandianese, Comizio Agrario di Gua- stalla, Giuseppe Nicolini; — le llomagne con Francesco Orfei, Leoni Gilardoni, marchese L. Florenzi, Società Enologica di Loreto, Vitali Raffaele, Strutt Arturo, barone de Riseis, An- gelo Tagliaferro ; — la Toscana con Clemente Rospigliosi, marchese P. Parinola, Guido Corsini, conte F. Bardi, G. Setti- manna, E. Fenzi, L. Bettolini, Rodolfo Schneiderf, Francesco I Lawley, Luigi Ridolfì, Melini Laborel, Amerigo Walter, barone Ri casoli, marchese C. Aldobrandini, marchese G. Garzoni; — j le Provincie napoletane colla Società Enologo di Masciago, Società operaja di 'Frani, Pasquale Perfetti, conte F. Carac- ciolo, Camera di Commercio di Avellino, Luigi Discopo, Co- | inizio agrario di Pozzuoli, Michele di Marzo, Enrico Barone, I Pasquale Scala; -- la Sicilia colla Giunta di Trapani, Fio- rio e C., Spano e C., Corrado Grande, G. Jacomo, Duca di . Laparata, A. Alagna Spanò, Pappalardo Galante e C., In- i gham e C., A. Mancini; — la Sardegna con E. M. Bec- ciri, A. Gaviano, S. Fadda, avv. Matteo Guillot : — l'Isola | d'Elba col Comizio Agrario d’Elba, A. Marchetti, A. Taglia- I ferri, ecc.

Ma la curiosità ci spinge verso i tempietti e i chioschi oretti nel j mezzo e intorno alla sala. Il piti grande è dei fratelli Branca (Milano) : raffigura un tempio in fondo bianco, decorato in oro, pieno di liquori d’ogni sorta. — Una piramide che sembra di marmo venato, è per la ditta Padrone e C. (Milano), pure di liquori; un’altra piramide in fondo verdognolo con ornati l d’oro è del Cusatelli Luigi (Milano), anche questo per liquori; un tempietto leggierissimo ed alto contiene il melange, il ver- mout, i liquori vari del Biffi-Durando (Milano); un mobile serio [ color oscuro intagliato finamente, è di Maurizio Cannetta (Mi- lano), che ha anche il chiosco uso bottiglieria noi Giardini | Pubblici; — Giovanni Buton e C. (Bologna) ha posto i suoi j vantati liquori in una vetrina a muro di color nero e rosso con un lusso principesco di seta e rasi; il Campari Gaspare \ (Milano) espone un completo assortimento di liquori; — il Felice Vittori (Milano) presenta i liquori racchiusi in bottiglie


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in otto botticino ; — Martini e Rossi (Torino) disposero i loro liquori in una grande botte, dalla quale sorge una pira- mide di bottiglie; — il Gl. B. Pezzioli (Padova) in un mo- bile elegante collocò le bottiglie dei suoi liquori.

Accenniamo fra le altre esposizioni di apparenza più notevole quella di Isolabella o C. (Milano), Borghi (Milano), Galliani Giovanni (Milano), Francischclli Antonio (Piacenza), Battistella Giuseppe (Milano), ecc. Aggiungeremo la vetrina Sacco di To- rino con una raccolta di essenze.

11 programma del professor Cantoni chiedeva che l’esposizione dei liquori “ fosse sobria e sopratutto seria, perché malgrado le vantate virtù igieniche di molte di quelle bevande, l’igiene pubblica guadagnerà di molto quando il loro consumo s’avesse a restringere di molto. „ Il savio consiglio non produsse troppo effetto, perchè questa parte della mostra è delle più -affollate e sfarzose.

In un angolo sta la esposizione degli aceti o della birra. In un altro sorge una grotta destinata alla birra varesina Porretti, cho si beve nel chiosco svizzero costruito fra il sa- lone e la galleria del lavoro. Da poco tempo in qua la pro- duzione della birra ha preso uno sviluppo che ci fa sperare la diminuzione del grosso contributo che paghiamo tuttodì all’estero.

Ispettore del gruppo è il signor Luigi Verona.


Quando siamo per uscire dalla piccola galleria dei liquori affollata d’espositori, un odore indistinto di cento fiori e cento essenze, ci colpisce l’olfato e ci avvisa che stiamo per entrare uel comparto dei profumi. Questi sono disposti nel tronco di galleria che dalla Rotonda conduce all’arioso edilizio della carrozzeria. Invano Plauto, tanti secoli sono, scriveva: muJicr Itene olet qua; nihil olet, vale a dire: ha buon odore la donna senza odori; lo signore fan consistere il sommo dell’eleganza non solo nel portare i profumi, ma perfino nel formarsene uno speciale che le faccia anche distinguere al bujo. E d altra parte chi osa scagliar loro la pietra, quando perfino le dee del- 1 Olimpo, giovinette eterne, spandevano attorno grato profumo d’ambrosia, indizio del loro umore che rivelava la loro pre-


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senza? Anche qui, come in tutto, l’uso moderato procura un piacere che scuote le fibre e dolcemente inebbria. Lo proviamo in questo punto, mentre dalle fontanelle degli espositori Cos- sinelli (Genova), Cantone (Biella) esce un piccolo getto d’ac- qua odorosa: e dalle eleganti bottigliette par che trasudi la essenza di viole che vi sale al cervello, e che dall’altra fon- tanella di Angelo Masoli (Milano) si spanda intorno una altra fontanella di acqua d’Ercolano.

Girando attorno lo sguardo, vediamo i saponi e le profu- merie di Genevois Felice (Napoli), i profumi e saponi di Bollet, Senese, e Cormons (Napoli), che si trovano disposti intorno a una piramide sormontati da una statuetta; l’acqua di Firenze di Carlo Meneci (Firenze), i profumi di verbene, di Colonia, di aceti aromatici e le acque di Atene di Gio- vanni Roncelli (Milano), che galantemente distribuisce le boccettine alle signore; le profumerie di G. B. Sottocasa (Mi- lano), i saponi finissimi alla glicerina di Isidoro Meyer (Sampierdarena), le ciprie profumate di Gennaro Malvezzi (Venezia), i celebrati saponi comuni e profumati di Agostino Oneto (Sampierdarena). Ma a proposito di sapone, osservate la parete di fronte fra i pilastri della porta: essa è d’un sol pezzo di sapone alto metri 5, largo 2. 30 e dello spessore di centim. 27: pesa la bagattella di chil. 3600. Questa saponetta è esposta da Angelo Misoni (Milano), che presenta altre profumerie e saponi.

Qui vi sono anche le tintorie per barba e capelli per co- loro che vogliono dissimulare gli effetti del tempo; e C. Ar- manni (Milano) ne espone di quelle che assicura innocenti come l’acqua.

La Regìa dei tabacchi espose i suoi prodotti, in un grande armadio barocco che, per le sue proporzioni, attira sempre gran numero di curiosi: e concessole uno sguardo, entriamo nel salotto rimpetto a quello per il quale siamo entrati fra i profumi. Qui la chimica abbandona le voluttà e si mette al servizio d’Igea. È la mostra dei farmacisti e dei produttori farmaceutici.

In larghe vetrine nere e azzurre Carlo Erba (Milano) mise in mostra i copiosi prodotti del suo operoso stabilimento; h‘ Società Farmaceutica (Milano) espose le medicine in polvere e gli estratti; Lodovico Zambeletti (Milano), il lcousso gra*


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nnlato, china, capsule elastiche gelatinose; Giuseppe Talini (Milano), specialità farmaceutiche; altrettanto Polli (Milano), Carlo Formaggio (Milano), Carlo Panerai (Livorno), Padovani e C. (Bevera-Brianza), cremor tartaro e derivati, ecc. Notasi specialmente 1 vetrina di N. Tassoni di Salò, che manda ovunque la famosa acqua di cedro medicinale.

In questo comparto cominciano anche i saponi, che sono più propriamente industriali per la destinazione tecnica di quelli di profumeria, e vediamo la grande vetrina di Chiozza-Turchi (Pontelagoscuro), dei fratelli Bottaro (Milano), e di V. Coterin (Milano), che orna la sua mostra con una statua di sapone.

Davanti a noi si apre la lunga- galleria che va parallela a quella centrale della carrozzeria; entriamovi e ci troviamo fra due monumenti industriali. Quello sulla nostra destra è una piramide alta 9 metri tutta fatta di. candele di cera : essa pog- gia sopra un piedestallo, ai cui angoli si alzano quattro obe- lischi alti 3 metri: è l’esposizione di Pio e P. G. fratelli Ber- tarelli (Milano). Quello a destra è una specie di fontana di sapone, al cui sommo domina una statua pur di sapone; è la mostra di Pietro Calamari (Milano).

Il banco che ci attraversa la via è l’esposizione di gomme elastiche e tessuti cerati di G. B. Pirelli e Casazza (Milano), n oltre agli oggetti in guttaperca, troviamo la sua applica- zione alle manifatture, alla meccanica, ai servizi militari e marittimi, alle ferrovie, ai telegrafi, ecc.

Kntro un bel mobile isolato di forma gotica vediamo i sali di chinino e i prodotti chinacei della Fabbrica Lombarda di prodotti chimici (Milano); poi vengono i prodotti in stearina, le glicerine, le oleine dei fratelli Lanza (Torino); la fabbrica Mira con una piramide di candele; i sali, gli acidi e altri importanti prodotti chimici di Candiani e Biffi (Milano); l’ ozolterite, la cer esina, ecc., della Banca di Credito Veneto per la fabbrica di om esina e stearina; le torcia e candele di Reale e Gavazzi (Venezia), l’acido tartarico di Haussmann e Wenner (Milano);

acido borico tratto dalle Maremme toscane di Larderei e C.

Aggiungiamo le bella vetrina sormontata da una statua d’allumina rappresentante la Chimica, opera dello scultore Salata, di Ercole Candiani (Sesto Colende) con concimi e prodotti chimici ; la farmacia H. Boberts di Firenze colle specialità farmaceutiche nazionali; la farmacia Mantovani di


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Venezia, colla rinomata tintura d’absenzio; la farmacia di Borra di Castaldi co’ preparati o specialità farmaceutiche; lo stabilimento di prodotti chimici di Imbert e C. di Napoli ; lo stabilimento industrialo di prodotti chimici fratelli Dufour di Genova, i quali preparano specialmente chinino o mannite, occ.

Qui la chimica si applica alle tintorie. Do Angelis E. e C. (Milano) espone i prodotti della stamperia della Maddalena nota in Italia, tessuti di cotoni tinti stampati, tinti, occ.; la tintura ed apparecchiatura Comense, le sete tinte in nero e colorate; altrettanto la Tintoria Nazionale, pure di Como; Ra- dice G. B. (Milano), stoffe e filati tinti; Lorenzo Weiss (Mi- lano), i filati cotono tinti in rosso: lo stesso espongono i fra- telli Alessio (Milano); Frontini Giuseppe (Milano), filati e stoffe di seta ; Ermerios e C. (tintoria Lionese Como), la seta tinta, ecc. Ricordiamo a proposito di queste tinture che in Milano si tinge il cotono in rosso d’ Adrianopoli, che ha una notevole espor- tazione.

I produttori di vernici sono disposti vicino ai tintori: Le- petit Dolfus (Milano), le sue note materie coloranti ; Bonacina Cesare (Milano), le vernici essiccate per- i pavimenti, la cero- sina, la colla mastice, ecc. ; Bassolini Vincenzo (Milano) i co- lori per verniciatori, pittori e stampatori.

Parallela a questa galleria in tutta la sua lunghezza, se ne stende un’altra che fa pur parte del Gruppo III, e che è : destinata ai pellami ed alla conciona. Giunti alla fine della prima, noi entriamo in questo nuovo comparto, che comprende tutte le specie di pelli conciate, lo siano a mezza concia o a concia completa, in bianco con allume o mediante nuovi pro- cessi a concie celeri o con sali metallici. Notiamo le pelli di capra e vitello lavorate sotto diverse forme per uso di calzo- leria di Carlo Marti e C. (Milano); i pellami verniciati, i cuoi e i rulli per tipografia di G. Casalegno (Torino); le polli in- tere ridotte in cnojo degli eredi Norsa (Brescia); le pelli di capra e i corami artificiali di Edoardo Cerici (Milano); il cuojo nostrale e i vitelli piegati in doppio dei fratelli Carvaglio (Pisa); i cuoi lavorati di Giuseppe Azimonti (Milano), ecc. i Devesi osservare l’esposizione collettiva fatta dal giornale II Corriere (lei Conciatori, che comprende importanti indu- striali.

Sono questi i signori : Magli Davide (Bologna) — Gian-


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nantoni Tomaso (Cartiglia) — Maràzano Domenico fu Gio- vanni Batt. (Teglia) — Gasparòli e Comp. (Ravenna) — Si- nenich Giovanni (Fiume, Impero Ansi ro-Unga r ico) — Me- stili i Domenico e fratelli (Rovato) — Sangiorgi, fratelli .(Imola)

— Costa Michelangelo e Comp. (Brtrge) — Ignazio Schi- va*/, i e fratelli (Verona) - Borgatta Cosimo (Ovada) — Spiasi' Giovanni (Cagliari) — Giovanni Canali (S. Giov. Bianco)

— Fratelli Olivari fu Bernardo (Genova) — E. A. Muzunini di Ottavio (Siena) — Beretta Serafino (Pavia) — Giacomo Cohen e fratelli (Genova) — Isola Adriano (Lucca) — Abram Almanzi (Reggio-Emilia) — Giacomo Loteta e figlio (Mes- sina) — Cav. Porta Vittorio Antonio (Genova) — Baldas- sare Ronchetti (Bollano) — Gajano Luca (Collo di Rodi) — Cantagallo Domenico e figli (Penne) — Emanuele Dello Piano fu Tomaso (Savona) — Gerlin Sebastiano (Venezia) — Fran- cesco Nulli (Palazzolo sull'Oglio — Eduardo Ninchi (Ancona)

— Reggiani Stefano (Bologna) — Francesco Cattaneo (Co- dogno).

Procedendo nel nostro esame, siamo tornati al punto dal quale siamo partiti, vaio a diro nella galleria dei prodotti far- maceutici. L’attraversiamo ed entriamo in una camera fatta a cuneo, dove sono schierati i concimi chimici, i fiammiferi e le materie pirotecniche. Qui si vedono i lunghi zolfanelli di Giacomo De Medici (Milano), sia in cera, sia in legno; altri fiammiferi a composizione infiammabile di Le Beuf e Scarsi (Milano); i fiammiferi della Società Caussewille e Roche suc- cessi a Luigi De Medici (Torino); o dai zolfanelli passiamo ai prodotti più pericolosi che hanno acquistata una fosca e Politica celebrità, alla dinamite della Società Anonima Ita- jjana (Avigliana). Questa espose.... non la dinamite, mettete >1 cuore in pace, ma le prove de’ suoi effetti irresistibili. Qui sono 14 quadri che rappresentano i lavori eseguiti colla dina- nnte, pezzi di ferro, di pietre, di legno, spezzati 0 divelti con tal mezzo; i fac-simili e i campioni degli strumenti adoperati nella esplosioni e elio assomigliano a quelli che i ni!) i listi dis- aminano sulla via degli Czar. Più innocenti sono i prodotti fiella Società Italiana per la fabbricazione di polveri piriche (Milano).

Nello stesso comparto si trovano i concimi; e se or ora vi abbiamo avvisati di non Spaventarvi al nome di dinamite, adesso

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vi profiliamo di non turarvi il naso a quello di concimi che ridanno la ubertosa attività ai terreni stanchi dalla I linfa pro- duzione. Questi concimi chimici non hanno alcuna proprietà disgustosa alfolfato. Fecondare e risanare i terreni malati per l’invasione di alcuni insetti nocivi, questo è lo scopo dei pro- dotti di Carlo Ajraghi (Milano) coi concimi artificiali e col liquido crittogamico. Luigi Fino e C. (Milano) espone non solo i concimi, ma un assortimento di prodotti del suolo fertilizzato coi suoi concimi; Gambini, Polenghi e. C. (Lodi) i concimi chimici; Kluser Magugliani (Abbiategrasso) i con- cimi in bariletti, le ossa, il sangue in polvere, Cavalca Mar- tinetti di Monferrato, i fratelli di Napoli, Vogel e Comp. di Secugnago, ecc. Nè manca la Società Anonima dei pozzi neri (Milano) coi concimi in polvere trattati coll’acido solforico; la Vespasiano (Milano) e quella Italiana per lo latrino (Fi- renze), che espongono i prodotti loro e i modi dei servizi tanto necessarii quanto poco poetici. Siamo curiosi di vedere a ohe partito si appiglierà la Giuria quando dovrà discutere in- torno alle premiazioni di questa classe.

Un opuscolo scritto in occasione dell’Esposizione di Monza del 1879 da quel competentissimo agronomo che è il profes- sore Gaetano Cantoni, — opuscolo che abbiamo qui sul ta- volo — dico che voler giudicare i concimi in una Esposizione è cosa impossibile od assai pericolosa; e ne dà le ragioni.

Intanto gli è in omaggio alle ragioni esposte dall’illustre agronomo che la prima delle ditto da noi nominato ha de- ciso di restare fuori concorso.

Ispettore del Gruppo III è il signor Dameno Enrico.


La galleria della meccanica applicata alla locomozione or- dinaria, si trova frammezzo a quella dei prodotti chimici e degli agrari; e si domina collo sguardo stando sulla Rotonda, ch’ò alquanto più elevata di livello. I veicoli sono disposti in quattro file: tre sono di carrozze propriamente dette, e quella a destra di chi entra è composta di carri, di parti di veicoli e di ve- locipedi, alcuni dei quali sono posti anche fra i pilastri di legno che sostengono la tettoja. Nel fondo, e rasente la pa- rete a sinistra, si trovano i lavori da sellaio e da valigia)"-


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Scéndiamo dal piano inclinato o percorriamo la via di mezzo. A destra troviamo quattro carrozze dei fratelli Ponzini (Mi- lano), a sinistra quattro altre di Felice Grondone (Milano) ; vengono poscia una dei fratelli Albini (Milano), e tre di En- rico Orsaniga (Milano), due di Cesare Sala (Milano) e sei di Francesco Felloni (Milano), quattro di Carlo Ferretti (Roma), e cinque di Mainetti Francesco (Milano), oltre un apparecchio per distacco istantaneo dei cavalli , una carrozza di lusso di Alessandro Locati (Torino), e un land mi di nuovo genere di Giuseppe Panigone (Torino), due carrozze di Biagio Rocca (Milano), e quattro di Pavesi e Crespi (Milano).

Qui ci si affaccia un cavallo tutto bardato di Cremonesi (Milano), e la vetrina quadrata di Felice Pranzi «(Milano), dove si contengono valigie di tutto le forme e molti oggetti in pelle applicati agli usi quotidiani. Per l’affinità che l’in- dustria dei sellai e dei valigiai inscritta nel Gruppo Vili, classe 46, con quella della carrozzeria che fa parte invece del gruppo TT, classe 12, si pensò bene di unirla nel medesimo locale. Troviamo pertanto, oltre al Franzi, il Podestà (Mi- lano), con Casse, valigie e oggetti di viaggio, alpini, l’Uboldi Nicola (Milano), che ha serrature nuove di valigie; il Cattaneo A. (Milano), la cui vetrina fa riscontro a quelle del Franzi, il Danna Stefano (Torino) , con un altro cavallo bardato, pa- recchie selle e finimenti, il Gonfalonieri Francesco (Milano), il Conti Oreste (Milano), il Gualla (Brescia), il Fumagalli (Milano), il Mariani (Milano), il Cenni (Imola), lo Zelotti (Milano).

Torniamo alle carrozze. Tito Ragliente (Livorno) ha una victoria e per di più un finimento colle cartelle in etiojo in- ciso invece che stampato; G. B. Sala (Milano) un’altra vi- tarla ; Angelo Corba (Milano) una carrozza a quattro ruote ; Cosare Morati (Milano) una carrozza.

t'i rimangono da esaminare le parti dei veicoli, i velocipedi 0( ì altri mezzi di locomozione. Ecco un velocimane dell’ing. Pie- tro Cano (Torino) ; — un velocipede a due ruote e una car- rozzella-poltrona di Pisa Luigi (Milano), — ruote e vetture greg- gio dei fratelli Diatto (Torino), — un ruotatole detto farfalla di Baldassare Fontana (Bussano), — un biroccino e altri veicoli di Carlo Fabbri (Bologna), — un vis-à-vis di Carlo Bozzi (Firenze), altri velocipedi di diversi sistemi di G. Greco


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(Milano), — carrettelle di sistema valtellinese di Nemesio Corti (Dèlebio), — carrettelli per negozianti e carretti per usi fer- roviari di Negri Amadea e Enrico (Milano), — carri per tras- porto merci di Giovanni Bersanino (Torino). Sono notevoli per i tecnici la cassa di lancimi a cinque luci di Costantino Marinelli (Firenze), un velocipede di nuova invenzione di Carlo Caimi (Castano Primo), e un altro velocipede con un sistema inventato da un operajo meccanico, Bainosi Angelo, della So- cietà Archimede di Milano.

Ispettore della classe ò il signor Giovanni Battista Nava.


Il Ministero della marina ha fatto una esposizione impor- tante per gli studiosi, dilettevole per tutti. Nello scomparto che gli è assegnato, espose i modelli dello antiche e delle nuove navi eseguiti da eccellenti artefici. La fregata corazzata a torri, il Duilio, di colore rosso e nero, è in proporzioni ab- bastanza. grandi per poter essere conosciuta in ogni sua parte anche nell’intorno che appare dallo spaccato longitudinale; vi sono le corazzate Venezia e Roma, la fregata Principe Ame- deo, la nave da crociera Flavio Gioja, lo corvette Vittor Risani e Caracciolo, ecc.

L’Arsenale di Venezia mandò anche gli esemplari delle navi antiche. Si ammira la galera dorata che serviva per lo spo- salizio del dogo col mare. È importante il confronto delle vec- chio navi ornate dello stendardo di San Marco che sventolava temuto o glorioso sui mari, cogli ultimi modelli delle corazzate. Queste vecchio navi del 1700 sono una galeazza riformata per ordine del Senato Veneto, una bombarda, una nave da guerra, un vascello, inoltre, i modelli dei galleggianti nelle acque venete, come il sandolo, il bragozzo, il toppo, la vi- pera, la piroga, la gondola, ecc.

Il Dipartimento marittimo di Venezia ha esposto inoltre una presa d’acqua di bronzo con valvola circolare e controvalvola saracinesca per navi, con scafi di ferro, parecchi disegni e piramidi di cavi, di gomene, di fìl di ferro, ecc.

L’Ufficio idrografico di Genova ha mandato una bussola normale, una rosa semi-galleggiante e relativa chiesuola, ecc.; oltre a molti disegni delle coste, alle tavole nautiche Magna- gli i, ecc.


ATT li A V KKSO L’ ESPOSI ZIONE


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11 Ministero della guerra, che segue immediatamente a quello della marina, ha una mostra bella e ben disposta. Ciascun pilastro è ornato da lucenti trofei, formati dal scia- bole, da daghe, da bajonette, da pistole, frammischiate agli elmi, alle corazze, allo banderuole degli antichi lancieri.

Le lame scintillanti, ora sembrano tante foglie di palme, "ra servono di raggi ad unii stella ed ora sono impiegate a gigantesche decorazioni.

Nel mezzo si vedono i nostri soldati a piedi ed a cavallo; o, per dire più esattamente, le uniformi dei soldati indossato a fantocci di legno.

La Fonderia di Genova presenta la raccolta dei progettili delle bocche da fuoco a retrocarica, coi rispettivi spaccati, in- cominciando da! cannone da 7 centimetri, da montagna, pas- sando per quelli da 9, da 15, da 24, da 32, per arrivare al cannone da 45, che pesa una tonnellata. La stessa Fonderia ha pure saggi di ferro fucinato. La Fonderia di Torino espone: la testa per rigare i! cannono da 15; il talpone dei piani normali ad espansione; la macchina per verificare se sono perfettamente disposti i diversi alloggiamenti nella culatta del cannone; i saggi di diverse miscele di ghisa di varie prove- nienze, e delle miscele fatte con tutte queste ghise; saggi di n'onzo compresso ed un compasso per misurare il diametro esterno del cannone.

Nella parete di fronte, ai lati della porta, sono duo alte yetrnre contenenti parecchi istrumonti di precisione, fra cui •strumenti di colla udazione per artiglieria o per armi por- gli, compassi di precisione, che escono dal Laboratori» di precisione di Torino.

Lo stesso Laboratorio ha, nella parete a destra, alcuni altri strumenti, fra cui un martinetto a pompa a carretto, un in- orvallatojo per granate, bello perchè mobilizzato, la culatta tipo del cannone da 7 da campagna, una pallottiera, un mi- suratore dei prismi, e, fra tutti, notevole una bilancia della tratta di 60 chilogr., sensibile al centigramma.

Nell’altra parte della parete, che divide la Marina dalla Guerra, vi sono nel mezzo tipi di armi elio si costruiscono


150 guida ma visitatori:

nello diverse fabbriche dello Stato, e ai lati due grandi quadri, di cui uno ha la Lavorazione nella culatta mobile del fucile, modello 1870, e l’altro la lavorazione della sciabola-bajonetta e della noce di scatto del fucile stesso.

Molte cose notevoli son disposte nella galleria stessa, lon- tane dalle pareti, fra cui ricorderemo la gru da 50 tonnel- late dell’Arsenale di costruzione di Torino, due carrettini porta- projettili, uno da 45 e l’altro da 32, col relativo proiettile sopra, della Fonderia di Genova, un cannone da centim. 9 di bronzo compresso della Fonderia di Torino, e finalmente un ascensore del projettile da 32, il quale solleva verticalmente il projettile sino all’altezza delle culatta del pezzo, quindi, automaticamente, lo inette in posizione orizzontale, presen- tandone la punta all’apertura della culatta del cannone; lo espone la Fonderia di Genova.

L’ordinamento è stato fatto dall’on. colonnello Quaglia.

Dalla sezione riservata al Ministero della guerra, dinanzi alla quale si apre un vasto ed ameno giardino seminato da molte e più o meno belle ed eleganti costruzioni isolate, di- rigendosi verso settentrione sul gran viale, che lascia a destra il casino russo del liquorista Cannetta , o piti innanzi il pa- J digliene turco della birraria Pedersini, si raggiunge subito dopo questa, a mezzo nascosto fra gli olmi o gli abeti, l’edi- ficio che fu assegnato al Ministero dell’interno per la mostra dei prodotti delle industrio , alle quali oggi lavorano tutti j coloro che la giustizia, ha relegati nei diversi stabilimenti : penali dello Stato.

Il padiglione delle industrie carcerarie sorge infatti assai presso il bastione di Porta Venezia ed al caffè dei Pubblici j Giardini.

E una tettoja in legno di tipo simile a quella occupata 1 dall’orticola, colle testate ornato sopra disegno semplice ma di buon effetto, appositamente improvvisato dall’egregio ar- • ehitetto dell’Esposizione ing. Ceruti, quando; or fa un mese o poco più, ne venne dal Comitato decretata la costruzione | in sostituzione di altro spazio che prima orasi allo stesso ; scopo destinato. . ;]

All’ordinamento di questa mostra presiedette, e la assiste tuttora, il signor Giuliano Berardi, direttore della casa p®' , naie di Oneglia, delegatovi dal Ministero, coadiuvato per parte tecnica dal nostro ingegnere Federico Toni.



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Trenta e più tra caso di pena maschili o femminili, caso di custodia, bagni e colonie penali, vi hanno inviato i loro prodotti, e fra questi parecchi sono assai notevoli per qualità e lavoro.

Gli oggetti esposti appartengono principalmente al Gruppo I, prodotti dell’industria agricola. — Gruppo HI, pelli di coni- glio conciato — Gruppo IV, vini ed olii — Gruppo VI, la- vori litografici ed affini — Gruppo VII, tessuti e filati — Gruppo Vili, lavori in biancheria e maglieria, cappelli, cal- zoleria o selleria , merletti e ricami, mobili in ferro ed in legno, suppellettili diverse, ecc.

No risulta una piccola, ma pur completa esposizione spe- ciale, la prima di tal genero in Italia, che non può mancare di essere oggetto di particolare interesse o fonte di utili considerazioni di ordine sociale.


Dal giardino torniamo nelle gallerie. Vicino al corpo spor- gente del Ministero della guerra sono spalancate le porto delle gallerie destinate all'industria agricola. Questo ravvicinamento è un confronto che vollero fare gli espositori, ovvero fu pro- dotto dal caso, che volle ripetere col fatto il paragone dtd poeta svizzero fra il granello di polvere che distrugge la vita e il granello di frumento che feconda la terra?

Son tre gallerie, divise complessivamente in cinque scompar- timenti longitudinali, che stanno a destra di quella della car- rozzeria ; in quella più lontano dal centro, per la quale siamo entrati, si trovano gli ordigni e gli attrezzi del cacciatore e del pescatore, nonché qualche prodotto della caccia e pesce, u più avanti i prodotti dell’arte forestale; in quella che se- f\ ue , la bachicoltura e l’apicoltura; nella terza le Scuole Agra- ne eq j vini; nella quarta i modelli dei poderi, delle bo- nifiche c i prodotti del suolo; noll’ultimo le mostro collettive delle provincie. Cominciamo dalla prima. La Camera di Com- mercio di Napoli ha mandato le reti dei pescatori del suo f?olfo, una barca pescareccia, alcuni vivai di pesci, ecc. Altri esposero ordigni da caccia e i suoi prodotti : e il marchese Antinori presentò teste imbalsamate di caproni.

11 naturalista Bernardo Zambotto ha due vetrine piene di


OUÌDÀ OKL VIS1TAT0HE


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bellissimi uccelli impagliati, che formano un vero corso ili ornitologia.

Seguono alcuni lavori in crine animale arricciato di Fran- cesco Pacchetti (Milano); poi si entra nell’industria forestale in cui si hanno importanti collezioni. Notiamo quella del mar- chese Amerigo Alitinoli che è una monografia fatta per esempi: i legni tranciati con una macchina di nuova invenzione di Luigi Mussi (bissone, Monza) che presenta delle impelliccia- ture sottili come fogli di carta.

Sono molto numerosi gli espositori del sughero, materia che si presta a variate industrie. La ditta Marinoni e C. (Milano) ne fece fuori dei tappeti a colori che meritano d’essere esa- minati. Inoltre da questo prodotto si estrae la subeerina, che il Mantegazza raccomanda in sostituzione della polvere cipria per le signore come asciugante od astringente. — Giovanni Marina (Cagliari) presenta un castello di turaccioli; Pinzi (Genova) e Prinotti Giulio (Milano) altri sugheri foggiati in diverse maniere.

Fra lo collezioni di legnami notiamo quella del Municipio di Biposto, che poso lo stemma comunale su ciascun pezzo: quella importante del Municipio di Belluno: l’altra del Co- mizio Agrario di Siena.

Hocco Donato presenta una bella tavola di legno d’olivo; Boschi Silvio (Torazzn-Lomellina) una grande asse di noce di 3 metri di lunghezza, di 80 centimetri di larghezza o dello spessore di 12 centimetri.

L’ing. Curò di Bergamo presentò una copiosa raccolta degli insetti che sono dannosi e di quelli che sono utili all’ agri- coltura; e si vedono altri quadri consimili del Ministero.

La pollicoltura è rappresentata nella Mostra di Ausano Ganzi, nella quale notiamo un modello di incubatrice per far nascere i polli.

Nel mezzo di questa galleria ha fatto invasione la classe 26 e si vedono schierati in lunga fila gli arnesi della industria vinicola.

Entrando nella galleria parallela ci troviamo in mezzo alla bachicoltura che ne occupa la precisa metà. Questa industria l’abbiamo incontrata già due volte; nelle Gallerie delle Mac- chine e in quella del Lavoro: qui ci appare sotto l’aspetto più propriamente agricolo. Ecco una bella vetrina di bozzoli


a 'J'tba vistino l’ksposiziosk 15;j

il<ó fratelli Verga di Goquio (Varese); poi un palco girante per allevare i bozzoli di Annibale Strada (Mortara) ; tavole microscopiche o modelli per lavaggi di seme di Pilati (Bolo- gna): un sistema economico per imboscare i bachi di Vincenzo Negra (Venezia); i modelli e i prodotti dello Stabilimento bacologico di Desenzano di Grigolli dottor Giovita ; una colle- zione di bozzoli del Comizio Agrario di Bergamo ; i modelli dei tre vasti stabilimenti bacologici di Giovanni Tranquilli (Ascoli Piceno); i modelli di stabilimenti e di arnesi per la confezione del seme, l’allevamento dei bachi, l’esportazione del Seme, ecc. di Pucci (Perugia), ecc.

i/altra metà di questa galleria abbiam detto essero consa- crata all’apicoltura: e l’importanza di questa industria agri- cola, cara a Virgilio, cantata negli immortali suoi versi, è fatta palese dal gran numero degli espositori che occupano 280 metri quadrati, cominciando dal Sartori venendo fino al Fusi, davanti al quale ci troviamo. Il Fusi di Vigevano in- nalzò lina colonna, intorno alla quale son disposti 300 vasetti di miele. Sui banchi laterali son disposti la cera, il miele, i liquori e i vini di Antonio Tosi (Castelnuovo Rocca d’ Adda)'; i prodotti apistici di Giacomo Bertoli (Varallo), che dal Monte Rosa scende giù lino alle falde per raccogliere miele del quale commercia anche all’estero ; — quadri in terra cotta rappre- sentanti le api e le vetrino con favi e miele di Lucio Paglia (Castel San Pietro, Bologna); — la cera foggiata in statua di Gianduia di G. Francia (Altavilla); n altri prodotti; — una bambina in cera del principe Gonzaga, oltre al miele : la cera 11 le forme di gesso (novità apistica) per tracciare il lavoro delle api di Ricci (Empoli); notasi per la loro candidezza i lavi di Alessandro Boatti (Casteggio); la. cera, il miele e uii Modellino di apiario dei fratelli Guzzi (Milano'; — i prodotti egli attrezzi dello stabilimento di Andrea Tartuffoli (Fabriano);

• i vasetti di miele di Bartolomeo Bottaninsi (Bormio).

Lo Stabilimento F. Paravicini (Valtellina', che ha 100 al- veari, mette in mostra miele, cera, vini; — Ih Bianchetti (Or- uavasso) espone un’arnia mezzujuola ; — Augusto Keller (Mi- lano) presenta i prodotti dei suoi alveari di Mandello e per di più aggiunge una biblioteca importantissima con opere sulla coltivazione delle api in Francia, Inghilterra, e fin nel Giap- pone. Questa biblioteca, donata al Museo della scuola del Sar-


OUIDA DEL VISITATORE


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tori (l’infaticabile apostolo dall'apicoltura', è fregiata d’uiran- tica incisione dedicata a papa Urbano Vili, che rappresenta i trionfi di questa industria, perchè ci mostra nel mezzo Uruso che, sul punto di venire a battaglia coi Germani, vede volare uno sciame di api, c le mostra ai soldati quale auspicio di vit- toria: e nel contorno ha Sansone che trovò nella bocca del leone ucciso il favo di miele e sant’ Ambrogio bambino sulle cui labbra le api fabbricarono il miele, leggende che signi- ficano Unna che in fondo alla forza vi dev’essere la dolcezza, l’altra l’eloquenza del vescovo.

Si osservano poi i lunari apistici del Bertoli di Padova, la vetrina bisantina del P. Silvestri (Bologna), i prodotti di Giovanni Brambilla (Milano), ecc. Bellissimo è lo sciame delle api pendenti dall’albero colla loro regina nel mezzo verso la quale tutti i maschi tendono ansiosi; è preparata con gran cura dal dottor Dubini (Milano), che vi aggiunse modelli di arnie e di attrezzi; — un alveare per giardino espose Am- brogio Pasini (Rezzano); — il Bianchi di Bettola (Piacenza) espose l’elegante modello del suo stabilimento, che contiene 210 arnie tutte in attività; — l’ing. Grattoni (Milano) ha raccolti tutti i sistemi di arnie usati; e finalmente viene la splendida collezione del Sartori, che ha lo stabilimento fuori di Porta Garibaldi in Milano coll’annessa scuola. In questo stabilimento vi sono 250 arnie, e nella parete di fronte alla galleria dispose i mieli, le cere, i lavori relativi, gli attrezzi, ecc.

La terza galleria è occupata per metà dalle Stazioni e Scuole Agrarie, e per l’altra dai vini. La Stazione di Caseificio di Lodi ha mandato i risultati della analisi chimica del latte, attrezzi e prodótti della industria propria; — la Scuola di Caserta presenta tre vetrine, nell’una delle quali raccolse i marmi del territorio, nell’altra i legnami, nella terza le terre, sabbio, pozzolana, lapilli, ecc.; — la Scuola di Portici ha un piccolo modello del Vesuvio, una collezione di insetti nocivi alle api, di minerali, di piante, oltre al miele ed alla cera.

Entriamo ora nella quarta galleria, divisa anch’essa in due parti: la prima, quella verso la Rotonda, è occupata dai pro- dotti del suolo. La canape è rappresentata in modo splen- dido; il nob. Alessandro Falzoni Gallerani di Crevalcore (Bolo- gna), Sanguinetti (Bologna), Calzoni (Bologna) esposero canape bellissime; l’Opera dei Poveri Vergognosi di Bologna ne empi


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ATTUVVKRS » l’kssosizìonk

ima grando vetrina; il signor Modani di Ferrara presentò una completa storia del lavoro della canape coi modelli di tutto quanto vi concorre, il macero, la pila, la decanapulatrice, eco. Angelo Valeriani (Ferrara) inventò una grammola. J1 signor Cesare Coretti (Bologna) mandò un fascio di canne della ca- nape alto 6 metri.

Scarpini Filippo (Crema) espose il lino nei suoi vari stadi; il Chizzoli, pure di Crema, presentò delle matasse di lino lunghe, giallognole, line e morbide come la chioma di una fanciulla; — E. D’Andrea espose una monografia della ramiò.

Fra gli espositori di prodotti del suolo notiamo il G. Canti (Valle Lomellina), il Bassani Ferdinando (Mantova), Gerla Andrea (Cassina Àvogadro), Navarra (Ferrara), Moderni, ilBra- gliini, Nagliati (Ferrara), Cavalieri Ventura (Ferrara), conte Massari (Ferrara), ecc.

La produzione del tabacco si presenta nel modo degno del- l'avvenire che la libertà gli riserba in Italia. La stazione Agraria di Caserta espose le foglie conservate e lavorate delle principali qualità, e questa mostra fu completata dalla E. Scuole d’ Agricoltura di Milano, dalle Società di Tradate, e Cuggiono e dalla Regìa cointeressata.

Degna di nota è la collezione delle olive sia per i quadri, sia per i frutti conservati, che sono presentati dal signor Settimana di Firenze; i campionari di semi di Ingegnoli e di Lucchetti; le grosse patate di Meraldi Nicolò (Bormio); gli aranci e i limoni di rara grossezza di Chirico Cardillo (Mes- sina).

La seconda metà di questa galleria è destinata ai libri e alle mappe e ai tipi dimostranti i miglioramenti dei poderi. Hevedini di Treviso espose i modelli delle stalle; il barone ^ranchetti mostrò i terreni paludosi d’ un tempo a Caorle (Venezia) e quelli oggi bonificati; i fratelli Levi (Reggio Emilia) presentarono i modelli di case coloniche e stalle, ecc.

Rimpetto a quella mostra vi sono i quadri eseguiti in cera

con scrupolosa esattezza dal signor Maestri di l’avia: nell’uno

si vedono i funghi interi e sezionati delle principali specie per distinguere i mangerecci dai velenosi; nell’altro si dimostrano gli stadi delle diverse maiatti» delle uve, il processo di svi- luppo della fillossera c infine la trichina in mezzo alle carni


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GUIDA DEI, VISITATORE


porcine. In mezzo a questi quadri se no trova un altro Con- tenente gli insetti utili e nocivi, raccolti dagli infaticabili in- settologl fratelli Villa di Milano.

La Società Zoofila Lombarda presenta libri, modelli e ar- nesi. I suoi canestri per far viaggiare i cani e i gatti po- tranno trovare dei facili critici; ma meritano invece seria attenzione quelli per pesare gli animali da macello senza farli soffrire, per uccidere i cani idrofobi senza inutili bar- barie, gli arnesi di attacco per cavalli e buoi che non sieno, come molti degli attuali, strumenti di tortura; i modelli di stalle convenienti c la utile collezione, di ferri da cavallo del sistema Brambilla colle aggiunte Pellegrini. Inoltre si nota pire l’apparecchio per fermare i cavalli di botto, senza danno dell’animale, inventato dal signor Rainoldi.

Entriamo finalmente nell’ultima delle cinque gallerie paral- lele. In questa sono disposte le mostre collettive provinciali che il prof. Cantoni nel suo programma raccomandava cal- damente perchè giovano a formare un esatto criterio delle con- dizioni agrarie delle singole provincie. Ciascuna è distinta col proprio stemma a colori che aggiunge nuova vaghezza alla pittoresca mostra. La provincia di Milano occupa la fronte: od ha a destra Pavia, Como, Novara, Torino, Cuneo, Genova, Firenze, Livorno, Siena, Perugia, Roma, Principato Ulterióre, Salerno, Napoli, Messina, Trapani, Catania, Caltanissetta e Girgenti: a sinistra le provincie sono posi disposte: Bergamo, Brescia, Verona, Padova, Vicenza, Treviso, Belluno, Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Rovigo, Ferrara, Bologna, Ravenna, Ancona, Aquila, Reggio, Calabria.

Merita un’osservazione attenta la mostra di Treviso fatta sotto la direzione del prof. Bonzi dell’ Istituto tecnico di quella città, perchè è fra le più complete, comprendendo cereali, vini, sete, spighe, modelli d’aratri e d’altri istrumenti agrari, foto- grafia dei tipi bovini, ecc. Comprende otto circondari, e cioè: Vit- torio, Oderzo, Castelfranco, Àsolo, Conegliano, Montebelluna, Valdòbbiadene e Treviso. Anche quella di Reggio-Emilia (coi circondari CadMbosco Sopra, Guastalla e Reggio) è notevole per la buona disposizione e per la ricchezza dei fieni; quella di Siena, dove primeggiano i vini e gli olj, poi una bella carta geognosrtica -agraria ; quella di Bergamo o Treviglio per la va- rietà dei cereali, per i begli esemplari di bozzoli e per i vini;


ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE 157

in quella di Milano si notano fasci di ricche spighe di rara altezza di Costantino Bianchi (Lodi).

Ispettori di questa parte agricola sono i signori dottor Borea Eligio e dottor Fiordi i Carlo.


DALLA ROTONDA ALLA VILLA REALE.


Il salone che chiamiamo Rotonda è più propriamente di forma dodecagono, e in esso si aprono, come vedemmo, sei gallerie: lo spazio fra l’una e l’altra è occupato da un trofeo dell’industria ceramica.

Chi viene dalla grande galleria trova a sinistra i vasi di majolica variopinti della fabbrica di Angelo Minghetti (Bo- logna) di grandi proporzioni, decorati con figure ed ornati in rilievo, piatti, coppe, vasche, nei quali mostra di saper stac- carsi dall antico e fare opere egregie. Notasi un gran meda- glione in terra cotta, nel cui mezzo è Gesù nel presepio, con- tornato da una ghirlanda di frutta, imitazione Luca della Robbia; poi grandi busti, duo dei quali rappresentano la Prima- vera e l’Inverno: son di terra cotta a colori; poi quattro di im- peratori romani, pure in terra cotta rilievi in oro, con me- todo che viene esposto per la prima volta ; due vasi di majolica dipinti a figura e due bellissimi e larghipiatti alla raffaellesca. A destra vedesi la mostra art'stica della fabbrica Alban o-Castel- barco di Pesaro, elio ha preso un grandissimo sviluppo per il generoso impulso impressovi dal proprietario; e qui si ammi- rano grandi vasi di porcellana o di majolica elio imitano le nuijoliche antiche di Urbino e Castel Durante, sui quali sono riprodotte! scene bibliche o storiche, alcune copiate da qua- dri d’autore. E la prima volta elio questa fabbrica espone si- mil genere di prodotti, con alte figure, nettamente riuscito. 7- Seguo il trofeo della fabbrica del professore Achille Fa- rina (Faenza), che Giulio Richard chiamò il Bernardo Palissy dell’Italia, perchè da professore di pittura consacrò l’ingegno


GUIDA DEL VISITATORE


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o il suo patrimonio por far rinasco™ l'antica majolica faen- tina; o vi riuscì, conio lo mostrano le suo anfore, i suoi quadri e tutti i mirabili prodotti qui esposti, -r- Viene dopo la splendida mostra della Società ceramica Richard di Mi- lano, che possiede uno dei più importanti stabilimenti del nostro paese, croato dal signor Giulio Richard fin dal 1842 e portato all’attuale prosperità dalla sua cura incessante di applicare alla produzione i progressi della scienza o del- l'arte. Si nota un grande studio della forma, che è sempre elegante anche nei lavori d'uso comune, e elio aumenta di gusto negli oggetti di lusso, nei grandi piatti dipinti, nei vasi di porcellana rilucente, nel camino sormontato dalla ca- miniera che attrae gli sguardi di tutti. Notiamo con piacere che tanto in questo stabilimento quanto in quello Ginori, la cui mostra vien subito dopo, si ebbe sempre a cuore il benessere della numerosa popolazione operaja che in essi lavora, procacciando casse di soccorso, case a buon mercato, asili, scuole. — Ed eccoci ad ammirare l’esposizione Ginori, uscita dalla manifat- tura di Doccia, dove, accanto allo bellissimo imitazioni, si ve- dono i lavori originali, ricchi di quello nuove tinti' che la scienza ha trovato. Questa fabbrica, fondata nel 1735 dal marchese Carlo Ginori, è contemporanea di quella di Sévres, e in ordine di tempo è la terza fra le grandi officine di por- cellana stabilite in Europa. — D'altro trofeo è di una fabbrica moderna, quella de’ Cantagalli, figli di Giuseppe, di Firenze.

Fra i trofei Richard o Farine si apre la galleria della ce- ramica, la quale conduce alla Porta Veneziana. Entrati in que- sta e percorrendo il lato destro, incontriamo i prodotti delle manifatture del principe Cesare Albani Castelharco. Oltre alla mostra nella Rotonda, ha voluto esporre le terraglie che gareggiano colle inglesi, fabbricate colle argille nazionali ; e, accanto ai servizi da tavola e da toletta, ha esposto le terre stesse coi nomi dei luoghi donde furono tratte. Poco discosto vi è il banco dell’ingegnere Albanese (Palermo) colle terre cotte smaltate e semplici; — seguono i vasi, i piatti e i pianelloni verniciati a majolica del marchese Guido Dalla Rosa (Vigatto);

- ]c imitazioni artistiche di antiche majoliche e altre cera- miche di Michele Giustiniani (Napoli); — le majoliche e lo stoviglie d’uso domestico di Carlo Rubbiani, la cui manifat- tura di Sassuolo risale al 1700; — le majoliche dipinte che


ATTKAVKK.SU 1,'KSI'OHIZIONK 159

si Visiono lì vicino sono di un’importante fabbrica di data ancor più antica, poiché risale al 1050, od è di Pasquale An- tonibon e figli di Novo (Vicenza); — vengon poi i piatti sem- plici, i muricci smaltati, i mattonelli, i vasi, i bassorilievi di Filippo Natali (GualdO-Foligno) ; — i lavori in terra di Fer- dinando Stolzuoli (Arezzo) ; — i vasi, le statue e i pavimenti antichi di Raffaele Nicoletti (Pesaro); — ceramiche varie di Giuseppe Palme (Pisa); — e così siam giunti alla Porta Ve- neziana, per la quale si può entrare ed uscire dall’Esposizione.

Dall’altra parte della porta vi sono le maioliche dipinte di Lorenzo Dossena di Lodi; — e proseguendo verso la Rotonda, lungo il lato sinistro della galleria, troviamo i saggi di maio- lica italiana ed orientale di Torquato Castellani (Roma), fra cui si notano felici imitazioni dell’antico stile d’Urbino; — le maioliche artistiche e le terre cotte dei fratelli Cacciapuoti (Napoli); - i fratelli Musso (Savona) risuscitano l’antica fama savonese delle fabbriche ceramiche che fiorivano nel secolo XVI, ed espongono vasi, cornici, servizj, ecc. ; — altri lavori in ceramica mostrano di Agresti Michele e Raffaele (Firenze);

— Giovanni Spinacci di Gubbio riproduce stupendamente le opere dei maestri dell’arte; — Cesare Miliani (Fabriano) espone oggetti diversi per uso da tavola e da camera, e majoliehe a riflessi cangianti ; — Vincenzo Molarono (Pesaro) presenta la majolica artistica; quindi viene il conte A. Permani di Faenza che occupa duo banchi. Da una parte si vede il contorno d’una porta e d’una specchiera in majolica, dall’altra vasi, patere, un gigantesco quadro in bassorilievo rappresentante Caino ed Abele, ecc. La fabbrica Permani è la piii antica che viva an- cora in Italia, perchè fino dal 1500 era conosciuta la fabbrica di Ca Pirotta, e fu con gravi sacrifìzj mantenuta l’ industria artistica fino ai nostri giorni. Vien quindi P esposizione Ri- chard, dopo la quale ci troviamo di nuovo nella Rotonda.

Ma per poco: perchè il viale posto fra i trofei Richard e Grinori, e occupato ai due lati dalla esposizione di quest ultimo. ci guida nell’altro salone che sta davanti al cortile della Villa.

Entrati in questo nuovo salone, troviamo a destra i vasi di terra cotta di stile etrusco di Costantino Tanfani (Roma);

— le terraglie verniciate di forma antica di G. Mattioli (Pinerolo) ; — i vasi ornati a grafite di Eizieri e Calcinardi diroccia); — - le terraglie tenere di Luigi .Soboi 1 in (Vicenza);


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GUIDA 1>KL VIHITATOBE


— la terraglia dura ad uso inglese di Francesco Fucci (Pe- rugia); la modesta, ma utilissime esposizione dei majolicari di Castelli nell’ Abruzzo, — la ceramica comune ed artistica di Lombardi e De Gubornatis (Livorno), ecc.

A sinistra abbiamo i piatti, i vasi, i gruppi, le figure, ot- tenute a vivo fuoco, dipinto sotto vernice di L. Baracconi (Roma); — le stoviglie d’uso comune in terraglia tenera delle Società ceramica di Vicenza; — le stoviglie da Camera e da tavola e alcuni oggetti d’arte di Andrea Fontebasso (Treviso);

— lo stoviglie disposte sopra una gradinata di legno da Ste- gnetti e C. (Pontida), ecc.; e le corone di B. Pepi.

Sempre procedendo ci si presentano i tubi e i vasi dei fratelli Pedraglio di Como ; — le ambrogette artistiche smal- tate (Siena); i prodotti in terra cotta di B. Pandolfi (Caserta); e dalla parte opposta le maioliche artistiche a gran fuoco di Jafet Torelli (Firenze); le ceramiche dell’antico stabilimento Chinaglia di Torino; le statue, i vasi e i gruppi in terra cotta di Allerti G. B. (Torino); e gli oggetti di porcellana, majolica e vetro di Emilio Bertini di Pisa.

Il nome di Bertini ci fa sollevare gli sguardi ad ammirare l’arte squisita di un altro Bertini, il professore Pompeo di Milano, che ha contribuito a risuscitare i vetri colorati e di- pinti a fuoco, dei quali sembrava perduto il segreto. Qui si vedono in una finestra alcuni saggi leggiadri e squisiti del suo pennello.

Cominciano qui i prodotti della vetraria, quell’arte elio un tempo esercitavasi dai gentiluomini come nobilissima e col- legata colle scienze occulte, che confinavano colla magia, e che in Italia s’unisce alle pagine più gloriose della Repubblica di Venezia. Un lampadario del Salviati a fili, a fiori e ad ornati vaghissimi pende dalla vòlta, quasi insegna dell’arte che domina nella sala.

La Società Artistica Vetraria di Altare (Savona) espone molti oggetti di vetro d’uso comune: cristalli lisci, soffiati, tagliati, incisi, colorati. — Lo Spreafico A. G. (Milano) unisce i saggi di ceramica e di cristalli, mostrando anche le deco- razioni a smalto. — Seguono gli oggetti di vetro lavorato, le lastre smerigliate e lisce, i vetri piegati e i cristalli di Paravicini Ernesto e C. (Milano); — le bottiglie di vetro di tutte le forme e colori dei fratelli Luraghi (Milano); — le


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lastre da finestre o le campane di Angelo TJzielli (Livor- no), occ.

La Società o fabbriche unite di vetro e smalti in Venezia, presentano una collezione pregevole delle molteplici e svariate qualità de’ loro prodotti; altrettanto fa la Fabbrica della So- cietà Vencta-Trentina.

Davide Sedendo di Venezia ha tre banchi. Vicino si ammira un grande tavolo nello stile moresco , lavoro di grande pazienza e difficoltà, specialmente per la distribuzione delle tinte e pel disegno: all’ ingiro e nel basamento vi sono gli stessi mosaici che richiamano il di sopra del tavolo, in- ternati fra nicchie coi filetti dorati. Inoltro presenta specchi rococò di grande formato e cornice di vetro e mosaici finis- simi bisantini, internati fra gli specchi incisi, rappresentando ghirlande, fiori, uccelli, con una leggiadria ed una grazia da non dirsi; è la prima volta che vien esposto da questa fabbrica tal genere di lavori.

1 mosaici attraggono l’attenzione del visitatore impaziente che li sogguarda di continuo. La Società-Musiva Veneziana riproduce in mosaico i dipinti, i ritratti, e ne adorna i mo- bili; la Compagnia dei vetri e mosaici di Venezia e di Murano ha disposto, all’ingresso della Villa Reale, alcuni quadri in mosaico che emulano i lavori del pennello. Tacciamo dei ve- tri, dei lampadari, delle coppo eleganti o bizzarre da cui osco uno scintillio di luce, come da un’accolta di diamanti. Si am- mirano alcuni vetri affatto nuovi per forme e colori ed un magnifico piatto smaltato del diametro di 81 centimetri; una copia esatta della famosa Croce greca che sta appesa nella navata principale della Basilica di San Marco, in vetro rubino cd oro; questa croce è sormontata da una palla in bronzo, traforata, foderata all’interno da vetro rubino che, sbocciando fuori dal bronzo, forma delle gemme su tutta la superfìcie; 24 lampadari di stili e colori diversi decorano l’alto di que- sta camera. A sinistra, entrando, vedi un mosaico colossale con figure grandi al vero: rappresenta Venezia che affida il comando della flotta a Francesco Morosini. Questo quadro a mosaico fu tratto da un dipinto fatto espressamente da Gia- como Favretto. È smagliante la tavolozza del simpatico pit- tore, è notevole il modo largo e franco col quale è eseguito.

Dall’altra parte dell’ingresso sta il Salviati, e un bellis-

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simo ritratto di Marco Polo, copiato da un cartono dol Car- loni; e siccóme il Salviati si presenta sempre con una novità a tutte le Esposizioni, così offro qui in mostra cinque grandi antichi dipinti veneziani del secolo XV, riprodotti a mosaico, introducendo, con effetto mirabile, il rilievo in alcune parti ornamentali, a mezzo di vetri concavi o convessi. Sta inoltre nna fontana, nella quale s’è trovato modo di unire in ele- gante armonia le due arti, musica o vetraria; pitturo e smalti o dorature sul vetro, dove non si sa so più ammirare la va- lentia dell’artista o la pratica dell’industriale. Altro nuovo genere di decorazioni agli specchi è l’applicazione di riporti sagomati ed incisi sopra fondi di specchio bianchi e colorati, felicemente imitata da esempi antichi, come lo specchio rega- lato dalla Repubblica veneta al re Enrico III, esistente nel museo di Cluny, e del quale vi è alla Esposizione la copia esattissima.

Altri quadri del Salviati sono: una pala rappresentante il Buon Pudore; un Angelo, di Frate Angelico; San Sergio, commissione di un russo; la Madonna del Dolci, Cristo di Guido Reni, il Figlimi prodigo, V Adultera, ecc.

Prima di abbandonare questa sala dobbiamo osservare an- che gli smalti d’oro, d’argento e di colori di Lorenzo Radi di Murano, un altro artista di cuore, che, povero, lottò colla miseria quotidiana per cercare gli smalti dorati ed argentati ed il colore di. porpora di cui orasi smarrito il segreto ; — i lampadari di vetro del Toso (Venezia); — gli specchi arti- stici di Angelo Fuga (Venezia); — i vetri merlati, a fili- grana ed a millo fiori, altra industria antica, risorta da Bus- solin Domenico (Venezia), che li riproduce fino dal 1838, ecc.

Entriamo ora nel cortile della Villa Reale trasformata in elegante padiglione.


Venezia, Fironze e Roma vantano ciascuna una scuola spe- ciale di mosaico, che con mezzi diversi inseguono il vero e cercano d’emulare la pittura. Venezia ha i larghi cubetti co- lorati di vetri che unisce insieme nei quadri degni di monu- menti; Firenze ha i lucidissimi mosaici in pietra dura; Roma i mosaici minuti, finissimi, che pajono ricami. Qui ci appariscono


ATTRAVERSO J.’ESROSIZIONK


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un dopo l’altro sotto i loro migliori aspetti. SulPentrata della Villa Reale, a sinistra, ci si presentano alcuni grandi mosaici di Roma, inviati dal signor Luigi Gallandt: uno rappresenta lo città italiane nello vedute principali della natura e dell’arte,

0 nel mezzo vi è la lupa con ltomolo o Remo: si può diro una raccolta di quadretti. Il secondo, ancor più fino, è diviso in otto scomparii, in ognuno dei quali, su fondo nero, spicca una delle Ore di Raffaello; o nel centro si vedo la Poesia pur di Raffaello, coi puttiui che sostengono il motto : Ninnine efflatur. Il terzo è la riproduzione del Cenacolo di Leonardo da Vinci.

Poi ecco i mosaici di Firenze: il F. Guerini ne ha una bella raccolta, il Giovanni Ugolini ne adorna albi e soprac- carte; Michelesi Augusto Camillo presenta mosaici sì di Roma che di Firenze; Fasoli Federico (Roma) ne ha di romani in- castonati in giojelli; bellissimi di fiorentini invece il Bonce- uelli Giovanni, Mariotti o Gattoni, ecc. Sebbene il mosaico sia in genere ereditato dagli antichi, pure è un fatto che noi l’abbiamo perfezionato di molto, perchè Plinio notava con ma- raviglia che nel mosaico di Sosia in Pergamo entravano mille pezzetti, mentre i moderni no fanno di più minuti, raccozzando un numero ancor maggiore di pietruzze.

Il cortile della Villa Reale, nel quale siamo, sebbene i non milanesi non si accorgano di trovarvisi, tanta è l’eleganza mercè cui il luogo fu trasformato, ci appare diviso in due Parti, perché nel mezzo di esso fu costrutto un quadrato che separa l’oreficeria veramente detta dagli altri prodotti. Noi gi- riamo nella zona che sta attorno a questo quadrato ; e pro- seguendo il cammino, dopo i mosaici, troviamo i prodotti in bronzo. Primi ecco quelli del Michieli di Venezia : sono sta- tuette, son piccoli monumenti, son candelabri e vasi nei quali

1 lavoro artistico fa diventare preziosa la materia. Seguono due eleganti lampade in bronzo fuso o cesellate, opera di pa- recchi artefici e per ultimo completata da Camillo Cima (Mi- ano), destinate al tempio di San Celso; — altri lavori in metallo artistici presenta Colbacchini Luciano (Padova), fra cui una 011 tana; — statuine e candelabri, sempre in bronzo, il Pa- squale Arquati di Venezia...

Qui i bronzi' cedono il campo agli argenti. La filigrana, altro lavoro nazionale per noi, ha un artista egregio nel Ri-


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gotti Antonio (Genova), che l’usa negli ornamenti muliebri, nei piatti, nei . candelabri ; fulgida di luce è la vetrina d’ar- genteria galvanica dei fratelli Broggi (Milano), e quella di Antonio Giacché (Milano), che ha notevoli lavori artistici in argento ; altre posate in argento espone Anatolio Henin (Milano); argenterie vere e Cristophle Anseimo Garampelli (Milano). Poi torniamo alla filigrana col Battista Pivetti (To- rino), che espone la chiesa di San Marco e il Palazzo Ducalo, lavori appunto in filigrana; e in questo genero sono gli og- getti presentati da Gasparo B. Morello (Genova). Da una parto o dall’altra della porta d’ingresso del cortile nell’atrio della Villa stanno duo lavori insigni : sono nielli grandissimi, i maggiori forse elio siano stati fatti fin qui, eseguiti da Alfio Consoli, un siciliano stabilito in Milano, che ha fatto un quadro genealogico di casa Savoja, e, quello che è più singolare, un grande bacino coll’ anfora d’ argento, nei quali ritrasse l'e- popea del risorgimento italico, a cominciare dalle prime som- mosse fino alle battaglie in campo aperto e alla vittoria finale. Chi conosce la difficoltà di riuscita di un niello, anche per la facilità che l’ultima operazione del fuoco distrugga tutta l'opera già compiuta, deve rimaner maravigliato al cospetto di questi lavori che, ove so ne tolgano le date, si crederebbe l’opera d’un artista del cinquecento.

Ecco un centinaio e più d’oggetti dell’argentiere Gennaro Pavé (Napoli): sono posate, coppe imitanti l’argento, istoriate di fuori, con una precisione od eleganza ammirevolissime. Sono duo copie di vasi detti centauri e scavati a Pompei. Li rende vecchi una patina leggierissima, colla quale acquistano una ingannevole aria d'antichità: vasi di bronzo dorato, un Mer- curio che sorregge a braccio levato un gruppo di candelabri; un ostensorio veramente splendido, fatto per la Areiconfra- ternita di San Ferdinando; un treppiede sorretto da angioli dorati, un busto di Pio IX fatto d'una lamina della spessezza d’un cartone bristol, del genere che Benvenuto Celimi qua- lificava pezzo tirato di sbalzo al martello.

Volgendo intorno al quadrato, s’incontrano: Corbella Na- poleone e Achille (Milano) che fanno giojellerie false e arma- ture in metalli diversi che fan pensare ai torneamenti ; anzi vestirono due cavalli per mostrarci l’effetto delle armature me- desime; — il Canadori e 0. (Pistoja) con statue e bassorilievi


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ATTRAVERSO L* ESPOSI /.IONE

in bronzo.; il Luigi Brunii (Torino) con olmi o scudi e co- razzo, od altri lavori in ferro e bronzo imitati dall’antico; — Giuseppe Pellas (Firenze), che sul suo stipo poso i dne celebri David, uno di Donatello e uno di Michelangelo ; inol- tre ha Befano e lo scudo di Enrico IY e quelli di Francesco II ottenuti colla galvanoplastica, e un bassorilievo di Mino di Fiesole, ecc. Agostino Pandiani (Milano) espone lampadari di stili variatissimi; Lomazzo mostra diversi lavori in bronzo; Nelli Alessandro (Roma) parecchie figurette, vasi e candellieri e un gruppo Amore e Fische del Campidoglio, e inoltre un busto colossale del re Umberto, alto 3 metri e 2 di lar- ghezza, che torreggia su tutto; di lui sono pure le statue romane.

Coll’Aguglione G. B. di Genova, che espone coralli lavorati ed in natura, noi abbiamo finito il giro della zona ; penetriamo nel quadrato centrale. In alto del centro pende un lampa- dario veneziano: è opera del Salviati. Nel centro a sinistra vi è il padiglioneino del Giuseppe Gonfalonieri (Milano), che ha giojelli, ori. argenti, ecc. — alle pareti troviamo le vetrine dei fratelli Lanfranchini (Milano) con oggetti d’oro; poi di Melchiorre (Valenza Po) con finimenti muliebri; il Comitato speciale della Società degli orefici di Milano espose collettiva- mente: è composto dai signori: Airaghi, Busnelli, Bajoni, Bo- schi, Della Lunga, Invernizzi, Marzetti, Nicolai, Ottolini, Pa- gani, Salvaneschi, Uglioni e Villa. Noi siamo costretti a faro poco più d’una litania di nomi, anche per lasciare al pubblico la sorpresa e la libertà del giudizio. Cosi diremo che Luigi Polli (Milano) espose oggetti d’oreficeria di gusto milanese; i fratelli Fecarotto (Palermo) un diadema in brillanti, brac- cialetti in perle, medaglioni'; altri giojelliori espositori sono i fratelli Gailazzi (Milano), Pialletti Guido (Milano), che ha la specialità delle catone d’oro; lo stesso fa Antonio Fiori (Mi- lano) e Giuseppe Vauzo (Milano), che già incontrammo nella galleria del lavoro, dove si trova l’officina degli orefici; Pes- simi e Speroni (Milano) lavori in oro, e altrettanto espongono A. Carcano, Dressler Matilde Goccili i, Calderoni Adone, Ferrari» Cosare, Galletti, Pettenghi e Dottori, LSwenthal, Boschi, tutti di Milano. Questa città ha una fama tutta affatto moderna nella lavorazione dell’oro, avendo saputo rivaleggiare colla fabbricazione parigina, mantenendo però anche un gusto na-


Itili


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zionalo. Il Franconeri Giuseppe (Napoli) espone rose d’Olarida, fiori o lucertole in brillanti, e il Panerai Emilio (Firenze) si nota per le orerie colle perle e colle turchine; Mariano Eliseo (Aquila) ha oreficerie napoletane, Delle Belle (Roma) presenta gli ori lavorati alla romana; Castellani Angusto (Roma) ri- suscita P arte antica con studio pari al gusto. Angelo Bu- chini (Milano) espone ricchi lavori in oro o pietre preziose; e Ronchi Luigi (Milano) presenta l’accolta di tutti i gingilli che furono inventati per soddisfare l’umana vanità nelle croci cavalleresche d’ogni sorta.

Usciamo ora da questo quadrato per la porta opposta a quella per cui siamo entrati, movendo verso l’atrio del palazzo. Appena entrati ci troviamo fra gli alabastri di Volterra, che son foggiati nello statue e nei gruppi pivi celebri dell’arte classica e in quelle di moda dei giorni nostri. Sono espositori Baccerini e Brocca (Milano), Giuseppe Andreoni (Pisa), il Municipio di Volterra che foggia l’alabastro in vasi, tazze, tavolo intarsiate, cofanetti, scrivanie. Poi il Prilli Antonio (Firenze) unisce all’alabastro il marmo verde e di altro qua- lità, facendo gruppi, statuette di uomini e di animali e pic- coli oggetti; i fratelli Morelli (Pittignano di Fiesole) espon- gono vasi ed animali in serpentino. Sempre sotto questo atrio troviamo altri lavori in pietra, come una pila d’acqua bene- detta in pietra dura adorna di mosaici di Piva Luigi (Vicenza), tavole in pietra dura dei fratelli Merlini (Firenze), ecc.

Noli’ interno del palazzo sono occupato alcune stanze a pian terreno. Nella prima (che è quella di mezzo) si trovano lavori in tartaruga ed osso. I fratelli Mazzuchelli (Castiglione Olona) esposero bottoni e pettini; Magnoli Postumio (Milano) pettini di moda e medaglioni in corna e tartaruga ; la Società mutua pettinai (Milano), pettini di tartaruga e avorio; la tartaruga è la materia adoperata di V. Terlizzo (Napoli) per far cornici, pettini, orecchini, spadino, tagliacarte, ecc.; invece Laboranti N. (Genova) adopera l’avorio per i suoi lavori , fra cui pettini e biglie; Piattelletti Annibaie (Pesaro), nollc ossa di albicocco, intaglia minutamente istorie, e siccome questi lavori son legati in oro fino, così han l’apparenza di veri

giojelli- . ...

Nella stanza vicina vi sono altri lavori in tartaruga; i due Labriole di Napoli, Luigi e Mariano, ne espongono di


ATTRAVERSO L’ESPOSIZIONE


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maravigliosi por bellezza della materia e per la finitezza del lavoro. Tornasóli Giulio (Milano) presenta notevoli pettini.

Poco discosto cominciano i lavori in ambra e schiuma, quasi tutti dedicati ai fumatori. Così il Blancard (Torino) ha pipe o portasigari ; lo stesso E. Flégel (Milano) e il Lichtonstein (Milano). Le signore si fermano di preferenza ad ammirare l’ambra siciliana, proveniente dall’Etna, di G. Cacciaguerra (Catania), che sa lavorare in giojelli.

Ispettore dell’oreficeria, dei mosaici, dei bronzi artistici e di queste ultime salo è il signor Edoardo Rueff, lo stesso della ceramica e vetreria.

Il giro negli edilìzi è finito: usciamo a prendere una boc- cata d’aria pura nell’ameno giardino della Villa.


NEI BOSCHETTI.


11 giardino della Villa è sparso dei fiori che la stagione fa sbucciare nei prati e nei boschetti, e di quelli che gli orticol- tori han portato per esposizione: e dopo aver passeggiato per l’ameno luogo, per parecchi ponti sul canale, che un tempo era barriera insuperabile al passeggiatore, si scende dal giardino reale nel pubblico. Il passaggio si compie quasi senza che ve, ne avvediate, perchè invece di trovarvi sul viale che costeg- giava la Villa, guardandovi intorno, vi vedete sotto una lunga tettoja, dove stanno schierate in lunga fila lo armi che devono redimere la terra irredenta d’ Italia, quella che niega il vitto ai suoi abitanti che, in braccio alla ventura,, emigrano in massa por lontane regioni. Sono le macchine agricole, le quali appajono in numero straordinario e nei migliori modelli, sì da rendere manifesto un progresso che si svolgeva ignorato a molti, e che è argomento di compiacenza o di speranza.


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Ci si presentano prime, in ordine di posizione, lo bcdlo treb- biatrici da sei cavalli da E. G. Noville e C. (Venezia); poi il seminatore, la trebbiatrice, il frangizolle di A . Cosimini(Grosseto); le trebbiatrici da otto e da due cavalli di Edoardo De Morsior (Bologna); le macchine di Dekor (Torino) presentate dai fra- telli Boltri; un trebbiatojo a quattro ruote e un pulitore di grano di Giuseppe Bottazzi e fratelli, (Spinotta Marengo) ; le trebbiatrici da sette cavalli di Giuseppe Locami (Vercelli); un trebbiatojo por la forza di dieci cavalli della Società Veneta di Costruzioni meccaniche di Treviso; una trebbiatrice di fru- mento dell'ing. Bortolo Bertolaso (Limello, Verona); un ven- tilatore per grano e un trebbiatojo fisso dei fratelli Orini, (Milano) ; una trebbiatrice a doppio uso per riso e frumento, un trebbiatojo a due battitori e uno sgranature di grano turco di Antonio Bosatto (Cucca); due trebbiatoi o due ca- napulitrici di P. Bosisio e C. (Milano); una trebbiatrice tri- tapaglia di E. Grimaldi (Milano) ; trebbiatoi per otto e per tre cavalli di B. Dell’Era (Belgiojoso); una sgranatrice e una trebbiatrice dei fratelli Chinaglia (Villimpenta, Mantova); una trebbiatrice a vaporo di sei cavalli, una collezione di spranghe da trebbiatojo, un trinciaforaggi, sei aratri, una falciatrice, una seminatrice, ecc., di Nesti e Magni (Grosseto); sgranatori per granoturco di Tesini Podestà (Cremona); trebbiatojo d’un cavallo d’ Ermenegildo Gilardini (Mortara); uno sgurciatore por castagno secche c uno sgranatojo per granoturco di F. Camoirano (Genova); una macchinetta da trebbiare grano a mano dello Stabilimento Forlivese; una trebbiatrice por grano con maneggio a cavallo e uno sgranatojo di grano turco di Edwin Bruner (Pellezzano).

Qui finisce la galleria riserbata alla meccanica agraria; ma il grande numero degli espositori ha costretto gli ordi- natori ad invadere parte della, galleria che segue destinata al materiale delle tramvio: e si continuò la mostra lungo la parete, a destra di chi scende dal palazzo principale. E noi, proseguendo la rapida rivista, incontriamo uno sgranatojo, un tagliaforaggi e una ventilatrice da cereali di G. Barbieri e C. (Castolmaggiore) ; la solforatrice per vigne e il pesatore automatico di Andrea Avanzi (Piacenza). Per quest’ ultima macchina l’Avanzi fu in concorso col Von Ernst per il premio governativo delle 10,000 lire e riuscì vincitore del premio.


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Seguono tre trebbiatrici, un ventilatore, otto aratri, duo erpici, un sarchiatore, duo trinciaforaggi, ecc., di Giovanni Biggi e C. (Piacenza), un erpice seminatore di Àrbicò Lo- renzo (Torino), molti aratri, zappe, erpici, avantreni per ara- tro, sonde, ecc., di Abeni-Guarneri (Brescia), un compres- sore di foraggi, un ventilatore di granaglie, sgranatoli di grano turco di Alessandro Calzoni (Bologna), uno sgranatoio ventilatore per grano turco e un ventilatore per diversi cereali di G. Sello (Udine).

In fondo alla galleria del materiale per tramwie vi è sulle rotaje un locomotore a quattro ruoto per 500 cavalli di forza del Giovanni Agudio (Torino), per dimostrare il suo sistema di ferrovia funicolare; un ufficio postale ambulante dello sta- bilimento meccanico Pietrarsa o Granili (Napoli), una loco- motiva stradale di tre cavalli di forza di G. Dell’Era (Bol- giojoso).

Vi è inoltro l’esposizione Grondona (Milano), che occupa metri 56; l’ing. Cerimedo (Milano) espone due macchine, una locomotiva ed un carro refrigerante ; la locomotiva verrà in giugno; — Locati (Torino) due carrozze per tramwie, delle quali una a scartamento ridotto; — Suffert (Milano) presento una locomotiva; — Miani e Venturi (Milano) un’altra loco- motiva e un carro merci; — Galopin-Sue, Jacob e C. di Sa- vona un carro, ecc.

I)a questa galloria si penetra in una vicina, dove si trova il materiale per la navigazione fluviale e marittima c per il servizio dei porti.

Gli armatori ben noti in Italia, signori fratelli Orlando di Livorno, hanno esposto i modelli delle corazzate Lepanto e Ortigia , dell’avviso Rapido, di un yacht e di altre costruzioni navali ; — l’ ing. G. B. Assaiini di Genova ha presentato il grande modello di una nave-scuola a vela, a vapore, ad elice;

— Piaggio e Oneto alcuni disegni" e modelli; — E. Graverò e C. (Genova) , il disegno di una pirodraga a cavafango e modelli di battelli a vapore in legno con scafi in ferro;

— Gennaro e Aniello Bonifacio (Napoli) quattro modelli di navi; — un vero canotto o yacht a vela esposero Carlo e Domenico Taroni di Carato Lario (Como), i quali esposero inoltre una barchetta detta inglcsina, un sandolino, ecc. Si notano inoltre una lancia insommergibile e un apparecchio di sai-


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GUJDA DEL VISITATORE


vataggio di Luigi Astigiano (Genova); Razetto di Genova espone un modello di nave a vela; Tixi di Genova, modelli piroscafi; Calcagno di Savona, disegni di navi; Besso di Torino, apparecchi di salvataggio; Soliani di Spezia, apparecchio di salvataggio; Villa di Milano, apparecchio di propulsione, ecc.

Uscendo dalle gallerie c tornando nei boschetti vediamo un chiosco in ferro di' Ciriaco Pan izza di Milano, per esposizione di velocipedi; — poco discosto un apparecchio per tramwie agricole dell’ in g. A. Ferretti (Mantova); — vedosi poi un gruppo di grossi e candidi marmi delle cave d’Arno di Ser- ravezza, fra cui sorge una lucida colonna.

Nei boschetti, presso all’esposizione dell’ing. Ferretti avremo il velocipede aereo di Cattaneo di Milano.

Passiamo vicino al pilastro formato di mattonelle di car- bone del Raggio di Genova, ed esaminiamo il masso di li- gnite della Società Carbonifera di Spoleto, il cui volume è di circa 5 metri cubi, il peso di 18 tonnellate. La Società Carbonifera, di Spoleto, fondata ed amministrata dai fratelli liidolfi di Cesena e diretta dalTing. Moro di Lucca, ha dovuto spendere di bei quattrini per poter inviare questo saggio fe- nomenale. La lignite, come si sa, è un combustibile che viene apprezzato assai per lo eccellenti suo qualità, e la scoperta del giacimento di Spoleto, oltre a fare la fortuna degli in- teressati, diffonderà pure il benessere in quelle località, ove numerosi operai accorrono in massa al quotidiano lavoro.

Riservandoci ad osservare per ultimo il materiale dello fer- rovie, percorriamo le tettoje dei cementi e del materiale re- frattario. Sotto la prima cho ci presenta troviamo le decora- zioni, la calce e i mattoni in cemento della Società Anonima di Reggio-Emilia ; poi i saggi degli Stabilimenti di Crozo ing. Ottavio di Vittorio presso Treviso, Ferrari o Crippa (Mi- lano); di Peverati (Brescia), della Società di Lodi. Segue la bigia casa in cemento della Società Bergamasca ; i tubi per strado e condotta d’acqua, raccolti in gruppi di Barbieri (Mi- lano); i tubi per condotta d’acque di Strada (Mortara) ; Caz- zaniga Molli (Pavia), Perissuti (Udine), Galbiati (Milano), Villa di Lecco, Società Anonima di Siena, Redaelli di Bel- lagio, ecc.

L’arco del Renato Redazzi perla Società di Casale Monferrato chiude la serie dei cernenti.


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Sotto la tottoja rimpetto a questi cementi vi sono raccolti i laterizj di Mallion Lavelli di Milano della Società delle For- naci di Modena, del marchese Caviani di Mantova, del Mon- dani di Parma che alzò una guglia ornata ed elegante si- mile a quelle che abbelliscono il Duomo parmense.

Avremo poi molti espositori di oggetti artistici in terra cotta i quali saranno collocati dopo l’inaugurazione, sotto il grande atrio d’ingresso. Fra questi: Airaghi e Boni, Provini, Cocchi di Milano, Paladini di Lecce. Inoltre Petit Bon di Parma, Appiani di Treviso, ecc.

Passando accosto al masso di marmo di 15 tonnellate di Henreux di Serravezza, che fa riscontro a quello di lignite, entriamo nella galleria del materiale ferroviario, dove ci aspetta un’altra vivissima compiacenza per il nostro amor proprio d'i- taliani. La galleria è lunga 156 metri ed ha duo biliarii : e questi 312 metri sono coperti di locomotive e di carrozzoni nazionali. Tre sole macchine sono straniere, e queste mandate per completare i treni.

La prima macchina porta il nome di Torino. Essa fu intie- ramente costrutta nelle officine di Torino della F. A. I., fatta eccezione per le ruote e loro assi ; è del tipo americano con car- rello mobile a quattro ruote accoppiate, studiata presso l’uf- ficio d’arte del servizio del materiale, per treni diretti sulle linee con forti curve. Tale macchina è munita di alcuni ap- parecchi degni di speciale attenzione; da un lab) porta una pompa-iniettore, inventata dall’ingegnere 0. Chiazzali, stata premiata con medaglia d’oro all’Esposizione di Pa- rigi; dall’altra un ingegnoso iniettore condensatore, # più re- centemente inventato dall’ingegnere GL Mazza ; essa poi è mu- nita degli apparecchi che nel loro complesso formano il freno a vuoto di Smith -Hardy.

Questa locomotiva, che porta il numero 618, fu con molta accuratezza condotta a compimento in meno di sei mesi, sotto la direzione dell’ingegnere in capo delle dotte officine si- gnor Dogliotti, e sotto la sorveglianza dell’ingegnere Frescot.

Anche l’officina di Bologna si è fatta onore, coi suoi bravi operai, sotto la direziono del signor ing. Morino.

Ha mandato un carro a bagagli, un veicolo a tre robusti assi, su cui poggia il telajo in ferro, e sopra questo la cassa di una lunghezza complessiva di metri 8,50 e dell’altezza di metri 2,20.


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GUIDA DHL VISITATORI:


Lo pareti sono in loglio ricoperte di lamierino d’acciajo ver- niciato a caldo. Ampie finestre e vedette permettono al con- duttore o al frenatore di vedere a distanza i segnali o gli accidentali ostacoli sulla via.

Per la difficoltà ed esattezza dell’esecuzione sono da notarsi specialmente le ampie molle d’acciajo che sostengono il telajo e le custodie in ferro dei respingenti ; pezzi, questi, che per

10 addietro eravamo costretti di acquistare all’estero.

Ma quello che forma la specialità di questo bagagliajo e che richiamerà, senza dubbio, la generale attenzione dei visitatori, è la illuminazione a gas — ora in uso nel solo tratto To- rino-Modane — ed il freno ad aria rarefatta, sistema Smith- Hardy, per la prima volta applicato in Italia, ina molto in uso nelle ferrovie del Belgio e del nord della Francia.

Dopo il carro bagaglio la F. A. I. espone una yettura di prima classe, lavoro molto fino e accurato, escito dalle offi- cino di Verona, sotto la direzione dell’ing. Fusarini.

Viene dopo la macchina Genova, a (5 ruote accoppiate, uscita dall’officina Ansaldo per conto della Ferrovia dell’Alta Italia ; — la macchina Napoli, dello stabilimento Granili Pietrarsa di Napoli dello stesso tipo della prima: — due carri della ditta E. Rolin e C. di Savigliano; — la locomotiva Vittorio, con cinque, carrozzoni della Società Veneta per costruzioni di Vicenza. Questi carrozzoni possono essere in quattro oro trasformati in ambulanza militare. È noto che la Germania, nella sua guerra colla Francia, spese 35 milioni per provvedere il materiale di ambulanza; o noi nel caso, che speriamo lontanissimo, d’una guerra, siamo affatto sprovvisti. Ora l’ing. Augusto Vanzetti immaginò la trasformazione dei carrozzoni ferroviarii in am- bulanze o riesci maravigliosamente nell’intento. In un batter d’occhio spariscono i sedili ordinar», si tolgono le divisioni, e

11 carrozzone (lungo 15 metri) diventa una vasta sala, nella quale vi sono 18 barelle, quelle stesse sulle quali i feriti ven- gono raccolti sul campo di battaglia intanto che il carrozzone vicino si divide in vari compartimenti, dove si trovano il personale superiore, la farmacia, la cucina, il magazzino.

In questo vetture si trova quanto il critico più esigente può desiderare, oggetti di medicazione, biancheria, stoviglie, ecc., tutto quanto bisogna per il trasporto di 18 feriti supponendo anche il viaggio duri parecchie settimane come nell’ultima guerra del 1870.


ATTUA V Elìso I, 'ESPOSIZIONE


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In quest’opera cotanto filantropica alla Società Veneta si uni il Sovrano ordine di Malta, quello stesso che inviò due treni nella guerra di Bosnia ed Erzegovina, e elio fornì già tutta la biancheria, cucina, barelle, materassi, ecc.

Un treno ospedale sarebbe composto di dieci carrozzoni, d’una locomotiva e d’un carro bagagli.

L’ingegnere Vanzetti, clic inventò questo treno, non potè accompagnare all’Esposizione l’opera sua, ed è rappresentato dall’ing. Trevisan, perchè negli ultimi d’aprile, mentre lavorava indefesso, una macchina portò via al caloroso costruttore tro dita d’una mano.

Riassumendo: la Ferrovia dell’Alta Italia e la Società Ve- neta occupano il binario verso il Palazzo del Senato ; il bi- nario verso i Boschetti è occupato: da una locomotiva estera e da una carrozza di Miani esposte dalle Ferrovie meridio- nali. Una carrozza per ferrovie economiche, un carro refri- gerante, il tutto esposto dal Grondona; una locomotiva estera e tre carrozze esposte dalle Ferrovie Romane ; una locomotiva estera e tre carrozze esposte dalla Ferrovia Sicilia occidentale.

L’amministrazione delle ferrovie romane concorre all’espo- sizione con due carrozze a corridojo centrale con entrata a terrazzini in testa, delle quali una mista di prima e seconda classe, e l’altra di terza classe; una carrozza con un com- partimento a letti, e due di prima classe ; una locomotiva con sterzo costruita dalla casa Borsig su disegni nell'ufficio cen- trale; una biella di ferro per locomotive; un sostegno di ferro per caldaje, di locomotive, ecc.

Spinelli Carlo, macchinista delle ferrovie A. I., membro della Società di M. S. Archimede, ha presentato un freno automa- tico continuo a vapore, che può, con una semplice mano- vra in casi di pericolo, procurare la salvezza del treno , nei disastri di salita per montagna. Vi sono nella stessa se- zione altri quattro freni.

La Ferrovia Alta Italia espose anche alcuni pezzi di mec- canismi che sono lodatissimi, come quelli di ferro lavorati al fuoco, una pompa che dà 25,000 metri cubi d’acqua all’ora ; e per di più un cielo di carrozze di legno, ecc.

Ispettore dell’esposizione nei Boschetti è l’ing. Alfredo Dal- l’Ara, e sotto Ispettore pei cementi e laterizi il signor Gu- glielmo Prampolini.


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Ed eccoci pervenuti alla porta di via Boschetti, per la quale possiamo uscire. I ricordi dello molto cose veduto nella rapida passeggiata ci turbinano nella mente, la quale so non può formulare all’istante tanti giudizi analitici quanti sono i ge- neri dei prodotti, si afferma nella sintesi lietissima che l’Italia non è nella adolescenza del lavoro, ma con questa Esposizione è entrata, ricca di forze o di speranze, nella virilità dell’in- dustria.


PARTE QUARTA


La vita a Milano


Chi esamina per la prima volta i ruderi delle case del- l’antichità classica, si maraviglia sempre di vederle molto piccole. Ma i cittadini d’un tempo solevano vivere poco nella casa e molto in pubblico, nei fóri e nei teatri. La vita mi- lanese concilia gli agi della casa moderna, fornita delle ultime delicature, colla abitudine della vita all’aperto che per novo mesi all’anno il clima consente; e l’indole dei milanesi aperta ed espansiva, i modi vivaci e la satira facile e mai maligna, rivestita sovente di una naturale bonomia che le toglie ogni carattere d’offesa, e sopra tutto la franchezza ospitale, fanno annodare rapidamente lo. conoscenze, e a chi giunge nuovo nella città toglie l’uggioso isolamento e gli rende piacevole la dimora.

Coll’alba comincia la vita dei cittadini laboriosi; la gente d’affari popola le vie nella prima metà del giorno , gli ele- ganti nella seconda metà, e fino a tarda notte i caffè e la grande galleria son popolati dai cittadini che si divertono.

Dove si lavora di più, ci si diverte ancho con maggiore intensità; è la legge di compenso che richiede il sollievo dopo la fatica. Cosi accade in Milano, in cui il divertimento as- sume due forme principali: l’amore alla campagna, abituale agli abitanti delle grandi città, e l'amore all’arte. Quindi le frequenti gite alle colline della Brianza e agli ameni laghi, delle quali ci occuperemo di poi; quindi i teatri numerosi e sempre affollati che fanno agli impresari agognare le stagioni


GUIDA 1)EI< VISITATORE


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milanosi. L’amore ai teatri fu ereditato dai tempi più remoti, o sant’ Ambrogio lamentava fin dal secolo IV il furore con cui i mediolanensi parteggiavano per gli artisti del teatro o del circo.

Questi teatri sono quasi tutti aperti per l’Esposizione, o primo quello alla Scala.

11 Piermarini da Foligno, al posto della chiesa fondata dalla pietosa moglie di Bernabò Visconti, edificò il teatro della Scala fra il 1776 e il 1778, che, ingrandito nel 1814 sull’area del monastero di San Giuseppe, diventato in parte il palcoscenico, riuscì uno dei maggiori teatri d’Europa. Lo stile della facciata è d’un gusto così semplice da confinare colla povertà; nell’interno è decorato splendidamente e conta sei ordini di logge con duecento quaranta palchetti disposti attorno ad una pianta quasi rotonda, che misura nel dia- metro maggiore ve.ntiquattro metri e nel minore ventidue. Il sipario, dei pittori Bortini e Casnedi, riproduce una scena delle antiche feste atellane, che vai quanto dire i primordi del teatro in Italia.

Il teatro alla Canobbiana rimane chiuso a spettacoli quo- tidiani, riserbandosi per lo accademie, i tornei di scherma, le conferenze. Fu aperto il teatro Manzoni, elegante e grandioso; il Dal Verme vastissimo, notevole per l’architettura fastosa e per la gaja ornamentazione; il Castelli di stilo moresco; oltre al Santa Radegonda ed ai popolari teatri Carlo Porta e la Commenda.

Ma un teatro continuo, in cui varia incessantemente la scena, mantenendosi però sempre una pittoresca vivacità, è la Galleria Vittorio Emanuele, uno dei più grandiosi monu- menti architettonici d’Europa. Che monta se stili disparati tentano di confondersi fra quelle lesone che si stendono at- traverso più piani e fra le larghe cornici? Ad onta de’ suoi difetti, ad onta del suo arco, che pare una bocca spalancata per inghiottire il Duomo vicino, la Galleria è pur sempre un edificio che impone l’ammirazione per le sue gigantesche pro- porzioni e che si cattiva le simpatie per la sua eleganza ci- vettuola: due qualità che pajono nemiche e che qui si accor- dano senza stenti. Tutti i milanesi e tutti i forastieri passano per di là, percorrono i suoi 195 metri di lunghezza, e ogni sera le persone fermate nell’ottagono (che ha 40 metri di dia-


LA VITA A MILANO


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metro) alzano gli ocelli verso l’ardita cupola di vetri per vedere il vaporino che accende tutti i lumi intorno e la circonda d’una corona di fuoco.

11 bisogno di raccogliersi insieme o di espandere i propri pensieri colla franchezza elio deriva dal sentirsi in un am- biente amico, ha fatto sorgere numerosi circoli : e da una parte v’è il club dei Nobili elegante e compassato, dall’altro quello dei Negozianti, altrove due di artisti, e non manca neppure «inolio degli Operai che conta 1500 ascritti. Tutti questi cir- coli aprono di gran cuore le loro salo agli ospiti per l’Espo- sizione ('); e chi è nuovo alla città, dopo aver trascorsa buona parte del giorno alla Esposizione, trova facile modo di pas- sare la sera in dilettevole compagnia, acconcia ai propri gusti. Per costoro noi accenneremo brevemente anche le cose più notevoli da vedersi nella città, non colla pretesa di una guida, ma per suggerire il modo di completare utilmente la giornata del visitatore dell’Esposizione.


UNA VISITA AI MONUMENTI.


Mentre noi Giardini Pubblici apparo il nuovissimo portato dell’attività italiana, che esalta lo spirito col suo splendore e ci inebbria di speranza, giova temperare la soverchia bal- danza colla più calma meditazione del lavoro degli avi. Noi sembriamo giganti, diceva un savio, perchè siamo saliti sulle spalle di quelli che ci precedettero; e ce no persuado di leg- gieri una visita ai monumenti, alle pinacoteche, ai musei.

Di Milano insubre, etnisca e gallica non v’ha avanzo di sorta, se puro non si cerca nei musei qualche armatura


(1) Nel capitolo Indicazioni utili si trovano gli indirizzi di tutti questi Circoli,

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GUIDA DEL VISITATORE


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rosa dal tempo. A mala pena ci resta un ricordo del fiorire di Milano sotto la dominazione romana nello colonne di San Lorenzo a porta Ticinese.

Questo colonnato rispettato dal dento edace del tempo, dagli incendi, dall’ira dei barbari e dalla smania demolitrice dei nepoti, ò dal Verri chiamato “ monumento di così nobile e grandiosa architettura, che sarebbe pregevole ancora in Roma, collocato presso al tempio della Pace o alle colonne di Giovo Statore. „ Fu per alcun tempo incerto fra gli studiosi se quelle colonne appartenessero ad un tempio di Ercole ovvero allo terme che Ausonio ci indica a Milano dedicate al Dio della forza. Ora è stato deciso, dopo gli studi sulla chiesa di San Lorenzo, che ivi esistevano le terme o pubblici bagni, e che le colonne erano i peristili, menzionati dai versi di Ausonio, che le ornavano.

Di Milano cristiana ci rimangono molte chiese, nelle quali è riassunta la storia architettonica dell’Italia superiore.

La basilica di Sant' Ambrogio, fondata dal vescovo che le diede il nome alla fine del secolo IV, fu successivamente riformata, ma conservò sempre il carattere venerando e mi- stico che doveva avere in origino. Vi si entra per un atrio in figura d’un rettangolo, circondato da un portico di tre archi in fronte c di sei per ciascun lato: questi sono sorretti da pilastri sostenuti con mezze colonne, i cui capitelli di selce vanno adorni di figure bizzarre rappresentanti animali favo- losi, fogliami e geroglifici strani: l’altro si devo ad Ansperto da Biassono arcivescovo di Milano nel secolo IX. La facciata ha due campanili : quello a destra del tempo d’ Ansperto, quello a sinistra del 1100; un e era dei monaci, l’altro dei preti che officiavano insieme nella chiesa e litigavano sovente. Nell’in- terno si vede il pulpito antichissimo, con marmi allegorici, rifatto nel 1201 da Guglielmo de Pomo: importante la tri- buna e più ancora il palliotto, fatto eseguire per cura dell’arcive- scovo Angilberto dall’artefice Volvinio, che, paragonato agli altri lavori del 700, si può dire un capolavoro: ò tutto ri- vestito nella faccia anteriore di lamine d’oro purissimo, e nelle altre di lamine d’argento, in qualche luogo dorate; tutte e quattro poi arricchite di pietre preziose e coperte di bassorilievi.

San Lorenzo c chiesa che riunisce più architetture ad un


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tempo: la romana nelle colonne e nella pianta: la bisantina nella cupola e nei mosaici: la lombarda nella torre quadrata. Fu fondata da sant’ Ambrogio sulle Torme Erculee, e mostra evi- dentemente che venne convertita alla nuova destinazione la sala più grande o il tepidario. Gli altri locali annessi alla gran sala rotonda, come la cappella di Sant’ Aquilino e il transito per la Vetra, non sono forse che le altre parti dell’antico edificio come il calidario o sudatario, il frigidario, la biblio- teca e le sale che erano al servizio delle terme. Vicino al- l’altare di sant’Antonio si vedono i capitelli romani d’ordine corinzio rovesciati e costretti a servir di base alle colonne: e il popolo non mancò di fabbricarvi sopra la sua superstiziosa leggenda.

San Simpliciano, altra chiesa fondata da sant’ Ambrogio. La porta è un’opera insigne pel. fascio elegante dello colonne che la sostengono ed è singolare il capitello ove si vedo una processione. L’abbigliamento di queste figure fece credere che vi fosse raffigurata la fondazione della basilica stessa : altri vo- gliono che raffiguri una festa per la vittoria di Legnano (1176), attribuita, per devozione, ai martiri conservati nella chiesa.

Sant’Eustorgio, distrutta più volte, venne ricostruita pro- babilmente dal lombardo re Liutprando nell’ Vili secolo : è notevole per i monumenti dei Visconti, e per quello di Pietro Martire dovuto a Giovanni Balduccio di Pisa nel 1339, pol- la cappella di Pagello Portinari elevata nel 1462 dall’archi- tetto fiorentino Michelozzo, o per il campanile cominciato nel 1297, esempio splendido dell’architettura lombarda.

San Vincenzo in Prato si vuole in questi giorni riattare all’antica venustà: è il più semplice modello di basilica ro- mana, vólto ad uso di tempio cristiano: diviso nell’interno in tre navate, ha un altare cui si salo per una gradinata: sotto a questo si trova la cripta o sotterraneo ove si seppellivano i martiri dapprima, gli illustri personaggi di poi. Le colonne e i capitelli di questa profanata chiesa appartengono all’epoca romana: nella sua semplicità non ha neppure le gallerie su- periori por le vergini e le matrone.

San Satiro fondata da Ansperto nell’879, fu rifabbricata nel 147G in parto da Bramante e in parte, più tardi, dal Bra- mantino; contiene molti capitelli di fabbriche romane, le fi-


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gure della Deposizione della Croce e il battistero del celebro Ambrogio Poppa detto il Caradosso.

Il Dunnw, fondato credasi nel 1386, ha dato luogo a con- testazioni vivaci fra i nostri storici intorno al suo fondatore. Din qui orasi detto che lo avesse fondato Gian Galeazzo Viscon- ti per voto fatto quando assalito di tradimento lo zio Barnabò, gli tolse lo Stato e la vita. Altri, fra cui C. Cantù, notano che nessun documento accerta che Galeazzo abbia fondato il tempio, ed anzi alcuni documenti farebbero arguire che non lo fosse. Noi accogliamo volentieri questa versione, perchè ci fa male che il maestoso monumento si debba al voto d’uno spergiuro ; e ciò si accorda colla tradizione che mostra i cittadini con- correre con entusiasmo all’erezione del tempio : i ricchi coi loro tesori, le donne coi loro gioielli, il popolo consacrandovi parto de’ suoi guadagni, trasportando lo pietre ed i legnami, mentre i fanciulli s’affannavano ad ajutare gli operai a sca- vare il suolo.

E in questo modo il Duomo acquista nuovo significato: o le sue gugliotto elio si slanciano eleganti o leggieri nell'aria, le seimila statue di santi che, dai piedestalli arabescati, pre- sentano i loro martini, stendendo da secoli su di noi le mar- moree braccia; gli aerei fastigi traforati dai quali traspare l’azzurro nel cielo e tutta la candida mole elio s’innalza, quasi spiritualizzando la pesante materia, rappresentano lo sforzo potente dell’attività dei cittadini, privati da Galeazzo perfino del nome di popolo. 1 santi narrano i dolori della lunga ser- vitù, nella quale agli scultori si limitava il campo dell’arte : le candide guglio si innalzano tanto ardite, perchè sono una preghiera, una speranza di oppressi che cercano conforto e libertà.

Chi sia l’architetto s’ignora : o dura tuttavia la questione se sia lombardo o tedesco, che probabilmente non si scioglierà mai. Lo stile è gotico ; ma da san Carlo fu fatta fare la facciata in istile classico, che poi fu corrotta dal Buzzi nel 1646 e nel 1810 combinata alla meglio, o alla peggio, sulla bastardata linea dal Polak e dall’ Amati.

Le misuro principali sono: dalla parte maggiore al fondo dell’abside metri 148,10: altezza massima dal piano alla Ma- donna dell’aguglia superiore, metri 108,50.

Si notano nel Duomo : il sepolcro d’Ariborto, inventore del



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Carroccio (Secolo XI) — la tomba ili Ottone e Giovanni Vi- sconti (Secolo XIII) — il sepolcro di Marco Carèlli (Secolo XIV)

— Il monumento di 0. G. Modici di Malignano, capitano di ventura, il cui disegno è attribuito a Michelangelo — l’altare della Presentazione di Agostino Busti detto il Bambaja — san Bartolomeo scorticato di Marco Agrati (Secolo XVI) — Martino V papa di Jacopino da Tradato (1421) — l’altare maggiore di Tibaldo Pellegrini, l’architetto di san Carlo

la porta della Sacristia meridionale, opera tedesca di Hans di Pernach (1393) — l’altra porta di Giovanni Grassi (1395)

— il ricco altare della Madonna e il candelabro — la tomba di san Carlo, cappella che costò quattro milioni di lire, — il te- soro che si conserva nella sacristia meridionale o noi quale vi sono oggetti di grandissimo valore e di raro pregio artistico.

San Gottardo, vicino al Duomo, chiesa di Corte, notevole per il campanile; è di forma ottagono, di terra cotta, ornato da cima a fondo di colonnette di marmo, e dall’unione dei duo colori ne deriva una singolare vaghezza. Alla sommità posa un angiolo di metallo che tiene nelle mani un vessillo, sul quale una volta vi era la vipera. Questo è uno dei più begli avanzi dell’architettura, non solo di quel tempo, ma ancora di tutti i secoli.

Le Grazie, chiesa fondata da G. Vimercati nel 1463, poi rifabbricata da Lodovico il Moro coll’opera di Bramante. La chiesa ha tre navate ad archi acuti con colonne corinzio: delle tre porte, le due minori sono barocche, ma quella di mezzo è di un puro bramantesco; e le colonne laterali sostengono un grazioso arco che proteggo la lunetta dove è dipinta la Vergine col bambino, protettrice dei domenicani, ^ e vicino ad essa, Lodovico Sforza c sua moglie Beatrice d’Lste.

La cupola ardita, innalzata senza alcun visibile mtreccia- mento di ferri, riunisce felicemente i caratteri bramanteschi dell’eleganza, della magnificenza e della leggiadria, lui oi- dini di portici e dfflogge corrono in giro alla cupola: sono questi sostenuti da colonnette e da candelabri: lo cornici furono squisitamente modellate: vi hanno finestre tonde ed altro quadro; e l’architetto sparse sopra ogni parte a larga mano una tale profusione di decorazioni in terra cotta e in marmo bianco, distinte in statue di santi e di principi, in scudi ornati dagli stemmi sforzeschi e viscontei e ìu altri ca-


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pricciosi ornati, da renderò oltremodo vaga all’occhio la ina- 1 gnifica cupola.

Aggiùngeremo . la chiesa di S. M. presso S. Celso, notevole per il vestibolo, la facciata e per i quadri preziosi che rac- chiude: — il Carmine del 1354, restaurato recentemente: — San Marco del 1254, esempio di architettura lombarda, con una facciata di terra cotta del secolo XIV: — San Fedele giojello architettonico del Pellegrini del 1569: — San Gio- vanni in Conca passato dal culto cattolico al protestante (esempio di tolleranza veramente civile di opinioni religiose che si professa in Milano), colla splendida porta di stile lom- bardo del secolo XIII.

' Passiamo ai monumenti civili. — Il più caratteristico del- P epoca dei Comuni è il Palazzo della Ilagione in Piazza Mercanti, eretto dal podestà Oldrado da Tresseno, nel 1233. Questo edificio fu deturpato, in molte guise ed in varie epo- che, fra cui alcune non lontane; ed ora venne alquanto restau- rato. È un edifizio quadrilungo, formato da una vasta sala sostenuta da tre ordini d’archi, che appoggiano sopra pilastri di viva selce; nel secondo di questi pilastri, verso la torre dell’orologio, è scolpita la porca semilanuta, antica insegna milanese. I sette archi sono tondi, meno gli estremi acuti, e la sala è illuminata da ampi finestroni allungati bipartiti da svelte colonnette.

Oltre al Palazzo della Ragione, vi sono gli Archi, di Porta Nuova, costrutti nel 1171 dai Milanesi e dagli alleati Lom- bardi, quando riedificarono la città distrutta da Barbarossa.

Il Castello ricorda invece doloroso storie di servitù, tanto che i Milanesi tutte le volte che fu lor dato sorgere a libertà, lo atterrarono. Lo fondò Galeazzo II Visconti. Abbattuto in parte alla sua morte, venne instaurato dal figlio. Nel 1447, estinto l’ultimo Visconti, fu atterrato; ma la tirannide, ritornata con Francesco Sforza, lo foco riedificare coll’ajuto di artisti illustri per nascondere la diffidenza che erigem il baluardo sotto l’aspetto dell’arto; ma l’ira del cielo, quella degli stranieri soldati e lo più giuste del popolo, che vedeva nell’edificio una minaccia perenne, ridusse il Castello ad una caserma, con scarsi ricordi archeologici.

Dallo stesso Francesco Sforza venne edificato 1’ Ospedale Maggiore, nel 1456. La fronte, lunga 450 metri, si vede di-



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vi su dall’arte diversa in tre parti, che rivelano lo diverse epoche architettoniche. La piti antica, dovuta all’ architetto Averulino detto Filerete, serba .incora i fmcstroni ad arco acuto, eleganti, con varietà d’ ornati in terra cotta che cir- condano lo finestre, e coi busti sporgenti di donne e di pro- feti che dan vita all’ ampia facciata. La seconda parte (che è quella di mezzo), edificata per il lascito di Pietro Carcami (1624), mostra il gusto secentista; la terza, dovuta all’eredità del notajo Macchi (1793), è disadorna e meschina nell’apparenza. Noli’ Ospedale si fa l’esposizione dei ritratti dei benefattori, che è una galleria del costume, unica in Europa,

Nell’ ospizio possono essere ricoverati 1800 ammalati al minimo.

Oltre a questo possono essere visitati V Ospedale Fatecene- fratelli a Porta Nuova, quello a San Vittore, e l'Ospedale delle Fate-bcne-soreUe.

Gli studiosi della beneficenza non tralascoranno di vedere gli Orfanotrofi maschile e femminile, il Pio Albergo Trivulz» per la vecchiaia, la Congregazione di Carità, la Casa di la- voro a San Vincenzo, il Ricovero di Mendicità a S. Marco, gl’istituti dei Ciechi e dei Sordo-muti.

Il Falazzo di Brera, antico convento di Umiliati, venne da Federico Borromeo fatto riedificare per sodo dei Gesuiti. Nel 1772 fu soppressa la corporazione, e nel palazzo si posero, accanto alle Scuole, la Biblioteca, che oggi è la Nazionale, l’Accademia di Belle Arti, l’ Osservatorio Astronomico e la Società Patriottica, diventata poi R. Istituto di scienze e lottere. .

Qui si trova la statua di Napoleone I di Canova : qui lo statue e i busti degli illustri milanesi.

La Biblioteca conta 165 mila volumi per il valore di oltre 2 milioni di lire; e possiede per di più preziosi autografi, edizioni rare o splendidissimi corali.

Nella Pinacoteca «i trovano quadri di Giotto, lo Sposalizio di Rafaello, 1 'Aga,r del G norcino, la ricca raccolta della scuola milanese, con Leonardo da Vinci, Bernardino Luini, Marco d’Oggionno, Cesare da Sosto, Salaino, Gaudenzio 1< errar i, ecc. Molti altri di Guido Reni, Albani, Appiani e non pochi mo- derni. Di più Rubens, Rembrandt, Van Dyck, Velasquez, ecc.

11 Museo Archeologico contiene armature galle, arche lune-


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rarie, colonne e capitelli romani, il monumento di Bernabò Visconti (1470), la statua di Gastone di Foix e alcune parti dello stupendo monumento che va disperso pei musei, avori, affreschi, ecc.

La Biblioteca Ambrosiana, aperta nel 1609 da Federico Borromeo, contiene una ricca collezione di monumenti, opero d’arte, di manoscritti, di volumi stampati. Qui vi sono sculture romane, modioevali, moderne: opere di Thorwaldsen, la Scuola d’ Atene di Raffaello, quadri di Guido Reni, Luini, Leonardo: manoscritti di Leonardo e d’altri, per i profani inesplorati.

Le porte della città più notevoli sono: la Romana, edificata nel 1598 dai cortigiani magistrati per il passaggio di Mar- gherita d’Austria diretta a Madrid: la Ticinese , eretta nel 1802 dal Gagnola, a mo’ di propileo: la Nuora, compita nel 1813 dall’abate Zanoja, gentile e castigata: il Sempione, giojello d’arco in cui si emularono le opere dell’antichità classica, disegno del Cagnola nel 1806, e che per le vicende politiche vide sostituirsi ai bassorilievi coi fasti napoleonici, quelli del rivale imperatore d’Austria: porta Garibaldi, già porta Co- masina, eretta dalle paure dei negozianti milanesi in onore di Francesco I d’Austria nel 1826: la Venezia, ricca di statue, edificata a mo’ di barriera nel 1826 dall’architotto Vantini.

Sulle piazzo nostre sorgono pochi monumenti e tutti mo- derni. Notevoli son quello a Federico Borromeo (1865) eretto dal Corti sulla piazza di San Sepolcro: — quello a Cavour (1865) con due statue in bronzo sopra un basamento di granito: Cavour è del Tabacchi, la Storia del Tantardini: — quello a Beccaria (1871) davanti al palazzo del Tribunale, opera di G. Grandi: — quello a Leonardo da Vinci (1873) fra i suoi quattro scolari, opera di Pietro Magni: — quello a Mentana sulla piazza di Santa Marta, inaugurato il 3 novembre 1880 da Garibaldi, opera dello scultore Luigi Belli, che ritrasse con splendida forma l’ eroismo dei prodi clic caddero per l’Italia davanti alle mura sospirate di Roma.

Per compiere alla meglio questa breve corsa fra i monu- menti cittadini, dobbiamo nominare il Cimitero Monumentale, fuori porta Garibaldi, opera del Macciachini, cominciato nel 1865. È nello stile lombardo, che si confà alla mestizia del luogo: e contiene monumenti usciti dallo scalpello dei migliori artisti nostri.


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Chi volesse avero più completa guida, può acquistare la nuo- vissima Carta di Milano, coll’ annessa descrizione, elio venne pubblicata in questi giorni dall’ editore Edoardo Sonzogno.


I DIVERTIMENTI PER L’ESPOSIZIONE.


I divertimenti che si offrono al visitatore dell’ Esposizione sono di duo sorta : i consueti della città e gli straordinari allestiti per la nuovissima circostanza.

Quando si stabili che gli edifici dell’Esposizione sorgessero nei Giardini Pubblici, si ebbe di mira di lasciar libera la piazza d’Armi e il Poro Bonaparte per gli spettacoli d’occa- sione. Nè i calcoli furono .fallaci, perchè queste ultime località divennero il centro dei divertimenti straordinari.

Nel recinto dell’Esposizione divertimenti propriamente detti non ve no sono, perchè tali non si possono chiamare:

\e poltrone pesatrici poste vicino all’ingrèsso della mostra industriale;

la ferrovìa elettrica che misura 400 metri circa di tracciato ed è di forma curvilinea. Essa fu posta nella parte contenuta fra il laghetto e l’antica gabbia degli uccelli o lo vario serre della mostra orticola.

La larghezza dei vagoni è di metri 1 c 25.

L’impianto della ferrovia elettrica consta del solito arma- mento stradale, di una locomotiva elettrica, di tre vagoncini o di una macchina dinamo-elettrica fissa.

Tutte lo spese d’impianto furono a carico dell assuntore, signor G. L. Vidali, il quale però si valse della forza mo- trice fornita dal Comitato pagando un tanto all’ora por ogni cavallo di forza.

A Bruxelles funzionò una ferrovia collo stesso sistema ; que- sta però del Vidali ha qualche miglioramento. La ferrovia fun- ziona nollo oro in cui saranno in movimento tutte lo altro macchine nell’interno dell’Esposizione.


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Ciascuna corsa sulla ferrovia elettrica costa cent. 50.

In piazza d’Armi invece abbiamo l’Arena, il Circo Rena, il Panorama, il Pallone frenato e quivi si danno anche le corse dei cavalli.

L’Arena. — Milano possiedo un edifizio moderno proprio della civiltà classica: un anfiteatro che chiamasi Arena, inco- minciato nel 1805 dall’architetto Canonica, il quale ebbe in animo di imitare il circo di Caracalla. È in forma d’elissi e misura metri 238 sopra metri 119: venne fabbricato con materiali d’edifizi storici, essendosi adoperati quelli delle fortificazioni demolite del Castello cittadino, cui si aggiunsero gli avanzi del Castello di Prezzo, noto per esservi morto Bernabò Visconti avvelenato dal nipote. In questo recinto dove si diedero e corse e simulacri di battaglio o giuochi di naumachia o pranzi pubblici ed altri spettacoli, venne stabilita una il- luminazione straordinaria a luce elettrica mantenuta da mac- chine. potentissime. L’illuminazione elettrica dura dal l.° giu- gno al 31 agosto: i fari sono disposti sul rialzo di terra che fiancheggia il canale, in numero di 12, posti ad eguale distanza e ciascuno della forza di. 6000 candele, vale a dire una luce totale di 72 mila candele. Inoltre vi saranno al- tro 16 lampade, ciascuna della forza di candele duemila. Stando 'in qualunque luogo dell’Arena si legge benissimo una scrittura ordinaria. Il contratto della luco elettrica venne fatto coll’ingegnere Shepherd rappresentante della Casa Brush di Nuoya York.

Gli spalti sono stati convertiti, col mezzo di numerosi e leggiadri chioschi, di padiglioni o di costruzioni diverse, in fiera fantastica, raffigurante quattro parti del mondo. LVt- frica è alla destra entrando per la porta trionfale, l’Asta alla sinistra e, proseguendo il giro dall’elissi si incontra l'Eu- ropa e di contro l'America: ogni costruzione ha il colore locale della parte del mondo in cui viene eretta ed il disegno fu appro- vato da apposita Commissione. Nello sfondo, dove si trovano le carceri, fu eretto un grandioso palcoscenico, per spettacoli fantastici e coreografici con grandi evoluzioni.

Nel mezzo dell’Arena si danno trattenimenti d’ogni genere, con compagnie equestri, balli popolari, ecc.

Il Circo ltenz. — La compagnia equestre Renz è la più grande che si conosca, perchè conta 150 cavalli e 300 persone.


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l’or ospitarla venne eretto un grande edilìzio con disegno dell’egregio architetto Gaetano Canedi.

L’area occupata da questo circo, di vastissime dimensioni e di non comune arditezza, è di 5100 metri quadrati. Sul davanti è un portico con atrio, da cui una scala conduce al palco reale, alla sala per lo provo del corpo di ballo, che fa parte della compagnia Kenz, alla scala por i primi posti, ai palchi di prima e seconda fila e ai posti riservati. Due corpi sporgenti ai lati contengono lo scalo per i secondi e terzi posti, affatto indipendenti dal corpo principale del fabbricato.

L’anfiteatro è formato da duo dodecagoni inseriti l’uno nell'altro, il maggiore largo 50, il minore 30 metri. Agli angoli del minoro sostengono il tetto centrale, che s’ eleva fino a 24 metri, dodici colonne, alte 17 metri. 11 dodecagono maggiore è coperto da falde di tetto, lo quali si staccano dalle colonne a metri 14 50 e scendono fino a 12. In- torno all’arena, che ha il diametro di metri 13 50, vi sono cinque file di posti gradinata, dietro cui è un ordine di palchi aperti. Una seconda fila di palchi corro su un piano più ele- vato, su cui s’innalza una bella gradinata di 11 file, la quale è suddivisa in posti' diversi. Il Circo è capace di 5000 persone sedute.

TI pallone frenato. — Milano ha una storia nell’aero- statica. Essa fu la prima città d’Italia dove si ripetessero gli esperimenti iniziati dai fratelli Montgolfter nel secolo scorso, avendo il patrizio Andreani nel 13 marzo 1784 fatta un’a- scensione fortunata da Moncucco , villa poco discosto da Milano.

Ora i signori Moreno, Tati, Rancati e avvocato Besozzi hanno fatto fabbricare, sotto la direzione dtd capitano Enrico lieudet, un nuovo pallone, con materiale e lavorazione tutta nazionale, e, postolo in piazza d’Arrni, stabilirono le ascen- sioni frenate. , .

L’altezza del pallone è 35 metri, il diametro di metri 21,00, la circonferenza di metri 08,15. Gonfiato con gaz idrogeno, porta a 300 metri d’altezza 20 persone per volta.

La tela è di cotone fabbricata apposita, coll’ordito eguale alla trama, a quattro doppi nella parte inferiore, ad otto nella parto media, e a dodici nella superiore. Ogni tessuto è ingommato al cauciù col sovrapposto, c passato tra ci-


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linclri che fanno penetrare il cauciù tra og - ni interstizio c attaccano un foglio all’altro. Risulta in tal modo una stoffa perfettamente impenetrabile, pieghevolissima e di tale solidità che quella a quattro doppi può resistere allo sforzo di 400 chilog. al metro lineare. Ad impedire ogni possibile fuga di gas il pallone finito è rivestito diligentemente da uno strato di vernice d’olio cotto di lino, indi ricoperto da una vernice al bianco di zinco. Il peso della stoffa del pallone è di 750 chi- logrammi. Apposite valvole, di costruzione accuratissima, sono applicate all’estremità superiore ed inferiore del pallone. Il pallone è circondato interamente da una rote di canapo fab- bricata appositamente e-a mano a mano provata col dinamome- tro. La rete consta di 4000 maglie, e pesa 500 chilogrammi. La navicella, pesa 400 chilog. àncore, uncini, zavorra, nulla fu dimenticato. A vista degli spettatori si metterà una bilancia di sospensione.

Per questo pallone occorrono varie macchine, le motrici, le caldaje e l’immane argano di ghisa su cui deve svolgersi il cordone, che è di metri 7 30 di lunghezza su 1 70 di dia- metro. La ditta Siiffert preparò le caldaje e l’argano in bre- vissimo tempo, e a sua volta la casa Cantoni Krumm, di- retta dall’ing. Tosi, fabbricò lo motrici : sono due, di grandi proporzioni e perfettamente eguali.

Questo macchine furono trasportate al Foro Bonaparte, dovo per il pallone si è edificato un vasto fabbricato che è una specie di anfiteatro.

Il Panorama. — Il Panorama fu costrutto por conto del signor Maurizio Le Tellior, belga, rappresentato a Milano dal signor Giovanni Ravizza. Questo edificio è fatto sul tipo di quelli esistenti a Parigi ed a Brusselle.

L’ossatura è tutta in ferro del peso totale di chil. 50,528 ; fu fornita e montata d.alla casa Aug. Lecoq o C., di Hai nel Belgio: la copertura è in zinco e vetri. Ha l’altezza di metri 23, il diametro di metri 40.

La costruzione eseguita dal capo mastro Carlo Ballerio sotto la direziono doll’ing. B. Bettolìi, fu incominciata il 10 marzo 1881, od al 2 aprile la montatura in ferro era com- pleta, e l’arco d’entrata pure finito.

L’ossatura in ferro, arrivata completa dal Belgio, è sem- plice, grandiosa, ingegnosissima, onde si può montarla e dis-


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giungerla con facilità straordinaria : ha lo pareti in mura- tura ed il tetto a zinco e vetri. La facciata, su disogno dello egregio ingegnere Luigi Broggi, la quale si compone di un fabbricato che contiene un grande atrio e due locali di ser- vizio, è in muratura. Ha decorazioni in cemento, eseguite dalla ditta Ferrari e C., stucchi, dorature ed affreschi. Due pia- stroni, ai lati del grandioso ingresso, terminano in due grandi timpani curvi, entro cui saranno gli stemmi d’ Italia e del Belgio. All’affresco provvide il pittore Pietro Michis, ritraendo in esso due figure allegoriche: la Scienza e l’Arte, cioè V ottica e la pittura , le quali cercano appunto col fenomeno della * luce l’effetto dei panorami.

Entrando, il pubblico trova tosto una scala elio adduce a cinque metri d’altezza, ad una piattaforma centrale, capace di 50 persone, e donde si gode lo spettacolo della scena che sta sulla parete, a 15 metri di distanza, reso grandioso con ampie tele e specchi riflessori. La prima delle veduto è La battaglia di Solferino.


CONFERENZE - CONGRESSI - TORNEI TIRO A SEGNO.


Accanto alla pompa della materia che trionfa nell’Esposi- zione, si manifesta il lavoro delle idee che precorrono i fatti e additano le vie al lavoro.

Il Comitato Esecutivo ha delegato gli onorevoli deputato Giuseppe Robecchi e assessore Stefano Labus per ordinare i congressi e le conferenze: o l’onor. deputato Luigi Luzzatti diede vigoroso impulso a riunioni economiche.

Riunioni economiche. — Duo saranno i temi principali che si tratteranno nello riunioni proposte dal Luzzatti, d’ac- cordo cogli onor. Robecchi, Labus, Vigano ed altri cittadini.

Il primo tocca la cooperazione in tutte le sue forme.

Il secondo le tariffe doganali.


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iiUIl>A DEL VISITATORE


Avranno luogo nei primi di settembre.

Riunione (('igienisti italiani. — La Società Italiana d’igiene ha promosso una riunione di igienisti italiani nel mese di settembre. Le adunanze non saranno mono di ciiu|ue e si terranno nel mese di settembre in giorni che verranno successivamente indicati.

I tomi che già vennero accolti sono: Il lavoro delle donne c dei fanciulli nelle fabbriche e nelle miniere. — La pro- filassi delle malattie Veneree. — Ilei mezzi di trasporto delle defezioni e delle acque di rifiuto dai luoghi abitati. — Dei modi per rendere meno frequenti le lesioni prodotte dal mal uso delle macchine agricole ed industriali.

Congresso d’Alpinisti. — Nel mese di settembre avrà pur luogo un Congresso di Alpinisti.

Congresso Musicale. — Una riunione di musicisti ita- liani si terrà nel mese di settembre in Milano.

II completamento e l’unificazione del materiale strumen- fide delle grandi orchestre del llegno, questa ò la tesi che il Comitato organizzatore del Congresso presenta ai mu- sicisti italiani. Accenniamo fin d'ora a tre punti importanti della questione, aggiungendo, a guisa di corollario, il pro- blema non ancora risoluto praticamente dell’unità del corista in Italia. Ecco i quesiti:

Contrabbassi a quattro cordo — Contrabbassi a tre corde e loro accordatura. — Corni e trombe naturali — Corni e trombe a macchina. — Trombone alto — Trombone tenore — Trom- bone basso — Basso-tuba od altro strumento congenere per servire di base tipica ed unica alla famiglia degli ottoni. — Unità del corista (diapason) in Italia.

Congresso I) rallini utico. — Por il giorno 12 giugno il (ritiri drammatico nazionale ha indetto il 3.° Congresso drammatico in Milano. Tutti coloro che abbiano modo di giustificare interesso per intervenire al detto Congresso, come autori drammatici, letterati, critici, filodrammatici, direttori di giornali, membri di società e accademie filodrammatiche, ecc. occ., possono far domanda di ammissione al Congresso stesso, dirigendola, entro il mese di maggio alla segreteria del Giuri drammatico nazionale, via dei Filodrammatici, 1, p. p. Milano.

Torneo d’anni. — Per iniziativa della Società Milanese di scherma sarà dato ai primi del prossimo giugno nel teatro della Canobbiana, un torneo d’armi.


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L’invito fu accolto da molti reputati schermitori francesi e austriaci, fra gli altri dai signori Samòde o Dollfus di Parigi ; la Commissione ha diramato in Italia inviti a tutti i tiratori a lei noti di nome e d’indirizzo. Se qualcuno per isbaglio di nome o d’indirizzo o per dimenticanza non fosse stato in- vitato, egli dove ritenersi per invitato egualmente e non ha che ad inviare nome e ricapito alla Commissione, Corso Vit- torio Emanuele, N. 37.

J1 regolamento del torneo e dei premi è stato diramato a tutte le Società sorelle italiane ed estere.

1 Torneo Scacchistico. — Si terrà un Torneo Scacchistico nel mese di settembre.

Il primo premio ammonta a lire 1000, e gli altri sono in proporzione superiori ai soliti dei passati tornei italiani. Si avrà cura eziandio di destare l’emulazione fra i giocatori meno forti, formando un secondo torneo, organizzato in modo che gni dilettante possa cimentarsi coi suoi pari e trovarsi così in grado di conseguire qualche premio.

Le azioni del torneo sono fissato in lire 10.

Un’azione dà diritto all’ingresso nel locale del torneo, e al libro che verrà pubblicato intorno a questo, contenente le più importanti partite, varj problemi e finali.

Due azioni autorizzano a giuocaro nel secondo torneo e quattro a partecipare al primo.

Le sottoscrizioni si spediscono alla sede del Comitato presso la Società Patriottica e degli Artisti, via San Giuseppe, 4.

Corse di cavalli. — Nei giorni 9, 12 e 16 giugno, tempo permettendo, vi saranno le corse dei cavalli in Piazza d’Armi.

Lo corso del primo giorno cominceranno alle 4 poni, e sa- ranno cinque: — I. Corsa dell’ Esposizione. Premio L. 4000 per cavalli interi e cavalle d’anni 3 ed oltre nati ed allevati in Italia. Entratura L. 200 correre o pagare (play or pay). Distanza da percorrere metri 2800 circa. — IL Corsa di Hachs ( tìcnilcmen llidcrs). Poule di L. 200, più un oggetto d’arte del valore di L. 1500, per cavalli o cavalle da sella non appartenenti bona fide a scuderie di corsa. Distanza da percorrere metri 2000 circa. — III. Premio della città di Mi- lano. Dato dal Municipio di Milano L. 10000, per cavalli in- feri e cavalle di ogni razza e paeso di anni 3 ed oltre. En- tratura L. 500 correre o pagare metà (half-forfeit). Distanza


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da percorrere metri 3500 circa. — IV. Corsa delia Regina (con siepi) pei signori Ufficiali in attività di servizio. Premio L. 1000 ed un oggetto d’arte dato dalla Regina, per cavalli e cavallo di servizio. Entratura L. 50 correre o pagare metà (half-forfeit). Distanza da percorrere metri 1800 circa. I si- gnori Ufficiali correranno in divisa con distintivo da desti- narsi all’atto dell’iscrizione. — V. Corsa con ostacoli. Pre- mio L. 4000 per cavalli e cavalle di ogni razza e paese di anni 4 ed oltre. Entratura L. 200 correre o pagare (play or pay). Distanza da percorrere metri 3500 circa.

Lo corso del secondo giorno, domenica 12 giugno, avranno pur luogo allo 4 pom., saranno quattro e cioè: I. Premio Reale. — L. 4000 offerte dal Re, per cavalli interi o cavallo d’anni 3 e 4 nati od allevati in Italia. Entratura L. 200 correre o pagare (play or pay). Distanza da percorrere me- tri 2800 circa. — II. Premio dell’ Industria e Commercio.

— L. 5000 dato per sottoscrizioni private, per cavalli interi e cavalle di ogni razza e paese di anni 3 ed oltre. Entratura L. 250 correre o pagare (play or pay). Distanza da percorrere metri 3000 circa. — 111. Premio delle Signore Patronesse.

— Corsa con siepi (Gentlemen-Riders), L. 1000 oltre un og- getto d’arte del valore di L. 1000 por cavalli e cavallo d’ogni razza o paese d’anni 4 ed oltre non appartenenti bona fide a scuderie di corsa. Entratura L. 100 correre o pagare (play or pay). Distanza da percorrere metri 2000 circa. — IV. Corsa dei Riproduttori (Handicap). — Premio L. 7000 per ca- | valli interi e cavallo d’ogni rozza o paese di anni 3 ed oltre. Entratura L. 350 correre o pagare metà (half forfeit). Di- stanza da percorrere metri 2400 circa.

Il codice delle corse è quello adottato dal Jockey-Club di Roma.

Per bona fide s’intende: cavalli che dal 1 gennaio corrente I anno non sono mai stati corsi da fantini.

Per Gentlemen-Riders: i soci delle varie Società di corsa in Italia ed i signori ufficiali dell’esercito.

Le corse del terzo giorno, giovedì 16, avranno luogo alle j 4 pom., e sono quattro: I. Corsa Nazionale d’incoraggia- j mento al trotto con veicoli a duo ruoto in due prove. Premio i L. 3000 dato dal Ministero d’Agricoltura, Industria e Com- ' mercio, delle quali L. 1500 o medaglia d’oro al primo arri- rivato, L. 1000 e medaglia d’argento al secondo e L. 500 e


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medaglia di rame al terzo, per cavalle e cavalli interi d’anni 4, 5 e 6 nati e allevati in Italia negli anni 1875, 1876, 1877. Entratura L. 60 correre o pagare metà (half-forfeit). I cavalli d’anni 4 dovranno trascinare, compreso i finimenti, il veicolo ed il conduttore, non meno di chil. 115, quelli d’anni 5 chil. 130, quelli d’anni 6 chil. 155: le cavalle chil. 3 di meno. Prova al cronometro. Distanza da percorrere metri 4000 percorsa a solo od in batteria di due veicoli. — II. Corsa Omnium al trotto. — Premio L. 5000, delle quali L. 3000 al primo arrivato, L. 1500 al secondo, L. 500 al terzo, per cavalli e cavalle d’ogni razza, paese ed età attaccati a veicoli a due ruote. Entratura L. 100 correre o pagare (play or pay). Sei cavalli partenti o soppressa la corsa. Distanza da percor- rere metri 4500. Prove per batteria. — III. Prova di gara della Corsa Nazionale. — Distanza da percorrere metri 5000 eseguita dai tro cavalli che con andatura regolare avranno percorso in minor tempo la prova I. a — IX. Prova di gara della Corsa Omnium. — Distanza da percorrere metri 3200 eseguita dai cavalli che con andatura regolare saranno arri- vati i primi nella prova II."

La tenuta dei Guidatori in ogni corsa è prescritta compieta- mente in nero con cappello basso tondo. In ciascuna corsa il po- sto di partenza sarà estratto a sorte. Qualora nella prova a cro- nometro due o più cavalli impiegassero egual tempo, dovrà dai medesimi ripetersi, dopo l’intervallo di mezz’ora, una se- conda prova di metri 1500 pure al cronometro. Qualora uno dei tre cavalli che avrà percorso in minor tempo la corsa di Prova, non potesse per qualsiasi causa prendere parte alla Cara, sarà sostituito da quello che nella corsa di prova ar- r >vò alla meta impiegando minor tempo.

II Tiro a segno nazionale. — A rendere completa e solenne la festa che si fa attorno alla mostra della indu- stria non doveva mancare la mostra della destrezza nell’uso doli’ arma sulla quale sopratutto devesi contare per la difesa della patria, non doveva mancare una grande gara nazionale di tiro a segno.

Un Comitato promotore all’uopo costituito, raccolse nel suo s eno cittadini e patriotti il cui nome è arra Che la isti- tuzione del tiro a segno potrà tosto risorgere in Milano all’al- tezza che le è dovuta. — Vogliamo parlare dei colonnelli

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Bruzzesi, Guastalla e Mariani, del rag. Verazzi, de! dottor De-Cristoforis, del maggiore Bolognini, e degli altri i quali diedero opera a munire tutti i sodalizi dei quali la istituzione può attendersi maggiore appoggio, nell’intento comune di pre- parare coll’esempio eflìcace di Milano il terreno alla più fa- cile e pronta applicazione della legge sui Tiri a Segno da tanto tempo reclamata e che sta por essere presentata alla Camera.

11 massimo ostacolo all’attuazione della generosa idea stava nella scelta delle località per rimpianto di un bersaglio sta- bile che potesse soddisfare a tutte le speciali condizioni ri- chieste dalla sicurezza pubblica e dall’interesse della istitu- zione. — Ma le difficoltà vennero superate morcè lo studio in- telligente della zona esterna della città, le ricerche diligenti e le attive pratiche fatte in proposito dai signori dott.De-Cri- stoforis, colonn. Guastalla ed ing. Toni, a ciò delegati dal Comitato.

Il terreno prescelto fu da tutti riconosciuto sotto ogni rap- porto opportunissimo. Esso è ceduto dai proprietari Luoghi Pii Elemosinieri di Milano, di un cui podere fa parte, e tro- vasi poco discosto verso ponente dalla località detta dei Tre Merli, a mezzo circa del Corso Loreto fuori Porta Venezia.

Ottenuto il terreno, la stessa Commissione potè in breve procurarsi il concorso pecuniario del Comune e del Comitato dell’Esposizione e favorevolissime assicurazioni dal Governo e dalla Deputazione Provinciale, mentre il saggio indirizzo col quale fu condotto il lavoro di preparazione, procurò tosto il favore generale alla nobile intrapresa, la quale pertanto può oggi dirsi pienamente assicurata.

= H Tiro avrà luogo assai probabilmente in settembre. Ne vorrà pubblicato il programma.


NEI DINTORNI.

Milano non è circondata da colline o da fiumi che possano rendere amene le gite fuori della città; ma le tramvie e e strade ferrate trasportano in breve il viaggiatore ai luoghi rosi importanti dall’atto o splendidi dalla, natuia.


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Montano d’ essere visitati fra i luoghi prossimi : la Certosa di Chiaravalle, fondata nel 1135 da San Bernardo, che dif- fuse la coltura noi campi intorno: è notovole por l’audace campanile o por le tombe dei Torriani. — _ La Certosa di C aregnano ricostruita da Giovanni Visconti nel 1349 , ma guastata dal barocco nel 1629 : quivi dimoro Petrarca, quivi dipinse il Crespi la leggenda famosa di San Brunono. • Il Santuario di Saronno, cominciato nel 1498, ricco di affreschi del Ferrari Gaudenzio, del Lanino, del Luini, una dello più magnifiche costruzioni. — Il Monte di Varese, rocca al tempo dei Romani, dove nei primi tempi del Cristianesimo fu edifi- cata una chiosa : le cappelle lungo 1’ erta sono curiosissime. — ■' La Certosa dì Pavia, di cui Gian Galeazzo Visconti pose la prima pietra nel 1396, uno dei più bei templi d Italia. Vi lavorarono gli scultori Antonio Amedeo, Cristoforo Solai), Fusina ; il Bambaja; i pittori Luini, Ambrogio da Possano, Guercino, Solari, Procaccini, Mantegna, Guido Reni. Il tesoro contieno ricchezze inestimabili.

La Brianza coi suoi colli ridenti, che si elevano fino al Mon- tevecchia, comincia dopo Monza. E in questa città devesi vi- sitare il tempio di San Giovanni Battista, erotto dalla longo- barda regina Teodolinda, e la cui facciata si deve a Matteo da Campione, uno degli architetti del Duomo di Milano. Nel tesoro si conserva la corona ferrea, oltre alle orificerie bel- lissime. Si osserva come curiosità, in una nicchia, la mum- mia di Ettore Visconti.

I laghi pittoreschi che riflettono l’azzurro del cielo, circon- dati da colline e da monti, sparsi di caso, di castelli, di chie- suole, di ville, sono una attrattiva irresistibile della nostra Lombardia, Il lago Maggiore è pii) ampio o severo, il lago di Como più civettuolo o vicino ha l’aprico lago di Lecco; la storia e l’arte si sposano alla bella poesia della natura.


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