Grammatica filosofica della lingua italiana/Capitolo II

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CAP. II.

DELLE PAROLE

Qualunque numero di lettere unite insieme esprima qualche cosa, si chiama parola, e con termine latino voce o vocabolo. Anche due lettere, e pure una sola può essere una parola, come sì, no, è. Questo vocabolo, parola, è uno dei molti, come giorno, motto, buio, sciocco, pazzo, zucca etc., che appartengono proprio in origine alla lingua italiana, la quale è mia opinione esser più antica che la latina; benchè forse non le sia rimasta se non la decima parte dell’originale; perciò che fin dall’infanzia dell’Impero Romano, col quale si può supporre aver avuto principio la lingua latina, v’erano i Toscani, i quali non è da dubitare che avessero un idioma, siccome quelli che già avevano instituzioni civili. Come poi la dominazione de’ Romani fece degli Italiani un sol popolo, tutti convennero nella medesima lingua romana; la quale sarà poi stata fino alla decadenza dell’impero, la lingua cortigiana e generale; senza che per questo si dimenticasse del tutto in Toscana l’antico volgare. Quanto ai barbari che inondarono l’Italia, poichè non distrussero la lingua latina, possono aver lasciata anche la traccia di questo antico toscano dialetto; il quale, amplificato in seguito col latino, e coi vocaboli che si usavano nel decimoterzo secolo in tutta l’Italia, parte nazionali, e parte introdotti dai barbari; come per esempio snello da schnell, scherzo da scherz, scodella da teller, recatici dagli Un[p. 5 modifica]ni, fu poi in modo quasi miracoloso tratto alla luce da Dante, come egli afferma in queste sue profetiche parole: Questa sarà luce nuova, sole nuovo, lo quale surgerà là dove l’usato tramonterà, e darà luce a coloro che sono in tenebre e in oscurità, per lo usato sole che a loro non luce. Per lo sole nuovo, simboleggia la lingua italiana; per lo usato, la latina. Se Dante ci tornasse, e vedesse quanti ne rimangono ancora da stenebrare in Italia...! Quando questa opinione fosse vera, avrebbe forse già l’Italiano arricchito il Latino. Altri derivano la voce parola da parabola.

specificazione delle parole che compongono la lingua.

Le parole che compongono la lingua italiana si possono classificare sotto nove denominazioni, che sono il verbo, il nome, l’articolo, l’aggettivo, il pronome, l’avverbio, la preposizione, la congiunzione, e l’interiezione. Si darà la loro definizione al capitolo corrispettivo di ciascuna.

L’articolo, la preposizione, e la congiunzione, sono voci che non hanno il requisito di esprimere qualche cosa da se, e quindi bisognerebbe fare una divisione di esse, che sarebbe inutile; si che chiameremo parola qualunque numero di lettere stia nella lingua da se. A torto mi pare che si chiamino queste parti del discorso, le quali sono più tosto le proposizioni, le frasi, i membri de’ periodi, i periodi etc. A noi fa mestieri definire la proposizione, la quale entra nella grammatica. Qualunque numero di parole produca senso da se, senza l’aiuto d’altre, contiene una proposizione. Muoio è una proposizio[p. 6 modifica]ne; io è sottinteso; Vi menerò da lei; Apri l’animo alle mie parole; Ciò mi tormenta più che questo letto, sono tre proposizioni. Togliendo una sola parola da quelle, per esempio mi dall’ultima, il senso rimane imperfetto, e la proposizione non v’è più.

Poco importa che si cominci a ragionare più tosto dall’articolo, che dalla preposizione, o da altro; ma perchè il verbo è la parola più necessaria a formare la proposizione, comincerò dalla etimologia1 di esso.



Note

  1. Etimologia deriva dal Greco temno logos, cioè discorso delle parole troncate l’una dall’altra, non insieme.