Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 35

N. 35 - 1 settembre 1872

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[p. 287 modifica]jauoBi -Ajsrisro xxvii. isr. 35 I SETTEMBRE 1872 HEnATTORE SALVATORE FARINA SI PUBBLICA OGNI DOMENICA UNA VISITA ALLA TOMBA DI MENDELSSOHN Fu verso la fine d’ottobre, narra un viaggiatore inglese caldo ammiratore di questo maestro, ch’io mi recai a visitare la tomba dell’autore del Sogno d’una notte d’estate. Essa si trova nel vecchio cimitero — Friedhof, o campo di pace, come lo chiama poeticamente la lingua tedesca — della Trinità, fuor di Berlino, uscendo dalla porta di Halle. Quand’io giunsi, la cancellata era chiusa, ma non si durò gran fatica a trovare il sagrestano che ha in custodia il luogo, in un cimitero vicino, quello dei Cristiani della Nuova Gerusalemme, (che è, per quanto mi fu dato vedere, un vero giardino, in cui non si denno avere altro che pensieri ridenti), e mi fu mandato incontro. Il vecchio guardiano arrivò a passi lenti, tenendo in una mano il suo rastrello e un mazzo di chiavi nell’altra, e ei dirigemmo insieme verso la porta del gran cimitero di cui non avevamo ancora passato la cinta, e dove riposa la spoglia di Mendelssohn. Seguimmo per un centinaio di metri un viale di platani e di pioppi. Le prime brine d’autunno avevano fatto cadere molte foglie, i cui strati giallicci formavano un fìtto tappeto sotto i nostri piedi; ogni tanto qualcuna se ne staccava dall’albero, volteggiava lieve lieve intorno a noi fin che non andava a riposarsi sul terreno. Il mormorio delle fronde e il rumore dei nostri passi soltanto rompevano il silenzio di quella solenne solitudine. Quale miglior preparazione e qual maggior raccoglimento poteva io desiderare per una visita a una tomba? Era un bellissimo pomeriggio; il sole declinava e mi gettava orizzontalmente, attraverso il fogliame dei platani, i suoi raggi di porpora, i cui caldi riflessi davano uno splendore fuggevole e una sembianza di vita alle morte foglie che calpestavamo. Sì, tutto in quel dì era in armonia collo scopo della mia visita; la natura s’era accordata col genio melanconico di Mendelssohn. Il monumento funebre delll’immortale maestro è a diritta, voltando appena passata la porta. Si trovano nell’entrare molte pietre tumulari, talune distese al suolo, altre ritte. La prima è nascosta sotto l’edera ed altre piante arrampicanti; e tutte sono circondate da cancellate e gli intervalli sono piantati di tassi, di bosso e di pini, che formano da tre lati una fitta cortina. La tomba di Mendelssohn è nel mezzo del gruppo; la sormonta una croce di marmo bianco, alta circa sei piedi; vi si legge la seguente iscrizione: JACOB LUDWIG FELIX MENDELSSOHN - BARTHOLDY GEBOREN ZU HAMBURG AM 3 FEBRUAR 1809 GESTORBEN ZU LEIPZIG AM 4 NOVEMBER 1847 (Giacomo, Lodovico, Felice Mendelssohn - Bartholdy, nato in Amburgo, il 3 febbraio 1809, morto a Lipsia il 4 novembre 1847.) A diritta si vede la tomba di sua sorella: Fanny Cecilie Hensel, Geborene Mendelssohn - Bartholdy, colla data della sua morte 14 marzo 1847 e alcune battute d’una delle melodie che essa compose: Gedanken geh3n und Lieder Fort bis in3 s Himmelsreich. Raccolsi alcuni ramoscelli degli alberi funerarii, una foglia di edera, e partii, pensando che non si avrebbe potuto immaginare un luogo più appropriato per collocarvi la spoglia di colui che fu Mendelssohn - Bartholdy. [p. 288 modifica]290 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Sabato, 31 agosto. Siamo finalmente alla vigilia, alla vera vigilia, all’ultima vigilia, perchè, a parlar propriamente, in aspettazione dei gran spettacoli, la stampa è da quindici giorni che fa vigilia. Domani la Scala spalanca solennemente le porte della stagione di settembre col Freyschütz’, domani si inaugurerà pure il corso di rappresentazioni d’opere in musica al teatro Re Nuovo; Santa Radegonda non starà molto indietro colla commedia; poi verrà la volta di quel benedetto Foro, la cui apertura, da tanto tempo annunziata per oggi, avrà invece luogo sabato venturo. L’opera di inaugurazione è Gli Ugonotti; l’esito sarà certamente ottimo per mille ragioni, e prima di tutto perchè bisogna che non sia altrimenti quando si ha un battesimo che si presta a tristissimi giuochi di parole. Guai se il teatro del Foro Bonaparte si aprisse per far fiasco! Chi porrebbe un argine alla vena umoristica dei cronisti? Frattanto i forestieri che sono a Milano per vedere l’Esposizione artistica, se vollero passare la sera non ebbero altri spettacoli se non quelli del Tivoli, cioè i due serragli riuniti di bestie feroci, Bidel e Faimali, e l’opera al Politeama, più una rappresentazione nè carne nè pesce, alla Scala, composta dell’illuminazione a giorno, dell’apparizione del Re, di alcuni pezzi vocali e istrumentali e del nuovo ballo Bianca di Nevers del coreografo Pratesi. Le sole parti riuscite alla perfezione furono le due prime; quanto ai pezzi di musica, le signore Langlois e Daniele trovarono il pubblico benigno, come è la regola, ma se lo. meritarono e questa è un’eccezione. I cori parevano sbigottiti, l’orchestra non era molto sicura. Il ballo si può dire che nel complesso piacque; non è di quei balli che chiedono gran tributo alla luce elettrica, ai voli, agli sfondi e alle trasformazioni, ma di quelli alla Rota, che con pochi elementi cercano di comporre un tutto che si regga per l’eleganza e per la novità delle danze e per l’azione. Ma Rota era Rota e invece Pratesi non è Rota. Qui ciò che è ballabili, disegno di atteggiamenti, scelta di colori, buon gusto di vestiario, la parte cioè in cui un coreografo non ha bisogno d’essere che un coreografo, è ben riuscita; ma quanto all’interesse dell’azione e alla novità, dove cioè non basta essere coreografi ma bisogna essere alcun poco... Rota^ la cosa è assai diversa. Piacquero alcuni ballabili, specialmente quello bellissimo, nel primo quadro, dei mietitori che entrano con un carro, tirato da veri buoi i quali furono accolti con entusiasmo. Incoraggiati dai battimani, quelle due buone bestie faranno proseliti; aspettiamoci di vedere assai presto altri animali cornuti incaricati di trascinare i carri di futuri allori coreografici. Altri graziosi ballabili sono: un passo a nove, quello dei quattro elementi, e la mascherata finale. Fu applaudita la prima ballerina signora Petronio, che è un’esordiente bravina; e più il primo ballerino Mascagno che fa prodigi di equilibrio e di leggierezza. Belle alcune scene; splendido il vestiario, bene eseguite le danze. A differenza del coreografo signor Pratesi, il suo collega signor Pulini del Politeama è seguace della nuova scuola Borri, Monplaisir e soci; il suo Dardo d’amore, andato in scena testé, non trascura nulla di ciò che può fare il piedestallo della gloria alla coreografia jnoderna; ei è luce elettrica, ei sono sfondi, voli e trasformazioni, ei è eleganza di vestiarii e sottanine corte, molto corte, ma ei è anche una cosa di cui molti campioni della APPENDICE — — — —

LA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA DI MARIA DEL FILAR SINUÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAUNUOLO DI DANIELE RUBBI (Continuazione, Vedansi i N. 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33 e 34). XIV. LA CROCE DI SANTIAGO. Giovanni de Pareja rassomigliava più a un demonio fuggito dall’inferno che ad un essere umano; era orribilmente stravolto, e la sua pallidezza tanto cadaverica, che, malgrado l’abbronzata tinta del volto, lasciava chiaramente scorgere l’alterazione de’ suoi lineamenti. La capigliatura, formata da lunghe e spesse anella d’un nero lucentissimo, avea bruciata in più luoghi, come pure il vestito, tutto stracciato e nel maggiore disordine. La fronte ampia e stupenda era coperta di sudore; le narici, dilatate, somigliavano quelle d’una fiera che ha vinto il cacciatore in una lunga e disperata lotta; il labbro superiore, contratto lievemente da un sorriso d’orgoglioso trionfo, lasciava vedere il bellissimo smalto de’ bianchi e piccoli denti. Nell’entrare depositò Anna ai piedi di Velâzquez, e la povera fanciulla rimase come una massa inerte e gelida stesa sul pavimento. — Al fuoco!... Al fuoco! esclamò di nuovo il Re indicando il luogo da dove vedeva uscire una colonna di fumo. - È necessario vedere se è spento. — Non tema V. M., rispose il duca dell’Infantado, nelle cui severe e belle sembianze brillava una viva espressione di contento e pareva dicessero: io aiutai ad accendere quel fuoco, ma mi adoprai pure perchè si spegnesse. In ciò dire, fissò Velâzquez; ma il pittore appoggiavasi ad una parete, abbattuto dalla profonda emozione che la vista di Anna gli aveva prodotto. Don Giovanni Hurtado de Mendoza alzò da terra il corpo esanime della giovane, e lo collocò su una seggiola, frattanto che il favorito, confuso della sua sconfitta, fuggiva con circospezione, giurando vendetta contro Velâzquez ed il duca. Il pittore di camera avvicinossi lentamente alla povera fanciulla e pigliò una delle sue mani. Era fredda come il marmo. — Morta!., esclamò retrocedendo d’alcuni passi. — Morta e disonorata!... gridò Rubens, il quale non s’era potuto accostare alla figlia, perchè colpito da doloroso letargo. — No! esclamò con sicura voce il duca dell’Infantado: no! viva, e degna, assai degna del padre suo! L’ambasciatore fiammingo alzò un ansioso sguardo su quegli che gli aveva dato cosi consolante affermazione, e corse alla figlia come attrattovi da forza irresistibile. — Sì! continuò il duca dell’Infantado; credetemi Rubens... per il nome che porto, per la mia fede di cavaliere, vi giuro che vostra figlia è pura come la luce del sole!... Velâzquez, per compiere la volontà della madre di Anna, fece credere alla fanciulla che era sua sorella, sacrificando l’amor suo per rispetto a quella che le diede la vita e per non mancare ai suoi doveri di sposo e di padre. — Dio vi benedica, figlio mio, esclamò l’ambasciatore aprendo le braccia al pittore di camera, che tutto commosso vi si gettò con effusione. [p. 289 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 291 scuola moderna si dimenticano, buon gusto, arditezza, novità nelle danze. Immaginate qual successo! Un trionfo, un’apoteosi dal principio alla fine! Il pubblico del Politeama aveva la febbre e smaniava pel desiderio di vedere il coreografo Pulini, di prodigargli tutte le forme dell’ammirazione, di stringerselo al cuore! Fortunato coreografo! Circa il futuro di questo teatro, si sa che all’apertura del suo nuovo rivale al Foro Bonaparte, dovrà eclissarsi. Si dirà di lui che fu un astro splendido — vedrete! Morto il Politeama, la compagnia si rifugierà al Carcano, dove si metterà in scena la Follia a Roma, coll’aiuto dell’autore, l’illustre maestro Ricci, che si trova a Milano. Si tratta anche di dare Y A lì Babà del maestro Bottesini; quest’opera a Londra destò entusiasmo; è nota la fama dell’autore, il quale è pure ospite dei Milanesi. Tutti con noi desidereranno che la notizia non sia smentita. A r ALLA RINFUSA

  • Michele de Santis da Pietroburgo (già allievo del Conservatorio di Lipsia)

compose un’opera, Jermak, che verrà rappresentata nella prossima stagione.

  • La direzione suprema del teatro di Darmstadt fu dal granduca affidata

al principe Alessandro.

  • Il signor Bevignani, uno dei direttori d’orchestra dell’Opera italiana al

Covent Garden di Londra, fu scelto a maestro di cappella dell’Opera italiana a Pietroburgo per la prossima stagione. ¥ Nell’Intelligenzblatt di Berlino, in data 20 luglio, leggesi il seguente annunzio: «Una gentile orchestra di dame, con o senza costume, cerca subito un impiego. Fehrbellinerstrasse, 23, parterre. • Durante alcuni momenti, i belli e melanconici occhi del giovine monarca si fissarono con profonda tenerezza in quelli dei due pittori, che confondevano le loro lagrime, e che spuntavano pure sulle nere pupille di Filippo IV. — Torna in sè... torna in sè!... disse il duca dell’Infantado che sosteneva il capo di Anna, appoggiato sul suo petto. Il Re avvicinossi allora all’ambasciatore. — Rubens, disse egli con piglio sicuro; Rubens, vi assicuro, sulla mia reale parola, che vidi vostra figlia una sol volta nello studio di Velâzquez, di cui la credeva sorella; ma una funesta trama venne a strapparmi quella credenza, la quale sarebbe stata un antidoto salutare per.... Filippo IV stava dicendo: per la mia passione; ma, veduta la Regina, la parola gli mori sulle labbra. Quanto ad Isabella, essa era intenta ad accarezzare l’infanta Maria Teresa che incominciava a rinvenire. Rubens baciò la mano di Filippo con vivissima gratitudine, indi corse alla figlia che strinse fra le braccia. Quel padre doveva la figliuola sua alla colpa; eppure non le avrebbe impresso un bacio sulla fronte se non si fosse accertato che era pura da quella stessa colpa che le aveva data Lr vita. Terribile egoismo umano! Rubens separossi dalla figlia, la quale, quantunque si fosse riavuta un poco, era tornata a chiudere gli stanchi occhi, senza conoscere alcuno. Poscia si diresse a cercare Giovanni, che, ritto dinanzi al quadro del Seppellimento, la contemplava tutto stralunato. L’ambasciatore abbracciò teneramente il mulatto. — Grazie, gli disse; grazie, salvatore della figliuola mia! Cos’è che posso io fare per ricompensarti?... Parla... vuoi essere libero? — Non posso abbandonare il mio padrone fino che avrò vita, rispose Giovanni togliendo lo sguardo dal quadro; la vita mia consiste tutta nel vederlo e servirlo. — Questa tela è stata dipinta da Giovanni! gridò in quel* Gli artisti stranieri che presero parte al giubileo musicale di Boston non fecero cattivi negozii; ma i migliori li fece Giovanni Strauss. Egli percepì dollari 17,000 per la stagione, oltre dollari 2500 (in oro) per la sua beneficiata, e le spese di viaggio per sè, la sua consorte e due domestici; inoltre introitò dollari 3330 con tre concerti dati a Nuova-York, e i suoi valzer del giubileo gli furono pagati dall’editore dollari 550. — La signora Peschka-Leutner riscosse dollari 16,000 per 13 serate, Franz Abt per la direzione delle sue proprie composizioni in quattro serate, incassò dollari 1,200, Isabella Goddard, dollari 5000, Franz Bendel, dollari 2000, e il pianista Wehle per due serate, dollari 1250. Le somme pagate per l’orchestra sono enormi. La grande orchestra per la prima settimana soltanto ricevette dollari 72,000; i musicisti di altre città americane ebbero ciascuno 10 dollari per sera, oltre le spese di viaggio; quelli di Boston 8 dollari.

  • Carlo Wilhelm, autore della Sentinella al Reno, ebbe dall’imperatore

di Germania l’ordine della corona di terza classe. > Il cosi detto Quartetto fiorentino di Giovanni Becker e compagni comincia il suo viaggio con tre concerti a Francoforte s. M., l’8, 10 e 12 ottobre; alla fine di ottobre e ai primi di novembre darà concerti nell’Alsazia e nella Svizzera, in novembre e dicembre in Austria, nel ‘gennaio in Olanda, in febbraio e marzo in Germania.

  • Ad Anversa sono in vendita alcuni strumenti preziosi: un violino di

Stradivarius, uno di Steiner Jacob 1654, due di Magini, un violoncello di Steiner e molti altri appartenenti alla collezione del defunto signor J. A. Wuyts? dilettante. ¥ Il Pirata racconta che a Parigi fu condannato per truffe un certo Bustelli conte di Godesco, il quale, qualificandosi ministro plenipotenziario di Honduras, scroccava danaro agli artisti vendendo loro brevetti di ordini cavallereschi, e specialmente quelli di Monreale, San Salvatore, Gerusalemme!!!

  • La celebre coppia Artòt-Padilla’ che trovasi ai bagni di Marienbad, fu

invitata a cantare ne’ concerti che avranno luogo al palazzb Imperiale di Berlino, in onore de’ tre imperatori e per le nozze del Principe ereditario di Sassonia-Weimar.

  • Fu di passaggio in Milano il signor Carlo Schubert, ingegnere di

Vienna, che h«avuto l’incarico di visitare tutti i Teatri d’Italia affine di tener conto del meglio di ciascuno nel costruire il nuovo teatro Internazionale che deve erigersi colà per la Esposizione universale dell’anno venturo.

  • A Vienna si rappresentò la vecchia opera di Schenk, Il barbiere del

villaggio, la quale piacque molto, non ostante i suoi 80 anni. Quest’opera, che fu eseguita per la prima volta a Vienna nel 1792, vien considerata un modello della vera opera comica tedesca. V Il 24 agosto, 300.° anniversario della notte di S. Bartolameo, al R. teatro d’Opera di Berlino si rappresentarono gli Ugonotti di Meyerbeer, che ricordano il sanguinoso avvenimento. l’istante lo scolaro Paolo Astudillo indicando il quadro del Seppellimento; l’ho riconosciuto nella sorpresa cagionatagli nel vederla qui. Alla dichiarazione del giovinetto, il mulatto impallidì e cadde a piedi di Velâzquez, gridando: — Perdono! Velâzquez lo alzò fra le sue braccia, e in pari tempo Filippo IV appoggiò la destra sull’omero dello schiavo. — L’uomo d’ingegno, disse con voce solenne, non può essere schiavo; alza la fronte; sei libero. Nel pronunciare queste parole, Filippo IV pigliò un pennello e inumidendolo nel colore rosso, avvicinossi a Velâzquez. — Ricevi, disse tirando delle pennellate sul suo lato sinistro del petto, ricevi questa croce in memoria dell’eroismo con cui hai conservato intatto l’onore della figlia di Rubens; di quell’onore, aggiunse abbassando la voce, che io fui sul punto di contaminare per sempre. E Filippo IV si trasse da un lato, lasciando vedere sotto il cuore di Velâzquez la croce di Santiago, che spiccava dal velluto nero della sua veste. — Addio commendatore, disse stendendo la mano al suo pittore di camera; siete libero per sei mesi onde accompagnare in Fiandra Rubens e la figliuola sua; ma non scordatevi che passato questo tempo vi voglio al mio fianco. Il monarca lanciò uno sguardo di mestizia e di compassione su Anna, poscia parti colla Regina, sua figlia e i cortigiani. — Ah, signore! esclamò Giovanni de Pareja baciando rispettosamente la croce di Santiago; sono tanto contento nel vedervi commendatore. che il Re non avrebbe potuto darmi maggior premio per avere appiccato il fuoco al suo palazzo onde salvare Anna. Nell’udire questo nome, la fanciulla aperse gli occhi e guardò Velâzquez, come se solo lui vedesse delle persone che la circondavano. — Diego!!... gridò con una ineffabile espressione di gioia. [p. 290 modifica]292 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Il 17.° festival triennale a Norfolk e Norwich avrà luogo il 16 settembre e successivi giorni, sotto la direzione di Benedict. Si eseguiranno oratorii di Handel, Haydn, Mendelssohn e Sullivan, e vi prenderanno parte le signore Titiens, Albani, Wilhorst, Patey, Trebelli ed i signori Sims-Reeves, Cummings, Patey e Santley. L’Imperatore del Brasile ha nominato ufficiale dell’Ordine della Rosa, Giuseppe Verdi. Al teatro del Casino di Omburgo doveva andare in scena una nuova operetta di Luigi Orsini: La lotteria di Vienna. ¥ La costruzione del nuovo teatro di Breslavia procede alacremente; si spera di poterlo inaugurare il primo ottobre prossimo.

  • Da Londra fu mandato a Pekino un magnifico pianoforte, che deve essere

presentato alla futura imperatrice come dono di nozze dello sposo. E tutto incrostato di lacca ed è lavorato magnificamente; siccome però è probabile che l’imperatrice non sappia servirsene, così il fabbricante vi ha posto un meccanismo, mediante il quale il pianoforte suona da solo i seguenti pezzi: God save thè quéen, il Miserere del Trovatore, la Quadriglia dei Lancieri, il Valzer delle Rose e una così detta Marcia Chinese che non ò altro se non la Marsigliese. ty. Si dice che la nuova opera, Luigi XI, del maestro Luca Fumagalli, sarà rappresentata nella stagione 1872-73 nel teatro Nazionale di Nizza. Buone nuove: Lauro Rossi ha scritto la musica d’un’opera: La Contessa di Mons; il libretto di Marco d’Arienzo è tolto dalla Patria di Sardou. Sappiamo che l’egregio maestro Cagnoni ha acquistato la proprietà da Antonio Ghislanzoni di un libretto Francesca da Rimini, di cui ha già incominciato a scrivere la musica Quest’opera dovrà servire probabilmente all’inaugurazione del nuovo teatro di Vigevano. CORRISPONDENZE TORINO, 29 agosto. Le Nozze di Michslina del maestro Mariuno di Montaubry — Notizie. Oh le magre Nozze, oh i mali augurati sponsali del libretto del signor professore Savon colla musica del maestro Mariani Montaubry! E sì che non sono mancati paraninfi i quali, ricorrendo alla stampa dapprima e poi alle raccomandazioni officiose, avevano magnificate siffattamente queste Nozze di Michelina da presentarle come una meraviglia di bellezze e di spirito. Per fortuna lo stesso autore dirigeva l’orchestra, per malattia del maestro della Ferrera, se no eravamo a guai nella stessa prima ed ultima rappresentazione, specialmente a causa del tenore, certo Bridi, il quale, per lo suo meglio, ha fatto dire ch’era indisposto. L’argomento è una scipitissima farsa diluita in quattro lunghi atti: la musica, non ne avendo forse abbastanza, si diverte a ripetere quasi sempre i versi perfino nei recitativi, onde, malgrado i tagli praticati alla cosi detta prova generale, lo spettacolo ha la durata di cinque ore. Lo stile di questo lavoro è quasi costantemente intento a far cantare l’orchestra e far fare da pertichino gli artisti: sicché per quanto graziosi sieno i motivi istrumentali, e ve n’ha qualcuno nello spartito del signor Mariani, il peso e la noia recata dal continuo recitativo trascinano immancabilmente al cattivo umore: quando poi i cantanti hanno melodia, in generale è roba alla Offenbach e rivelano il fare francese ai meno pratici di cose musicali. I pezzi migliori sono: il preludio, molto ben fatto, sebbene troppo serio per quella buffonata d’argomento; l’ultima parte del lungo duetto fra baritono e basso, Graziosi e Fiorini, che ha procurato due chiamate, o meglio due ovazioni al maestro; la canzone del postiglione, detta male dal tenore, ma non di meno apprezzata abbastanza dal pubblico per plaudire all’autore; la frase finale del pezzo concertato dell’atto secondo, per la quale prorompendosi in un grandioso unisono, gli uditori si divertono al fine e ne ringraziano caldamente il maestro, che n’è causa; l’adagio della cavatina del soprano, signora Paoletti, l’aria del tenore coi cori, che ha delle novità istrumentali e vocali; qualche frase nel finale dell’atto terzo e le prime misure del valzer ultimo. Aggiungete però al bilancio passivo più sopra esposto una calata di sipario fuori di tempo; un tenore impossibile, i cori che non sapevano la parte e non la sapevano perchè non l’avevano potuta imparare, causa le strane difficoltà e la scapigliata tessitura; l’ultimo atto cantato quasi solo dall’orchestra e dal suggeritore e potrete figurarvi che razza di divertimento abbiamo avuto. Vi basti sapere che nel terzo atto la gente si era fatta rara ed al quarto il teatro era vuoto: alla seconda sera ha fatto sciopero.... l’impresa per mancanza di fondi ed il povero maestro, Velâzquez voleva gettarsi fra le sue braccia, ma lo rattenne la presenza di Rubens. — Mia figlia muore! gridò l’ambasciatore. Oh, figlia mia! aggiunse stringendo fortemente le mani di Velâzquez; rendiamole meno amara l’agonia prolungando il tuo pietoso inganno. — Diego! ripetè Anna con voce più debole. — Sorella! esclamò questi con uno sforzo che straziava il suo cuor generoso; sorella mia!.. Guarda qui il padre nostro! XV. ANGELO E MARTIRE. È una bella mattina di settembre. La casetta che Anna abitava in Anversa, prima della sua partenza per la Spagna con Velâzquez, appare silenziosa e solitaria come nell’epoca in cui la fanciulla viveva in compagnia dalla vecchia padrona Taddea. Tuttavia, ora, oltre le due donne che la occupavano in quel tempo, era abitata da tre altre persone. Nulla era mutato nell’appartamento di Anna di quello che v’era due anni prima e da quando la fanciulla vi dormiva i sonni della sua infanzia. Esso era adorno degli stessi ricchissimi fregi d’avorio colle sedie di velluto. Sulle finestre c’erano le medesime grandi cortine di damasco bianco; e l’identico crocifìsso era pure appiccicato in capo al letto. Ma in quel letto era stesa Anna, più bianca dell’alabastro. Sopra un bacile d’argento massiccio, posto su un tavolo nel centro della camera, vedevansi bottiglie e medicine. La giovane dorme. I suoi angelici lineamenti, avariati da tanti giorni di malore e d’angoscia, portano di già impressi i segnali della morte. Un’ampia veste di seta bianca circonda le scarne membra di quel corpo. I piedi, piccioli e bianchi come la cera, sono nudi e mezzo velati dalle pieghe della veste. Le piccole ed eburnee mani, quasi trasparenti, le stanno incrociate sul petto. E rimasta addormentata, fissando gli sguardi sovra un’imagine di Maria, che s’innalza in cima ad un inginocchiatoio ai piedi del letto. Un raggio di luce batte sulla bella e dolce fìsonomia della Madre di Dio, la quale sembra guardare e sorridere alla dormiente. In piedi e accanto al letto tre uomini contemplano il sonno di Anna con angustia indescrivibile. Il primo è un uomo d’imponente aspetto; il bianco che colora la sua folta capigliatura, è troppo lucente per non giudicarlo prematuro; una ruga profonda di dolore gli solca la fronte. È Rubens. Al suo fianco c’è un giovane pallido e magro; i suoi grandi occhi neri attestano molti giorni di patimenti. È,Velâzquez. A lui vicino sta Giovanni, il mulatto, riccamente abbigliato e con vesti all’intutto uguali a quelle dell’amato suo padrone. L’umiltà e la compunzione, che in altro tempo riflettevansi dalle fattezze del povero schiavo, sono scomparse. Ora è libero ed artista; ma amico fedele di Velâzquez non ha voluto abbandonarlo. Ha dietro di sè un cavalletto, sul quale è già dipinta ammirabilmente la povera Anna, addormentata, sul suo letto, di quel sonno che precede l’agonia. {Continua) [p. 291 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 293 dopo tante fatiche, tante spese, tante sollecitudini, è rimasto con un pugno di mosche. Niente di nuovo per il Regio: le ciarle continuano, si avvicendano, si mutano dall’oggi al domani, ma le sono sempre ciarle: io, che non sono pettegolo, non amo ripeterle: attendo i fatti e i fatti non si possono far aspettare, essendoché dopo domani è l’ultimo del mese, è il giorno in cui l’impresa deve aver presentata la torma degli artisti di canto e di ballo e la scelta degli spettacoli principali. Lo spettacolo autunnale del Vittorio, impresa Marchelli, verrà inaugurato il primo del prossimo ottobre. Sabato va in scena la Linda all’Alfieri. NAPOLI, 28 agosto. II.doppio spettacolo del Politeama — Il Barbiere di Siviglia al Mercadante — Nomine. Grossi manifesti alle cantonate lo scorso venerdì annunciavano un grande spettacolo al Politeama, opera e ballo, una rappresentazione di giorno e un’altra di sera, la Norma, la Jone e il ballo Imelda di giorno e sera. Molti credettero fosse una |speculazione del Musella, chè i biglietti erano vendibili nel botteghino a S. Carlo, ma io che non aggiusto fede alle dicerie non vo’ affermarvi che in quelle due recite pose lo zampino il famoso don Antonio, che a quest’ora forse sarà tra voi. Una parola dunque su queste esecuzioni. A Napoli nei teatri secondarii spesse volte offronsi d’assai sciagurati spettacoli; uno speculatore qualsivoglia, purché abbia buone gambe, proponesi di fare una, due recite, affitta il S. Ferdinando, o qualche altro teatro abbandonato, recluta due o tre soggetti’ che trova passeggiando innanzi al caffè dei fiori, promette loro poche lire, raccoglie una piccola orchestra, quindi va in giro per ismaltire i biglietti e guai al mal capitato che si lascia prendere nella rete. Gliene toccherà sentire d’ogni sorta. Non vplli andare di giorno al Politeama, dagli esecutori della Norma che lessi sul cartellone non aspettandomi gran che, e preferii di essere nel novero degli spettatori serotini; ascesi l’erta falda del colle Echia, e fui al Politeama cinque minuti innanzi che principiasse lo spettacolo annunziato per le nove. Non potei come moltissimi altri entrare nella sala perchè durava ancora la rappresentazione diurna. Aspetta, aspetta, finalmente alle nove e venti minuti manifestasi uno spettacolo di genere nuovo; il pubblico diurno che era nell’interno godevasi ancora la rappresentazione del |ballo, applaudiva freneticamente e gridava bis, mentre il pubblico che aspettava fuori, nel vestibolo, fischiava e con grida imponeva si sospendesse la rappresentazione, le voci di basta frequenti e lunghe elevaronsi al cielo. Alla fine compiuto che fu il ballo cominciò il secondo atto dello spettacolo, poiché senza porre tempo in mezzo, la gente affollata gettossi d’assalto nel Politeama, prima di dare agio che dal teatro fossero usciti quelli della rappresentazione diurna. Come Dio volle ciascuno sedette a posto suo e la Jone principiò, ma gli animi non erano calmi, e il pubblico si divise in guelfi e in ghibellini, chi era in vena applaudiva ad ogni costo; gli altri, turbati forse ancora avrebbero fischiato anche la Malibran, Rubini e Lablache se si fossero parati loro dinanzi. Quella però che valse a scongiurare sempre la tempesta e a rimettere •la calma ogni qual volta cantasse, fu la signora Attanasio Teresa (Jone), dotata d’una bella voce, cantante di grazia, buona esecutrice, valorosa come artista drammatica, godè nella serata la piena simpatia dell’uditorio, simpatia ben dovuta al suo ingegno. Acuto che non è facile ad accontentarsi, nè largo lodatore, è lieto affermare che su migliori scene e con migliori compagni l’Attanasio sarà sempre trovata un’artista eccellente. Con l’Attanasio cantarono il tenore Castelli, il baritono Cetroni e la Baccigaluppi. Non ha voce cattiva il baritono, nè poca, ma non sa usarla, e grida quasi sempre; mezzi ribelli ha il tenore e Nidia forse pel baccano che tratto tratto faceva il pubblico, usci spesso di careggiata: fu anzi il disturbo onde la fu presa vedendosi fatta segno alle riprovazioni, che diede luogo ad un altro incidente. Alla fine dell’ultimo atto la Baccigaluppi, nell’andare nella dietroscena correndo cadde, ed il pubblico chiamolla fuori", naturalmente non usci; allora un uragano di fischi accompagnò invece del lapillo Vesuviano la rovina della Jone e di Pompei, che il Petrella compiacquesi di far seppellire con accompagnamento di barocca musica. Jeri sera avemmo al Mercadante il Barbiere di Siviglia", applausi ce ne furono; ciò vuol dire che il pubblico fu contento, e una volta contento lui, contenti tutti gli esecutori. Ma di questi, salvo la Repetto-Suardi, e il Montanaro, nessuno contentò davvero, e se applausi vi furono vuol dire che’ gli uditori stavano di buon umore. Innanzi tutto mi permetterete una buona digressione; la sala era stivata di spettatori e dovettero rimandarsi moltissime persone a casa insoddisfatte; e credo che il Barbiere, comunque non eseguito a perfezione, chiamerà assai gente. Aveva seduto a me d’accanto un uomo sui cinquanta, il quale sapeva a memoria tutte le parole del libro, e sembrava ebbro dalla gioia ad ogni concetto che palesa il genio superiore del Pesarese, che in ogni tratto di questo sublime capolavoro sembra dirvi: Deus, ecce Deus. Volli premettere questo per mostrarvi che i musicisti dovrebbero far tratto tratto qualche statistica, tanto più che qualche effimero trionfo può farli fuorviare. Un’opera vecchia si, ma fatta coll’effusione della fantasia e del cuore, il pubblico corre a risentire, ma talvolta sembra disdegnoso dei suoi applausi nella riproduzione d’un’-opera che lo solleticò al plauso per un momento, e che non ne valeva alcuno. E avvalora il mio dire la cattiva prova fatta dalla riproduzione delle Educande di Sorrento, che se il pubblico trasse in buon numero dopo, fu perchè il valore segnalato dalla Repetto-Suardi chiama gente a teatro. Mentre per lo contrario le opere in cui è sparsa tanta vena di bello, come il Don Pasquale, Y Elisir, la Cenerentola e innanzi tutto il Barbiere di Siviglia, anche malamente eseguite, chiameranno pubblico. Il vivere vita lieta un giorno solo, ecco il più gran successo di quelle opere, comiche segnatamente, che ti lasciano il cuore vuoto e l’emicrania nel capo. Ed ora poche parole sull’esecuzione del Barbiere al Fondo. Il Marchisio, nella parte di D. Bartolo, mostra brio, buon umore, ma spesso trasmoda; credo che faccia meglio a cantare l’aria del Rossini: A un dottor della mia sorte, invece di intercalarne un’altra d’un oscuro compositore fiorentino. Il Correggioli fece della parte di Don Basilio un tipo grottesco, una vera caricatura. Se un po’ di brio bastasse a Figaro loderei il Brignole, ma ei vanno tante altre cose che mancano a questo artista cui non è già il buon volere che faccia difetto. Il Montanaro cantò benissimo, come sempre, ma non parvemi volesse dar tutto quel risalto comico, quelle gradazioni tanto necessarie alla parte di Almaviva, e andò innanzi con la spensieratezza scenica d’un cantante d’altri tempi. Metto per ultima la Repetto perchè questa valorosa cantante è stata il vero sostegno dell’impresa Trisolini. Non mi starò pertanto dal dirle che non è sotto le vesti di Rosina che desidero udirla ed ammirarla. La parte assolutamente non le sta, e l’aver fatto trasportare tutti i pezzi che potè, chiaramente l’addimostra. Del resto colori bene assai i suoi canti, come quella che ne conosce le più recondite squisitezze, e in ispecial modo egregia addimostrossi nel duetto col tenore, in quello col baritono e ancora più nella sua aria. Qualche giornale di qui muove appunti a questa brava artista perchè permettes! tratto tratto variare. Questo vezzo del fiorire il canto che ha la Repetto notai ancora io altra volta, e ve ne ricorderete, ma non gliene feci, nè farò il viso delle armi. Io non sono di coloro che negano al cantante il diritto di aggiungere la propria ispirazione a quella del compositore le cui idee interpretano; checché faccia l’uomo abbisogna di libertà, nè credo che all’arte possa contribuire alcuna cosa di grande la cooperazione di strumenti passivi che non hanno la coscienza [p. 292 modifica]a 294 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO della loro libertà interiore. Non crederei perciò esser ben fatto sottoscrivere oggi all’esclusiva -teorica propagata dal Gluck in un tempo in che quel grande aveva bisogno di reagire contro l’onnipotenza dei sopranisti, ma richiederei pertanto che il cantante rispetti il concetto del maestro di cui è interprete e non lo modifichi nelle parti accessorie se non per meglio assimilarsene lo spirito. Il Consiglio di sopra-intendenza del regio Albergo dei Poveri nominò il Conti, direttore della scuola di musica, e il d’Arienzo primo professore di armonia e composizione. So di buona fonte che il Consiglio predetto intende valersi pure dell’opera di altri due artisti che nel Concorso al posto di direttore generale furono approvati con buoni punti: il Tofano e il Siri, affidando loro l’insegnamento delle classi superiori di bel càuto. ^.CUTO. J f, VENEZI A, 28 agosto. La Linda di Chamounix al teatro Malibran. IH Dopo varie rappresentazioni della Cenerentola, che incontrarono sempre maggiormente il pubblico favore, ed in una delle quali (serata della Marchisio) fu sonata la sinfonia della Semiramide con tanta potenza di effetti e con tanta gradazione di coloriti, da far veramente strabiliare non solo il pubblico, ma le persone più intelligenti dell’arte; ieri sera andò finalmente in scena la Linda di Chamounix col sospirato Cotogni. Venezia disperava quasi di poterlo più udire, perchè si sapeva che prima aveva sofferto alquante febbri, e poscia era stato còlto da una bronchite, della quale non era affatto libero nemmeno ieri sera. Invano i giornali annunziarono varie volte la prima recita, che sempre il fatto venne a smentire i desideri del pubblico; tanto che, disconoscendo l’animo veramente delicato e gentile del Cotogni, s’era sparsa l’assurda voce ch’ei non volesse più cantare a Venezia. Immaginatevi adunque con quante feste, con quante entusiastiche acclamazioni egli fu accolto al suo primo apparire sulla scena. Nessun cantante sa commuovere con una semplice inflessione di voce più del Cotogni, e qui egli, tanto negli adagi del primo atto, Ambo nati in questa valle, e La figlia mia, quell’angelo, quanto nell’adagio del terzo atto, Ah! che il Ciel vi benedica, spiegò con tanta soavità e con tanta espressione drammatica quella sua voce insinuante, che il pubblico ne rimase come affascinato, nè sapeva mai ristare dagli applausi, dalle acclamazioni e dai richiami al proscenio. Non occorre poich’io vi dica come egli seppe interpretare ed eseguire la frase saliente del suo duetto col prefetto: Perchè siam nati poveri, Ci credon senza onori e la famosa imprecazione a Linda quand’ei la ravvisa sotto le ricche spoglie dell’amante del conte di Sirval. Di molte cose il pubblico avrebbe voluto la ripetizione, ma come vi dissi, l’esimio artista non era ancora perfettamente ristabilito in salute, sicché appena appena per gentile condiscendenza, potè replicare l’allegro del duetto col prefetto: Esaltiam la tua potenza. Dopo il Cotogni, i primi onori della sera vanno attribuiti al Maurel, che specialmente nel duetto col Cotogni e nella proposta del finale del primo atto, si rivelò molto più grande artista di quello ch’egli fosse già apparso nel Mosè e nel Ballo in maschera. Egli fece quello che in termine teatrale chiamasi furore, tanto che fu più volte richiamato sulla scena, non solo dopo il primo ed il terzo atto, ma persino dopo il secondo, nel quale non ebbe parte. La Marchisio non ha gran parte nella Linda, sicché si adattò a sostenere la parte poco brillante di Pierotto, più per condiscendenza che per altro. Però esegui la sua parte egregiamente, e fu vivamente applaudita, specialmente nel duetto del secondo atto, dopo del quale fu anche richiamata al proscenio. La Urban si acquistò anche in quest’opera la simpatia del pubblico e si mantenne la riputazione di buona cantante non solo, ma di intelligente attrice, specialmente nel duetto colla Marchisio, e nell’altro col Ciampi, e più volte dovette anch’essa uscire dalle quinte per raccogliere ancora più vivi ed insistenti applausi. Anche il Ciampi raccolse iersera larga messe d’applausi, ma più che in qualunque altro pezzo, piacque nel duetto con Linda nell’atto secondo; egli rimane sempre uno dei migliori buffi che si conoscano. Del tenore (il Sarti) poco vi dirò, perchè sebbene egli abbia una voce non ingrata e canti di buona scuola, non ebbe in quest’opera, forse non adattata a’suoi mezzi, l’opportunità di farsi valere, sicché, quantunque una volta sia stato richiamato al proscenio, non incontrò troppo il pubblico favore. L’orchestra suonò mirabilmente, diretta com’è dal Mariani, e specialmente si distinse nel delicato istromentale dell’ultim’atto, che accompagna la scesa di Linda dal monte. Non datemi adunque dell’ottimista, se io vi dico che questo è uno spettacolo di primo ordine, e tale che farebbe onore a qualsiasi primo teatro delle maggiori città d’Italia. Naturalmente qualche appunto si potrebbe pur fare, come, per esempio, sulla partenza di Linda dalle montagne della Savoia senza nulla che la copra, e col grembialino di mussolina; sull’essersi ancora conservato il personaggio del Prefetto (com’esigevano le vecchie polizie), quand’egli dev’essere invece il curato, come lo indica lo stesso carattere della musica; sull’essersi ommesso il contrasto della musica festiva, che passa sotto le finestre poco prima del delirio di Linda; su qualche punto in cui l’orchestra copri un po’ troppo le voci dei cantanti, come con dispiacere si rilevò nell’esordio del duetto fra il Cotogni e il Maurel: Quella pietà sì provvida; ma questi son piccoli nèi, che spariscono affatto nella grandezza dell’assieme. La Linda si darà ogni sera fino al 2 di settembre, eccettuato venerdì, in cui si ripeterà la Cenerentola in occasione della serata del Ciampi. Dopo avremo per una decina di sere allo stesso teatro la Giacinta Pezzana ed il Monti; vedete adunque che il Malibran è propriamente diventato un teatro di prim’ordine. VICENZA, 26 Agosto 1872. Don Carlo di Verdi al teatro Eretenio. Ho voluto aspettare a scrivervi dopo la seconda rappresentazione del Don Carlo per poter avvalorare in qualche modo col fatto quella che era una mia idea fissa fin dalla prima rappresentazione, cioè che questo capolavoro di Verdi doveva diventare la vera attrattiva della stagione, e l’àncora di salvezza dell’impresario Cardini. In fatti l’esito che l’altro di fu buono ieri fu ottimo, e in molti punti veramente entusiastico. Non mi conviene insistere per rilevare i pregi d’una musica, oramai nota al mondo e tenuta in conto di sublime da per tutto; il mio modesto incarico di corrispondente si ristringe a darvi contezza dell’esito ed a dire due parole dell’esecuzione. Finora i pezzi più applauditi furono; la romanza di Rodrigo, il duetto dell’atto secondo tra Filippo e Rodrigo, quello tra Carlo ed Eboli nell’atto terzo, il terzetto e il gran finale dello stesso atto, il quartetto dell’atto quarto e più di tutti l’aria d’Eboli, e la gran scena, aria e morte di Rodrigo. Entrambi questi pezzi valsero, applausi e grida d’entusiasmo e tre chiamate agli esecutori i quali sono due artisti valentissimi, la Smeroschi e il Rota. Ho dimenticato di dire che la canzone del velo fu fatta ripetere nelle due sere e cosi pure le famose 8 battute d’orchestra; del resto se volessi citare tutti i pezzi applauditi mi ridurrei a fare l’anatomia dello spartito, che se alcuni pezzi stupendi d’insieme non ebbero finora l’effetto che ebbero da per tutto, bisogna accagionarne l’esecuzione che nei finali primo e terzo e in alcuni pezzi concertati lasciò spesso molte lacune dal lato del colorito e della vigoria. [p. 293 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 295 Salvo questa freddezza delle masse, cui forse si riuscirà a sciogliere il torpore in dosso, l’esecuzione fu assolutamente lodevole. Esatti i cori, e non è poco, sicura l’orchestra, bella la messa in scena, ben immaginate e ottimamente eseguite le danze. Quanto agli artisti principali, il Rota (Rodrigo) e la signora Smeroschi (Eboli) ebbero i primi onori del trionfo; il primo è artista dotato d’intelligenza rara e di mezzi vocali robusti e graditi; la Smeroschi, ancora al principio della sua carriera, se ne è assicurata fin d’ora la meta più nobile. Il tenore Barbacini, che alla prima sera era indisposto, nella seconda seppe far valere le doti del suo canto appassionato e farsi applaudire vivamente. Castelmary fu un bravissimo Filippo II, come attore e come cantante; bene anche il Costa nella sua breve parte d’inquisitore, e benissimo il Marconi (Frate) che ha voce robusta, bella ed intonata. Quanto alla parte del Paggio, la signora Vittonati se ne cava con sufficiente fortuna. Ho lasciato per ultima la signora Pascalis, e assolutamente non se lo merita. Sebbene la parte di Elisabetta non le convenga molto, pure ebbe momenti ottimi e meritò più d’una volta applausi immensi, specialmente nelle due arie dell’atto secondo e del quinto. A. S. LIPSIA. Sulle scene del nuovo teatro di città si rappresentarono, dalla fine di giugno in poi, le opere: Roberto il Diavolo, Lucia di Lammermoor Marta, Il Trovatore, Dinorah, Rigoletto, La Sonnambula, Lohengrin, Le allegre comari di Windsor, Gli Ugonotti. OMBURGO. Faust, Don Pasquale, Marta e Trovatore — quattro trionfi della compagnia italiana diretta dal signor Franchi. Di Adelina Patti non occorre dir parola; la critica si stanca per essa in iperboli impotenti; Stagno, la signora Scalchi e Zucchini le stettero degnamente al fianco. — Milano. Sabato della passata settimana ebbe luogo, come fu detto, la distribuzione dei premi agli allievi del Conservatorio. Ecco l’elenco dei premiati: ESAMI DI LICENZA. Composizione. Gran premio: Cerquetelli Giuseppe — Gajone Andrea. Gran Menzione: Battistini Fernando — Longhetti Beniamino. LONDRA, 26 agosto. Canto. Premio Musicale: Malvezzi Ersilia. Poche linee per dirvi che Mario partì ieri l’altro da Liverpool per gli Stati Uniti d’America, dove ha accettato scrittura per cantare assieme colla Lucca ed altri famosi e non famosi artisti. Io auguro di cuore al gran tenore del passato quel successo finanziario ch’egli desidera per soddisfare non tanto la propria ambizione quanto la fame arrabbiata, a quanto si crede, dei suoi creditori. E qui fo punto non per amore ma per forza, essendo in campagna anche la musica, secondo il vezzo della stagione! Una notizia che forse pei vostri lettori non è senza interesse è il che il Mapleson ha già scritturato per l’anno venturo una nuova stella-tenore! Il nome della nuova stella sarà annunziato al pubblico al momento opportuno e non prima. Così vogliono i segreti del successo nelle nostre faccende musicali! LUCCA. In data del 29 ei fu inviato il seguente dispaccio telegrafico:» Vespri Siciliani entusiasmo; ottima esecuzione; Potentini, Vanzan, RossiGalli, Cima applauditissimi. Ripetuto bolero; splendida messa in scena. «GENOVA. Leggiamo nel Movimento: «Una stagione autunnale d’opera si aprirà la sera del 7 prossimo settembre al teatro Andrea Doria. Il manifesto pubblicato dall’impresa annunzia per prima opera il Rigoletto di Verdi, a cui succederanno Roberto Duca di Normandia dei maestri Cordiali e Denina, Manfredi del maestro Casilini ed una quarta da destinarsi. SAN MARINO. Mercoledì 27 agosto fu inaugurato il nuovo teatro Concordia colla nuova opera Adelinda del maestro Mercuri, libretto di A. Ghislanzoni. L’esito fu lietissimo per la musica e per l’esecuzione. Ci furono applausi e chiamate entusiastiche per tutti gli artisti, che sono: le signore Cortesi e Barlani-Dini, il tenore Carpi, il baritono Sterbini e il basso Miller, ovazioni al maestro, e al poeta assente, a cui si preparano grandi onorificenze. Ottimi i cori e l’orchestra; splendide le scene. Pianoforte, Organo e Arpa. Gran Premio: Porta Pierina. Menzione Musicale. Beraldi Emilia. Istromenti ad arco. Gran Premio: Carini Ercole. Istromenti a fiato. GranPremio: Bizzozero Carmelo. Premio Musicale: Rampezzotti Ettore — Gillone Emilio. Menzione Speciali: Guindani Edoardo, (pel contrappunto). ESAMI ANNUALI. Composizione. Gran Premio: Galletti Salvatore — Coronaro Gaetano. Premio Musicale: Martinelli Luigi. Gran Menzione: Maggi Paolo — Podestà Roberto — Lombardo Edoardo — Gussoni Antonio. Canto. Gran Premio: Bignami Selene. Premio Musicale: Bardelli Giovannina. Gran Menzione: Elenio Clelia — Galli Emilia — Pedroni Emilia — Grippa Emma — Colombana Luigia — Gerbi Adelaide. Menzione Musicale: Dotti Emma. Pianoforte, Organo, ed Arpa. Gran Premio: Cavalieri Guglielmina — Gallone Giulietta — Vaicava Luigia. Premio Musicale: Casorati Giuseppe — Moretti Carlotta — Bracciforti Luigi — Barone Giuditta — Mantegazza. Gran Menzione: Rolandi Ernestina — Gatti Rosa — Andreoli Alessandro — Vietti Luigia — De Medici Giulio — Cernovich Marietta — Chiappa Ida — Meiners Riccardo — Lodini Giuseppe — Gilardi Teresa — Trucco Antonietta — Accornero Irene — Humel Evelina — Venturati Maria — Staffieri Giovannina — Grippa Rosa — Marconi Adele. Menzione Musicale: Lodini Luigi. Istrumenti ad arco. Gran Premio: Marcocchia Napoleone — Bianchi Angelo. Premio Musicale: De Angelis Girolamo. Gran Menzione: Zavertal — Ottocar Vicenzo — Tirindelli Pietro — Pinetti Arnaldo — Cadei Cesare — Gervino Giovanni. Menzione Musicale: Marzi Guelfo— Tatti Riccardo — Boccalari Edoardo. Istrumenti a fiato. Premio Musicale: Pozzi Giovanni — Carcano Davide. Gran Menzione: Tamborini Ernesto — Chiappani Carlo — Passera Galdino. Menzione Musicale: Maldura Luigi. Menzione Speciale: Longhetti Zeffirino, per lingua francese — Ausenda Cesare, per letteratura poetica — Legori Tomaso, per pianoforte — Camisasca Emilia, per Storia universale. [p. 294 modifica]’ 296 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO — Un’opera insigne d’arte è lo scettro musicale, che deve essere presentato al maestro Verdi, quale omaggio, da alcuni fra i suoi ammiratori, che per iniziativa dell’egregio signor Poss, apersero a tale uopo una sottoscrizione, quando avvenne la prima rappresentazione dell’Aida. Lo scettro si compone di una colonnetta d’avorio scanalata, a capitello d’argento massiccio dorato, sormontata dalla turrita corona emblematica dell’Italia, pure dJargento dorato, e a sua volta sormontata da una stella a raggi, tutta di oro. Fra la corona e il capitello è un dado smaltato d’azzurro, nei cui lati si legge in oro la data della prima rappresentazione dell’Aida. Intorno alla colonnetta gira un ramo di alloro, con foglie d’oro smaltate in verde, e le cui bacche sono di rubini: il ramo s’intreccia vagamente con un nastro d’argento ad orli d’oro, sul quale sta scritto a lettere maiuscole: A Giuseppe Verdi. La base della colonnetta è semplicissima. Essa è tutta d’oro, con un cerchietto di smalto azzurro, su cui leggesi la parola Aida. Su d’una specie di ghianda d’argento dorato, a finissimi rabeschi, fanno bella mostra gli stemmi smaltati della città di Milano e del comune di Busseto. Il disegno è del comm. Speluzzi ed è veramente squisito, elegante e leggierissimo, un piccolo capolavoro davvero, che aggiunge lustro alla fama dell’egregio autore; l’incisione e il cesello son dovuti alla rara abilità del signor Rocco, che è fra i più distinti artefici italiani. Lo scettro è chiuso in un’elegantissima busta di velluto azzurro, fregiata di un emblema musicale in oro ed argento di disegno pure dello Speluzzi. Nel mezzo del fregio è scolpito il titolo dell’ultima opera del gran maestro: Aida. P IE q HI Y A C A N T! Girgenti. Nel Corpo di Musica del 12.° Reggimento Fanteria sono vacanti tre posti: uno di suonatore di bombardone, uno di bombardino (prima parte) ed uno di clarino (prima parte). Signor Martino R... — Weimar — N. 162. Non sappiamo se esista alcuna rivista di quel nome. Non abbiamo ricevuto il programma di cui parlate; mandatecelo. Signor G. P. G. — Piacenza — N. 329. Se l’articolo occupa un solo numero, altrimenti non ei è possibile vedremo di pubblicarlo, perchè ora più che mai sentiamo la ristrettezza dello spazio. Signor Prob. S... — Caltanisetta — N. 803. Vi sarebbe tosto mandato per posta. — Vi spedisco sotto fascia elenco opere che desiderate. — Spa. Il secondo concerto di Gounod riuscì splendido come il primo. Cagione di piacevole meraviglia in questi concerti è, al dire dei giornali, l’arte con cui il valente compositore accompagna i cantanti. — Marsiglia. Pare che l’abolizione del Conservatorio più che da mire d’economia sia stata consigliata da un puntiglio d’amor proprio. Ecco il fatto: La lista del giurì d’esame per gli ultimi concorsi non andava a genio del Consiglio Municipale, il quale chiese al prefetto una modificazione al regolamento che stabilisse essere la formazione della lista affidata bensì al direttore del Conservatorio, ma soggetta all’approvazione del maire. Il prefetto non credette opportuno di innovare, e il Consiglio Municipale dichiarò nella più prossima seduta l’economia del sussidio accordato al Conservatorio. — Pest. Il Reischsrath ha votato una somma di 2,500 fiorini per essere distribuita a musicisti ungheresi senza fortuna. Il ministro dell’istruzione pubblica d’Ungheria l’ha ripartita fra due compositori, un critico musicale e sette pianisti o violinisti. — Bombay. In un concerto dato per cura del tenore Marras furono eseguiti con immenso successo alcuni frammenti della Messa solenne di Rossini e della Gallia di Gounod. — Wiesbaden. Il famoso impresario Ullmann prepara un giro artistico per la Germania in autunno, con un’eletta di artisti celebri, fra cui Camillo Sivori. La prima parte d’ogni concerto sarà riservata al settimino rinomato di Kummel, la seconda alla parte cantabile, ed ai solisti; la terza alla commedia di conversazione in francese. Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. ’ SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 33: Ventre digiuno non ode nessuno N E C R OU OG1E — Milano. Romolo Colmenghi, artista di canto., — Parigi. J. Tariot, antico professore di solfeggio al Conservatorio, morì il 23 agosto. — Furnes. Pietro Rykeboor, direttore e fondatore della Società dei cori, morì il 4 agosto. — La-Haye. Giorgio Hasselmans, violinista ed arpista di merito, morì a 34 anni. Ne mandarono la spiegazione esatta i signori: maestro Antonio Biscaro, E. Donadon, capitano Cesare Cavallotti, E. Bonamici, luogotenente G. Orrù, Giuseppe Falavigna, Camillo Cora, dott. Camillo Ciccaglia, G. Piccioli, TaliaBianchi Giovini, Adelina Barieri Bergomi, Pietro Bosio, prof. Angelo Vecchio, Vincenzo Picasso, ingegnere Pio Pietra, Ferdinando Ghini, Gaetano Grilli, B. Lopez-y-Royo. Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: Pietro Bosio, Giuseppe Falavigna, Gaetano Grilli e Camillo Ciccaglia. — Filadelfia. Enrico Drayton, artista di canto assai stimato in America, morì a 49 anni il 30 luglio. Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe,, gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.