Gazzetta Musicale di Milano, 1850/N. 3

N. 3 – 27 gennaio 1850

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[p. 11 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO ANNO VIII. - N.° 5 Si pubblica ogni Domenica. 27 GENNAJO 1850 Prezzo annuo d’associazione. La Gazzetta sola eff. sonanti aust. L. 12 per Milano, e L. 14 per fuori. La Gazzetta colla musica " " 20 " " 23 " «Le associazioni alla sola Gazzella si ricevono anche per semestre; quelle alla Gazzella colla musica sono obbligatorie per un anno. L’Associato alla Gazzella colla musica ha diritto di scegliere nello Stabilimento dell’editore Ricordi quei pezzi musicali di sua edizione che gli tornassero a grado, non escluse le più recenti novità, sino alla concorrenza di 20 franchi, prezzo marcato. Le associazioni si ricevono in Milano nello Stabilimento dell’editore-proprietario Gio. Ricordi, contrada degli Omenoni N. 1720, e sotto il portico a fianco dell’I. R. Teatro alla Scala; nella Monarchia e all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli ufficj postali. - I signori Associati fuori di Milano sono pregali a dirigere tanto i gruppi quanto le lettere relative alla Gazzetta all’Ufficio della Gazzella Musicale di Milano. I pagamenti delle associazioni debbono essere anticipati. - Qualsiasi spesa di porto per musica, lettere e gruppi sarà a carico dell’Associato. Sommario. - Album musicale sacro. - 11 Canto nell’eduzione primordiale dei fanciulli. - L’ultimo concerto di Platel. - Biografìa. Giuseppe Magnclli. - Carteggi particolari e Notizie. Nuove pubblicazioni musicali. ALBUM MUSICALE SACRO DEL Dottore Pietro Lichtenthal Di questo Album avrebbe dovuto dar conto il nostro giornale assai prima, ma se noi fece si fu pei tempi, ahi! troppo alle povere arti infausti, nei quali questa bella raccolta vide la luce. Il chiarissimo Autore, e i lettori benevoli

 vorranno pertanto rimetterci in tempo

e perdonarci, se ora soltanto solviamo il debito

 nostro, debito che abbiamo verso del primo
 di non Lasciare senza il meritalo encomio

questa sua fatica, verso i secondi di far loro notare le bellezze che ne fu dato di riconoscere nei diversi e svariati componimenti di cui è ricco. La musica sacra è troppo importante per l’arte; troppo sventuratamente fra noi trascurala

 e da molli de’ nostri compositoruzzi

deturpata, perchè si possa abbastanza lodare chi si sforza di mantenerne il buon gusto, piuttosto che con parole con buoni esempi, resi di pubblica ragione, e tali che si meritino di venire alle mani di tulli gli amatori della bellissim’arte. Importa all’arte perchè il tempio siccome fu culla della medesima, cosi ne è anche rifugio nelle vicende alle arti avverse: e l’attuale generazione ben ne fa prova, che solo all’ombra de’ sacri altari ponno le medesime

 salvarsi quando il mare sociale viene

a farsi tempestoso. Che è ora in falli il teatro? Quale è l’attività della musica nel medesimo? Quali nuove produzioni vi nascono?... Ma ciò non basta. La musica sacra è quella sola che può arrestare, impedire pur anche la decadenza dell’arte: avvegnaché richiedendo

 nel compositore somma perizia in ogni genere
 di scientifiche combinazioni, il gusto della

musica soda non verrà meno ove buone composizioni

 sacre vengano di quando in quando

alla luce. E la raccolta di cui parliamo è appunto tale da valere moltissimo a questo scopo di conservare il buon gusto della musica sacra, perchè ognuno dei dodici pezzi di musica che la compongono è trattato con grandiosa e dotta semplicità, e convenienza di stile, senza punto mancare di quella venustà che sola può temprare

 cosi la severità da renderla ad un tempo e amabile e degna di riverenza, onde se

il nome di Lichtenthal non fosse già stato notissimo

 e chiaro quanto altri mai nella musicale
 gerarchia, avrebbe bastalo tale opera a

farlo onoratissimo. Figurano in quest’Album un Pater noster a quattro voci in istile corale, un Ave verum corpus, un Veni Sancte Spiritus, una Salve ed un’Ave maris stella pure a quattro, tre Ave Maria, due delle quali a quattro ed una a otto in due cori senza accompagnamento, due Salve per voce sola, uno Stabat diviso in più pezzi variali, e due 0 salutaris Hostia, una a due soprani e due contralti, l’altra a due tenori e due bassi. In ognuno di questi componimenti lo stile è largo ed elegante senza tritume, senza spreco di vani artifizii; ma condilo con quella dose di armoniche e contrappuntistiche combinazioni

 che valgono a nobilitare l’idea che vi

domina sempre chiara, semplice e bene appropriata

 alla parola, ogni pezzo vi è trattato

con quella squisitezza di gusto che svela non una fantasia indomita, ma il vero maestro che sa concepire e ben collocare le sue idee. Ci basti per ora questo cenno generale; i particolari li daremo nel prossimo numero nel quale noteremo a parte a parte tutto che ne sembrerà meritare più particolare osservazione. Intanto facciamo nolo che Lichtenthal ebbe già in questi ultimi anni dall’inclita pontificia Accademia di S. Cecilia una medaglia d’argento

 coll’iscrizione: Bene de arte musicae

meritis; in questo mese egli ne ha avuta un’altra dorata, colla medesima inscrizione, dopo di averle inviato il suo Album musicale sacro, stampalo presso il Ricordi. Sentiamo che i pezzi del suddetto Album saranno fra poco eseguili, tanto nella nuova sala dell’anzidetta accademia, che nella di lei chiesa particolare. R. Boucheron. IL CANTO NELL’EDUCAZIONE PRIMORDIALE DEI FANCIULLI (’Continuazione e fine. Vedi N. 2) In capo di tutti gli uomini benemeriti che si sono proposti di dare alla schola della musica

 quel carattere d’universalità che noi le

desideriamo, è d’uopo collocare Enrico Pestalozzi. Quest’uomo celebre e virtuoso si era prefisso, nell’istituto-modello da lui fondato, non tanto di procacciare a’suoi discepoli cognizioni

 estese e positive, quanto di renderli

alti ad acquistarle eglino stessi, in ragione della loro destinazione naturale, e specialmente di provvederli di elementi di felicità, in quello stato qualunque al quale fosse piaciuto al cielo di collocarli. In fatto di musica, Pestalozzi non era molto addentro; il perchè ebbe ricorso a maestri di professione a fine di applicare

 i suoi principii generali all’insegnamento
 di codest’arte.

Egli aveva, sino dal bel principio, esposte le proprie idee nel suo celebrato romanzo popolare

 Leonardo e Geltrude; spiegò da poi

in qual modo si dovessero applicare i suoi teoremi a tutte le ramificazioni dell’educazione; e queste pubblicazioni, mirabili per la loro semplicità, sortirono ottimo effetto, imperocché

 chiamarono intorno all’autore di esse

alcuni uomini le cui cognizioni speciali dovevano somministrargli i soccorsi de’ quali abbisognava

 per la piena riuscita delle sue teorie

filantropiche. Avvisò giustamente il Pestalozzi, che negli elementi delle scienze e delle arti fosse cosa essenziale evitare tutte le complicazioni, e che quel tanto che non si potesse riunire in un lutto omogeneo, per mezzo di qualche legame d’analogia o d’identità, dovesse formare altrettante

 divisioni nell’istruzione. Questa idea

fondamentale condusse quel Pfeiffer, che fondò la scuola di musica nell’istituto di educazione popolare stabilito da Pestalozzi e Yverdun, nel 1804, a separare il corso di musica in tre sezioni principali. La prima, sotto il nome di ritmica, comprendeva

 ciò che è relativo alla divisione del

tempo musicale nella durala dei suoni e del silenzio, con tutte le combinazioni di questa stessa durata. La seconda, che aveva per oggetto

 di determinare i varj gradi d’intonazione

e le loro combinazioni in certe forme di canto, [p. 12 modifica]era chiamata melodica; la terza, della forse impropriamente dinamica, considerava i suoni nei varj lor gradi d’intensità, e nei segni che rappresentano le modificazioni di siffatte intensità. In una quarta divisione, le tre prime si riunivano sotto la denominazione di scienza delle note. Gli allievi erano esercitali sulla concezione simultanea della rappresentazione dei suoni nella loro durata, intonazione e intensità. Qui si trovavano gli esercizj riuniti della lettura e del solfeggio. Una quinta divisione

 finalmente era destinala a esercitar gli

scolari nella riunione delle parole col canto. Nell’anno 1810, gli elementi dei lavoro di Pfeiffer furono raccolti, posti in ordine e pubblicati

 da Negeli di Zurigo, maestro distintissimo
 pe’ suoi talenti e per l’originalità del suo

estro; e da quell’epoca in poi, tulle le nazioni più o meno, la tedesca in ispecie, diedero

 opera continua a tracciare nuovi sistemi,

a correggere i vecchi, a migliorarli lutti, col plausibile scopo di associare il canto all’istruzion primitiva dei giovanetti dell’uno e dell’altro sesso. L’insegnamento della musica nelle scuole della Germania è dunque generalmente adottalo; non si è pensato ancora, egli è vero, a fondere i varj sistemi d’istruzione in un solo, ma non pochi scrittori asseriscono che la pratica dell’arte è in uno stato fiorente in mezzo a tutte le scuole dell’Alemagna. L’immensa quantità di canti religiosi e profani che sono stati composti, da trent’anni in qua, per uso delle scuole della Germania, hanno grandemente

 giovato il successivo progresso del sentimento
 armonico fra quelle popolazioni, le

cui abitudini dolci e tranquille le riuniscono spesse volle a scioglier le loro voci a canti d’insieme, ora gai e festanti, ora patetici e commoventi. Il movimento dato alla pubblica opinione a favore della musica per gli stabilimenti d’ammaestramento

 collettivo fece pur nascere in questi
 ultimi tempi moltissime opere francesi, e

mise in luce parecchi metodi, il più applaudito de’ quali è, per generale consentimento, quello di Wilhem, direttore della scuola di canto nelle scuole di Parigi, maestro di canto alla politecnica, e professore al collegio già dello di Enrico IV. È ormai fuor di dubbio, che le scuole nelle quali fu ammesso il canto hanno reso eminenti servigi alIa perfezione morale delIa società, e preparala forse l’introduzione della musica nell’istruzione primaria del popolo presso tutte quelle nazioni che non sono schiave del pregiudizio

 di muover guerra alle utili novità. In

alcuni nostri istituti di educazione, e negli Asili per l’infanzia, che la pubblica beneficenza ha fondato e fallo prosperare fra noi, gli esercizj del canto sono coltivati con buon successo; e facciam voti, secondo l’intimo nostro

 convincimento, che codesti esercizj si rendano

più generali affinchè maggiori se ne possati raccogliere i beneficii ed i frutti. P. L’ultimo concerto di Platel Benchè sia conosciuta in Italia come in Francia l’alta riputazione di Alessandro Balta esimio suonatore di violoncello; benché tutti abbiano udito narrare le meraviglie di Dernunck e di Servais, pochi artisti, anche fra i più celebrali, si ricordano però ancora di Platel, loro comune maestro. Platel, per unanime

 voce di tutti i suoi allievi, fu il più

gran professore che abbia tenuto fra le sue agili dita il manubrio di un violoncello. Rapportando un aneddoto che si riferisce agli ultimi istanti dell’intemerata sua vita, mi gode l’animo di onorar la memoria di due suonatori distintissimi, uno de’ quali appartiene

 alla nostra nazione.

Platel abitava a Bruxelles in una bettola la cui insegna portava scritto: A Za Lunette. Già da parecchi anni egli era travaglialo da una malattia di languore che sordamente struggevano, ed a cui poco a poco si aggiunsero tutte le infermità della vecchiaja. Questa malattia

 aveva preso improvvisamente un aspetto

sì spaventevole, e progredito con tanta violenza, che i medici disperavano ormai di poter

 prolungare l’esistenza del pover uomo.

Uno de’suoi allievi, Alessandro Batta, erasi recato a Bruxelles per passarvi alcuni giorni, e per riposarsi colà delle sue fatiche, all’ombra degli allori raccolti in abbondanza a Parigi. Riconoscente verso il professore al quale andava debitore di tante e sì felici riuscite, propose a sè stesso di fare una visita a Platel; e seguendo tosto questo primo impulso, invitò un amico, artista esso pure, ad accompagnarlo. Questi accettò la proposta con animo lieto, ed ecco i due compagni in cammino verso la casa dell’esimio suonatore di violoncello. L’abitazione di lui consisteva in una camera

 di mezzana grandezza, le cui pareti nude

ed annerite annunziavano la miseria. Una tavola

 di quercia, alcune seggiole di paglia, rotte

dal lungo uso, e un cattivo letto circondalo da vecchie cortine, traverso le cui fessure passavano

 i raggi di un sole cocente, tale era

il men che modesto albergo di cotesl’uomo di genio sul quale l’Europa intiera aveva spalancati

 per ammirazione i suoi occhi.

Quando i due amici entrarono nella suede-scritta

 stanzuccia, Platel era a letto. Dopo un

giorno di continui patimenti, la fatica aveva prevalso sul male, ed egli erasi addormentato; sulla sua faccia peraltro si pingevano ben chiare

 e pronunziate le traccie dei sofferti dolori.

Una donna seduta al suo capezzale stava in profondo silenzio, e coll’occhio immobile sull’ammalato aspettava pazientemente il momento in cui ne chiedesse l’assistenza, le tenere sollecitudini. Al fruscio de’ passi dei due sopraggiunti, platel si riscosse all’improvviso dal sonno, guardò fiso per qualche istante il suo vecchio allievo senza riconoscerlo, indi ricordatine i lineamenti: — Batta! gridò con trasporto, stringendolo fra le sue braccia: amico generoso e riconoscente, tu non imiti tanti altri tuoi compagni che hanno affatto dimenticalo il vecchio Platel! tu vieni a consolarmi d’una tua visita, tu!... te ne ringrazio di cuore, poiché temevo

 di morire senza potermi accommiatare

da te!... — Mio buon Platel, rispose il giovane suonatore, non potrò mai scordare che son debitore

 a te solo de’miei progressi, del nome

mio. oh, io non so esprimere con vane ed istudiate parole la mia gratitudine, ma la sento tutta nel cuore. — Dimmi, ripigliò il vecchio indicando a

 dito Lousy, chi è questo sconosciuto?

— Si chiama Lousy; è un mio intimo

 amico del quale mi son cattivato l’affezione

nelle sale più distinte di Parigi; egli è artista... — Artista!... in questo caso, signore, siate il ben venuto! - e così dicendo stese la mano a Lousy, che glie la strinse con trasporto. Un artista, continuò l’ammalato, quanto mi fa piacere! suonator disgraziato, e da molto tempo abbandonato da tutto il mondo, io mi richiamo ancora alla mente i miei giorni felici, quando vedo vicino a me uno de’ miei allievi, quando son circondato da uomini di onore e d’ingegno. La conversazione si animò gradatamente, passando sopra varj argomenti. I tre artisti stavano confabulando insieme da un’ora, quando

 platel, fattosi improvvisamente pensoso,

esclamò: — Balta, tu hai coltivato la tua arte, non è egli vero? ebben, io pure ho lavorato alla mia volta; io pure ho composto un pezzo di musica istrumentale, e vi ho già dato gli ultimi

 tocchi. Nessuno il sa, nessuno ne ha penetrato
 il secreto, perocché è in questo luogo,

su questo miserabile letto che Platel ha scritto il suo ultimo concerto. Sollevato allora a stento il capo tremante, trasse di sotto l’origliere uno scartafaccio annerito, mostrandolo a Batta ed a Lousy. — Eccola, ei disse, ecco l’opera alla quale ho consacrato tante veglie; ma nessun altro, fuori di voi due, la udrà prima delIa mia morte! 0h, ve Io giuro! E tostamente, animato da un ardor naturale, si alzò, si fece recare lo scannello e il violoncello, e percorrendone coll’arco le corde, ne trasse suoni deboli si, ma che parlavano all’anima. I due amici non poterono contenere la loro emozione all’aspetto di quell’uomo a cui più non restava oramai che un debol soffio di vita, e i cui lineamenti, malgrado ciò, ad ogni nota animavansi, mentre sotto l’inspirazione de’ suoi melodiosi accordi gli scintillava ancora negli occhi una celestiale espressione. Siffatti suoni potevano, è vero, giungere appena agli orecchi, imperocché era già molto che l’arco, guidato dalla mano affievolita del vecchio, sfiorasse le corde; ma l’ingegno del grande artista suppliva a lutto, e il sentimento da Iui spiegato nel canto finale fece piangere di dolore i due giovani, prevedendo forse che, poche ore dopo, platel non sarebbe più che. un cadavere! Sugli occhi del suonatore spuntò pure una lagrima in quel momento supremo; ma per lui le lacrime, erano indizio di gioja. Strinse con trasporto al suo cuore Batta e Lousy, indi siedendo sul letticello: — Miei buoni amici, egli disse, ho questo trionfo per il più bello della mia vita; ma sarà l’estremo!... Le varie sensazioni alle quali platel eia stato in preda in questa circostanza prostrarono siffattamente

 le forze di lui, che cadde in uno

stato di grande abbattimento; ne consegui una crisi funesta a cui l’artista non potè resistere; l’infelice vi soccombette! All’indomani, quando i due artisti si presentarono

 alla stanza di platel, non trovarono

che lagrime e disperazione. La stanzuccia dell’ammalato aveva tutt’altro aspetto di prima; le finestre erano aperte, e una candela benedelta ardeva vicino al Ietto; il volto di Platel era coperto d’uno strato mortuario; e una donna inginocchiatagli da presso pregava con fervore, asciugandosi ad ogni tratto con mano tremante le lagrime che le scorrevano giù per le pallide gote. platel non era più, e il suo concerto era morto con lui! P. [p. 13 modifica]Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1850.djvu/17 [p. 14 modifica]Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1850.djvu/18