Gazzetta Musicale di Milano, 1843/Suppl. al N. 31

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[p. 133 modifica]Supplemento ni H/. Si vito di Alessandro, posto in musica dal celebre Giorgio Federico Handel. L’una e l’altra di queste composizioni sono riputatissime^ quella però di Marcello, a parere degli intelligenti, esprime con più forza il concetto poetico, sì che gli uditori non ponno fare a meno di non sentirsi rapiti dalla magia di que’ suoni. La maggior parte di queste Cantate sono composte per voce sola coll’accompagnamento del basso; poche con istromenti. Una fra queste è scritta per voce di basso (0, essa comincia con una fuga che serve di sinfonia, alla quale succede un Recitativo stromentato che principia colle parole, Gran tiranno è F amore, quindi viene un’Aria fugata che esprime le parole in modo del quale sembra non potersi trovare il migliore, e con passo da gigante procede fino al fine. Ugualmente nella parte strumentale havvi vera ricchezza, per vastità d’idee, grandezza di forme, qualità di molivi, scelta degli slromenti più efficaci alla significazione del linguaggio poetico, giusta collocazione delle parti, novità di movimenti, varietà di tinte, il lutto accoppiato ad una semplicità, in sommo grauo acconcia ad aumentare l’effetto della parte melodica. Questo è ciò appunto in cui dee riporsi l’accordo tra il cauto e l’orchestra. In tal guisa per lo meno la intese Marcello, e con esso lui tutti gli altri compositori, che camminarono sullo stesso retto sentiero, non trovandosi nelle loro opere aggomitolati movimenti, l’uno dei quali distrugge l’altro, nè sovrabbondanza di accordi, nè suoni troppo raddoppiati, nò accompagnamenti lussureggianti, nè infine alcun eccesso nell’impiego della forza. Oltre alle suddette cantate a solo, ed altre a due, a tre ed a quattro voci, Marcello compose eziandio stupendi Madrigali, Cantate, Oratorj, e nel genere strumentale Suonate e Concerti pregevolissimi. Benedetto, che abbiamo veduto dare alla luce lavori musicali di raro pregio, segnalavasi nel tempo stesso per opere che arricchivano la letteratura, e singolarmente la Poesia, che si può dire nata ad un parto colla musica. Già sopra abbiamo dovuto indicare il suo Trattalo dell’armonia-, dopo quello ricorderemo a questo luogo una lettera che scrisse, e pubblicò nel <1705 sopra un’opera di Duetti, Terzetti, e Madrigali a più voci, composta da Antonio Bortoli. Questo scritto, per le dotte osservazioni che contiene, chiaro palesa quanto addentro ei sentisse in tale materia, fino dai suoi primi anni giovanili. Nè guari andò che scrisse una iacevolissima satira in prosa, intitolata l Teatro alla moda, colla quale sferzò i difetti de’ compositori, dei cantanti, e di ogni classe di persone addette al teatro. Da questo libricciuolo oggi rarissimo, varj poeti hanno preso argomento di commedie, e di opere buffe. Egli inoltre rese di pubblico diritto un’altra satira, a modo di commedia, colla quale si fece a riprendere i difetti di molti scrittori italiani, che malamente usavano la propria lingua, e perciò fu da lui chiamata II Cruscante impazzito. Frutto poi de’ poetici di lui eserè un poema composto in ottava riititolato II Buffone di nuova inven(1) I,’autore del presente Discorso ottenne l’onore di offrire in omaggio a S. M. 1. R. Ferdinando I 1 questa Cantata Marcclliana, ch’ebbe la sorte di rin( venire tra manoscritti antichi, e che fu legalmente ri» conosciuta autografa. Tale prezioso monumento venne» graziosamente accettato, c deposto nella I. R. Biblio3 teca di Corte. zione, lavoro ravvivato dà racconti faceti, ed utili alla istruzione della umana vita. Ma di Marcello il merito maggiore è rispetto all’arte musicale, e qui osserveremo che la fama dello straordinario di lui valore non rimanessi ristretta all’Italia soltanto, ma dovunque venivano ammirate e ricercate le sue composizioni, perlochè la Corte Imperiale di Vienna, col mezzo del proprio Ambasciatore in Venezia, fece sentire a Benedetto il vivo desiderio di ricevere alcuna nuova sua opera. Ben di buon grado egli accondiscese a siffatto per lui onorevolissimo invito, componendo La Serenata, Opera che venne eseguita in Vienna nell’anno 1723, il dì 3 ottobre, ed ottenne felicissimo successo, come si raccoglie dalle lettere di Apostolo Zeno, in allora poeta Cesareo. Finora il nostro eroe, giuuto all’età di 53 anni, non erasi occupato se nonche di musica da Camera, e da Teatro, nè aveva toccato ancora il genere sacro, se non si voglia eccettuare quella Messa che si conta per suo primo saggio, quando una fortunata occasione lo indusse a dedicarvisi. Unito egli co’ legami di stretta amicizia al patrizio Ascanio Giustiniani, allievo del rinomato Lazzarini, professore nell’Università di Padova, venne invitato dall’amico a manifestare il suo parere sopra una parafrasi, anziché traduzione, colla quale avea rivestito di spoglie italiane i primi dieci Salmi di Davide, con metro adatto alla musica, ch’ei medesimo con amore coltivava. Il lavoro del Giustiniani riuscì gradevole a Marcello, il quale intelligente com’era di poesia, ammirandone la eleganza, la forza, la semplicità, non che la opportuna varietà dei metri, determinossi, compreso dalla grandezza del soggetto, ad apporvi la musica. Si può dire, che quasi a volo egli scrivesse i primi cinque salmi, del che non dobbiamo meravigliarci, mentre come assai bene riflette il Fontana nella Vita di Marcello, anteposta ai Salmi nella edizione del Valle, egli non era soltanto scrittore di musica, ma ben anche filosofo, e poeta W. Questi primi Salmi vennero incontanente eseguiti in un’accademia, ch’egli frequentava <2) e furono accolti con un applauso di cui non può darsi il maggiore. Rimase sorpreso il colto uditorio (3) alla novità del genere, alla profondità della scienza, e per lo spirito filosofico, e poetico che gli avea dettati. Un accoglimento sì generale e straordinario servì ai sprone al compimento dell’opera intera dei 50 Salmi, incominciata nel 1721, e finita quattro anni dopo. Infatti quest’Opera intitolata: Estro poetico armonico fu stampata la (1) Lcggansi le Prefazioni dettate da Marcello, ed anteposte a ciascuno degli otto volumi della sua Opera dei Salmi, in cui apparisce una vastissima erudizione. Scorgcsi infatti che in vigore dell’indefesso studio su le opere de’ Greci, c sui varj loro sistemi, seppe interpretare i rari e peregrini avanzi di quelle musiche, c prevalersi eziandio delle antichissime loro cantilene, adattandole alla musica de’ nostri tempi, col sottoporre alle medesime un conveniente fondamento di Basso, atto a reggere la modulazione, ed i movimenti, secondo il moderno costume. (2) Accademia de’Nobili, delta la Cavallerizza, sulle Fondamenta nuova. (2) Non venivano ammessi alla esecuzione di questi Salmi, se non che soggetti distinti, e peritissimi nell’arte, e previo esame, per conto degli esecutori. Marcello ne dirigeva in persona le prove, nè tollerava la benché minima omissione, od aggiunta. Egli insegnava ad interpretarli, c cosi perfetta ne riusciva la esecuzione, che il popolo, al dire del Fontana, rimanevasi per più ore estatico, accalcato sotto le finestre del luogo ove si cantavano, c per le vie di là diramandosi per la vicina piazza. prima volta in otto volumi da Domenico Lovisa, e l’edizione in foglio sì compì nel 1727. Tostochè si diffuse la fama di auesto capolavoro, tutte le principali città ’Italia, e quelle delle straniere nazioni vollero gustarne le peregrine bellezze, ed a Vienna S. M. I. R. l’augusto genitore di Maria Teresa ne ordinò la esecuzione con grande solennità, e v’intervenne in persona colla splendida sua Corte. Attesa 1 ammirazione che per ogni dove, ed in ogni ordine di persone eccitò quest’opera divina, fu Marcello acclamato Principe della Musica, e ben a ragione, poiché fra i sommi pregi che spiccano in questa, è da osservarsi il carattere di canto appropriato a ciascuna delle quattro parti, soprano, contralto, tenore e basso. Siffatto pregio caratteristico, egli è certo che recar debbe somma varietà, e produrre per conseguenza mirabile effetto sull’uditorio’, avvertenza che di presente è trascurata, mentre gli scrittori di oggidì, non paghi di far cantare le quattro parti ad un modo istesso, aggiunger sogliono puranco gli ornamenti, ciò che dapprima era un ufficio riserbato ai cantori 0). Abbiamo veduto finora il nostro Marcello tutto immerso ne’lavori musicali e negli studj letterari, e poetici, ciò nondimeno dee qui ricordarsi una notevole circostanza, che tutta torna a di lui lode, quella cioè che non trascurò giammai i doveri sociali. Egli primieramente con alacrità prestossi a tutti quegli incarichi, dai quali non deve sottrarsi un buon cittadino, che ami veramente la sua patria (*), siccome appunto far soleva il principe della romana eloquenza. Dopo queste cure assunse ben volentieri ancor quelle che aveano per oggetto la gratuita educazione musicale di alcuni giovani, che mostravano favorevole disposizione per l’arte. Tra questi faremo menzióne del prete Gio. Zorzi, buon contrappuntista, invitato a Firenze, poscia a Roma, e finalmente in Portogallo (il servizio di quella Corte Reale. Non taceremo neppure delle due celebri Faustina Bordoni, divenuta poi moglie del famigerato Adolfo Hasse, compositore di musica, e di Rosalba Scalfì, sposala dal nostro Benedetto Marcello, le quali furono da lui stesso instruite nell’arte del canto. Oltre alla utilità, che recava all’arte nel formare ottimi allievi, prestavasi eziandio coll’opera e col consiglio a prò de’ cultori della musica sì nazionali che forestieri, e specialmente de’ compositori che, attirati dalla fama del suo nome, in gran numero a lui accorrevano. Essi soggettavangli i loro lavori per ricevere i suggerimenti di lui, e tutti se ne partivano contenti, sì pei lumi che ne ritraevano che per le dolci maniere del suo conversare, per cui sapeva accomodarsi a ciascuno con somma cortesia. A Benedetto è pur dovuta la felice riuscita di Baldassare Ga(1) I cantori ben instrutti nell’arte armonica si formavano i così delti abbellimenti, adatti alla qualità ed estensione della loro voce, alla maggiore o minore flessibilità della medesima, c consentanei al grado di sentimento di cui era suscettibile l’anima loro. Da ciò ne veniva, clic gli ornamenti applicati da un cantante ad un pezzo musicale erano diversi affatto da quelli, d’un altro, e tuttavia essendo bene collocali c convenienti alla musica cd alla poesia, producevano un ottimo effetto. Oggidì vengono invece •scritti dai maestri, e, ciò che più è da osservarsi, vengono applicati indistintamente a tutte, le voci, acute, medie c basse, c per tal guisa vediamo sostituita là monotonia alla varietà dei modi di canto. (2) Fra gli altri impieghi da lui sostenuti, sappiamo ch’egli fu provveditore a Boia, c Camcrlingo a [p. 134 modifica]luppi, detto il Buranello. Questi, scoraggiato dall’infelice successo della sua prima opera, avea divisato d’abbandonare l’arte, allorquando incontratosi in Marcello ebbe da lui il seguente consiglio.»5 Col55 tivaudo il buon seme che in te pose na» tura, mettiti allo studio di quell’arte che» ignori^ segui la strada che per igno» ranza ti par buja, che coll’ah si vola} v senza, si precipita 5’ (*). Ma siamo ornai giunti con questi rapidi cenni al secondo periodo della di lui vita. Nel primo Marcello avea coltivato tutti i rami della musica, da camera e da teatro, e fu solo per compiacere un amico che scrisse l’opera famosa de’Salmi, tradotti in lingua italiana, ma quindi innanzi 10 vedremo tutto dedicare il raro suo genio, esclusivamente ad oggetti sacri, ed ecclesiastici. Un triste accidente fu la causa che lo mosse a prendere tale determinazione. Recatosi egli il giorno -16 agosto del -1728 alla chiesa de’ SS. Apostoli, giunto verso l’altare maggiore, se gli spezza sotto ai piedi una pietra sepolcrale, e cade entro la fossa. Un brivido di terrore tutto 11 comprese, e fu sì forte l’impressione, che da quell’istante decise di dare un addio alla brillante società, e rivolgersi ad opere pie, consacrando tutti i suoi studj letterari, poetici, e musicali in omaggio della religione. Ciò rilevasi anche dal motto posto in fronte al manoscritto del poema epico che imprese a comporre sul mistero della Redenzione, ed è questo. Eduxit me de lacu miseriae, de luto Jaecis, et immisil in os menni canticum novum carmen Deo nostrjs. Di questo Poema ve n’hanno XX canti, ma noi condusse a termine. Scrisse inoltre un’operetta cui diede il titolo di Corona poetica a Maria Vergine, e che fu data alla luce, come pure l’altra opera: Sonetti a Dio. Estese in prosa Alcuni avvertimenti^ com’egli modestamente gli intitolava, per istruzione del di lui nipote Lorenzo, Alessandro} opera eminentemente filosofico-morale, e le massime ivi dettate, a norma di un gentiluomo, riuscirono di sommo onore a colui che le dava, e di gran profitto a quegli che le xiceveva.essendo egli divenuto una delle glorie del veneto patriziato. Fra le composizioni musicali di questo periodo di tempo, sono da ìammentarsi una Salve Regina, il cantico Renedictus, due Miserere, tre Messe a Cappella, i Treni di Geremia, un Te Deum. e la famosa Messa, da lui medesimo intitolata il Messone (2). Negli accennali lavori da chiesa, gl’intelligenti dell’arte, che gli hanno veduti, poterono osservai’e, che Marcello ne’ suoi studj di contrappunto ebbe a pi-endei-e a modello le composizioni di quel Palesti’ina, che tuttora sono meritamente plagiate, e che seppe inoltre, con saggio avvedimento, adottare le dissonanze aoppie e gli accordi diminuiti, e gli alterati, ch’erano stali, dopo il Palestrina, introdotti dal celebi-e Monteverde, maestro della Cappella Ducale di S. Marco in Venezia l’anno -1613. L’impulso dato da Marcello alla musica da chiesa, anche dopo lui perpetuossi, dac(I ) I11 vigore del consiglio di Marcello, studiò Gaìuppi sotto la guida dei Lotti, divenne celebre, e fu poi nominato maestro della Cappella Ducale di san Marco in Venezia l’anno 1762. j2) Queste opere sacre furono donate dall’autore alla chiesa di S. Sofia di Venezia, che non seppe però conservarle, mentre in processo di tempo, questi insigni lavori caddero in mani straniere, c furono involati all’Italia. che certamente molto hanno influito gli esemplali ch’egli ha lasciatila mantenerla nel suo splendore sino al termine del secolo XVIII. Gli autori che più segnalaronsi furono i tre Francescani Valolli, maestro nella Cappella di S. Antonio a Padova, Martini maestro in S. Francesco a Bologna, e Mattei discepolo, e degno di lui successore. Olli’e a questi Andrea Basily a Loreto, Fioroni a Milano, Bertoni Ferdinando maestro nella Cappella di S. Marco a Venezia, ed altri ragguardevoli autori. I componimenti sacri di B. Marcello sembra che il disponessero ad incontrare l’ultimo suo fine. Infatti, nominato nel 4758 dalla serenissima Repubblica a Camexlingo in Brescia, non appena giunto a quella città, si accolse di un deterioramento nelle sue forze fisiche, a ristaurar le quali nulla valsero i soccorsi dell’arte medica, ond’è che un anno dopo il suo ingresso in Brescia, egli compiè la sua mortale carriera. Ciò avvenne nel dì 2-4 luglio 4759, e nell’anno cinquanlesimoterzo di sua età. La di lui salma fu accompagnata colla magior pompa alla tomba clie dovea rinchiuerla, e d allora sino ad oggi non avvi nessuno, cui sieno care le arti belle, italiano, 0 straniero, che passando per quella città, non si rechi nella chiesa di S. Giuseppe, già de’ PP. Francescani Osservanti, a contemplare il tumulo che rinserra le ceneri di quel genio straordinario, il quale pien di filosofia la mente e il petto innalzò la musica all’apice della perfezione. Per siffatta guisa Venezia, ch’ebbe in Tiziano il suo Apelle, ir» Canova il suo Fidia, conseguì pur anco la gloria di dare 1 natali in Zarlino al Legislatore, ed in Marcello al Principe della Musica. Giannàgostxno Perotti. MUSICA SACRA MESSA FUNEBRE del chiarissimo maestro Perotti. Non ha molto vi fu chi, dopo aver percorsa l’Italia per istruzione musicale, e dopo aver visitati gli Archivii delle varie Basiliche, asserì gratuitamente essere l’Italia mancante di occasioni, nelle quali possano i maestri di cappella dar nuove prove della lor scienza. Falsissima asserzione, perchè visti gli arebivii stessi stipatissimi di ogni genere di musica ecclesiastica, dedurre ne doveva giustamente il contrario; ond’è che per timore non il dotto viaggiatore voglia con fina malizia tacciare con ciò d’inerzia, 0 fors’anehe d’incapacità, i nostri viventi ingegni, vuole amor di patria, d’arte e di verità, che si colga ogni occasione a rispondere all’indebita accusa. Per questo faremo onorevole menzione della Messa mortuaria espressamente scritta dal chiarissimo sig. maestro G. A. Perotti, ed eseguitasi ne’ passati giorni ncll’I. R. Basilica di San Marco, in occasione degli annui grandi funerali Soldini. II dotto viaggiatore suddetto conoscerà non essersi ancora perduta in Italia la classica scuola dei Vallotti, dei Martini, c dei Mattei, ed esservi ancora chi veglia alla custodia del sacro musicale Palladio. Nostra intenzione non è di tutto qui analizzare il mentovato lavoro, ma d’indicare soltanto quei pezzi che più ci parvero meritevoli di nota, c que’pregi che formano la base della buona scuola, e clic al nostro scarso ingegno fu dato rinvenire. Accento, interpunzione, ed espressione filosoficamente trattati; canto bello, italiano; modulazione ragionatissima senza abuso di continue transizioni; istromentazionc chiara, brillante, di effetto conveniente alla cosa ed al luogo, c relativa al progresso de’ tempi, quale per esempio nel Requiem, in cui òprincipale elemento uua frase proposta dall’oboe, poi liberamente imitata dai violini, quindi dai bassi, c finalmente alternata con molto effetto dalla massa generale: così nella grandiosa introduzione del Dics irne una toccante disposizione di gravi armonie, diminuite, rafforzate dagli ottoni, la quale con l’acconcia imitazione de’ suoni ti fa presentire l’ansia ed il terrore di quel fatale giorno di sdegno c di vendetta; mentre per lo contrario i toccanti ed affettuosi accompagnamenti della preghiera Preccs meae, e dell’altra Oro supplex ti portano la consolazione nell’anima. Le dissonanze, clic tanto bene servono a dar risalto ai successivi suoni consonanti, sono accoppiate qua c là con fino discernimento, specialmente nelle progressioni. Lo stile n’è vivace, c l’imitazione è trattata con mano franca e perita, emergendo in modo particolare il talento dell’autore nella fuga finale del Dics irne, la quale, se è ammirabile per condotta cd intreccio di parti, Io è assai più per la natura del soggetto, che infinitamente si presta ad esprimere il senso del verso Iluic ergo parco Deus. E siccome una lode qualunque, non accompagnata da qualche riflessione, potrebbe essere tacciata di adulazione, così ci permetteremo d’osservare, che nel verso Tutta mirum ci spiacque udire que’ suoni marziali c di trionfo, essendo, per nostro avviso, da credersi, clic quella tromba maravigliosa (mirum, cc.!), in quel tremendo giorno non pronuncicrà suoni festosi, ma uno squillo alto, solenne, terribile che basterà a penetrare nei più profondi visceri della terra. Ma forse che ciò non isfuggì alla vista neppure del Perotti, che lo avrà diversamente preso a dipingere per evitare il sentiero da molti altri cosi battuto, c massime dall’unico Rossini, clic per il primo, per tal modo lo espresse nel suo meravigliosissimo iti die judicii. Ci /acciaino lecito di notargli anche non quale criminoso plagio, ma siccome inavvertenza, di aver ravvisato nell’ultimo periodo della preghiera a sola voce di soprano, un frammento di frase, che sente del notissimo inno nazionale d’IIaydn. Certo noi non siamo del numero di coloro che gridano di continuo aver oggidì la musica sacra indossate le vesti della profana; anzi crediamo, che se ai nostri giorni vivessero i Palestrina, i Jomelli od altri, vorrebbero essi pure uniformarsi al progresso de’ tempi: ma solo raccomandiamo ai giovani cultori della musica ecclesiastica di modellare le opere loro sopra gli autori rispettabili, clic vivono cd onorano la repubblica musicale, e a diligentemente osservare come Rossini nel suo Slabat abbia dato libero corso al torrente del suo genio creatore, senza punto, per nostro avviso, derogare alle sane regole dell’armonia c del contrapCosì, di questo lavoro del professore Perotti, rendeva conto il sig. maestro Calegari nella Gazzetta Veneta privileg. del 25 luglio 1842.-Quest’anno, si è udita di nuovo, c nella medesima occasione dei Grandi Funerali Soldini (I) ch’cbbci’0 luogo in questi giorni, la Messa Mortuaria del Perotti, ma compita; con l’aggiunta cioè del Sanctus, dell’Agnus Dei, e di tutti quegli altri cantici che vi succedono sino alla fine. Un’analisi particolareggiata di questi nuovi pezzi, non sembra poter avere in oggi molto interesse pel lettore, dacché l’opera è inedita. - Pure sembrano meritare particolare menzione alcuni tratti, nei quali alla parte scientifica venne dal chiarissimo compositore associata con finissimo accorgimento la parte estetica; c sono: la fuga su le parole Hosanna in excelsis. - 11 quartetto a sole voci su le parole Renedictus qui venti. - Lo stretto della fuga che vi succede sul primo soggetto, ma con nuovi arlifizj; cd infine, jtAgnus Dei, alternato dal coro. Questa bella composizione, che venne degnamente interpretata tanto dalle voci, clic dagl’istromcnti, non può a meno di accrescere onore al chiarissimo professore Perotti, già tanto vantaggiosamente conosciuto per le sue Opere teorico-pratiche. Essa è poi una nuova prova, che le spinosità dell’arte figlie degli alti studj, ponno affratellarsi col buon gusto, cd anzi acquistarne splendore. (1) Un pio testatore, il Soldini, ha disposto che ogni anno, per tre giorni, vengano falli grandi funerali nella Cattedrale di S. Marco. [p. 135 modifica]|g|g GRANDE ACCADEMIA Ali RIDOTTO DeU’I. R. Teatro della geala. Se non vi fosse stato Cavallini, Cavallini il potente re del clarinetto, che in due pezzi nuovi (1 ) per noi produsse l’effetto che egli è abituato ad ottenere da’suoi spettatori, vale a dire l’entusiasmo, noi avremmo trovato un po’pretenzioso l’epiteto grande attaccato all’accademia che abbiamo più sopra annunziata. Il sig. Rhcin di fatti e madamigella Ducrcst possono benissimo suonare e cantare dei pezzi con una sufficiente abilità, ma non sono certo artisti eccezionali, j Detto questo, noi torniamo a ripetere di aver dovuto a Cavallini le più grandi impressioni musicali della sera, giacché, sia nella sua fantasia sopra motivi della Soimamba/a. sia nel suo canto Greco, egli sviluppò tutte quelle doli eminenti, che costituiscono di lui, nella sua specialità, un artista senza confronti. Noi non ci diffonderemo ne in elogi, né in analisi; i primi possono essere ommessi quando si cita un nome come quello del Cavallini, e le seconde sono d’assoluta esclusività degli artisti e dei dilettanti. Ci basterà quindi il dire coll’esattezza d’un freddo storico, che gli applausi scoppiarono fragorosi innanzi al portentoso’ piover delle note, che uscivano precipitose da questo singolare istromcnto, che è per tutti un clarinetto, ma che diventa un’orchestra frallc mani del Cavallini. I suoni s’intrecciano, s’accumulano, s’incalzano conservandosi sempre puri c d’una esattezza mirabile; le note più ardite e più gravi escono unite assieme in una misteriosa colleganza di cui invano cercale d’indovinare il maestro artifìcio; l’armonia assume ora delle proporzioni vaste, grandiose, piene di vigore c di robustezza, ora scorre mite, gentile, come la brezza che accarezza dolcemente le foglie, degli alberi; e poi dopo tutto questo, dopo che il talento, il fiato c le mani dell’artista gettarono là delle variazioni d’una fantastica difficoltà, il canto trova pure il suo posto, il canto colle sue melanconie, colla sua patetica espressione, c con tutto il corteggio delle sue inebbrianti melodie. Ed è forse dispiacevole per noi, per noi a cui è chiuso l’arcano regno dell’arte, che il Cavallini nutra un’affezione troppo decisa pel genere difficile, mentre palesa una specie di superbo disdegno pel canto, egli che quando vi si abbandona sa interpretarlo in una maniera sì ammirabile! Oh! se egli amasse di riflettere che alla fine la maggioranza del pubblico é composta da semplici orecchianti, saprebbe pure sacrificare le sue severe c nobili tendenze d’artista al gusto degli spettatori, che non idolatrano alcuna cosa più della melodia tranne la melodia. Nel canto greco, per esempio, i due cantabili che cominciano e chiudono il pezzo eccitarono le più vive emozioni, e l’emozione é certo un sentimento più aggradevole, più toccante di quanto possa esserlo la mcraviglia che si suscita innanzi al turbinar impetuoso dell’arte, turbinamento clic in arte acquista il titolo di variazione. Nè io credo clic un artista perda della sua dignità discendendo in tal modo dalle alte regioni musicali per porsi al livello degli spettatori... l!n grande artista come Cavallini si rivela anche nelle cose più sem, plici, nei momenti in apparenza meno complicati, ed io l davvero sarei imbarazzato crudelmente se mi si" costringesse^ a citare un nome di clarinettista che potesse come il Cavallini dare al canto quella fusione, quel colorilo, quella gradazione di tinte, quel tutto assieme che non si acquista nè collo studio, nè coll’esercizio, nè colla fatica, ma che dipende dalle rare qualità di una intelligenza, d’un sentimento e d’una organizzazione assolutamente speciali, c clic possono trovare mille clic le invidiano, ma nessuno clic possa imitarle. ’ Nei tre pezzi cantati dalla signora Ducrcst, noi abbiamo trovati) piuttosto che dei grandi pregi d’attualità, delle belle reminiscenze d’artista. La signora Ducrcst non sarà certamente schiava di troppo vive illusioni, nè esigerà che la critica trovi in essa una voce fresca, pura, che si slanci con ardimento c con sicurezza, c che, pieghevole ancora, si lasci dominare dall’arte, non costringendo quindi ad alterar tempi, a prolungar cantilene, a dare un’aria posata c intieramente tranquilla ai brillanti vezzi musicali, clic perdono assai del loro effetto se non scoppiettano leggeri, vivaci, graziosi, spontanei, con brio c senza stento. La signora Ducrcst mostrò una voce, abilmente educala, si palesò conoscitrice profonda dei misteri artistici, e ci permise di indovinare che il suo passato sarà stato quello d’una cantante forse di primo ordine, c sicuramente poi d’una rara agilità, c d’un.talento assai osservabile (2). Il signor Rhein è un buon pianista, ma in una città come Milano, ove le prime sommità dell’Europa ci jJS (I) Questi dm pezzi sono pubblicati dal Ricordi. (2) Aggiungiamo per amore di verità critica, slofica, cd in questo caso anche medica, che la signora Vfé&à Ducrcst era ancor fresca d’una malattia che ha influito a neutralizzar certo in gran parte incuoi mezzi. onorarono colla loro presenza e coi loro concerti, dinanzi ad un pubblico clic potea osservare sedute fra lui delle notabilità dilettanti, clic non avrebbero bisogno che d’averne bisogno por aspirare al titolo di grandi artisti, In sua maniera esatta ma fredda, il suo ingegno distinto, ma non superiore, la sua agilità non comune, ma neppure straordinaria, non poteano produrre, nè produssero di fatti una troppo viva sensazione. Gli applausi però non gli mancarono, e se l’entusiasmo non fc’risuonare le sue grida rumorose, ciò dipende, lo ripeto, da cièche l’esigenze pianistiche c milanesi sono assai forti, per cui riesce enormemente difficile il soddisfarvi abbastanza completamento. Bcrmani. LI SIGNORA ZOJA AL TEATRO RE Nella Figlia «lei Reggimento, Opera comica di Donizctti. Essa è una cara e gentil giovanotta, piena di fuoco, di brio, d’intelligenza, clic ha dei gesti graziosi, una piccola e deliziosa aria furfantclla, degli occhi clic scintillano di spirito, una taglia svelta c leggera, il piede agile, il sorriso espressivo e amabilmente malizioso; essa ama l’epigramma, lo scherzo, la follia, il suono dèi tamburo, la canzone guerriera, i mustacchi c le brusche fìsonomic del vecchio soldato; la sua bella guancia s’imporpora al tintinnio dei fucili che s’urtano, il suo sguardo s’anima e brilla quando ode parlare di combattimenti c’di gloria, essa aspira con voluttà il fumo della polvere c l’atmosfera del campo, c vive con gioja a questa vita avventurosa c poetica di ritirate c di battaglie, di conquiste c di sconfitte, di terribili drammi e d’inebbrianti trionfi, a questa vita clic le presenta lo spettacolo della rumorosa ilarità che scoppia da tutte le parti nei bivacchi, mentre da lungi rumoreggia il cannone, che colla sua voce poderosa sembra dimandare il suo quoziente di vittime. Lasciatela, lasciatela co’suoi vecchi compagni, clic l’hanno raccolta misera, abbandonata, che. l’hanno veduta crescere e divenire vezzosa e. leggiadra, clic dimezzarono il loro pane cd accumularono i loro risparmii per alimentare c vestire la povera orfanclla, che riposero in essa il loro amore, il loro orgoglio, tutte le affezioni latenti nei rozzi c nobili loro cuori, affezioni che sgorgarono abbondanti su questa, testolina graziosa e su questo fronte sorridente. Non temete, no! essa è avvezza alle carezze di queste mani incallite, essa non ha paura- di queste voci aspre c dure, essa non teme le maniero brusche, le fronti abbruciate, l’aria risoluta c decisa dei cento suoi padri. La maligna! non sa ella forse quanta tenerezza, quanto amore si nasconda sotto queste fisonomie di bronzo, non sa forse che tutti arrischicrcbbcro volentieri la vita per risparmiarle il più leggero dispiacere, non sa che essa c una regina, ma la più obbedita, la più adorata delle regine, in questo reggimento, clic si schiera dinanzi a lei, c che le presenta le armi mentre essa rispondegravementcal militare saluto avvicinando la mano al suo rosso c fluttuante bcrrctto?Chc vorreste che facesse la vivace giovanotta, chiusa in una sala foderata di seta, in un’atmosfera viziala di artifiziali profumi, o peggio ancora dalle sbiadite armonie del pianoforte, frammezzo ad una società pallida, scolorita, che parla a mezza voce, clic ha paura di ridere, che studia gesti c parole, che non ha nè calore, nè energia, nè il lampo del coraggio, nè il coneitamento dell’ispirazione, nè la foga bollente dcll’entusiasmo? Sì, dunque; voi volete farla morire di noja, finché il suono del tamburo, c le grida dc’suoi antichi compagni verranno a destarla dal suo torpore, richiamandole le gioje, i tumulti, l’attiva poesia dei suoi giovani giorni, ahi! troppo.presto perduti! E quest’essere eccezionale, questa specie di amazzone non è già una creazione fantastica; la signora Zoja si prese l’incarico di realizzarla c ce la offrì piena di verità, di vita, d’evidenza sulle scene de! teatro Re. Era certo difficile indovinare e interpretar meglio di quello che lo ha fallo questa giovanotta, tutto ciò che v’era di piccante, di attraente, c dirci quasi di pittoresco nel carattere c nell’assieme della Figlia del Reggimento. Ed il pubblico tenne conio del talento comico con cui la Zoja sostenne la faticosa sua parte, c non cessò mai dal mostrartene tutte le sere la più completa c più concorde approvazione. Nè la critica sicuramente avrà il capriccio di dissentire dall’opinione degli spettatori; che anzi essa è pronta a riconoscere nell’artista festeggiata delle qualità, che sono assolutamente ai nostri giorni assai rare; ma però essa si permetterà altresì di frammettere qualche osservazione ai molti elogi che è disposta e felice di poterle in coscienza tributare, a L’azione è la parte più eminente del talento arlij stico della Zoja; come attrice questa giovanctta è piena j d’a proposito c di spontaneità, e difficilmente si rinverrebbe in un’antica calpcstatrice di palchi, la siculi rezza di scena, la facilità c la ricchezza non csagc| rata del gesto1, l’espressione spiritosa cd intelligente della fisonomia, l’abilità nella controscena, clic distinguono quest’amabile stella, che compare, pclla prima volta per noi, sull’orizzonte teatrale. L’abbiamo già detto, era difficile intendere ed interpretar meglio una parte, che offriva un terribile scoglio, giacché mente era più facile che cadere nella sguajatezza c nella trivialità, orribili difetti tanto comuni ai nostri | artisti del giorno, c da cui seppe la Zoja interamente preservarsi. Essa è brillante senza caricature, maliziosctta ma senza impertinenza, vivace ma senza esagerazione; e non v’è un solo movimento, un solo gèsto, che non conservi l’impronta della convenienza, della distinzione e dell’eleganza. L’azione della Zoja è assolutamente sotto questo rapporto l’azione d’un’artista che rispetta il pubblico c, più di tutto, sè stessa (I). Ma pure, frammezzo ai molti pregi, che possiamo dire ammirabili, posseduti da quest’artista, ci sembra d’aver osservato che alcune volle la vivacità la spinga a movimenti non troppo riflessivi o che riescono troppo abbondanti, che essa non sappia sottrarsi del tutto a certe irregolarità sceniche luti’a fatto italiane, e che in qualche momento si lasci predominare dall’idea di trovarsi innanzi ad un pubblico, sacrificando così a questo pensiero la verità dell’azione. Questi nei sono assolutamente leggeri, ma la Zoja può, se vuole, farti scomparire del tutto cd avvicinarsi così maggiormente alla perfezione. E per citare un (ìitto in appoggio delle nostre osservazioni, perchè nel duetto col tenore abbandona essa per due volte al cominciar ed alla ripresa della stretta il suo amante, per correre in (ine della scena, e, appoggiandosi sovra un traverso che è di legno perchè è dipinto, ma clic debbo destare l’illusione del terreno, gettare il suo sguardo nelle quinte, quasi avesse timone d’essere sorpresa? Clic questa precauzione, suggerita dalla posizione d una fanciulla che si trova in colloquio col suo innamorato, abbia l’apparenza d’essere opportuna, noi non lo neghiamo, ma perchè non adempirvi in un modo che riesca più vera, e che non imiti la maniera convenzionale c sbiadita adottata in tali sceniche circostanze dagli attori italiani? La Zoja ha molla intelligenza c molto gusto musicale, essa colorisce assai bene la frase, c canta con anima, con espressione, con esattezza. La sua voce, abbastanza voluminosa, possiede delle corde basse, che sono spontanee, sonore, c d’un aggradevole effetto: le corde acute sono sufficientemente limpide c non mancano di forza, ma le medie non oserebbero certo aspirare all’elogio cheho fatto delle loro consorelle. Forse l’applicazione soverchia allo studio del pianoforte, in cui si dice la signora Zoja essere assai eccellente, ne ha impedito lo sviluppo; c forse il tempo rinfrancandole la costituzione renderà completo l’organo di quest’artista; ma comunque la cosa sia, il fatto sta per ora, c noi ci siamo creduli il diritto di accennarlo. Ma però || questa imperfezione d’organizzazione è in certo modo; appena percettibile, giacché la Zoja vela coll’arte il suo difetto, ed adempie completamente alle esigenze musicali impostele dalla sua parte. La Zoja ha molta ricchezza nclPacccnlo; il canto ilare c giojoso risuona graziosamente sulle sue labbra, che si prestano poi a colorire magnificamente il canto del dolore con tinte essenzialmente drammatiche. 11 conciai partir che precede il finale del primo atto è detto assai bene dalla Zoja, che seppe darvi un’espressione piena di tristezza c di mestizia, senza cadere nelle stiracchiature c nelle grosse respirazioni adottate dalle, arlistc, clic credono I di mostrar deli ’anima, illanguidendo le frasi musicali,; e contornandole da un assortimento di certi sospiri, i clic sono le più goffe emissioni di fiato che possano cscire da una gola femminile. La parsimonia e la vera intelligenza, ceco ciò clic tocca, che. commuove, clic produce impressione; testimonio la Zoja. La voce della Zoja manca di agilità, ma viva Dio! questa mancanza è ben compensata dall’agilità delle sue mani! Convien vederla questa cara creatura, quando batte il tamburo, col quale accompagna il ralaplan dei coristi! È una cosa deliziosa udire c vedere il gentil tamburino clic ha sollevato questo cilindro di pelle, di legno, di metallo c di corda alla potenza d’uno stromcnlo. Gli applausi i più vivi c ripetuti non mancano mai (fi ricompensare la bella giovinetta pclla sua imprésa musicale c guerresca, cd il bis sottomette ad una.serale’ c doppia contribuzione le braccia dcll’amabile battitrice, o suonatricc come vi piace. Un altro momento, che eccita sempre l’entusiasmo, è pure quando nel secondo.atto, costretta ad imparare sotto le lezioni della vecchia zia la romanza, la detestabile c nojosa c piucchè nojosa romanza de’ nostri salons, essa lascia traspirare la sua ripugnanza, il suo malumore, sinché il vecchio sergente che non ha voli) Tutto ciò è detto del nostro collaboratore per quel che riguarda la parte sostenuta, da madamigella

Zoja nella Figlia del Reggimento. Siumo desiderosi; di dovere confermare questo favorevole giudizio quando! potremo apprezzare la sua arte in altre opere diverse.

li sarà allora che potremo andar lieti di vedere inappellabilmente assicurala la sua fama di artista (I distinta. [p. 136 modifica]’ilio abbandonarla, le fa risuonare all’orecchio il rati pian, l’inebbriante ralaplan del reggimento. Oh! lutti gli spettatori applaudono allora al fuoco che spira in questo sguardo, alla gioja clic riscintilla in questa fisonomia, all’ebbrezza con cui la fanciulla getta la sbiadita romanza per intuonarc col sergente il vecchio canto delle battaglie, e per abbandonarsi al passo favorito della marcia, a quel passo là, bello, deciso, slanciato, clic conduce superbamente alla gloria od alla tomba! La Zoja ha tratto un magnifico profitto da questa posizione. Riepilogando insonnna noi diremo che l’entusiasmo del pubblico polla Zoja 6 assolutamente giustificato dai pregi che abbondano in questa giovanotta, che promette di divenire un vero giojello pel nostro teatro, giacché essa potrà far rivivere l’opera buffa, clic dolcemente riposa nelle tenebre, nelle nubi, nelle nebbie, in quello che più vi piace, ma certo però nelle ricordanze del passato, insieme ai bei nomi delle.... Non faccio citazioni, perchè non voglio passare per una vecchia parrucca, ma tulli possono, volendolo, supplire al mio dignitoso silenzio. Bcrmani. NOTIZIE MUSICALI DIVERSE JSl IVSiserere tli Donizetti. — Questo fecondo e tanto celebralo maestro che volle, c potè distinguersi in ogni genere di composizioni vocali, producendo altrettanti capolavori, dalla modesta canzone fino all’elevata tragedia, o vivace commedia lirico-musicali, che appo l’incomparabile Rossini fra i viventi scrittori per versatilità e facilità e prestezza occupa il più luminoso posto; come tutti già sanno nella scorsa quaresima immaginò un Miserere, da ognuno nell’intelligente Vienna dichiaralo di un effetto 11011 inferiore a quelli dcll’immorlalc Palcstrina,del Jomclli c delPAllegri, senza élic di questi sommi ci siasi ne’ concetti mostrato imitatore. Già varie città d’oltrcmontcsi affrettarono a far ricerca dello spartito sacro del Donizetti, fra le altre Badcn c Parigi, ove già si stanno facendo grandi apparecchi onde l’esecuzione corrisponda all’imponenza della composizione. Vogliasi eziandio in alcuna fra le capitali d’Italia 11011 tardar troppo a far pubblicamente eseguire questa nuova opera dell’Orfeo del Serio! Convinti dalla profondità di spirito religioso da cui essa è sublimemente improntata, chi sa che alla fine molti nostri maestri, di cappella non possano persuadersi clic i testi divini assolutamente non ammettono note che abbiano a risentirsi di stile teatrale! Le glorie d’iddio ed i patimenti di Cristo vau celebrali con modi clic ritraggano alcun che di sovrumano. Donizetti vi pervenne. La proprietà di questo celebre Miserere per la Francia appartiene alla Franco Musicale, e per l’Italia e la Germania all’editore Gio. Bicordi, per etti sono invitale a rivolgersi al medesimo quelle Imprese e Società filarmoniche che concepissero il bel pensiero di far eseguire questa composizione come già si fece dello Stabat del sommo Bossini. Fi. Fi. — Roma. De-Paolis, maestro dell’Accademia filarmonica di Bologna, ove fu educato e socio onorario di quella di S. Cecilia, con prospero successo esordì nella carriera teatrale al Valle colla Gismonda da Mendrisio, melodramma di Giulio Cesare Agostini, desunto dalla conosciuta tragedia di Silvio Pellico. I librettisti italiani limino cominciato a fare qualche passo per rimettersi sul buon sentiero, ora clic sembrano mostrarsi sellivi a ricorrere a’drammi 0 romanzi ultramontani: poco può tardare a giungere il momento in cui penseranno riacquistarsi la gloria di un tempo eziandio come inventori. - La musica del De-Paolis nella distribuzione delle parti, nella condotta c neiristrumcntazione riscontrossi non priva di mende per la poco felice fusione delle varie frasi, per alcuni periodi ed intrecci confusi c non spontanei c per varie lungaggini; ciò nulla meno assai si può sperare di questo giovane compositore, la sua partitura ridondando di pensieri graziosi ed animati, c qua c là rifulgendo di novità. A coloro che ben promettono di se nella bell’arte non sarà mai abbastanza rarrmiKimlala di min nvrdriT nello strepilo strumentale, di lasciar in 11011 cale la grossa, cassa c di guardarsi dallo’ scrivere in modo che gli esecutori de’ loro concepimenti drammatici siano obbligati a sforzi di voce che presto 0 tardi diventano fatali e son sempre di nocumento ad un giusto c ragionato effetto. — Bologna. Volendosi prestar fede al contenuto di una lettera di Parigi, si avrebbe la grande notizia clic il creatore del Guglielmo Teli, siasi finalmente impegnato a metter in musica il Sardanapalo deU’accademico Ficnnet. Se ciò si verifica il mondo musicale deve ad unanime voce gettar un fortissimo grido d’allegrezza. Nell istessa lettera parlasi vantaggiosamente dello stato di salute del sommo maestro che in settembre abbandonerà Parigi e, mettendosi in dubbio che l’illustre Mcyerbeer abbia composto uh Bequiem, si vorrebbe di nuovo far supporre clic l’istesso Rossini abbia in portafoglio Dies irae di cui altre volte in molti giornali si tenne varj esperti dilettanti di canto e di recide,- Diibler, da poco tempo arrivato da Paoli grande esito un pezzo sulla Saffo, che si volle riudirc. Non mancarono corone di alloro e mazzi di fiori. Questo capriccio del celebre italiano che con Thalberg, Liszlc Chopin divide l’impero del pianoforte,.... a — a«i’( ottenere l’esito di quelli elmo Teli e sul Maometto, brillanti opere di Duhler. 1 ebbe fervide acclamazioni, piccò l’abitua del cavaliere Monlem-gro Marchiò, che colla soavità de’ suoi modi Il duo della Fidans c della signoi rapi tutti gli — Barcellona. La il Proscritto, rini da valente nuovo spartito Guglielmo T c più brillani.“«GSWK! aggradi. — ukesoa. La stagione aperta il giorno -lt luglio nel Lucrezia Borgia di Donizetti. il 12 corrente producevasi del maestro Grassi. Maparte di protagonista. Il dell’opera italiana fu qui ’ modo più brillante colla Nella parte di Gennaro quanto l’eseegliarouo un entusiasmo ■ ’ assecondato dalla intera di quella parto sveg qui raro negli uditori, c l’attore, prima donna, fu chiamato sulla b«u«,.->«.<> <> mcnte a’cantanti; due volte dopo il prologo, due volle dopo il primo atto, c tre volte in fine dell’opera. Questo si chiama un vero fanatismo secondo il termometro di Dresda. Il giorno 12 si cominciarono le prove della Linda di Chamounix. (Gas:, teatr. di Vienna) — Il modello pel monumento di Beethoven, fatto dallo scultore Hahnel a Dresda, è riuscito perfettamente, e così giudicato dal deputato del comitato, professore Kiss da Berlino. Lo scultore Drake, possessore della maschera di Beethoven, presa 6 anni prima della sua morte, la imprestò al sig. Hulincl; sicché il monumento da erigersi nella stale del 1844, avrà una compiuta somiglianza di ritratto, lGazz. mus. di Lipsia) KCOVE PUBBLICAZIONI UBICALI:. R. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG." DI CIOVANKI RICORDI URLI Di RODI MUSICA DEL!U. CAV. 3iSTf.no D01TIZETT1 Oltre i pezzi annunciali nei fogli antecedenti sono pubblicati anche i seguenti: 4-4-913 Preludio, Scena c Preghiera dell’Atto 5.° HavVi un Dio che in sua clemenza, per S.. Fr. 2 2 1491-4 Scena ed Aria, Bella e di sol vestita, per Baritono 1 7 14915 Scena ed Aria, Ogni mio bene in te sperai, per Baritono (cscirà domani) 11 1 7 14916 Scena e Duetto, So per prova il tuo bel core, per S. c Baritono (escirà domani). u 2 5 14977 Sinfonia ridotta per Pile a 4 mani da Carlo Czcrny 6 ADI EU smima rnt sEsnrasas transerite et variée stour Piano y®, Op. 45. N. 2. Si filli l’IfMH Posta in musica sopra poesia di F. Jannetti DEDICATA A S. M. A PRINCIPESSA IMPERIALE discorso. intimo

 a per sp

pittore storico,................ sarc l’estate in Svizzera e l’inverno in Italia, mostrando ben anco la probabilità di polere stabilirsi in Firenze più pensare a dar concerti. arbggio. In una deliziosa serata data nel teatro medesimo diresse una lettera | ove dice di essersi recato a | figlia di Lablache, vedova del 1 si propone di pas- | 44392 Coro, Lieto risuoni 1 Italia, modranrin! 44395 Rec e Quartetto, Nascca leggiadra. gine per S. C. T. c B.... 14894 Coro, Quale al cessar de’ turbini La Cantata c cantico.. Fr. 2 25 benefizio de’poveri a cui presero parte l’esimio macmmmm Tutti i pezzi per Canto i Pianoforte già annunciati nel N. 2 cali anche per Pianoforte solo, 15025 Duetto, Altro da te non chiedo Fr. 2 25 15026 Barcarola, Quando assisa a me d’accanto» — 75 15027 Duetto, Chi sei tu? che vuoi? che chiedi? n 2 75 15028 Duetto, La vita! io la detesto..» 1 75 15029 Aria, In quel volto accolse il ciclo n 2 50 15050 Duetto, Parla, o ciclo....» 2 75 -15051 Duetto, Innocente al fiume in riva n 5 25 15052 Aria, No,... pria chiusi gli occhi miei h 1 75 15055 Duetto, Tradirmi tu?... deh taci. n 2 75 15054 Aria, Ah! marnò qual amati gli angeli n 3 — 15055 Marcia funebre c Ducttino, Qual ora tremenda» 2 28 15036 Aria finale, del, quest’amara lagrima» 1 75 MIA DIGLI ALMI Melodramma Ih tre atti IP&MIM mMIDMUm L’Opera completa per Canto con accomp. di Pfte (Riduzione dell’Autore) Fr. 32 50. Vendesi anche in pezzi staccati. LUSTWANDLER GIOVANNI STRAUSS Op. 140 14841 Per Pianoforte solo... Fr.! 14842 Per Pianoforte a 4 mani.. -14843 Per Violino e Pianoforte.. ■14844 Per Flauto c Pianoforte.. 14845 Per 3 Violini e Basso... 14846 Per Chitarra 14847 Per Flauto 14848 Per Orchestra 14849 Per Pianoforte nello stile facile 2 50 2 50 3 25 1 75 IL TELEGRAFO MUSICALE RACCOLTA PERIODICA DI POT-POURRIS BRILLANTI SOPRA MOTIVI DELLE OPERE TEATRALI PIÙ RBCENTI E PIÙ ACCLAMATE Plauto, Clarinetto od Oboe e Fagotto 14648 Don Pasquale. Pot-pourri. N. 1. Fase. IX. Fr. 4 14649 — — » 2. «X. n 4 14650 — — ’i 3. n XI.» 4 14651 — _ „ 4.» XII.» 4 GIOVAVA! RICORDI EDITOBE-PROPRIE1ABIO. Dall’I. R. Stabilimento arazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVAMI RICORDI Contrada degli Otninon» N. 1720.