<dc:title> Gazzetta Musicale di Milano, 1843 </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Autori vari</dc:creator><dc:date>1843</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._49&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20220110182347</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._49&oldid=-20220110182347
Gazzetta Musicale di Milano, 1843 - N. 49 - 3 dicembre 1843 Autori variGazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu
[p. 205modifica]GAZZETTA MUSICALE
ANNO II. domenica
N. 49. 3 Dicembre 843.
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno sì
danno ai signori Associali dodici pezzi di scelta musica
classica aulica c moderna, destinali a comporre un volume
in l." di centocinquanta pagine circa, il quale in
apposito elegante Frontespizio figurato si intitolerà A aDI
MIL AIVO
La musique, pur îles inflexions vives, accentuées. et,
• pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas•
sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets,
• et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen•
timents propres à l’émouvoir. •./. J. Roussbjv.
Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta c e’dittologia
classica musicale è di cITutt. Ausi. L. 12 per semestre,
ed etlcll. Ausi. L. I l affrancata di porto Gito ai confinidella
Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale.
— I,o spedizione dei pezzi di musica viene fatta
mensilmente o franca di porlo ai diversi corrispondenti
dello Studio Ricordi, nel modo indicalo nel Manifesto.
— Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio
della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Orncnoni
N.° 1720; all’estero pressò i principali negozianti
di musica e presso gli Uffici postali. — I,e lettere, i gruppi,
cc. vorranno essere mandati franchi di porto.
I. Esame dello stato attuale della Musica Drammatica
in Italia. - II. Carteggio. Osservazioni estetiche, pensieri,
ecc. - Ili. Musica Sacra. - IV. I. R. Teatro
ai.la Scala. - V. Notizie Diverse.-VI. Nuova Pubblicazione
Musicale.
ESAOTE
DI LLO STATO ATTUALE
D E L I, A
MUSICA DRAMMATICA II! ITALIA
(Vedi i N. 19, 27 c 48.)
poco a poco il canlare colle
parole diviene l’esercizio più
^^^’Simportante, siccome scopo cui
tN^y^y^tendono tutti gli sludi preliminari
• e qui è dove le cure del
buon maestro debbono rivolgersi a sviluppare
tutte le facoltà del suo alunno. S’ha da
cantare non da emettere soli suoni come
fa uno stroinento. Meditiamo bene che cosa
ciò significhi, e vedremo, dovere questo
studio rivolgersi: i.° alla parola di cui si
deve esprimere il senso e coll’articolazione
e coll’accento. Dunque il maestro deve far
conoscere questo senso, abituare l’allievo
a spiegarlo ed a cercare l’affetto che alla
parole dà vita. E se trattasi di qualche
scena drammatica, deve fargli intendere il
carattere del personaggio, la relazione che
questi ha coi fatti dell’azione, e la situazione
particolare di quella scena. Badi
quindi che la pronuncia riesca chiara e
corretta, e la declamazione animata senza
esagerazione o affettatura (>); 2." Alla musica
la quale deve porsi nel più perfetto
accordo colla poesia: al qual effetto conviene
distinguere ove il canto debba essere
declamato, ove sia ideale o misto, e interpretare
colla scorta del sentimento il giusto
carattere dello stile e degli accenti. Con
egual cura badi il maestro agli abbellimenti
perché riescano convenienti all’espressione,
e lo scolare apprenda a non porre sé stesso
in mostra invece dell’essere che deve rappresentare,
e si avvezzi a riporre sua gioii)
l’er l’ordinario lutto clic riguarda l’interpreta- [
zionc del testo si trascura affatto, o per l’insufficienza j
dei maestri di canto si studia sotto un altro istruttore |
ohe poi non sa di musica. La conseguenza 6 che si. unisce poi assai male l’espressione musicale a quella j
1 della parola. Il maestro di canto non deve essere ad j
I un tempo maestro di grammatica; ma se non cono- j
> scc bene la lingua c non sa accordarla colla musica,
> si separerà necessariamente ciò che deve formare un
} tutto della massima unita.
ria nel commovere più che nel sorprendere.
Dovrebbero basiate questi pochi cenni
a dimostrare quanta debba essere l’erudizione
e dottrina di un buon maestro di
canto, e quale, fra i tanti, meriti la confidenza
di chi vuole apprendere quest’arte.
Tale infatti debb’essere la scuola di canto
onde adattarsi ad ogni tempo, ad ogni stile
purché la mania delle stravaganze non invada,
come già dicemmo, e poeti e maestri
compositori, e pubblico. 1 cantanti non
sono che gli interpreti degli altrui concetti,
e sono spesse volte degni di scusa
se deviano dal retto sentiero, costretti a
cosi fare dalla stravaganza degli autori, e
lusingati da malaccorti applausi.
I primi reclami si volgono dunque sempre
ai poeti ed ai maestri. Ai poeti perché
si facciano a studiare meglio la natura
della poesia melodrammatica, e la pongano
in miglior accordo coll’indole de’ tempi, col
vero scopo del teatro. Egli è vero che l’esito
di un’opera dipende in gran parte dalla
perizia del maestro, potendo una buona
musica salvare un cattivo dramma, ed un
buon dramma cadere per cattiva musica }
ma é vero del pari che a formare un tutto
perfetto è necessaria la perfezion delle parli,
e un cattivo dramma sarà sempre una formidabile
spinta a rovina. La scella dellento
è cosa della massima
nportanza.
Perché ricorrere sempre a romanzi,
o al teatro francese, o a vecchie commedie
poco adattate ai nostri tempi? Non abbiamo
noi costumi da osservare, vizii da
correggere, virtù da emulare? Non è dai
romanzi che Apostolo Zeno e Metastasio,
Alfieri e Maffei, Goldoni e Nota per tacere
di Molière, di Shakspeare, di Corueille, di
Racine, ecc., trassero le loro produzioni
sceniche. Ciò che non ha relazione con noi
non giungerà mai a interessarci fortemente.
Dopo l’argomento viene la disposizione degli
avvenimenti nella quale vuoisi seguire
la ragione, non il capriccio de’ virtuosi,
non le solite convenienze e inconvenienze
teatrali, cui la sola pusillanimità degli autori
concesse di esercitare un tirannico imEero.
Quindi importa il dialogo, e... ma
asti a riguardo dei poeti, ai quali non
spetta a noi di dare consigli o precetti.
Rivolgendosi ai maestri diremo loro:
perchè vi ostinate a credere che il teatro
aborra dalla musica scritta con profondità di
scienza} e voglia solo i frutti acerbi di un’incolta
natura? È vero che questa si compiace
talvolta a creare di quei genii slraordinarii
i quali, datisi a qualche arte o scienza, in
un colpo d’occhio lutti ne ravvisano i più
intimi segreti e son maestri fatti quando
i talenti comuni sono appena ai rudimenti:
ma il credersi, senza forti motivi, così privilegiati
è follia che conduce ad imperdonabile
ignoranza. E aggiungeremo: perchè
preferire di farsi imitatori pedissequi del
tale o tal altro maestro in voga al farvi uno
stile proprio desunto dall’intimo vostro sentire?
E non bastano forse a illuminarvi le
frequentissime cadute dei tanti che pur
seppero fare le solile cavatine, i soliti duetti,
i solili crescendo, le solite cappellette} e
usare abbondantemente e trombe, e tromboni
e tamburone, e banda sul palco con
tutti quegli altri mezzi e sotterfugi in cui
tanto andate fidando?
11 teatro vuole evidenza di espressione,
artifizio coperto coll’apparenza di spontanea
ispirazione, novità di concetto (I), varietà
di forme, e tutto insomma che l’arte
fornisce adoperato con aggiustatezza e squisito
gusto senza ostentazione.
Nè tampoco è da temersi che un frequente
uso delle frazioni d’orchestra sia
per nuocere all’effetto e snervare l’istromentazione.
Tre o quattro voci bastano
d’ordinario all’abile contrappuntista per
riempiere sufficientemente l’armonia, nè è
duopo ristringersi sempre a cosi limitato
numero di parti. Che anzi, se si abbia
cura di variare di continuo le combinazioni, e di ben adattarle alle diverse circostanze
si vedrà quanta vaghezza, e qual
maggiore verità drammatica si potrà ritraine.
Ili tal modo, ci viene asserito, il celebre |! Berlioz ottiene effetti stupendi e non prima j
| sentiti} e senza ricorrere agli stranieri, che;■
i poco o nulla conosciamo se non per fama j! ( e ciò con non lieve nostro danno ) ab- I
hiamo pure fra noi esempi bastevoli a per- (
suaderci. Ce ne fornisce quello stesso Mercadante.
che tante volte abusò stranamente
dell’orchestra soffocando con essa il can- ]
to, e basta ricordare di lui il Giuramento j
ed il Bravoi ma in questi, che pure ebbero
il plauso universale, egli non fu guari I
imitato. Ai tratti dal medesimo sparsi nelle!
opere teatrali in cui si trovano impiegati!
per un tempo considerevole soltanto al- |
cuni pochi istromeuli ne aggiungeremo uno I
(1) So. l’originalità o per lo meno il fare proprio ca- |
ralleiTStico è pregio in ogni arte perché si attrae l’at- i
tenzionc ili ehi vede o ascolta, e perchè anche in ]
mezzo all’illusione sorge sempre un sentimento di am- li
nitrazione verso l’artista che l’opera sua seppe trarre ®
dalla propria ispirazione, ella è poi nel dramma della rr
massima importanza. Clic direste infatti, di colui il Kg
quale per esprimervi le pene di una sua amorosa pas-.
sionc vi recitasse un sonetto di Petrarca? Quale conipassione
vi desterebbe nell’animo? ne [p. 206modifica]il quale sarà men noto perchè appartiene i!
all’ultima grandiosa messa ch’egli scriveva j
prima di lasciare la Cappella di Novara. j
I maestri più celebrati in ogni nazione j
in ogni tempo furono, o sono forse ine- i
sperti nell’arte loro, e solo dal genio na-!
turale collocati in sublime grado? E, per:
non dire degli altri, Donizetti e Mercadante:
tengono forse il primato fra i moderni j
compositori italiani sforniti di scienza? i
Mai no!.
Se pensate solo al numero sterminato!
di opere che il primo compose essendo 1
ancora in fresca età, al favore che esse j
ottennero in Italia e fuori; se alla facile j
melodia, sempre chiara e spontanea, facil- i
niente vi indurrete a crederlo maestro di:
genio. Considerate meglio, e vedrete Puomo
di talento sostenuto da uno studio che la
scienza in seconda natura converse. Vedrete
l’arte attraverso allo stile più imitato
che proprio, attraverso alla trascuratezza
con cui d’ordinario egli scrive, attraverso
alla stessa uniformità che passa nelle sue
opere buffe, o serie che elle siano. E l’arte
di Donizetti consiste nel far parer nuove
cose sentite e risentile, nell’appropriarsi
tutti gli stili e farne un solo, nel rendere
popolare il scientifico, nel piacer sempre
senza innalzarsi alla vera sublimità come
senza cadere nel basso e triviale.
È noto che la più parte degli scrittori
di cose o giudizi musicali, o lodando, o censurando
Mercadante, convenne nell’asserire
che questo egregio scrittore esaurito avendo
la potenza dell’immaginativa tutto ritraesse
dal solo studio. Noi non entreremo a discutere
in tale questione, sebbene ci sembri
alquanto inconsiderata sentenza:, vogliamo
anzi ammetterla per intiero, onde
ritrarne la necessaria conseguenza. Ed è
che se il sapere può produrre le bellezze
di cui son piene le opere di Mercadante
senza il concorso di un fervido immaginare,
il sapere merita certamente maggiore
stima di quanta ne riscuota dalla più parte.
Se lo studio, lunge dall’inaridire l’immaginazione,
la favorisce, e fino ad un
certo punto può farne le veci. si studii
indefessamente come tutti i grandi han
fatto per essere grandi noi pure. Studiamo
i nostri, studiamo gli stranieri, i moderni
c gli antichi, e come l’ape che da ogni
fiore succhia il nettareo liquore, procuriamo
emularne i pregi evitandone i difetti. Ma
più che le opere altrui, delle quali troppo
facilmente si riesce imitatori, si mediti sulla
natura degli affetti e sul modo che ha l’arte
di esprimerli, affinchè ogni dramma, ogni
opera abbia un carattere vero e distinto,
e si scuota il tirannico giogo dell’abitudine,
che ne vorrebbe sempre sulle medesime
orme.
E questo l’unico mezzo di non lasciare
che la nostra musica drammatica decada
da quel grado cui la recarono i sommi che
precedettero e ancora fioriscono’: è il mezzo
di farla progredire pur anche, non essendo
finora esclusa la possibilità di un ulteriore
progresso.
L armonia e la melodia hanno acquistato
tutta l’ampiezza, tutta la pieghevolezza
necessaria all’espressione di ogni af»
l’etto. L’orchestra ha acquistato una mirabile
ricchezza di caratteri, e grazie ai miglioramenti
a poco a poco introdotti nella
costruzione dei diversi istromenti, e ai
buoni-metodi di trattarli, questi si sono
resi capaci di obbedire a tutte le esigenze
di un avveduto compositore. Poco adunque
o nulla rimane ad aggiungere alla ricca
suppellettile di cui ci troviamo abbondantemente
forniti. Ma non sempre il perfezionare
richiede di aggiungere-, ei può consistere
nel fare un uso migliore di quello
che già si ha, nel variare, nel dare forme
più larghe e analoghe, nel liberarsi dalle
non ben ragionate abitudini che spesse
volte inceppano, impiccioliscono il pensiero.
(iSai’à continuato)
M.° il a imondo BoucheuonCAUTELE
IO
OSSERVAZIONI ESTETICHE.
PENSIERI - ECC.
Gentiliss. sig. Estensore
Firenze li.
Mi rimproverate dolcemente nell’ultima grata vostra
la indolenza clic pongo nel trasmettervi articoli per
la Gazzetta Musicale, c mi stimolate a sortire dal
mio dolce riposo! Grazie della buona opinione clic
cosi mostrate nutrire di me e dei meschini mici scritti.
Avranno eglino ragione, però, i lettori del vostro foglio
di esserne grati ad ambedue; a me, se compiacendo
alla vostra esortazione mi pongo a schiccherare
un articolo, a voi, se ne fate a loro regalo in una
delle prossime pubblicazioni? - Permettetemi che ne
dubiti alquanto. Pure, se per empire in qualche modo
una colonna del giornale vi fosse indispensabile l’opera
mia, non intendo rifiutarcela, ed eccomi anzi a compiacervi.
Ma qui mi sorge davanti la solita difficoltà.
- Qual subbictto mi proporrò io a trattare? - Vi confesso
che la risposta a tal quesito è stata per me sempre
di tanta difficoltà, che ad essa principalmente dovete
se di rado, a detta vostra, vi trasmetto mici articoli.
Infatti, ognivollachò, in luogo di occuparmi di critica
attuale, di che spesso mi manca il modo, vorrei slanciarmi
nel campo dell’astratta artistica o scientifica
speculazione, mi avviene che, preso a trattare un subbiclto,
quello di mano in mano che vo scrivendo mi
si vicn tanto allargando sotto la penna, clic vedendo
l’incominciato articolo assumere a poco a poco quelle
terribili gigantesche forme del trattato, c disperando
potere acconciamente dir tutto che vorrei in brevi
parole, getto scoraggiato la penna e lo scritto, passano
le intiere giornate, ed i corrieri fanno intanto regolarmente
le loro corse tra questa c codesta città, senza
però clic abbiano a recarvi un solo periodo, da me vergato;
lo elio in fin d’ogni conto la coscienza mi avvisa non
esser gran danno nò pel vostro foglio nè pei lettori
di esso. - Ma se irremissibilmente questa volta la posta
non deve partire senza qualcuna delle mie ciance,
eccomi fervorosamente all’opra, c siccome questo micro-tosco-musico-cosino
in clic mi trovo non mi presenta
al momento convenientemente subbictto lo be rcviewed,
come direbbe un giornalista inglese, cosi per
criticare pur qualche cosa, andrò a scovare il subbictto
criticabile perfino nei fogli della nostra stessa Gazzetta;
e a tal uopo precisamente dal fondo dell’ultima
colonna del N. 41 dell’annata corrente, dove in
santa pace riposa tranquillo, trascinerò senza pietà
sull’arena della controversia un mcmbrelto del primo
periodo dell’avvertimento, diretto in lettere majuscolc,
carattere filosofia di forte impressione a Ai Signori
Lettori, a - In quel primo periodo si va dicendo che
per la stagione teatrale della decorsa fiera di Cremona
il coreografo Morosini compose un nuovo ballo nel
quale con ottimo divisamente introdusse un coro vocale..
(1) Ora, credereste voi che quelle tre povere parole,
clic qui ho segnale in corsivo, sono stale per
me un vero eculeo, una corda, un incubo, un purgatorio,
un inferno, dallo sventurato momento in che
le lessi, c clic solo a scaricare con uno sfogo criticoespansivo
dell’animo sopra di voi, e (quel che è peggio)
per rimbalzo sovra i poveri innocenti lettori le
(1) L’Estensore della Gazzetta Musicale era assente
da Milano quando si inserì queW’avvertimento, e la
persona da lui provvisoriamente incaricata della redazione
lo diede come articolo comunicalo, declinando
cosi dalla responsabilità di quanto in esso diccvasi.
La Red.
pene clic mi opprimono sono dedicate le. se;
role? - Comincio dunque, la mia diceria.
0 quell’inciso» con ottimo dioisamento u si riferisce
in genere al divisamente d’introdurre dei pezzi
vocali nei balli pantomimici, o, in un senso più ri- f
stretto c speciale, dichiara ottimo il divisumcnlo di
averne introdotto uno nel ballo di cui ò menzione ncll’avycrliiiicnto.
Nel primo caso contiene un giudizio,
che, richiamalo al tribunale della ragione, mi pare
non possa meritar plauso, in quanto che contrario ai
principi elementarmente essenziali alle arti d’imitazione: nel secondo, al contrario, potrebbe forse esser
giusto. Ora quale di queste due significazioni debba
aversi per vera nel caso nostro, non chiaro apparisce
dal contesto dello scritto; mi pare però poter dire
clic là erroneità del senso generale c basata su tali
principi j che escludono quasi assolutamente la possibilità
che il senso ristretto c speciale sia vero. Sia intanto
discorso del significato generale e assoluto.
Quale, è il fine prossimo delle arti belle?-La imitazione
della natura, ond’ò che anche arti d’imitazione
o imitative son delle. Credo mi si concederà ritenere
questo principio generale come ammesso da lutti, senza
che mi deliba dilungare a giustificarlo con ragionamenti,
che potranno occorrer piuttosto per indagare
le leggi particolari ed i modi diversi della imitazione.
Intorno a che sia per ora quello che esser si voglia:
questo osservo soltanto, tutte le arti imitative aver ciò
di comune, clic più o meno completamente e dappresso
rivaleggiano con la natura,-risvegliando nell’animo
dell’uomo, per mezzo della imitazione, sensazioni analoghe
a quelle che vi produce ciò clic nella natura stessa
esiste realmente. Se però per un lato questo vincolo
identico le unisce c pareggia, dall’altro un diverso processo
d’imitazione una dall’altra le distingue, servendosi
ognuna di mezzi imitativi speciali che le son proprj.
E qui prendendole ad una ad una più specialmente
in considerazione, tra tutte primeggia la poesia.
clic ad imitar la natura si serve della parola, con
che lutto descrive, lutto rappresenta. A lei tengon
dietro in grado di presso a poco egual dignità la pittura,
la scultura, la musica, dello quali la prima, ad
mutazione della natura, si serve delle linee e dei colori,
delle forme materiali senza i colori la seconda,
dei suoni la terza, sia clic li tragga dagli stromcnti,
sia che dalle umane voci li ottenga, c, maritandoli alla
poesia, divenga canto. Dei quali mezzi d’imitazione o
isolatamente, o collettivamente, essa si serve, del pari
che la pittura di quelli clic specialmente le spettano,
rinunziando talora all’uso illimitato di tutti i colori per
attenersi alle varie gradazioni ih un’unica tinta o all’impiego
delle sole linee variamente modificate. - Ed
a queste altre due arti d imitazione tengon dietro; ambedue,
però, a qualche distanza, ma per ben diversa
ragione: la prima, l’architettura, perchè più da lungi
la natura imitando nella sua positiva austerità più si
accosta alla gravità delle scienze; la seconda, la mimica,
perchè, mentre scrvcsi in certo modo come stromenlo
d’imitazione dell’essere più nobile della creazione,
dell’uomo stesso, lo priva per servirsene della
qualità caratteristica ed essenziale per cui si sviluppa
la sua perfettibilità c sociabilità, della favella voglio
dire, cui solo incompletamente supplisce per mezzo
di un manchevole linguaggio di gesti (I).
(1) Ben s’intende che parlando cosi della mimica la
considero come arte d’imitazione per sè stessa, e non
come associala alla poesia declamata, di cui è necessario
e nobilissimo accompagnamento. E del gesto scompagnato
dalla parola ch’io parlo, i
di considerare quasi simile al
lizzato: nel che se io erri noi so.
Veduto per caso da taluno il sopiatrascritto articolo,
mi ha fatto le meraviglie per non avere io annoverato
tra le arti belle il ballo o danza propriamente detta. Se
si fosse trattato della declamazione, che io però considero
come una dipendenza delta poesia, non mi avrebbe
ciò sorpreso, ma che vi possa essere chi sul serio annoveri
il ballo tra le arti belle mi recò non lieve meraviglia.
Vorrei mi si dicesse un poco che cosa prende il ballo
ad imitare. No clic desso non è imitazione, ma in certo
modo un prodotto della natura esso stesso; ad ottenere
il quale maggiormente perfetto si preparano c rendon
più atte le membra deH’uomo per mezzo di esercizi insegnati
da un’arte che non ha diritto a sollevarsi oltre
la serie di quelle die son dette ginnastiche, utilissime
alcune, altre comode, altre piacevoli, altre inutili, delle
quali il novero incomincia con l’equitazione, il nuoto, la
scherma, ecc., c finisce coi giuochi di anelli, di palle c
di bacchette dcU’indiano jongleur.
o unicamente v [p. 207modifica])j Oltre però il fine prossimo o immediato della imi|
fazione della natura, hanno le arli imitative; o almeno
C aver dovrebbero, uno scopo ulteriore morale, dal clic
j traggono maggiormente la nobiltà loro. Entrare in
i una disquisizione a ciò relativa sarebbe qui fuor di luogo,
di fronte allo scopo clic nel tracciar queste linee mi
son proposto, e che ben rammento esser soltanto il
dimostrare che la introduzione di pezzi cantali nei
balli pantomimici è, in generale, errato divisamcnlo.
Se ognuna delle arti belle o imitative ha una serie
di mezzi o linguaggio d’imitazione clic le è propria,
è un confondere malamente cose che debbono essere
separale c distinte, il dare a prestanza all’una il linguaggio
che all’altra appartiene. E questa una di quelle
sentenze, la verità delle quali più forse si fa sensibile
al sentimento mediante esempj appropriati, di quello
che le convenga un’argomentativa dimostrazione. - Cosa
di più strano potrebbe, infatti, immaginarsi, che, per
esempio un basso rilievo dal campo del quale, dipinto
accuratamente c con veraci colori dell’aspetto di vaga
campagna, staccassero scultc le bianche marmoree sembianze
dei nostri primi padri? - Cosa diverrebbe fuor
clic un miserando fantoccio la stessa Venere medicea,
se di colori fosse al naturale impiastrata? - E chi, in
fine, potrebbe trattenere le risa in faccia a un poeta,
clic declamando alcuni suoi versi, in cui con tutta la
potenza di una bella poesia fosse descritta la pugna
di due forti guerrieri, giunto a dire come uno dei due
soggiacque ai colpi dell’altro, si ammutolisse ad un
tratto, c, anziché con le parole lo desse ad intendere
agli allenti uditori coi gesti? - Dcnique sii quotivis
simplex dumlaxat cl unum, c’insegnò il Vcnosino, e
contrario tanto all’unità che alla semplicità riuscirebbe
questo balzare nella stessa produzione dal campo di
una in quello di altra delle arli belle, del pari che lo
sarebbe dipingere una bella donna che turpiler alrum
desinai in pisccm. E lo sarebbe perché i mezzi d’imitazione
sono in questi casi di diversa natura, perchè
dipendono da una diversa idea primitiva. E per
rapporto al rispetto con cui debbon guardarsi i confini
che l’una dall’altra le arti belle dividono, che potrebbe
congniamente, a mio credere, ripeterai quello
ebe con intendimento diverso ne insegnava lo stesso
illustre, quando ci ammoniva clic «sani certi dcnique
fincs, Quos ultra cilraqtic ncquil consistere recium h.
Ogni volta che un artista imprende a dilettare
con un lavoro spettante all’arte clic professa, ha luogo
tra lui e gli uditóri o li spettatori in certo tal qua!
modo una convenzione, un concordalo, per cui, rinunziando
è l’uno e gli altri alla generalità dei mezzi
con clic la natura può imitarsi, stipulano esser contenti
che si ristringano ad un genere solo. I colori,
le ombre, le lince promette il pittore; le forme materiali
senza i colori lo scultore, c cosi via discorrendo;
c di ciò solo promettono contentarsi per parte
loro gli spettatori. Per quanto strana possa sembrare
questa idea, non meno però la mi par vera, se considero
che questo concordalo è appunto il fondamento
di tutta la illusione nelle arti. Ora, se quando non
senza un certo sforzo è riuscito allo spettatore o all’uditore
d’illudersi, gli si richiamano alla mente i
mezzi d’imitazione cui si era indotto a rinunziare forzandolo
a riflettere a ciò che ha di manchevole l’arte
di che sta intrattenendosi ( ed ogni arte cónsidcrata
in relazione alle altre è in alcun clic difettiva ), trovasi
rotto in un tratto quel fascino sotto l’influenza
del quale si stava, c, ritornando egli freddo e assoluto
padrone di se, trovasi spoglio e privo di ogni
illusione. Perchè avviene che ci disgustano quelle pitture
in cui gli antichissimi maestri, con una bonarietà
degna in vero dei loro tempi, diffidando di giungere
a far sì che le figure da loro effigiate esprimessero ciò
clic pure avrebber dovuto esprimere, appiccavan loro
alla bocca svolazzanti dipinti cartelli su cui scrivevano
parole convenienti alla situazione rcspeltiva? Appunto
perchè quel meschino artificio ci fa tanto più sentire
quanto in quei dipinti siavi di manchevole; perchè
gettandoci all’improvviso dal campo della Pittura in
quello della Poesia, fa si che restiamo nello sbalordij
mento della disillusione. E cosi è nella mimica, se,
■ dopo esser riusciti a far si clic gli spettatori si con»
tentino che ad esprimere affetti non solo ma perfino
| le idee si usino gesti soltanto, si torna all’improvviso ■
a far uso della parola. Troppo grande è il sacrificio
cui assoggcUaronsi rinunziando alla ricchezza del linguaggio
parlalo per contentarsi di quello dei soli gesti, per richiamarli cosi inconsideratamente a rifletj
torvi sopra! E, come ognun vede, ciò clic dissi della
| nuda parola, può dirsi pure della parola sposata ai; numeri musicali o del canto (1).
Per queste cose, dunque, che meschinamente e
| come la pochezza mia pcrmcttevami andava io sviluppando,
ma che in sostanza sembravanmi vere, credo
dover concludere che il divisamento d’introdurre pezzi
cantati nei balli pantomimici sia deplorabilmente mostruoso,
c come tale da condannarsi, perchè contrario
alla retta ragione ed al principio essenziale clic le arti
di bella imitazione governa.
Resterebbe ora a vedersi se tal divisamento fosse
plausibile in vista delle speciali circostanze in cui il
Morosini lo concepiva. Ma a ciò converrebbe conoscere
l’argomento del suo ballo, che per vero mi è
ignoto del tulio. Pur nonostante riflettendo alla natura
delle ragioni che mi hanno fallo scendere alla
generale sentenza da cui sopra, io non so concepir modo
clic l’innesto potesse essere convenientemente eseguito.
Ma essendoci detto clic il ballo del Morosini era di
genere fantastico, potrebbe credere alcuno che»0"
dovesse procedersi con lanlo rigorismo di critica. E,
cerio, se per fantastico dovesse intendersi qualche
cosa quasi di matto, come pare oggi da taluno s’intenda,
non vi sarebbe modo di replicare. Ma quantunque
anche la pazzia possa essere subbictto d’imitazione
per le arti belle, (c chi negherà il pregio di bella
poesia a quelle stanze in cui ii Ferrarese descriveva il
furore di Orlando, o non sarà commosso alle noie
con clic Pace coloriva i dclirj del padre di Agnese?),,
anche ciò ritenuto, coni’ io diceva, non polrcbbe poi
scendersi a sostenere da senno che le orli stesse debbano
o possano esser malte nel loro esercizio, e fallo
d’agni libito licito in lor legge, disprczzino a capriccio
lo leggi fondamentali su cui riposa 1 edificio dcll’arliNò
cerio.... nò certo credo la finirci sì in fretta,
se volessi dar libero corso a tutte, le ciancc che mi
prenderebbe ii ticchio di fare: ond’6 clic ad evitar si
gran danno interrompo qui iljgià soverchiamente lungo
corso della mia cicalata, che rimetto intieramente al
vostro giudicio, signor Estensore, ecc., ecc.
Abbiatemi intanto sempre pel vostro affezionatissimo
L. F. Casamobata.
(t) Non vorrei le mie parole fosscr prese da taluno
in un senso ben lontano da quello clic intendo esse abbiano,
quasiché volessi sostenere non possano le arti
belle associarsi cd insieme, unite cospirare allo stesso
fine. Nnllajio clic dire contro q_ucsta associazione, clic
scirc. Cosi la pittura e la scultura congniamente si associano
all’architettura per decorarne gli edifici: cosi
alla mimica si unisce la musica, come la si unisce alla
poesia, ^pcr renderla più espressiva c gradita. Se le arti
però lo fa coi mezzi clic le son propri c con’essenziale
indipendenza dall’altra nel loro impiego. Cosi,nel primo
sSSsSiHIBES
che senz’esse sarebbe, redificio^uf’séràono adecorare!
cosi quella musica c compiuta e ni sé perfetta anche
mitazione*chMo, s^nd^VmìòtSpdo divederci1 condanno.
MUSICA SACRA
(Articolo comunicato).
Nelle solenni Esequie pei defunti della Società Filarmonica
di S. Cecilia, celebrate nel tempio di S. Martino
in Venezia", fu riprodotta per desiderio unanime la messa
da Requiem, che il chiarissimo maestro G. A. Pcrotli
faceva eseguire la prima volta nella basilica Patriarcale
di S. Marco nei funerali Soldini. Lo stile di questa
musica è sacro, sacra la forma dell’istrumentazionc,
sacro il carattere che il dotto maestro impresse
in tutte le parti del suo lavoro. L’estetica, c la filosofia
gli rivelarono nell’unità del concetto la.varietà
delle gradazioni di quelle armonie c melodie, che la
feconda sua imaginazione seppe creare, c l’arte lavorò
con splendida copia d’istromcnti.! Flebile lamento geme intorno all’ara dell’espiazione: (; voci fioche pregano pace agli estinti: poi all’improv- <
| viso una terza maggiore muta il pianto in un palpito <
| di g’oja, crescente sino al grido dell’inno, cui segue ‘! la calma; c I’ eterna requie scende a rallegrare d’inefj
fabilè dolcezza l’animo del pio credente, memore in: quell’istante de’suoi cari, clic lo hanno preceduto nel
i sonno della pace.
Il medesimo concetto del Requiem è ripetuto al
post Communio, ed al Libera me Domine, c savio accorgimento
fu questo del signor Perolti, clic volle
conformarsi allo spirito della Chiesa, la quale ivi ripete
la stessa preghiera. Nel Te tlccel htjmnus prendono i
bassi, i tenori rispondono, poi i contraili, ed i soprani; le (piali voci accompagna una istruinenlazione originale,
che non le nasconde, ma le rinforza e le armonizza
in modo varialo c beilo: passando quindi
all’accento della preghiera traduce con pietose note
le parole, cxaudi oralionem meam, c tosto riproducendo
il soggetto diritto, c retrogrado, con modo sempre
più vibrato compie una fuga, in cui sviluppa tutta
la potenza della triade armonica, sotto l’azione della
fantasia creatrice c dell’ingegno calcolatore.
Nella terribile agitazione del Dies ine: nel clamoroso
del Tuba mirum, nell’andante mosso del Mors
slupcbil, nel Rcx trcmcndtc mqjestalis, e in tutti i pezzi
di forza l’espertissimo maestro fe’sentire quanto potente
fosse l’orchestra eli’ei dirigeva, c quanta la sapienza
sua nella difficile arte dell’istrumcntaziono. Nel
versetto Libar scriplus profcrctur rivelò il senso filologico
delle parole, in quo loluin conlinclur proponendo
un soggetto fondato sui tre accordi generatori, nei
quali l’essenza dell’arte è riposta.
Qui è da osservarsi un singolare pregio del maestro, clic seppe tenersi lontano dall’abuso delle reboanti
orchestre, il cui effetto è rintronamento di orecchi.
Egli tradusse le sacre parole con soavi melodie
nel metro dell’inno, c nei modi affettuoso, devoto, solenne,
allegro, c versando intorno alle armonie una
islrumcntazione naturale c facile, ottenne mirabili effetti.
Nel Recordare concertò tre voci accompagnate
dagli Oboe, c dai Clarini, e ne trasse un concento
celeste. Una voce dolente esprimeva la contrizione, della
preghiera Oro supplex, cui accompagnavano due Corni,
rispondenti a quel pianto, a quel dolore. Nel Laergmosa
dies illa è riprodotto il primo motivo clic costituisce
I’ unità della composizione, completata da
una fuga sulle parole Die Jcsu Domine lavoro di profonda
scienza delle armonie.
L’erudito maestro nel Sanctus ripetuto tre. volle
ricordò, essere la sacra liturgia non umano ritrovato,
si bene inspirazione del grande Apostolo, che in Patmos
scrisse quanto avea veduto in un’estasi divina; ricordò,
clic colle forme dell’Ara santa, dei candelabri,
delle corone di fiori, dei cerei accesi dei turiboli,
versanti odorosi incensi (pici gran Profeta ebbe dai
Cicli il tipo fonico del culto esterno, che rivelò poi
alla Chiesa universale. Il quale divino concetto, sdegnoso
dei brevi periodi della cavatina, c della romanza,
recondito come l’arcana lingua della Bibbia, il
valente Pcrotli traducca col terribile c sublime manifestazione
dell’immensurabile potenza degli accordi, j
Queste parole di lode scrive un amico dell’illustre i
maestro Pcrotli, consolalo di trovare in Venezia vivo J
ancora il genio della.Musica Sacra. E ilici dicca il |l
grande Mayr. Nella mia diletta Venezia arde ancora j!
il sacro fuoco; custode di quello vegliava un tempo i|
il mio maestro Bertoni, vegliò Furlaiietlo; ora tro- il
vcrai il maestro Pcrotli, a cui ricordami spesso amico,
ammiratore..46. Rcrnardo Bianchi.
I. R. TEATRO ALLA SCALA
Giovedì sera ebbe fine la stagione autunnale pel
nostro grande teatro; la folla era compatta nella platea,
l’aristocrazia c la bellezza brillavano nei palchi;
persino il loggione presentava il suo inesplicabile aggomitolamcnto
di persone, che sembrano innalzarsi le
une sulle spalle delle altre: era insomma uno di quei
magnifici teatri che rallegrano lavista degli spettatori,
e che fanno sorridere le fronti degli impresari. La pluralità
di questo pubblico rispettabile c numeroso era accorsa
per festeggiare con un ultimo c grandioso trasporlo
d’entusiasmo il talento meraviglioso c l’inarrivabile esecuzione
delle Milanollo, che davano, fatto unico nei fasti
delle nostre accademie, il loro oliavo concerto, ili
inutile dunque il dire clic la parte più eminente dello
spettacolo fu costituita dai pezzi suonati da queste due
celebri fanciulle, c che il resto non fu clic la cornice,
più o meno apprezzabile, del quadro, per continuare
la metafora, formalo dalle note sgorganti sotto
i magici archetti delle microscopiche arlislc.
La nostra Gazzella s’è già varie volte occupala delle j
Milanollo, ed ha cercalo di adoperare a vicenda il ]
suo vocabolario jaculatorio ed artistico nel costatare «la apparizione ed i successi di questi due astri musicali
clic scintillano d’una luce si pura c sì slraordi [p. 208modifica]naria. Era un fallo troppo interessante pell’arlc, perchè
l’analisi e l’elogio, ma un elogio sentito, profondo,
senza riserve, non dovessero scorrere con profusione
per festeggiare due fanciulle che calme, tranquille, modeste,
ignorando quasi l’immensa loro superiorità, venivano
a gettare lo stordimento nella testa degli intelligenti,
la meraviglia in quella di tutti. Ma appunto
perchè questo giornale ha adempito senza parsimonia,
per quanto era possibile, agli obblighi della propria
missione, io, l’umile relatore dell’ultimo concerto, mi
trovo nellimbarazzo o di riprodurre delle idee già
emesse, o di restringermi a narrare con rapide parole
la semplice storia della brillante serata. Ed io mi atterrò
a questo secondo partito.
Lasciando dunque ogni finse d’elogio divenuto oramai
inutile ed impotente parlando «Ielle Milanollo, accennerò
come ciascuno dei sci pezzi clic furono da
esse suonati, venisse coronato da una tale tempesta e
furia di grida e di applausi, che pochi dei passati
trionfi possono essere a questo paragonali, nessuno
dichiarato maggiore, lo non indicherò il numero delle
chiamate, ma costaterò colla stessa compiacenza con
cui fu applaudito dal pubblico, il gentile pensiero di
chi volle dare una splendida testimonianza di animirazione
alle sublimi fanciulle, facendo in modo clic
terminato l’ultimo pezzo il palco scenico si aprisse per
presentare il tempio della gloria, mentre un grazioso
fanciullctto, scendendo dall’alto, ponea sulle gentili leste
delle sue coclancc due eleganti corone. Se quanto
ci si disse ò vero, e noi lo crediamo assai volentieri,
clic sia stata cioè l’impresa del nostro grande teatro,
quella che indovinò ed interpretò con tanta cortesia il
desiderio del pubblico, noi la lodiamo jsenza restrizione,
giacche siamo sempre pronti a metterei inischicm con chi
erede essere cosa nobile l’onorare la difficile ed ahi! troppo
rara associazione del genio, dello studio, della modestia.
Era i tre pezzi nuovi suonati dalle Milanollo citeremo
un duetto per violino composto da due giovani allievi
dei nostro conservatorio, che senza offrire grande
novità nella composizione, ò però scritto con disinvoltura, con gusto, ed ò tale da produrre molto effetto
sul pubblico. La Teresa Milanollo prese congedo
dal pubblico colla fantasia e capriccio di Vieux-temps,
di cui si chiese e si ottenne, come nelle altre sere,
la replica. Questo pezzo sarà sempre, a quanto ci pare,
il pezzo-monstri: clic porterà all’ultima concentrazione
il fanatismo degli uditori. Nulla può dare una
idea più completa, più esalta, più abbagliante del senso
«Iella terribile parola perfezione al pari di questa fantasia
eseguita dalla Milanollo; sono il sentimento, la
delicatezza, l’espressione, l’arte, nella loro manifestazione
più affascinante, nmmalgamatc in un assieme
meraviglioso, clic stabiliscono un’elettrica communicazione
di divine sensazioni fra il pubblico e questo angioletto,
che fa piovere delle note d’una purezza, di
una soavità, piuttosto celesti che umane.
È facile il prevedere che gli altri frammenti componenti
lo spettacolo della sera, doveano ricscirc languidi
e di piceol effetto per un pubblico, che s’apparecchiava
a subire od avea già subite delle sensazioni tanto
eccezionali. Ad ogni modo, per adempire con esattezza
all’ufficio di storici, indicheremo clic il largo
del secondo atto dèli’ opera del maestro Bnjctli ebbe
l’onore della replica, e clic l’aria finale della Lucia
cantala dalia signora De Giuli, valse all’esecutrice
una chiamata. Due nuovi passi a due, l’uno assai
gentile composto dal Blasis per due sue giovani
e brave allieve, la signora Fuoco e la signora Baderna,
e l’altro composto da Mcrantc per sé stesso e per la
Bcaucourl, furono festeggiali da applàusi e chiamate.
Lo due allieve del Blasis mostrarono molta abilità e
molta eleganza, e massime la signora Baderna sfoggiò
dei passi d una difficoltà che avrebbe fatto impallidire
forse più d’una delle grandi illustrazioni della
danza. Questa fanciulla lui, come la signora Fuoco, un
bell’avvenire innanzi a se, e farà mollo onore alla
scuola, diventila ornai celebre, del nostro maestro di
perfezionamento signor Blasis.
E cosi fu chiusa la stagione autunnale del noslro
grande teatro.
NOTIZIE MUSICAL?
— Ro.ua. Il Conte ili Lavagna di Tcodulo Mabellini
che ncH’cstatc scorsa al primo suo apparire a Firenze
ebbe luminoso esito, prodotto ora sulle scene di questo
teatro Argentina fu accollo con entusiasmo, ed il compositore
che qui venne a dirigere le prove ottenne veraci
congratulazioni. In questo spartito il più forte allievo
di Mcrcadanlc fu meglio inspiralo che nel /lolla.
Impone e trasporta la stretta dcU’introduzionc; patetico
si è l’andante ddl’aria della Barbieri; degno di rimarco
per condotta e per concertazione giudicossi l’adagio del
linaloi; -la vaghezza delle cantilene c la venustà dell’intreccio
resero assai gradilo il duetto delle donne. Oltre
gli or citati distinti pezzi uc esistono molti altri che racchiudono
de- brani commendcvoli e che meglio potrebbero
apprezzarsi se in certo qual modo qua c là non
fossero offuscati da preponderante robustezza nell’istru-.
mentazione, da confusa complicazione nelle parli armo- I
niche, da frasi di soverchio aggirate fra le modulazioni,
dai canti ricercato ed a salti, e da troppo alla tessitura
de’soprani e de’ tenori,in ispecie nelle strette de’ pezzi
concertati: difetti più da attribuirsi al fatale sistema che
invalse la nostra musica mclodràmmalica, che al giovine
maestro, il quale per acquistare a se e alja propria patria
maggior onore, dovrebbe aver ben fermo in mente
che l’oricalchico strepito e le grida distruggono il ragionato
effetto musicale, straziano l’orecchio dell’uditore
e rovinano gli esecutori. In complesso il Conte di Lavagna
non è indegno di figurare nei principali teatri a
canto alle più acclamale opere della giornata.
(da lettera del 22)
— Venezia. Alcuni giornali accordarono la piena loro
approvazione allo Spartito del maestro Galli intitolato
TVarbek recèntemente comparso al teatro di S. Samuele.
Giova sperare che riprodotto sopra altre scene avrà
l’incontro di Pordenone, Zara c Venezia, c clic si verificheranno
le speranze che l’autore del TVarie* fa
concepire.
— Qui si attende impazientemente l’arrivo delle portentose
Milanollo: già da un pezzo ogni giorno ognuno
si fa domanda se alla fine sono approdate in questa capitale.
- È già venuto il pianista Jacel (1), ragazzo di
due lustri, di cui diconsi meraviglie. Che angelico trio
faranno I
— Genova. Il celebre pianista italiano Dòhlcr fu qui
di passaggio. Non si fermò clic due giorni. Chi mercoledì
ebbe la fortuna di ammirarlo in una cospicua casa rimase
incantalo dalla finita,nitida c brillante sua esecuzione nella
fantasia sul Guglielmo Teli e dalla toccante espressione
nella Serenata c nell’addio di Schuhert, che acquistarono
maggiori attrattive eseguite sopra un pianoforte
verticale della rinomata fabbrica Pleycl c C. a Parigi.
L’illustre patrizio genovese, sig. Gian Carlo di Negro,
mosso da entusiasmo, sorse ad improvvisare alcuni inspirali
vèrsi in lode dell’esimio artista,anche in questa occasione
dando bella prova della sua gentilezza d’animo
e del preclaro suo ingegno. Dòhlcr s’imbarcò per Marsiglia.
— Da una orchestra composta di circa -120 parti e
da una proporzionata coorte di cantanti [nel giorno di
S. Cecilia si eseguì una solenne messa espressamente
immaginala dal maestro Gambini, il quale non c solo
da qualificarsi fra i più abili coiliposilòri-piónisli d’Italia,
ma merita eziandio un posto fra i migliori che il
loro talento applicano a celebrare le glorie d’iddio, siccome
quello che uc suoi componimenti per chiesa con
criterio sa togliersi dalle forme usitatc in teatro. I pezzi
che riuscirono di maggior effetto furono il Iiyric, il
Cam sancto spirilu ed il Qui lollis, questo ultimo con
lodevole intelligenza interpretato dal tenore Caggiati.
— Bologna. Gli Sludj di Golinelli, maestro di pianoforte
ai Liceo musicale, alla metà di dicembre vedranno
la luce in Milano presso Ricordi ed in Parigi
presso Troupenas. Trattasi di un lavoro clic deve produrre
non comune sensazione, e che estenderà la fama
del bravo nostro pianista, il quale quanto prima si rivolgerà
a Parma c probabilmente auebe alla capitale
della Lombardia.
— Fibknzk. La Società filarmonica prepara l’esecuzione
vocale c strumentale delle Selle parole di Uaydn
che con invito mai eransi eseguite. - Dòliler diede uua
brillante accademia in cui si distinse anche il violinista
Giovacchini, allievo dell’egregio Giorgetti, suonando due
pezzi insieme al grande pianista.
— II Sogno d’unu notte d’estate, dramma fantastico
di Shakspearc, posto in musica da Mendelsshon fu rappresentato
quattro volle di seguito sul rcal teatro di.
Bcrliuo, con grande successo e alla presenza di una
folla di spettatori ammirati.
— Come c solito fare dappertutto Listz ha dato a
Monaco una grande Accademia a benefizio dei poveri.
Una porzione dell’introito venne destinata a metter
insieme la pensione per una piazza nell’Istituto aperto
a favore dei ciechi. Il Re di Baviera decretò che quella
pensione fosse chiamata Premio-Listz. Egli 6 a questo
modo che si onora il gonio e si nobilitano le arti. A
vanto della classe de’virtuosi è a dire che simili tratti
di virtù filantropica non sono rari. Valgano a compenso
dei tanti tesori che l’egoistica opulenza profonde in un
lusso inutile, c in una ostenlalricc munificenza.
— Dreyschock continua il suo giro trionfante per la
Germania. Dovunque egli è accollo con entusiastica ammirazione.
(i) La Gazzetta di T’entzia del 2S parla con stupore
ed entusiasmo del triestino Jacel, oltremodo ammirato
al teatro Gallo in due accademie, ove fra va ri i pezzi
esegui la fantasia del Mosè di Thalbcrg c io studio del
trillo di Dòhler.
— Fra i tanti c tanti giornali francesi che ebbero a
riferire con maggiore o minor pompa di frasi il grande
trionfo del Dom Sébastien de Portugal, la sola Gazette gj
Musicale de Paris si fa lecite alcune osservazioni critiche o
intorno ai valore più o meno contestabile del nuovo (7
capolavoro donizettiano. Osserva essa fra le altre cose, g
che, a cagione della cupa natura del poema, la musica I
veste una tinta di tristezza forse un po’ monotona, e!
conchiude coll’affermare che il Dom Sébastien, non è
da notarsi fra i migliori spartiti di Donizclìi (i). Al
contrario parlando della Maria di Ilobati è larga di
tali elogi alle bellezze potentemente drammatiche di
questa musica che di rado la vedemmo profonderne di
maggiori. Parlando in ispecie del terzo atto di quest’opera
la Gazette Musicale de Paris ne dice: - Le troisième
acte est rempli par une suite de scènes énergiques ou
le talent du musicien s- est soutenu à une grande hauteur.
La situation est magnifique, mais il l’a comprise
et traitée avec tout le sérieux désirable, et c’est l’acte
le plus complet qu’il ait peut être écrit. Tout est vrai,
éloquent cl pathétique dans le duo de Marie cl de Chalais; la prière de Marie, l’all’de Chevrcusc, et les scènes
finales entre celui-ci, Marie et Chalais. Qu’on découpe
à volonté toute cetleglramej en fragments, qu’on
appelle arbitrairement airs, duos et trios; ce ne sera
jamais qu’on magnifique ensemble ou les entrées et les
sorties des acteurs ne fout aucune solution de continuité
pour l’auditeur constamment emu et surexcité *. Questi
elogi tributati al genio fecondo del nostro Donizetti
sono tanto più da pregiarsi in quanto che la Gazzetta
Musicale di Parigi si addimostrò sempre animata, verso
il celebre maestro lombardo, da uno spirilo d’imparzialità
clic talvolta polca facilmente scambiarsi per rigorismo
soverchio.
— Si cita un fatto singolare ultimamente accaduto
a Weimar, ove alla rappresentazione di non so quale
tragedia tedesca, gli attori indispettiti al vedere il piccolo
numero di spettatori radunati nella platea, si
diedero a fischiare il pubblico, colpevole di avere osato
ci stesso manifestare a questo modo la sua disapprovazione, composto coni’ era di sole sette persone, numero
troppo limitato per poter competere con vantaggio
contro l’intera compagnia de’recitanti fiancheggiata
dal personale dell amministrazione. Avvenne quindi che
per questa volta fu il pubblico clic dovette cedere e ritrarsi
dal teatro! Non vorremmo che questo caso riuscisse
di cattivo esempio a qualcuna delle nostre meno
fortunate compagnie comiche.
— La direzione del Couvent-Gardcn, uno de’principali
teatri di Londra, si dichiarò in istato di fallimento.
Giorni fa, mentre gli artisti eransi radunati per le prove
del Re Lear, tragedia di Shakspearc, venne loro annunzialo
che stante il tristo caso accennalo, le rappresentazioni
cesserebbero c che tutta la guardaroba spettante
agli artisti era stata posta sotto sigillo.
(1) A questo giudizio forse troppo severo della Gazzetta
Musicale, ne piace contrapporre l’articolo dato
nel giornale del Débats, da quel Berlioz che non fu
mai inclinato a parziale benevolenza verso i viventi
compositori italiani, e può anzi dirsi il porlainsegne
di un antagonismo musicale non sempre felicemente
sostenuto degli eletti della moderna scuola francese
contro i discepoli della nostra. E puro Berlioz, così
rigido, cosi puritano nelle sue teoriche, così duro nell’applicazione
delle sue dottrine estetiche alla critica,
questa volta fu ammansato dagli incanti della musica
di Donizetti, e recò del Dom Sébastien tu» tale vantaggioso
giudizio che esso solo vale un trion fo pel nostro
compositore.
SCOVA PUBBLICAZIONE MUSICALE
IlELL’l. n. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVII.EG."
Dì GIOVANNI BICORDI
mmim
1*l’.01 TUE VOCI
f’S/c^u’a.no & r(Bcnorc,
CON CORO A PIACERE
etl acconti».0 Organo
POSTA IN MUSICA DA
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GIOVAMI RICORDI
EDITOBE-PROPBIKTARIO.
Dall’I. K. Stabilimento Razionale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria c Tipografia ftlusiealc di GIOVARVI RICORDI
Contrada degli Omenoni zV. 1720.