Gazzetta Musicale di Milano, 1843/N. 19

N. 19 - 7 maggio 1843

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N. 18 Suppl. al N. 19

[p. 77 modifica]GAZZETTA MUSICALE nnu il. DOMENICA N. 19. 7 Maggio 843. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associali dodici pezzi di scelta musica classica antica c moderna, destinati a comporre un volume in A.0 di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia CLASSICA HUSICALK. DI MILANO La musique.par des inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations’. • et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des ien• timents propres à l’émouvoir. • J. J. Roussejv. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e eVAntologia classica musicale è «liciteli. Aust. L. 12 per Sf mesi re, cd cITctt. Aust. L. LI affrancata di porto fino ai confini della Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Onicnoni K.° 1720; all’estero presso i principali negozianti dì musica c presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. 8 OH MARIO. I. Esamk dello stato attuale della musica, ecc. - 11. Bibliogr«pia. Giovanni Animuccia. - III. Musica sacra. Lo Stabat Mater di Bossini a Napoli. - IV. Nkcrolosia. Domenico Quadri. - V. Cahtkggio. Parigi. VI. Polkuicà. Alla Gazzetta teatrale di Vienna. VII. N’otizikMusicaliDivkrsf.-Vili.Dizionario,cc. - IX. Annunzi Musicali. JES Affli lUXIi© STATO ATTUA MB HISICA DRAMMATICA III ITALIA imprendendo questo esame non Foto è nostra intenzione di risusci’""Tjtare la questione agitatasi l’anialpino scorso in questa Gazzetta Musicale dai chiarissimi Melimi, Vitali e Cattaneo. Nostro scopo si è di raffrontare lo stato della musica drammatica col tipo ideale di perfezione, perchè apparisca ciò che rimane a farsi per condurla possibilmente verso quel sommo grado. Quel tipo ideale dovrebbe essere sempre presente alla mente degli artisti, poeti, maestri, o attori che siano; ma molte cause loro si attraversano e tentano farli deviare. Utile Cosa pertanto si è il richiamarlo, affinchè si sforzino a rientrare nella via giusta. E questo il più nobile scopo della critica, ed al medesimo mira appunto di continuo il nostro giornale. Noi ci affidiamo quindi in quella fraternità in cui si congiungono tulli i guidati da una medesima intenzione, e speriamo che gli esimii collaboratori sovrannominati vorranno perdonarci se questo argomento da essi abbandonato, e da niun altro dipoi trattato, riassumiamo, persuasi della sua importanza. Ciò premesso, eccoci a contemplare che cosa sia il dramma e l’idea più alta di sua perfezione, idea che da sè stessa per naturai conseguenza chiara si mostra dalla sola definizione. Il dramma è un lavoro d’arte col quale si rappresenta un fatto, un avvenimento o storico o ideale o misto, non già narrandolo o dipingendolo, ma riproducendolo ai sensi dello spettatore coinè se naturalmente succedesse. La sua ideal perfezione sta dunque in una tale rassomiglianza col vero, che illuda lo spettatore e gli faccia credere di ) assistere non già ad una finzione artificiosa, ’ ma ad un naturale avvenimento.! Rassomiglianza col vero nel fatto gene) rale il quale non debb’essere frivolo o immorale, e nei particolari accidenti; il che riguarda l’invenzione e la disposizione. Rassomiglianza col vero nel dialogo, il quale debb essere coordinato al fatto, e coerente al carattere dei personaggi; e finalmente nell’esecuzione, e in tutti gli accessorii posti in opera per la rappresentazione. Immense difficoltà si oppongono alla vera perfezione di un così complicato lavoro d’arte, e ad onta della somma perspicacia de’ migliori autori e attori d’ogni tempo e nazione, su molte cose si dovette transigere di necessità, ed alcun che sfugge sempre ad avvertire della finzione. Divenuto poi quasi ragion di merito lo emanciparsi dalle regole prescritte dagli antichi, sempre più ci allontanammo dall ideal perfezione. Trovata tirannica la legge dell’unità di luogo e di tempo, si dovette credere non solo naturale di essere trasportati al cambiarsi d’una tela, dalla casa di Caio al giardino di Sempronio, ma le cento e più miglia: non solo naturale che in due ore siasi consumato un giorno intiero, e talora anche una notte; ma mesi, anni e lustri. Non ci dilungheremo più oltre a parlare di ciò che spetta al poeta cui non è nostro ufficio il fare la critica, e scenderemo senz’altro alla musica. Questa sembra a primo aspetto importuna alla verità drammatica, e gravissimi scrittori ne condannarono l’uso appoggiandosi alla gran ragione, che in natura non si canta; ed avrebbero voluto restringerla a quei soli casi in cui nel vivere si adopera; agli inni, cioè, ai canti trionfali o di guerra, o farne quasi un linguaggio tutto proprio di esseri sovrannaturali. Cionullameno troviamo esservi stata adoperata fino dai primi tempi, nei drammi eroici specialmente, forse per dare ai personaggi un carattere di nobiltà e grandezza; al quale effetto trovossi opportuno di farli esprimere in versi, o per lo pieno declamare, ove non si fecero cantare, sebbene anche il verso e la declamazione non siano naturali. Il qual uso consuona con quello degli scultori antichi, i quali alle statue degli eroi davano sempre grandezza maggiore del vero; e se all’opinione di Vico ci accostassimo, vi troveremmo quasi una memoria delle prime lingue e delle stature gigantesche dei padri dell’umanità. Checché ne sia della prima e più antica i introduzione della musica nelle rappreseli-; fazioni drammatiche, certo è che la facoltà j di esprimere gli affetti, e commovere mol- i tiplicando nello spettatore il diletto fu la | causa dell’essersi continuato l’uso della stessa nel dramma, e deU’esserne divenuta importantissima parte a’ giorni nostri. La musica è quel magico manto di cui ricoperti poterono trovar favore gli innumerevoli drammi d’ogni genere prodotti da Metastasio in poi. Non è mestieri ripetere dovere la musica perfettamente accordarsi alla parola, ed esprimere ciò che questa esprime; inutile aggiungere essere egualmente necessario al musico che al poeta di conservare i caratteri dei singoli personaggi affinchè ciascuno abbia un’espressione analoga. Tutti i doveri del musico furono ragionati da sommi e dottissimi scrittori, e ne son pieni i libri che trattano di quest’arte. Più utile sarà esaminare se siasi in alcun tempo accostata la musica all’ideal perfezione drammatica, essendovi in ciò discordanza di opinioni fra gli scrittori ed il pubblico. I più fra i primi collocano il maggior perfezionamento della musica drammatica nella seconda metà del passato secolo. Fra i moltissimi di questo avviso ne piace scegliere il grande storico d’Italia Carlo Rolla perchè, vissuto ai tempi in cui la rivoluzione rossiniana aveva già preso dominio non pure fra noi, ma in tutta Europa, avrebbe potuto modificare per esso il proprio avviso. Riporteremo alcune sue parole del libro SO.0 della sua storia continuata da quella del Guicciardini. «La poesia e la prosa (egli dice) erano «parecchie volte degenerate in Italia e da «quasi cinque secoli avevano a più maai niere di degenerazioni soggiaciuto. La «musica sola da’suoi principii al suo apice «gradatamente ascendendo, sempre simile «a sè medesima era proceduta, vero c «sincero frutto italico dimostrandosi. Tanto «crebbe, che finalmente al punto di per«fezione pervenne, allorquando Cimarosa «e Paisiello colle loro mirabili melodie «incantavano il mondo». E poco dopo prosieguo: «Quando io dico ehe la musica era a «quei di alla sua perfezione giunta, non in«tendo già, che, rotte alcune consuetudini «teatrali, non si potessero impinguare le «musiche delle opere drammatiche con «maggior numero di pezzi di nervo; che «ciò si poteva acconciamente ed utilmente «fare; ma solamente voglio dire, che il «metodo di comporre i pezzi che si usava «allora, era il vero, ed il più perfetto che «si possa immaginare, e che il 1:— ,:«sene è un andare verso la corri E per verità tali parole dette ■ scrittore, e da tanti altri n~ [p. 78 modifica]) ligenti confermate, hanno un grandissimo { peso: ma non si deve adottare cotesta sentenza senza esame. L’universale favore con [ cui venne accolta in seguito quella nuova ’ maniera di comporre la quale, incominciatasi da Mayr e Paer, spiegò libero volo per opera di Rossini, è senza dubbio un argomento da non trascurarsi. L’eccellenza del metodo di comporre usato daCimarosa e Paisiello consiste in una somma semplicità sì di melodia, che d’armonia, ed in una parsimonia d’istrumcntazione iper la quale il canto campeggiava libero senza-essere necessario al cantante un gran volume di voce per farsi udire. Senza tenere gran conto del maggiore sviluppo che acquistò in seguito la melodia, sono però da notarsi alcuni difetti della musica di quei tempi. Il primo è una soverchia prolissità cagionata dal voler dare ai pezzi un’estensione maggiore di quella voluta dalle parole. Le arie, i duetti ed anche i pezzi concertati si facevano allora come ai tempi di Metaslasio con poche e brevi strofe, lavorandosi la maggior parte del dramma a recitativo parlante-, e volendo con cosi scarse parole tessere quei pezzi di una certa lunghezza, mancava la materia, si era costretti a soverchie ripetizioni, e per l’azione sospesa ne andava snervato l’effetto. Non son rari in quegli spartiti i pezzi di musica eccedenti le cento, le centocinquanta misure di un tempo andante o moderato o maestoso, costrutti su due o tre strofe di soliloquio che si sarebbero esaurite più che sufficientemente in trenta o quaranta battute. E questa prolissità riesce tanto più evidente e tediosa (almeno per noi) a motivo del poco movimento che quei maestri davano alla melodia ed alla modulazione specialmente nei passi d’arte o intermedii, e per l’uso di non variare i tempi. Non vogliamo accordare un soverchio pregio alla cappelletta (cabaletta) sviluppatasi più tardi: ma non si può negare che il mancare totalmente nella musica di quei tempi non accrescesse di molto quella snervatezza che la tessitura dei pezzi in un sol tempo e con sé poco movimento induceva, Cimarosa < brillante di Paisiello: tuttavia basta osservare di quest’ultimo lo spartito della Nina Pazza., uno de’migliori rii questo autore, per convincersi della verità annunciata. In questo si vede che se a quel tempo la melodia era sommamente espressiva nell’adagio^ e neW andante, era ancora molto imperfetta nell allegro, e mal rispondeva ai bisogni dell arte. Abbiamo lodato la parsimonia d’istrumentazione di quei maestri, in. quanto che essi coll’orchestra sussidiavano e sostenevano,• non soverchiavano il canto. Non è però da tacersi che in allora si mancava in questa parte del necessario colorito. Erasi bensì perfezionata l’arte di trattare il violino, ma il violoncello era ancora poco inoltrato, e mal noto il partito di cui è capace: in peggior condizione erano gli stromenti a fiato, sia perchè di imperfetta costruzione, sia per difetto nel modo di suonarli. Avevano quindi ragione quei maestri di farne pochissimo uso:, ma ciò non toglie che se ne riconosca il difetto, a quel modo che l’essere divenuti suscettibili delle più squisite finézze non è ragione per iscusarne in oggi l’abuso, il Matrimonio segreto di Cimarosa e il Re Teodoro di Paisiello (a quanto possiamo óra ricordarci) sono forse le opere in cui si contengono pezzi di maggior eleganza e colorito d’istrumentazione. Ciò che è più da notarsi nella musica di quei tempi si è la perfezione a cui pervenne allora appunto l’arte del canto, e la somma perizia che vi acquistarono molti, e specialmente i soprani castrati. Tutte le scuole ne produssero di esimii; ma specialmente i conservatorii di Napoli. Una severa disciplina preceduta dalle più minute indagini sulle doti naturali allontanava da quella professione i mal disposti, ma favoriva i capaci. Lo studio della musica più inculcalo, ed esteso non al solo dominio della voce, ma alla pronta lettura ed all’armonia, li faceva veri professori atti a ben interpretare la mente del compositore e ad abbellirne i concetti nel calore dell’affetto e dell’ispirazione. I quali pregi, ornai rarissimi ai giorni nostri, compensavano largamente e il pubblico e i maestri, e l’arte dei molti pettegolezzi naturali in ogni tempo alla famiglia dei virtuosi. Se non che qui pure troviamo qualche cosa non molto conforme all’esigenza drammatica. Erano allora in molto uso quei lunghi passi di gorgheggio formanti intieri periodi su di una vocale ad imitazione dei passi di bravura dei concerti istrumentali e come questi terminati col trillo, cadenza, passi che non ebbero mai alcuna relazione col dramma, se si eccettui il duetto, lezione del Musico Maniaco, o qualche pezzo della Prova d’ini Opera Seria. Cosi il lasciare ai cantanti un largo arbitrio di cambiare o modificare i concetti del maestro, come allora appunto praticavasi, era per lo meno cosa assai pericolosa per la verità drammatica. perchè fu sempre difficile il limitarne l’ambizione, subordinandola intieramente alla region dell’affetto. Il metodo di comporre andò man mano facendosi più elegante, svariato ed energico col successivo svilupparsi delia melodia, col perfezionarsi l’arte di trattare gli stromenti, e per l’influenza della musica tedesca, per opera di Haydn. di Mozart, di Mayr e di Paer. Anche l’armonia ed il contrappunto avevano incominciato a prendere una parte più attiva nell’espressione drammatica, e sembrava aver l’arte raggiunto un più alto punto di perfezione, quel vero punto oltre il quale è inevitabile il decadimento, quando comparve quel genio prepotente di Rossini, che a guisa di straripato torrente tutta inondò l’Europa musicale sommergendo quante celebrità lo avevano preceduto. Che diremo noi di lui che tutto sfolgorante di gloria posa tranquillo all’ombra dei còlti allori, e forse sdegna ora. gli incensi, così come sprezzò le impotenti censure degli emuli? Nessun altro maestro, per quanto sappiamo, fu oggetto di tanto entusiasmo nel pubblico, e segno a tante censure per parte degli iniziati nelf’arte, siccome Rossini. Egli fu accusato d’avere infrante le più severe leggi dell’armonia e del contrappunto, dando, con -queste libertà, scandalo alla gioventù già troppo schiva di freno. Ma per verità, non essendo ancora ricercati e definiti i possibili in armonia, nè tampoco evidente il vero principio regolatore della medesima, non potevasi ragionevolmente censurare Rossini di essersi abbandonato all’impulso di prepotente fantasia, e per altra parte troviamo in autori, tenuti in conto di correttissimi, durezze assai maggiori delle ottave poste studio (*>. Fu accusalo, ed ancora si accusa di aver frastagliato il canto sovraccaricandolo di troppo minuti ornamenti e preferendo spesso il sorprendere collo sfarzo, al commovere colla semplicità. Non si può però negare a Rossini di aver dato alla melodia il suo ulteriore sviluppo, o di aver prodotto talvolta canti di ammirabile semplicità ed espressione; ed è poi da riflettersi che in questo ei fu costretto a così comporre dalle circostanze dei tempi. Già prima di Rossini avevano destato alto grido di sè alcuni cantanti formati dalla natura, ma ignari troppo di musica, la qual cosa diede origine a quell’opinione or tanto comune, che non sia necessario a ben riuscire in questa professione uno studio profondo della musica, ma basti una bella voce, buona memoria, orecchio, e disinvoltura. Aggiungasi che il pubblico ammirava ed applaudiva in particolar modo e sovra ogni altro pregio l’agilità e bravura di che fa fede la fama e le ricchezze che andava accumulando la celebre Catalani. Le quali cose tutte dovettero determinare il Pesarese a far uso per lo più del canto ornato, e a scrivere tutti gli abbellimenti ch’egli poteva ammettervi per non abbandonarli all’arbitrio di poco esperti cantanti. Nè è da condannarsi se quanto ei fece da prima per adattarsi alle circostanze, avendogli acquistato l’universal favore, continuò a fare da poi per abito. Gli applausi del pubblico sono balsamo all’artista che li meritò con una verità: sono veleno per chi ha dato nel falso, nell’esagerato. Quell’amor proprio che ci fa tanto indulgenti per noi medesimi, finisce col trarci nel più perfetto inganno a dispetto dei più sani principii se avvalorato dalla comune approvazione. Parleremo più tardi della terza accusa chè veniva fatta a Rossini, quella, cioè, d’aver accresciuta a dismisura la forza materiale defl’istrumentazione. Ora gioverà meglio osservare se questo maestro, le di cui opere brillano di sempre nuova freschezza e venustà, e consolano udendole anche a fronte delle più recenti e pregiate, abbia fatto progredire l’arte verso la perfezione ideale, o ne abbia oltrepassato i limiti. (Sarà continuato) R. Bolchebon. (1) Chi volesse esaminare i salmi a otto reali del celebre Colonna potrebbe convincersene. Citiamo questo fra i moltissimi senza neppure parlare dei famosi scrittori di canoni della scuola fiamminga. BIOGRAFIA (i) GIOVASSI AAIMUCCIA Primordii della musica drammatica - le I-audi Spirituali - Gli Oratori! sacri - Gli ©ratorii teatrali Decadimento attuale della Musica sacra in Italia. Il secolo di Leon X, epoca tanto segnalata per gli uomini sommi che in Italia fiorirono nelle lettere e nelle belle arti, più maravigliosa ne comparisce allorquando le miserande istorie di quel tempo si scorrono. Cittadine discordie, odii di parte, dissensioni fra i potentati, guerre sanguinosissime, saccheggi, stupri e depredazioni commesse da barbare ed indisciplinate soldatesche straniere, a cui tcnean dietro c le. carestie dei viveri ed i morbi contagiosi; atroci vendette di (1) Le notizie che han servilo alla compilazione di questa biografia furon ricavate dagli scritti del Mazzuccliclli. del Crescitnbeni, del P. /lacci, del Cardinal Baronio, del Padre Martini, e di varii altri SEGUE IE SU/FWEEME1VTO