Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 150

All'abbadessa del monasterio di santa Marta da Siena et al - Lettera 150
Lettera 149 Lettera 151

[p. 30 modifica]flJi*Abbadessa del monasterio di santa Marta da (Siena ed a suora Niccolosa di detto monastero (A).

..*’. ’ f ! ‘ I. Del conoscimento di noi medesimi e della ò rina bontà in noi, ebe ci convien procurare per mezzo dell’orazione e della considerazione della propria miseria, per mortificare la propria volontà.

II. Che. ciò. fa.coll’odio e dispiacimento del peccato, e con l’amore all’onore di Dio, ad esempio di Gesù Cristo medesimo.

III. L'esorta a dimostrare il desiderio d’aver quest’odio e quest’amore, prima con ^spogliarsi della propria volontà, secondo con l’esercizio dell’obbedienza.

IV. Esorta l’abbadessa ad essere obbediente a Dio, in portare le fatiche impostele da lui, nè scusarsi con pretesto di virtù, o delle proprie consolazioni, ed a governare ciascheduna, secondo la loro esigenza; ed esorta I’ altre monache all’obbedienza ed umiltà, pregando s. Lucia, s. Maria Maddalena e s. Agnese per ottenere le virtù.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso

di Maria dolce.


I. voi, dilettissima e carissima madre, e suora madonna ed a te, figliuola e suora Niccolosa. Io Catarina, inutile serva di Jesù Cristo

vostra, scrivo e voglio fare a voi l’oflizio che fa il servo al Signore, perocché sempre porta e reca. Così io voglio sempre portare voi nel cospetto del dolcissimo Salvatore; c

[p. 31 modifica]3i così portando per la ineffabile carità sua, impetraremo grazia di fare 1 altro atto del servo, si è di recare, cioè di ritornare in giuso, e così verremo nella grazia del cognoscimento di noi, e di Dio; perocché non mi pare di potere avere virtù nella plenitudine della grazia, senza l’abitazione della cella del cuore e dell*anima vostra, nel quale luogo acquistaremo il tesoro che c’è vita, cioè l’abisso santo del santo cognoscimento di Dio e di sè; dal quale santo cognoscimento, suore carissime (/?), procede quello santissimo odio che ci fa unire in quella somma ed eterna e prima Verità, cognoscendo noi essere somma bugia ed operatori di quella cosa che non è; e così odiando gridaremo con voce di cuore, manifestandola sua bontà: Tu solo sei colui che se’ buono. Tu se’quello mare pacifico, unde escono tutte le cose che hanno essare; ma quella cosa che non è, non è in lui, cioè il peccato. Così disse la somma virtù a una serva sua inutile.

II. Io voglio che tu sia amalrice di tutte quante le cose, perocché sono tutte buone e perfette, e sono degne d essare amate, e tutte sono fatte da me, che so’ somma bontà, eccetto che il peccato: questo non è in me; perocché, se fusse in me., dilettissima mia figliuola, sarebbe degno d’essere amato. 0 amore inestimabile!

però vuoli tu, che noi ci odiamo per le perverse nostre volontadi, unde procede questo, cioè il peccato, che none è in te. Dunque, madre e suore dilettissime in Cristo Jesù, corriamo, corriamo, corriamo morte per la via della virtù; e se mi diceste, che voci diamo? Gridiamo con l’Apostolo per la nostra perversa volontà: e che dice lo innamorato di Paulo?

Mortificate, dice, le membra del corpo vostro, ma non dice così della volontà, ma vuole che ella sia morta e non mortificata. 0 dolcissimo e dilettissimo amore, io non ci so vedere altro remedio, se non quello col-’ tello che tu avesti, dolcissimo amore, nel cuore e nell’anima tua: ciò fu l’odio che avesti al peccato, e l’amore che avesti all’ onore del Padre ed alla nostra [p. 32 modifica]32 salute. O amore dolcissimo, questo fu quello coltello che trapassò il cuore e l’anima della madre: il Figliuolo era percosso nel corpo e la Madre similmente, perocché, quella carne era di lei: ragionevole cosa era, che come cosa sua ella si dolesse, perocché elli aveva tratto di lei quella carne immaculata. Io m’avveggo, o fuoco, di carità, che elli ci ha un’altra unione: elli ha la forma della carne ed ella come cera calda ha ricevuta l’impronta del desiderio e dell’amore della nostra salute dal suggello, e del suggello dello Spirito Santo, per mezzo del quale suggello è incarnato quello Verbo eterno divino. Ella dunque, come arbore di misericordia riceve in.sè l’anima consumata del Figliuolo, la quale anima è vulnerata e ferita della volontà del Padre t ed ella, come arbore che ha in sè lo innesto, è vulnerata col coltello dell’odio e dell’amore. Or è tanto multiplicato l’odio,e l’amore nella Madre e nel Figliuolo, che’l Figliuolo corre alla morte per lo grande amore che elli ha di darci vita; e tanta è la fame ed il grande desiderio della santa obbedienzia del Padre, che elli ha’ perduto l’amore proprio di sè, e corre alla croce. Questo medesimo fa quella dolcissima e carissima madre, perocché volontariamente perde l’amore del figliuolo, che non tanto che ella faccia come madre, che’l litragga r dalla morte, ma ella, si vuole fare scalale vuole che muoja: ma non è’grande fatto, perocché ella era vulnerata dalla saetta dell’amore della nostra salute.

III., O.carissime suore e figliuole, e tutte quante in Cristo Jesù, se per in fino a qui non fussemo arse nel fuoco del santo desiderio della madre e del Figlinolo, non si contenghino più li ostinati cuori nostri!

di questo vi prego da porte di Cristo crocifisso, che questa pietra si dissolva con l’abbondanzia del sangue caldissimo del Figliuolo di Dio; il quale è di tanta caldezza, che ogni durizia e freddezza di cuore debba dissolvere: ed in che ci fa dissolvere ? solamente in quello che detto abbiamo, cioè, checi fa dissolvere.nell’odio [p. 33 modifica]33 nell’amore, e questo fa lo Spirito Santo, quando viene neU’anima. Adunque io vi comando e vi costringo, che voi ■ dimostriate di volere in voi questo coltello; e se mi dimandaste!

in che il potiamo dimostrare? rispondovi!

In due cose voglio che’l dimostriate nel cospetto di Dio, cioè, che io voglio che voi non vogliate tempo a vostro modo, ma a modo di colui che è; e cos sarete spogliate della vostra volontà e ^vestite della sua.

E perchè mi scriveste del desiderio che avete del mio venire a voi, voglio che questo sì mitighi col giogo soave del Figliuolo di Dio; e cosi riceverete con riverenzia questo tempo, e ogni altro tempo, quantunque malagevole si fusse, pensando che non può essare altro che’l nostro bene, e con riverenzia dunque riceviamo ogni tempo.

IV. L’altra cosa, con la quale dimoslrarete di volere in voi il sopraddetto coltello si è, che voi andiate col giogo della santa obbedienzia; e voi singolarmente, madonna (C), vogliate essare obbediente a Dio in portare la fadiga che elli vi ha imposta, cioè, d’avere a governare le pecorelle sue; e non vi paja malagevole, se molte volte vi vedete per 1’ impacci dare fadiga al prossimo per onore di Dio sconsolata, perocché questo veggo che facevano i discepoli santi, i quali spregiavano ogni consolazione spirituale e temporale. 0 quanta consolazione averebbero avuta di ritrovarsi con la Madre della pace del Figliuolo di Dio, e l’uno con l’altro; e nondimeno, vestiti del vestimento nuziale del maestro, essi si danno a ogni fadiga ed obbrobrio e morte per onore di Dio e per la salute del prossimo;e così l’uno separato dall altro, e così, spregiando le consolazioni ed abbracciando le pene, ebbero vita eterna. Or così voglio che facciale voi. E se mi diceste: Io non vorrei essare occupala nelie cose temporali; io vi rispondo, che tanto sono temporali, quanto noi le facciamo; e già v’è detto che ogni coaa procede dalla somma bontà; dunque ogni cosa è buona e perfetta. Non voglio dunque, the sotto il colore delle.cose temporali schifiate la [p. 34 modifica]34..

fadiga; ma voglio che sollicitamenle e con occhio drizzato secondo Dio siate sollicita, e singolarmente siate sollicita dell’anime loro, che, come dice santo Bernardo, la carità, se ella ti lusinga, non t’inganna; se ella ti corregge, non t’odia. Adunque virilmente vi portate con asprezze e con lusinghe, secondo che bisogna nello stato nostro, e non siate negligente a correggere i difetti, ma, o piccioli, o grandi che siano, Fate che siano puniti secondo che la persona è atta a ricevere; unde chi fusse atto a portare dieci libbre, non ne li ponete vinti, ma tollete quello che potete avere: e loro pregoda parte di colui che fu fatto portatore d’ogni nostra miseria, che s’inchinino per la porta slrelta della santa obbedienzia, acciocché la superbia della loro volontà non li rompesse il capo: e non vi paja, suore carissime, fadigoso della santa reprensione: o se voi sapeste quanto è dura la reprensione di Dio che è fatta all’anima, che schifa la reprensione di questa vita ! meglio è dunque che le negligenzie e l’ignoranzie nostre, ed il poco amore che abbiamo alla santa obbedienzia, siano punite con le reprensioni fatte nel tempo finito, che ricevare quella dura reprensione nel tempo infinito. Adunque siate obbedienti per amore di quello dolcissimo ed amantissimo giovine Figliuolo di Dio, che fu obbediente infino alla mortele così averemo il coltello sopraddetto, avendo tagliato per la virtù di Dio il vizio della superbia, e trovarenci radicati nella virtù santa della carità, la quale dimostreremo nella virtù della santa obbedienzia, la quale obbedienzia- dimostraremo per la virtù della santa umilità. Altro non vi dico, se non che noi facciamo una santa petizione, acciocché noi potiamo osservare ciò che noi abbiamo detto: Chi è in cammino ha bisogno di lume, acciocché non erri il cammino, ed io ho trovata di nuovo una luce bellissima, ed è quella dolce vergine Lucia romana (/?), che ci dà lume; ma a quella dolcissima innamorata Maddalena (E) dimandaremo quello dispiacimento che ella ebbe di sè. Agnesa, che è agnella di mansuetudine [p. 35 modifica]!

35 e di umilila (F); ci darà umilità. Sicché, ecco che Lucia ci dà lume, Maddalena odio ed amore, Agnesa ci dà l’olio dell’umilità; e così fornita la navicella dell’anima nostra, andaremo a visitare il luogo santo della beata santa Marta; di quella innamorata spedaliera, che ricevette Cristo Uomo e Dio, la quale è ora collocata in casa del Padre Eterno, cioè, in quella essenzia di Dio, nella quale essenzia e visione, spero per l’abbondanzia del sangne di Jesù Cristo e per li meriti di costoro, e di quella dolcissima madre Maria, noi gustaremo e vedremo Cristo a faccia, a faccia.

Pregovi, che siamo solliciti di consumare la vita per lui. Laudalo sia il nostro dolce Salvatore. A voi, madonna, e a te, Niccola figliuola e suora, io mi raccomando e prego che mi raccomandiate a suor’ Augustina ed a tutte 1 altre che preghino Dio per me, che mi levi dalla via della negligenzia e corra morta per la via della verità. Altro non vi dico di questa materia.

Laudalo sia Jesù Cristo crocifisso. Amen. [p. 36 modifica]36 Annotazioni alla Lettera 150.

  • / (A) Nelle antiche impressioni due eranole lettere indiritte a questo monistero,-cioè la 160 e la i)3,col titolo: Alle dhote ed oneste donne, ec. Ma, non essendo questa seconda che un brano dell’altra, s’e qui omessa. Que’sto che al presente è monistero ii sagre Vergini, fu istituito singolarmente a beneficio di donne vedove bramose di trarsi fuori del mondo, e tutte darsi al divino servizio; onde avvegnaché per le memorie che se ne hanno, tre sóle di queste state ve ne sieno, non possono però queste esserne escluse, facendone richiesta.’Fu fondato il monistero da suor Camilla Pannocchiescbi de’ conti d’Elci, di famiglia illustre e di molta potenza nello stato diSiena Panno i3a8 sotto la regola di sant1 Agostino della Congregazione di Lecceto.

(8) Suore carissime. Può questa voce di suore prendersi sì in significato di sorelle giusta 1’usanza antica, sì per titolo dato a religiose; giacché come dalla voce latina frater si forme la italiana fratello, da cui nacque quella di frate, che, se davasi anticamente a ciascheduno in luogo di fratello, ora è rimaso unicamente a’ religiosi d’alcuni Ordini regolari; così dalla parola latina soror, ne nacque quella di sorella, e di suora; che, se oggi sembra ristretta a dinotare le religiose d’alcuni Ordini quasi in segno che tutte tra di loro debbono essere come sorelle, anticamente s’usava di pari con tutte dicendole suore e sorelle senza risguardo veruno. La santa usò di ordinario scrivere suoro in luogo di suora, e di suore ancora nel numero del più, siccome ciò si trova nelle lettere del beato Giovanni Colombini alle monache di s. Abondio, e che scrisse pochi anni addietro a santa Caterina.

(C) E voi singolarmente, madonna. La voce madonna qui suona 10 stesso che signora, volendo la santa con tal titolo di riverenza distinguere la superiora dalle altre., (D) Ed io ho trovata di nuovo una luce bellissima, ed è quella dolce vergine Lucia rornnna. Non essendo sì note le geste di questa santa vergine Lu« ia, dacché il primo a pubblicarle, per quanto m» credo, fu Pietro de Natalibus, che visse uel secolo stesso che la santa, non è gran fatto, che non pi’ima ne avesse ella notizia, o perciò scrivesse d’avere di nuovo trovata una luce bellissima. Di questa il sopra citato autore sì ne favella: «Fu romaua di patria, ed ancora giovine fu menata in servi(ù da uu re barbaro per nome Anecra. Questi, avendo tentato di farle insulto nella pudicizia, e veggendosi dalla santa vergine generosamente rigettato, non pur si ritrasse dal recarle molestia, che anzi indotto per essa ad abbracciare la cattolica religione volle tenerle compagnia abbandonando 11 reame, e portandosi a Roma; ove aiucudu

cou altri avventurati

[p. 37 modifica]_ 37 compagni dierono la «ita in testimonio della fede V a5 di giugno, ntl qual giorno ce ne rinovano la memoria i «agri fasti della Chiesa ».

Cosi in corte parole rapportasi da quell’autore l’istoria di questa «anta, della cui ferità potrà furie altri entrare in dubbio singolarmente a cagione del nome di quel re ignoto all* memorie degli antich. scrittori, se per re non inlendesi alcun signore di picciolo Stato, e perciò non meritevole di piò ditiuta ricordanza, secondo che usavasi a’ tempi antichi, in cui erari tanta dovizia di re, che a poco non pareggiavano i titolati de’ tempi nostri, a’ quali poco forse Della potenza starano innanzi.

(E) quella dolcissima innamorala Maddalena. Fn santa Caterina singolarmente dirota della santa penitente Maria Maddalena, attndoglieta il Signore dwia per madre, couie %’ ha dalla sua Leggenda.

(/’).-fgnesa, che è agnello d. mnnsuetndìne e di umilità. Probabilmente fattila della beata Agnesa di Muntepulciauo, cui ella portata (iugulare venerati ne e rivereuza.