4. Democrazia partecipativa

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Nel capitolo precedente abbiamo trattato il problema di come potenziare e rendere più effettivi gli istituti di democrazia diretta presenti nell’ordinamento.

Se dare la possibilità al cittadino di cooperare e validare i suoi interventi diretti può essere considerato un traguardo importante, la partecipazione attraverso gli strumenti ICT non può di certo esaurirsi soltanto attraverso questo tipo di iniziative. Inoltre dobbiamo ricordare che gli attuali strumenti democratici diretti sono soggetti a riserve riguardo alle tematiche sulle quali possono intervenire.

Questo limite, se da una parte intende prevenire derive populiste o la sovversione dell’ordine gerarchico delle fonti legislative, dall’altra limita fortemente il campo di azione per questo tipo di strumenti.

Solo a titolo di esempio possiamo rintracciare nello Statuto della Provincia di Roma che:

“Non sono ammesse proposte di deliberazione sullo Statuto, sul regolamento di organizzazione degli organi di governo, sul regolamento di organizzazione, sulle deliberazioni tributarie e di bilancio e sugli atti in esecuzione di norme del diritto europeo e di leggi dello Stato e della Regione.”

Per lo Stato valgono le normali riserve di legge, le riserve che tra l’altro non permettono di operare sul bilancio essendo l’iniziativa di competenze governativa.

Quello che risulta interessante sottolineare è il modello organizzativo bottom-up e di aggregazione su base volontaria attraverso gli strumenti del Computer Supported Cooperative Work (CSCW).

Il processo organizzativo bottom-up su base volontaria.

Con questo termine intendiamo indicare i processi di costituzione di comunità di pratica, intorno ad un progetto, attraverso adesioni volontarie.

Questo processo è alla base di diversi progetti cooperativi presenti in rete che utilizzano strumenti CSCW per organizzare, discutere e coordinare il lavoro dei membri. Gran parte dei progetti nell’ecosistema open source, e anche Wikipedia hanno queste caratteristiche.

Il processo bottom-up, in particolare, vuol dire che la formazione del progetto ha origine dal basso verso l’alto.

l’iniziativa può nascere dalle esigenze e motivazioni di un singolo oppure di un gruppo che ottempera allo sforzo iniziale di avviamento dell’iniziativa effettuando, tra l’altro, la scelta degli strumenti di CSCW. Il gruppo iniziale o il singolo individuo ricoprono i ruoli amministrativi e di moderazione di questi strumenti.

La pubblicità del progetto, la trasparenza delle produzioni e dei canali comunicativi permettono di attrarre ulteriori membri interessati contribuendo a stabilire un flusso di crescita della comunità stessa.

Sebbene alcuni dei ruoli amministrativi e decisionali siano detenuti dai fondatori del progetto, le dinamiche di gestione dello stesso sono alquanto complesse.

Le caratteristiche di adesione volontaria a questi progetti non ne permettono, di per sé, una gestione coercitiva del ruolo delle leadership nei confronti dei membri.

Inoltre, in rete, le dinamiche del gruppo on-line rispetto a quello reale sono influenzate da diversi fattori come la percezione dell’identità che potrebbe influire sulle barriere di ingresso e sui costi sociali della fuoriuscita dal gruppo oltre che nella gestione dei conflitti.

All’adesione volontaria al progetto possiamo spesso incontrare caratteristiche di replicazione del capitale prodotto all’interno del gruppo.

Parlando di capitale prodotto intendiamo fare una distinzione rispetto al capitale “sociale”.

Il primo rappresenta l’insieme degli artefatti digitali prodotti all’interno di una comunità online: questo può essere il testo di un disegno di legge, degli articoli di un’enciclopedia, una documentazione, un prodotto software etc.

Il capitale “sociale” invece è costituito dall’insieme delle abilità dei singoli membri, dalle regole e ruoli che il gruppo ha stabilito e da tutta la rete di relazioni che si sono sviluppate nei membri nel corso del tempo.

La replicazione del capitale prodotto è presente in diversi progetti in rete che accettano di sottoporre gli artefatti prodotti socialmente ad alcune licenze che consentono questo tipo di pratiche.

Un esempio sono le licenze che regolano la distribuzione dei progetti FLOSS o le licenze Creative Commons per quanto riguarda la produzione di software e contenuti.

Gli artefatti digitali possono essere considerati di per se, a differenza dei prodotti materiali, una risorsa che non ha caratteristiche di scarsità. Ma definire non scarso un prodotto digitale può trarre in inganno perché può anche voler dire che il prodotto è soltanto abbondante come ad esempio la sabbia nel deserto o il legname in una foresta. In realtà la caratteristica peculiare del bene digitale è invece che sia possibile effettuarne una copia perfetta con costi praticamente trascurabili senza per questo distruggere o privare qualcuno dell’originale.

Quando queste repliche di duplicazione sono accettate all’interno della comunità evidentemente la gestione del conflitto cambia in parte la sua natura.

In un gruppo tradizionale la fuoriuscita dallo stesso oltre alla perdita del capitale “sociale”, porta sostanzialmente anche alla perdita di gran parte del capitale prodotto. Le tensioni che si creano nei confronti della leadership e la gestione stessa delle divergenze tengono conto di questi importanti costi di uscita lasciando spazio alla possibilità di una gestione più autoritaria del gruppo.

Nei casi in cui il capitale sia replicabile, invece, gli individui o eventuali gruppi scissionisti possono portare con loro una copia del capitale prodotto, dovendo comunque ricostruire l’infrastruttura sociale in una nuova comunità.

Il rischio quindi per le leadership è molto alto in caso di una gestione autoritaria e l’obiettivo di mantenere un livello minimo di consenso diventa prioritario per la sopravvivenza del gruppo.

La capacità di definire le deleghe, la permeabilità dei ruoli amministrativi in base all’impegno ed alle capacità, la trasparenza delle comunicazioni diventano fondamentali per la gestione di una comunità in espansione.

Riprendendo quanto accennato nella teoria dei giochi il rischio di frammentazione, in caso di scissioni successive per mancanza di consenso è molto alto perché potrebbe configurare il gioco con una somma negativa diversa da zero ovvero quello in cui nessuna della comunità divise riesca a raggiungere l’obiettivo.

Nell’esempio di una comunità online che si forma per collaborare intorno ad una proposta di legge popolare e decida di adottare una licenza di tipo "copyleft" per il testo prodotto, essa, oltre a permettere la replicazione del capitale sociale prodotto, ovvero il testo della legge ed eventuali informazioni strutturate a supporto, garantisce che le eventuali duplicazioni debbano rendere replicabili anche le eventuali modifiche. Immaginiamo che all’interno del gruppo di lavoro si creino alcune divergenze di cui non si è riuscita a trovare una ricomposizione. Alcuni membri potrebbero abbandonare il progetto, altri prendere il testo finora prodotto e portare avanti alternative cercando di trascinare con loro altri membri della comunità.

Il rischio di questa dispersione, alla fine, è che nessuno dei testi alternativi sviluppati nei diversi gruppi di scissione riesca a raccogliere il numero di firme digitali necessarie per dare forza all’iniziativa o semplicemente nessuno riesca a raggiungere il numero legale.

Èproprio qui che si configura l’aspetto cooperativo e volontario di queste comunità e l’adesione a regole di “replicazione” del capitale prodotto rendendolo un gioco a somma diversa da zero.

Quando i troppi particolarismi non riescono a ricomporsi il rischio di fallire l’obiettivo è comune a tutte le parti. La necessità quindi di mantenere una visone largamente condivisa e di costruire una identità rappresentativa delle varie posizioni si fa rilevante all’interno di questo tipo di gruppi.

Il modello bottom-up e partecipazione politica

Il modello a cui abbiamo accennato prima è adattabile alla costruzione di iniziative di democrazia diretta promosse da cittadini e associazioni. Attraverso il supporto degli strumenti ICT si ha la possibilità di costruire agevolmente una comunità di riferimento che cooperi alla redazione dei testi, delle informazioni a supporto delle decisioni, e alla raccolta dei consensi, che andrà formalizzata poi attraverso l’apposizione delle firme.

Queste iniziative di democrazia diretta organizzate dal basso possono essere definite come push.

Per iniziative push intendiamo quel tipo di iniziative che previste dall’ordinamento, come ad esempio gli istituti democratici diretti, per entrare nel processo ordinario della democrazia rappresentativa vengono preparate attraverso la società civile e una volta raggiunte le condizioni, previste dalla legge, possono essere “spinte” all’interno del processo. Nel caso di fallimento delle iniziative di tipo push non si compromette quindi il normale funzionamento delle istituzioni rappresentative.

La mancata occasione di intervento diretto sarà soltanto per i promotori del progetto e degli aderenti alla comunità. Se gli artefatti prodotti verrano rilasciati sotto licenza “libera” potranno sempre essere riutilizzati come base in un tentativo successivo o all’interno di un’altra comunità pratica.

Il funzionamento della comunità bottom-up pone dei vincoli anche se solo ci limitiamo come obiettivo il potenziamento e l’uso effettivo degli istituti democratici diretti.

Nel caso in cui si formino comunità che lavorano a versioni contrapposte o incompatibili sulla stessa proposta, oppure raggiungano entrambe l’affermazione sociale necessaria con l’apposizione di firme, non potranno entrare a far parte entrambe dell’ordinamento giuridico. In questi casi o si attribuisce alle rappresentanze politiche il compito di trovare una sintesi delle differenti proposte oppure si rischia un annullamento delle stesse ampliando il problema della gerarchia delle fonti.

Per limitare questa impasse potrebbe essere richiesta una validazione sociale più ampia per questo tipo di interventi democratici diretti.

Per gli strumenti che non richiedono il voto, da parte dell’elettorato, l’introduzione della firma digitale e l’informatizzazione della procedura potrebbero andare di pari passo con l’ampliamento del numero delle firme richiesto senza sovraccaricare la procedura degli sforzi logistici e organizzativi che la firma cartacea autenticata richiederebbe.

Aumentando quindi il numero delle firme si dovrebbe per forza costituire una comunità di larghe intese che possa integrare le diverse visioni e culture sul tema oggetto di intervento.

Partecipazione, autonomia e gerarchia delle fonti.

Abbiamo visto precedentemente che la soluzione politica di un problema può essere vincolata da una serie di interdipendenze sia verticali che orizzontali all’interno della procedura amministrativa. Quando parliamo di democrazia partecipata dobbiamo sempre tener conto del contesto di riferimento di questa partecipazione.

Ad esempio, se si crea una comunità locale che interagisce con il supporto gli strumenti ICT per definire le pratiche democratiche a livello comunale, quali interdipendenze dovrà affrontare con il sistema rappresentativo provinciale o regionale?

Nei rapporti tra le varie istituzioni possono essere sempre individuati spazi di autonomia di gestione del territorio e dei vincoli di interdipendenza. Questa ambivalenza la possiamo in parte assimilare alla differenziazione tra gli interessi locali e sovra locali, dove il concetto stesso di località varia a seconda del contesto (quartiere, Comune, Unione dei Comuni, Province, Regioni etc.).

Affiancare il concetto di autonomia, interdipendenza e località è invece di fondamentale importanza nel definire le pratiche di partecipazione democratica. Tra l’altro questi concetti possono trovare una certa corrispondenza con il problema della gerarchia delle fonti all’interno dell’ordinamento.

Ciò che cambia nel definire la località è l’universo di rappresentazione del problema. La singola problematica da risolvere all’interno del quartiere in realtà potrebbe essere semplicemente una singola declinazione di un problema che a livello generale e in forma più generalizzata, è riscontrabile in vaste zone del territorio. Quello che si ha localmente è la conoscenza del territorio e delle caratteristiche specifiche del problema.

La questione della località del problema non si pone nel momento in cui sia definito un universo autonomo di riferimento all’interno del quale possa essere trovata la soluzione.

Se, ad esempio, in un Comune si è definita l’esigenza della realizzazione di un parco, ed esso potrebbe essere realizzato attraverso gli introiti dell’addizionale comunale sull’ICI, il problema e la soluzione nascerebbero entrambi all’interno della sfera partecipativa comunale. Anche questo spazio autonomo è però stabilito dalle interdipendenze a livello nazionale. Ovvero, senza una legge che riservi al Comune di modificare l’ICI non esisterebbe nessun tipo di soluzione autonoma. Èproprio qui che rientra anche il problema del rapporto tra le fonti normative di ordine gerarchico, di competenza e cronologico.

l’ordine gerarchico stabilisce una differente forza tra le varie fonti legislative stabilendo che una sub-fonte non può entrare in contrasto con una fonte superiore. Ad esempio una legge ordinaria non può contrapporsi alla Costituzione o ad una direttiva europea.

La soluzione di competenza stabilisce invece degli spazi autonomi di riserva sui alcuni specifici temi. Un tema riservato alla competenza legislativa regionale non può essere regolamentato da una legge nazionale. l’ultimo, quello cronologico, definisce i rapporti di forza tra fonti paritarie in caso di confitto stabilendo la prevalenza della norma più recente.

Il problema della gerarchie e del conflitto tra le fonti, in realtà, è molto delicato ma è anche fuori dalla portata di questo lavoro poiché chiama in causa anche interpretazioni giuridiche complesse.

Quello che a noi interessa, in questo caso, è proprio l’ambito di definizione degli spazi di autonomia a livello istituzionale. La costituzione di comunità per l’esercizio democratico a livello locale potrebbe essere in grado di decidere soltanto nell’universo di riferimento autonomo. Ma una comunità locale ha anche esigenze in comune con una parte del territorio più vasto spesso non risolvibili all’interno della sfera autonoma.

Èimportante quindi che sia presente ai vari livelli locali un processo di democrazia partecipata emergente che sia “scalabile” attraverso i territori. Se una problematica locale non è risolvibile all’interno dell’autonomia della circoscrizione si crea di fatto un’interdipendenza a livello comunale dove deve esistere uno spazio democratico partecipato. Se non è risolvibile nello spazio autonomo comunale, bisogna risalire verso l’Unione dei comuni, Comunità montane, Province, Regioni etc. Se ad ogni livello che si risale non è presente un’ambito democratico partecipato il rischio è che si crei una dipendenza tra lo spazio partecipato e quello rappresentativo.

Quando parliamo quindi di e-participation a livello locale non possiamo non considerare all’interno delle proposte progettuali la definizione delle area autonome e di interdipendenza che potrebbero fortemente limitare le potenzialità di un progetto partecipativo.

In particolare il problema che si pone è relativo alla contrapposizione tra particolarismi locali e l’interesse generale.

Se gli spazi democratici partecipativi vengono strutturati solo sul più basso livello locale la sfera autonoma decisionale sarà fortemente ridotta limitando quindi lo stesso spazio decisionale entro il quale interagire. Tutti i temi emersi, non direttamente risolvibili in ambito locale, apriranno delle richieste a livello amministrativo superiore, dove le democrazie rappresentative dovrebbero portare avanti l’interesse generale mediando tra le richieste del territorio.

La presenza di strutture democratiche partecipative multilivello permette invece di ampliare lo spazio partecipativo senza relegare le democrazia partecipativa in un ambito particolaristico in contrapposizione con le rappresentanze democratiche tutrici dell’interesse generale.

E-participation multilivello e rappresentazioni territoriali.

Nella parte iniziale di questo lavoro abbiamo visto come si possa formare una o più rappresentazioni socialmente costruite delle realtà.

Le rappresentazioni e i modelli cognitivi del territorio diventano importanti in una prospettiva di e-participation multilivello.

Sia in ambito strettamente locale che nei livelli superiori si possono venire a creare esigenze diverse spesso in contrasto tra di loro a causa di diversità culturali o per le diverse proiezioni di soluzione.

Il ruolo dei rappresentanti non deve essere utilizzato per garantire l’interesse generale ma per configurare un gioco a somma diversa da zero all’interno degli spazi di interazione della comunità.

Abbiamo visto che per gli strumenti democratici diretti potrebbe essere raggiunto attraverso una richieste di validazione sociale più ampia accompagnata all’intera informatizzazione della procedura d'esercizio degli istituti.

Tutto questo, insieme alla definizione di policy che stabiliscano l’annullamento di proposte multiple sullo stesso tema,cioè di proposte che abbiano ricevuto una validazione sociale di pari importanza.

Oppure insieme a una variazione di quegli accorgimenti tecnici utilizzati ad esempio nella protezione della Costituzione la cui modifica richiede maggioranze qualificate o procedure rinforzate come il doppio passaggio alle Camere.

Riservare la possibilità d'intervento dei cittadini attraverso iniziative push e solo attraverso la costruzione di proposte largamente condivise impone la configurazione del gioco a somma diversa da zero.

Se non si riesce a trovare un accordo ricomponendo le esigenze di un certo numero di cittadini non si riesce a intervenire all’interno del sistema politico. Questo offre l’occasione di non frammentare le proposte in mille varianti ma cercare, attraverso la cooperazione e la conoscenza dell’altro, quali siano i vantaggi ed i punti critici di ogni soluzione alternativa in una percorso di perfezionamento costruttivo e condiviso.

La rappresentazione quindi deve passare da una visione con obiettivi di rivendicazione ad un riconoscimento complessivo delle esigenze in gioco.

Quest'affermazione può semplicemente sembrare una variante dell’approccio Multi-stakeholder nel quale debbono essere mediati gli interessi delle vari componenti.

Il concetto su cui è utile focalizzarsi allora non è semplicemente quello della mediazione tra le parti ma piuttosto quello della costruzione sociale della realtà. l’importanza, attraverso il riconoscimento “dell’altro”, di mettere in gioco ed espandere la propria visione dell’intero sistema può portare ad un più ricca e condivisa forma di rappresentazione della realtà perseguendo l’obiettivo di non mantenere una semplice posizione di rivendicazione dei proprio interessi ma cooperando verso un risultato che sia vantaggioso per l’intero sistema.

Nel momento in cui si prospetta un’ingegnerizzazione dei processi politici di tipo deliberativo, che includa l’e-participation come passaggio obbligatorio, il fallimento della costruzione di una proposta condivisa non può bloccare il processo politico amministrativo.

Per porre i processi deliberativi, che includano la partecipazione diretta dei cittadini, in un assetto di gioco a somma diversa da zero bisogna che vengano posti dei limiti temporali entro i quali le soluzioni condivise debbano essere costruite.

I ruoli delle rappresentanze politiche in questo tipo processo possono essere diversi.

Svolgere un ruolo di facilitazione nell’interazione tra i cittadini costruendo il supporto di conoscenza delle procedure amministrative;

attuare le politiche emerse all’interno del contesto di partecipazione che abbiano raggiunto una soluzione condivisa;

decidere con pieni poteri nel caso in cui non si sia arrivata a definire una soluzione all’interno delle comunità.

l’obiettivo quindi per i partecipanti è quello di riuscire a costruire una rappresentazione del territorio più ampia e completa possibile al fine di poter agire direttamente attraverso la deliberazione. Le soluzioni a somma diversa da zero sono la vittoria delle parti in gioco nel caso in cui si riesca a deliberare una decisione condivisa, di perdita nel caso in cui la proposta non riuscisse a raccogliere l’approvazione necessaria delle parti lasciando ai rappresentanti libertà di agire in piena autonomia.

Questa configurazione dovrebbe realizzarsi in ogni spazio partecipato che si costituisce ai vari livelli amministrativi.

Ad esempio, una volta sviluppata una soluzione condivisa in ambito di circoscrizione,e che sia attuabile con le risorse della circoscrizione stessa, viene approvata ed attuata dagli amministratori. Nel caso fosse necessario coinvolgere l’amministrazione superiore a quel punto la proposta passerebbe nell’ambito di interesse comunale.

Nello spazio di democrazia partecipata comunale i cittadini dovranno modificare le proprie rappresentazioni dovendo espandere la propria visione per riconoscere e comporre le altre esigenze emerse nel resto del territorio.

A questo livello è possibile che vengano identificate reciprocamente alcune esigenze in comune. I cittadini possono lavorare in cooperazione per integrare le proposte e migliorarle.

Seguendo questa prassi è possibile risalire i diversi livelli amministrativi rimettendo in gioco ad ogni passaggio la rappresentazione del territorio nell’incontro con le altre esigenze di zone geograficamente distanti e lontane dalla percezione del proprio spazio vitale. l’espansione del territorio di riferimento permette di ampliare così la sfera di autonomia deliberativa.

Questo tipo di processo può essere percorso dal basso verso l’alto ma l’iniziativa può partire direttamente da un livello superiore.

Se ad esempio alcuni cittadini hanno la percezione che una problematica sia presente su tutto il territorio comunale, provinciale o regionale posso provare a discutere la proposta, a svilupparla e cercare di raccogliere i consensi direttamente al livello amministrativo identificato.

Il problema delle gerarchie delle fonti si ripresenterebbe comunque alche a livello deliberativo; in questo caso andranno definite delle policy chiare all’interno del sistema che permettano la gestione dei casi di duplicazioni, accorpamenti, dipendenze ed incompatibilità tra i provvedimenti.

Nella definizione degli ambiti territoriali è importante strutturare in maniera chiara le competenze e di conseguenza le interdipendenze e gli spazi d'autonomia dei vari livelli amministrativi partecipati. Da una parte, valorizzando la conoscenza specifica del territorio negli ambiti locali, dall’altra privilegiando la definizione degli aspetti generali per i livelli superiori.

Il flusso di costruzione delle rappresentazione sociali della realtà territoriale è bidirezionale partendo dal basso verso l’alto nel cercare di ottenere consensi e visioni condivise ma anche dall’alto verso il basso nel modo in cui le visioni generali debbono coniugarsi con le esigenze locali.

l’affermazione della bidirezionalità dei flussi, le interdipendenze e le regole che definiscono gli spazi di autonomia possono portare ad una superamento della contrapposizione locale (particolarista) e centrale (a tutela dell’interesse generale).

In questo caso la configurazione del gioco a somma diversa da zero a livello locale è stabilita dalla necessità di affermare e comporre le proprie esigenze per poter accedere alle risorse disponibili nei livelli amministrativi superiori mentre per i livelli superiori è definire degli spazi autonomi rispetto alla località cercando di raggiungere il consenso su principi generali comuni.

Il fallimento dei processi deliberativi in uno dei due flussi risulta in una perdita secca per tutti i cittadini che interagiscono nei vari ambiti partecipativi lasciando piena autonomia decisionale alle rappresentanze politiche.

Modelli di partecipazione.

Quando si parla di partecipazione politica e dei progetti di partecipazione supportata dagli strumenti ICT l’obiettivo che ci si pone può essere diverso anche se spesso viene usato il termine comune di e-participation.

Una prima forma di partecipazione ricercata in alcuni progetti è di tipo conoscitivo-consultivo. Questo modello nasce dall’esigenza dei rappresentanti politici di accedere, attraverso l’interazione con i cittadini, alla conoscenza delle esigenze del territorio amministrato con l’obiettivo di portare avanti politiche più efficaci ed accettate.

Per quanto riguarda l’e-participation questi obiettivi possono essere raggiunti attraverso diversi strumenti a seconda del livello di indagine che si vuole raggiungere e dello spazio comunicativo che si vuole instaurare.

Si va quindi dalla semplice richiesta di commenti da inviare via e-mail agli amministratori, all’apertura di forum moderati sul sito internet dell’istituzione, alla somministrazione di sondaggi on-line fino ad arrivare alla costruzione di piattaforme digitali a valore sociale aggiunto in un approccio usato nei diversi progetti del web 2.0.

I modelli comunicativi cambiano molto a seconda degli strumenti di supporto che vengono forniti ai cittadini.

Nell’email e nel sondaggio on-line si avrà uno strumento di comunicazione diretta tra amministrazione e cittadino escludendo quindi forme di interazione tra pari”.

Nell’utilizzo dei forum, anche quando la moderazione degli spazi digitali e la definizione dell’agenda viene gestita dalle istituzioni, si ha l’opportunità, per i partecipanti, di interagire nelle discussioni innescando potenziali dinamiche evolutive degli argomenti. l’eventuale riconoscimento e costruzione di visioni condivise tra i cittadini permette di rafforzare il valore delle posizioni espresse nei confronti dell’amministrazione.

Anche se la struttura degli spazi comunicativi può costituire un fattore di diversa pressione per le politiche risolutive delle delle problematiche emerse, ciò che caratterizza l’approccio conoscitivo-consultivo è la mancata attribuzione di un potere deliberativo ai cittadini partecipanti.

I canali di comunicazione, aperti tra amministrazione e amministrati, non vanno quindi a vincolare il potere deliberativo delle rappresentanze ma, nel migliore dei casi, possono attribuire una responsabilità agli eletti nel mettere in atto le politiche emerse da questo processo.

Il non definire un vicolo preciso tra deliberazione dei rappresentati e le tematiche sviluppate all’interno degli spazi comunicativi può determinare il fallimento di queste iniziative.

Una diffusa sfiducia verso il potere politico, nelle intenzioni sottostanti l’apertura di spazi partecipativi e una scarsa aspettativa di vedere valorizzate le istanze dei cittadini può motivare la rinuncia degli stessi a sostenere il costo cognitivo e l’impegno temporale richiesti nell’interazione con la pubblica amministrazione.

Definire, a priori, una policy per l’interazione in questi spazi renderebbe almeno chiaro ai cittadini i risultati ottenibili dal processo.

Nei progetti più ambiziosi, quello che si cerca di definire è il modo in cui i processi di partecipazione arrivano a ottenere dei risultati concreti creando di fatto un insieme di vincoli nell’azione discrezionale degli amministratori.

Un rafforzamento di queste policy, che attribuisca agli eletti il vincolo di attuazione delle decisioni prodotte in questi spazi, contribuisce a caratterizzare una tipologia di processo partecipativo di tipo deliberativo.

In questo modello, le policy attribuiscono ai risultati dell’interazione tra i cittadini il potere di deliberare le decisioni prodotte.

Garantendo, alla fine del processo, un effettiva applicazione delle decisioni e delle politiche stabilite, si renderebbe possibile un ridimensionamento del potere detenuto dalle rappresentanze, fornendo motivazioni più consistenti ai cittadini che intravederebbero l’opportunità di esercitare una concreta forma di potere “diretto”.

La differenziazione dei processi deliberativi da quelli consultivi passa anche attraverso un cambio di paradigma: da una “rappresentazione dei rappresentati” ad una “rappresentazione tra i cittadini”.

Il passaggio è semplice ma fondamentale perché si passa da uno scopo conoscitivo, portato avanti dalle istituzioni verso gli amministrati, al riconoscimento tra i cittadini delle esigenze reciproche, che convivono nello spazio territoriale di riferimento.

Ciò che abbiamo affermato nei capitoli precedenti è proprio questo:

“la costruzione sociale delle realtà territoriali attraverso l’interazione cooperativa dei cittadini, con il supporto degli strumenti ICT e orientata alla produzione di atti deliberativi.”

Questo è il modello che si vuole sostenere, cercando di individuarne le problematiche e proponendo alcune soluzioni che ne permettano la realizzazione.

Prima di occuparci della specificità degli strumenti e degli spazi ICT per la partecipazione politico amministrativa riprenderemo alcuni dei concetti accennati precedentemente per introdurli all’interno della prospettiva deliberativa.

Inoltre verra fatto una breve excursus sul bilancio partecipato come strumento utile al superamento dei limiti che escludono l’utilizzo degli istituti democratici diretti nella determinazione e allocazione delle risorse pubbliche.

Il bilancio partecipativo come strumento d'intervento nella spesa pubblica.

Abbiamo visto precedentemente che per gli istituti democratici diretti sia escluso un potere d'intervento sulle questioni di tributarie e in generale di bilancio.

Proprio il bilancio è lo strumento tecnico-politico al centro delle Amministrazioni locali.

Nel Bilancio Partecipativo (BP) viene riformato il processo che porta alla determinazione delle voci e degli importi di bilancio, inserendo al suo interno la dimensione partecipativa.

La partecipazione, a seconda dei progetti di BP, può avere obiettivi conoscitivo-consultivi oppure deliberativi.

Per i progetti con finalità consultiva vale quanto abbiamo detto prima, ovvero essendo la deliberazione riservata agli amministratori si potrà avere al massimo una responsabilità politica sull’attuazione delle politiche emerse dal processo. I cittadini saranno meno interessati a mediare le esigenze, a costruire insieme le rappresentazioni e ad attrarre il consenso necessario per poterle deliberare.

All’interno di un progetto di BP di tipo deliberativo invece è presente una chiara opportunità per i partecipanti di esercitare un potere decisionale sulla determinazione delle entrate e di indirizzo della spesa pubblica. Sempre richiamando la necessita di configurare, anche questo tipo di interazione, un “gioco” a somma diversa da zero bisognerà porsi l’obiettivo di raggiungere una visone ampiamente condivisa tra i partecipanti attraverso maggioranze qualificate.

In termini di bilancio significa che una volta definita l’entità delle risorse delle entrate e in corrispondenza della capacità di spesa pubblica, il sistema deve raggiungere una delle soluzioni di equilibrio.

Il possibile raggiungimento di uno degli equilibri passa attraverso le fasi che abbiamo già accennato: la costruzione sociale della realtà territoriale che avviene attraverso la discussione dei cittadini, l’aggregazione, l’adattamento e lo sviluppo delle proposte affini e la mediazione delle risorse del sistema da assegnare alle singole proposte sviluppate. Questo, in particolare all’interno di un Bilancio significa riuscire a trovare una allocazione delle risorse che rientri nei limiti del sistema di spesa.

Proprio questo approccio si differenzia dalla logica di rivendicazione in cui i partecipanti cercano di allocare il maggior numero di risorse per soddisfare le proprie esigenze a discapito degli altri partecipanti. La logica di rivendicazione è proprio quella che configura un gioco a somma zero: tutta l’assegnazione delle risorse che riesco a togliere all’avversario mi viene attributa.

Il riconoscimento reciproco delle esigenze tra i cittadini e la loro costruzione di una rappresentazione del territorio condivisa permette di raggiungere una maggiore consapevolezza delle risorse da prelevare sul territorio e di come utilizzarle per soddisfarne le esigenze. Trovare una soluzione nell’allocazione delle risorse alle varie proposte vorrà dire di aver trovato la posizione di equilibrio che permette di deliberare, il non raggiungerlo comporterà per la comunità partecipante un mancata occasione di decidere gli assetti di bilancio lasciando “pieni poteri” alle rappresentanze politiche.

Anche il bilancio partecipativo rientra nel modello di partecipazione multilivello che abbiamo illustrato in precedenza. Partendo dall’assunto che l’economia degli Enti Locali non è di tipo autarchico ogni livello locale dell’amministrazione avrà delle dipendenze finanziarie con i livelli geograficamente superiori. Questi trasferimenti di risorse tra i vari livelli dell’amministrazione avviene attraverso diversi i flussi sia sul piano nazione che sul piano europeo ed internazionale.

No è nell’interesse di questo studio passare in rassegna le modalità di finanziamento e trasferimento fondi, ciò che ci interessa stabilire è che il prelievo a la gestione delle risorse sul territorio viene gestita a vari livelli amministrativi.

Ogni trasferimento di risorse, non strettamente vincolate, dal bilancio dell’ente superiore a quello inferiore crea uno spazio di autonomia decisionale. Diverse problematiche e progetti emersi all’interno del processo partecipativo nella comunità locale probabilmente non riusciranno ad essere risolti con le risorse finanziare gestibili in quel livello.

Si viene a creare a questo punto una “dipendenza” per la proposta nei confronti delle risorse finanziare presenti nel bilancio amministrativo del territorio più vasto. Per non riproporre una logica di rivendicazione e appropriazione delle risorse tra le proposte emerse su base locale e necessario che sia presente una spazio strutturato di partecipazione nella determinazione dei bilanci degli Enti Locali di ogni grado.

Una chiara policy delle competenze di spesa che implichi di conseguenza la determinazione degli spazi autonomi locali deve andare di pari passo con la definizione delle competenze deliberative di ogni livello amministrativo. Essendo il BP al centro della raccolta delle risorse sul territorio e della spesa pubblica è di fondamentale importanza definire chiaramente le attribuzioni e competenze per ogni strato amministrativo.

Specialmente quando ci si propone di farlo attraverso un processo partecipato deliberativo perché mentre nelle modello tradizionale le cariche politiche ai vari livelli amministrativi sono per la maggior parte assegnata a soggetti diversificati, negli spazi partecipativi arrivano ad interagire le stesse persone che condividono il territorio sovrapponendo i livelli di di partecipazione. Ènecessario quindi che abbiano ben presente cosa può essere localmente e ciò che invece deve essere discutere in uno spazio partecipativo territorialmente più vasto. La mobilità delle istanze tra i vari livelli amministrativi necessita quindi di una mobilità dei cittadini nei diversi spazi partecipativi.

Note