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el mezzo del cammin di nostra vita1
   Mi ritrovai per una selva oscura,
   Che la diritta via era smarrita.
È, quanto a dir qual era, cosa dura 1
Questa selva selvaggia e aspra e forte,5
Che nel pensier rinnova la paura!
Tanto è amara, che poco è più morte:
Ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai

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     Dirò de l’altre cose ch’io v’ho scorte.
I’ non so ben ridir com’io v’entrai;10
     Tant’era pien di sonno a quel punto,
     Che la verace via abbandonai.
Ma poi che fui al piè d’un colle giunto
     Là dove terminava quella valle
     Che m’avea di paura il cor compunto, 15
Guarda’ in alto, e vidi le sue spalle
     Vestite già de’ raggi del pianeta,
     Che mena dritto altrui per ogni calle.
Allor fu la paura un poco queta,
     Che nel lago del cor m’era durata20
     La notte, ch’i’passai con tanta pieta.

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1. In questi due primieri Capitoli sicome è detto fa proemio e mostra sua disposizione sì d’essere come di tempo, la quale disposizione per allegoria figura la disposizione della umana specie. Dice: Nel mezzo del camin di nostra vita, cioè in lo mezzo della comune vita, la quale è LXX anni, sichè quando comenzò questa opera avea XXXV anni. Dice che si ritrovò in una selva oscura. Selva,s’intende in vita viziosa, che sicome la selva è uno luogo salvatico e scuro, così la vita viziosa è salvatica rispetto alla virtuosa, ed è scura in quanto conduce lo uomo alla scuritade dello inferno e rimuovelo dalla luce del paradiso. E dice che la dritta via era smarrita, cioè che aveva in sè privazione di vita virtuosa. Or questo figura che la specie umana nel suo principio, cioè in puerizia, si è netta, buona e diritta; poi quando viene circa a mezzo della vita ella è sì lassiva e poco ferma che cade in peccato avendo diletto delle sensitive cose, le quali dilettazioni li conducono in vizii e poi a perdizione, salvo se per dono o grazia del sommo Creatore lo detto difetto non è soccorso e aiutato.

7. Vuol mostrare che quella vita è quasi come morte, salvo che la morte non ha poi alcun soccorso, ma a questa può essere per grazia, com’è detto.

8. Qui mostra come lo uomo si dovrebbe partire da pensare e adoperare tale vita: ma acciò che si possa prendere esempio per saperla schifare, è da farne trattato.

10. Vuol dire ch’ello non s’accorge quando entra in tali vizii, perchè la dilettazione sensitiva tiene la umana natura sì dormentata, che non si sente.

13. Qui mostra come si cominciò ad inlucidare2 ed a cognoscere l’essere suo e figura questa valle per la ditta vita viziosa; e per l’opposito monte figura la vita dritta e virtudiosa: e questo è perchè il monte si avicina più a Dio e la valle più al demonio3.

16. Dice come s’avide che la vita virtudiosa era illuminata dal splendore di Dio, lo quale mena ciascuno dritto per ogni via.

19. Mostra come cominciò a sperare e a fuggirli la paura.

  1. V. 4. Tutti gli editori danteschi si trovarono imbrogliati con questo verso, e il martello fu la prima voce. Chi fece Ah, chi Ahi, chi Eh; e si finì per mettere il verbo è dopo era, senz’accorgersi che commettevano ingiuria allo scrittor sommo. I mss. servili al riscontro pel Commento mancano di quel verbo, ma hanno E in principio; altri è vero hanno et; ma non i più né i più antichi. Gli antichi non accentavano, accentiamo noi ed abbiamo netto e vero il verso cui Dante scrisse; il senso: Quanto a dir qual era questa selva, è cosa dura. Il Cod. BV. che io così segno, quello che all’Università di Bologna avea il numero 135 e ora ha il 590 quest’esso portano, e altri. Tuttavia non sarei lontano dall’accettare quel del Cod di Cortona: E quanto a dir qual era cosa dura ec. rispondendo al tanto ec; ma per me quel tanto con quel che segue è uno staccato in sospensivo di considerazione, e di maggior effetto.
  2. Il Cod. Laur. XCV, 115, in pergamena, ha chiaro: Ad illucidire.
  3. Al cielo, e la valle più al centro della terra dove sta il demonio. R.
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