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13 Giugno. — Ieri, alle 6 1|2 pomeridiane, il cardinale Antonelli scendeva le scale del Vaticano per fare la solita sua trottata. All’ultimo capo trovò un tal Antonio De Felici, cappellaio romano, avente bottega in via Cesarini, precettato politico, il quale, colla mano sinistra, gli presentò un memoriale, e colla destra prese un’arma e lo investì. Il cardinale potè alquanto retrocedere schivando il colpo e gridare, e così i servitori, che lo precedevano alquanto, volgendosi, fermarono l’assassino. Questi, allora, gettò il pugnale verso il petto del cardinale, dicendo: «Hai fatto spargere tanto sangue, che conviene sia sparso il tuo. Io morirò; ma vi sono altri venti che vendicheranno la mia morte»1.

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24 Settembre. — Negli scorsi giorni sono stati arrestati otto bassi uffiziali del battaglione dei Cacciatori Pontifici, stanziati in Roma. I medesimi furono rinchiusi nel carcere politico di S. Michele.

Si dice che ricevessero sussidii da mani occulte, ossia dalla setta2.


18 Ottobre. — Alcuni giovani romani raccolsero franchi 1670, per fare una offerta ai loro fratelli di Piemonte, i quali, combattendo in Crimea sotto la bandiera italiana, hanno bene meritato della patria.

Non si conoscono gli autori e solo si lesse tutto ciò nella Gazzetta Piemontese dei 10 corrente.


16 Novembre. — Un tal Adolfo Mancini, arrestato politico, evase dall’ospedale de’ pazzi, dove si era fatto condurre fingendosi demente.

Si credette che il medesimo fosse già a Marsiglia; ma, invece, si tenne sempre nascosto in Roma, e nella sera dei 13 corrente fu nuovamente arrestato in una casa affittatagli dal macellaio Bernardini soprannominato il Telegrafo, in via Laurina, n. 14.

Egli era intento, insieme ad un Lucenti, campanaro, abitante in via Tordinona, alla compilazione di un programma rivoluzionario.

[p. 294 modifica]Un tale arresto è stato veramente interessante, poichè si rinvennero la corrispondenza settaria, i conti con la provenienza dei fondi ed erogazione, e circa dieci lettere già preparate a varii individui, tra’ quali ad alcuni militari.


24. — Poco dopo l’importante arresto in via Laurina, n. 14, di Adolfo Mancini di Ariccia, di Giovanni Lucenti, campanaro, in via Tordinona, n. 102, e del macellaio Bernardini, soprannominato il Telegrafo, ne furono eseguiti altri nelle persone di:

Giuseppe Zamboni, romano, domiciliato in via dell’Orso, n. 88, il quale si qualificò per un Morando, forestiere. I gendarmi, essendo entrati da una finestra, lo sorpresero mentre scriveva una lettera a Mazzini ragguagliandolo dell’infausto avvenimento dell’arresto dei comuni amici, deplorandone le le conseguenze, di Agostino Botaro, romano, da vario tempo dimorante in Genova e venuto, clandestinamente, a Roma.

Pochi giorni innanzi fu arrestato Gio. Battista Alessandrini di Ancona, ex-capitano di marina, quale sospetto in linea politica e possessore di varie monete di oro, e che, con i documenti pervenuti in mani della Polizia, si è verificato appartenere alla setta.

Si conobbe, inoltre, che i fondi alla setta venivano fatti con effetti provenienti da varie piazze estere, per mezzo delle cuffiaie merciaie:

Massoni, Ripari, Giovannetti, Duprè3.

[p. 295 modifica]Il Governo, intanto, prese anche alcune precauzioni rafforzando le caserme, esplorando lo spirito pubblico.

Il campanaro Lucenti, già compromesso nelle decorse vicende politiche, era stato esiliato. Per impegni di monsignor Fioramonti fu amnistiato e consegnato al Papa e quindi riammesso, come campanaro, in S. Maria Maggiore.


1° Dicembre. — Alcuni soldati pontificii, che da qualche tempo erano stati arrestati come sospetti di ricevere sussidii dalla setta, sono stati rilasciati per mancanza di prove, ma espulsi dal Corpo e sotto la vigilanza della Polizia.

Si dice che si stia trattando di chiamare a Roma tutti gli Svizzeri che sono al soldo della S. Sede e di mandare in provincia tutti i soldati pontificii che ora sono di presidio a Roma.







Note

  1. Il De Felici non adoprò, in questo suo tentativo, un pugnale, ma un forchettone. Dopo rapida procedura, fu condannato al patibolo, e morì impavido lasciando la moglie e un figlio chiamato Bruto. La moglie, il giorno della esecuzione della sentenza, fu trasportata, da casa sua, in quella d’un’amica, in via della Lungaretta, in Trastevere. Per sua sventura, una compagnia di soldati s’avviava allora al luogo del supplizio, alla Bocca della Verità. Inteso il rnllo dei tamburi, la povera donna rimase così atterrita che poco dopo impazzì, e pazza vive ancora all’ospedale di Roma.
  2. Gli arrestati, tra i quali erano Gaspare Sanguigni, Ettore Serafini, Luigi Paoletti, romani, Pietro Zamboni, bolognese, Paolo Diamantini, anconetano, d’accordo con alcuni borghesi, volevano sollevare Roma. Traditi da uno dei congiurati, chiusi nelle carceri nuove (non nel carcere di S. Michele, come narra il Roncalli), quantunque mancassero le prove, furono cancellati dai ruoli e condannati alla sorveglianza della Polizia o all’esilio.
  3. Ciò avveniva a loro insaputa.