Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Terzo

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DISCORSO TERZO.


ORDINAMENTO GIÀ ATTUATO, DECRETATO O DIVISATO SOLTANTO NE’ VARII STATI ITALIANI PER LA COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DELLE VIE FERRATE. PRESUNTI EFFETTI DI QUESTE. GIUDIZIO SUGLI EMANATI OD IDEATI PROVVEDIMENTI DE’ GOVERNI, E SULLE OFFERTE IMPRESE DE’ PRIVATI.


La nostra italiana penisola è posta in ottima condizione di luogo per l’ordinamento d’una ben intesa rete di strade ferrate ne’ punti principali della sua estensione.

Divisa longitudinalmente dall’Appennino; — circondata dalle Alpi e dal mare; — con un littorale estesissimo; — con lunghe valli che versano al Mediterraneo ed all’Adriatico le acque loro; — posta da una parte in faccia alla Grecia ed alle province slave, che sono a questa vicine; — dall’altra parte situata all’incontro delle rive dell’Africa e dell’Asia Minore, dove una novella civiltà esordisce; — costituita quasi antiguardo d’Europa a quell’Oriente, esso pure chiamato ad una nuova vita morale e materiale: l’Italia ha ne’ suoi porti marittimi altretanti scali atti a stazioni utilissime, a mercati grossi e depositi, non solo pe’ propri navigatori, così idonei alle fatiche di mare, ma per quelli eziandio delle nazioni or più date al traffico.

I passi dell’Alpi e dell’Appennino; — i grandi pianori della Lombardia e della terra-ferma veneta; — i colli facilmente superabili che da que’ monti a luogo a luogo diramansi; — le valli lunghissime per cui si giugne ad alcuno di quegli scali; — le valli minori che ad altri scali mettono, e dalle quali poscia con breve e facil passo si arriva alle successive convalli, d’onde si entra ne’ suddetti pianori: sono altretanti luoghi che la scienza e l’arte dell’ingegnere possono rendere di facilissimo transito, con appropriati mezzi di comunicazione.

Difatti codesti luoghi, opportunamente intersecati da vie ferrate, debbono portare dall’uno all’altro punto più lontano della [p. 106 modifica]Penisola, entro brevissimo termine merci e persone, e posson farlo con somma rapidità, mercè de’ nuovi veicoli ideati; onde nasce un immenso vantaggio delle relazioni di ogni specie che seguir possono tra’ varii popoli, e più particolarmente un grandissimo profitto di quelle commerciali.

E, valga il vero, quando alcune strade ferrate congiungano l’uno coll’altro scalo italiano, abbenchè posti sui due mari; — quando alcune diramazioni di quelle strade pongano le capitali de’ varii Stati della Penisola, dov’è copia maggiore di popolazione agglomerata, in pronto ed immediato contatto colle altre città più popolate di quegli Stati e de’ circonvicini, abbreviando, in certo modo, le distanze che le separano; — quando, col mezzo d’altre diramazioni delle dette vie, si possa più facilmente ed in minor tempo arrivare ai grandi laghi dell’alta Italia, per oltrepassarli ancora, e giugnere ai punti più vicini de’ passi imponenti e difficili di quelle giogaie alpine; — quando, per uno sforzo più ingegnoso ancora della scienza e dell’arte, con una via ferrata si potesse superare inoltre taluno di que’ gioghi; è chiaro, che gli scali maggiori d’Italia sarebbero così posti eziandio in più facile, breve e pronta relazione con quelli della Gran Brettagna, di Francia, Svizzera, Lamagna e delle province slave; — ch’essi arriveran, parimenti in tal guisa a meglio corrispondere cogli emporii maggiori del mare del Nord; — che potranno più facilmente far pervenire a quelle grandi arterie commerciali e naturali oltremontane, che sono il Rodano, la Loira, la Sonna e la Senna; la Schelda, la Mosa, il Reno ed il Danubio; l’Elba e la Vistola, tutte esse pure insieme congiunte da canali e da strade ferrate d’ogni maniera dovunque aperte in gran copia. — Ed è pur chiaro che quelle vie navigabili e ferrate ormai faranno, viepiù moltiplicandosi, dell’Europa intera una sola popolazione più omogenea per tendenze conformi, per interessi eguali, per reciproche convenienze facilissimamente conciliate; ondechè nascerà forse avverato un giorno quel voto d’alcuni buoni, fin qui tacciato di ridicola utopia, d’una vera e permanente universale concordia tra le nazioni.

Ancora; congiungere, mercè delle strade ferrate da aprirsi, i [p. 107 modifica]due mari Mediterraneo ed Adriatico su due punti, l’uno medio, l’altro estremo della Penisola; — risparmiare così ai naviganti che procedono dall’Atlantico il lungo giro dell’Italia intera al di là della Sicilia, od almeno quello dello stretto che separa la detta isola dall’ultima Calabria; — facilitare eziandio le corrispondenze coll’Oriente, la più remota India e la lontanissima Cina; mercè del più facile, più pronto e men costoso trasporto delle merci e delle persone che colà vanno o ne provengono, più agevolmente facendole pervenire alle altre vie consimili oltremonti pure aperte; — rendere in somma ogni distanza minore, abbreviando il tempo prima impiegato a superarla, e riducendo la spesa cui dianzi doveasi sopperire per que’ transiti: sembrano, come sono infatti, benefici immensi, i quali, una volta procurati a questa nostra bella e cara patria, debbono oltremodo accrescerne la prosperità.

Il congiungimento degli scali primari è, a nostro parere, uno de maggiori mezzi che possono condurre a quella prosperità.

Nè solo all’Italia premer debbe di conseguir tal fine, ma agli stessi altri popoli dati al traffico universale ne sembra che debba riuscir vantaggioso. Chè molto erroneo sarebbe, per nostro avviso, quel consiglio il quale, pel gretto timore di perdere qualche avventore dell’interno, o per una mal intesa rivalità di speculazioni consimili, volesse negare facilità e comodo a tali congiungimenti.

Genova a Venezia ed a Trieste congiunta; — Genova istessa e Livorno ad Ancona; — Napoli a Manfredonia, a Brindisi ed anche ad Otranto od a Taranto, non solo non si arrecherebbero danno alcuno, ma grandemente moltiplicherebbero gli scambi loro. Laonde ben presto succederebbe a que’ porti come a quelli di Anversa e di Ostenda nel Belgio, che il tonnellaggio delle navi colà giunte e ripartite, dopo avervi operato alcuno di quegli scambi, coll’accresciuta misura di stazzo dimostrerebbe anche ai meno veggenti un traffico grandemente aumentato.

Infatti questo solo prospera veramente là dove idee larghe e benefiche per l’universale presiedono al suo ordinamento; mentre in vece debbe riuscire stagnante e meschino là dove i gretti pensieri [p. 108 modifica] le invidiose emulazioni, le gelose rivalità per mala ventura giungono a prevalere.

Di questa lamentevole conseguenza la storia del commercio de' popoli in ogni età ci offre ripetuti esempi; e se taluno di essi pur riusciva a vincere il proprio rivale ed a procurarsi un aumento anche notevole di profitti per qualche tempo, traendo quello ad una innegabile decadenza, la durata de’ mal compri vantaggi non tralasciava dall'esser fra non molto seguita dalla comparsa di nuovi rivali sul mercato della concorrenza. Costoro, seguendo lo stesso sistema, riuscivano essi del pari a lor torno a conseguire uguale scopo, finché da altri nuovi rivali ancora essi pure erano soppiantati.

Se invece le somme spese per rovinarsi a vicenda nell'emula gara si fossero consegrate a facilitare le reciproche speculazioni negli scambi rispettivamente più naturali ed appropriati, certamente il comune vantaggio ne sarebbe derivato, senz’alcun danno altrui.

Egli è perciò che, scendendo ad uno de' molti casi pratici attuali che abbiamo sottocchio nella nostra Penisola, noi non possiamo dividere la municipale premura del d’altronde stimabile signor ingegnere toscano Castinelli, il quale in una sua lettera all’ottimo signor Vieusseux, così benemerito però d’ogni ben inteso progresso, affaticasi ad intessere argomenti, onde impegnare i Toscani ad intraprendere la costruzione d’una strada ferrata da Livorno a Parma per Pisa, Lucca, Massa, Sarzana e Pontremoli, onde togliere a Genova (che chiama la superba, quasiché non avesse per le passate sue vicende e pei suoi monumenti diritto a quel titolo) a pro di Livorno qualche avventore1.

La pregiudicata opinione di lui non gli concede appunto d’avvertire ai gravi ostacoli di quell’impresa; al nessun adequato sperabile compenso di essa; allo spreco che perciò ne deriverebbe d’ingenti capitali cui altro impiego tornerebbe per certo ben più proficuo allo stesso scalo, che pur vorrebbe beneficare; le quali asserzioni pigliam fin d’ora l’assunto di giustificare nei vegnenti capitoli 4.° e 6.° [p. 109 modifica] Mal avventurate gare municipali, notisi ancora, le quali, sempre vive da tempo remotissimo nella nostra Italia, accelerarono pur troppo la nostra rovina, e ci fecero in ultimo resultato servi altrui, in que’ frangenti appunto ne’ quali una costante tendenza ad opinioni concordi ci avrebbe invece condotti a quella condizione di ricchezza e di potenza cui la nostra posizione felice, e la gran copia delle nostre facoltà intellettuali e materiali pur sembravano averci chiamati! Laonde par lecito affermare, che se abbiamo due volte perduto l’incontrastabile primato civile e morale, onde fummo padroni, e che ora inutilmente cercheremmo di ricuperare (dovendoci piuttosto restringere a dividerlo almeno colle altre nazioni, cui non può negarsi sia di presente attribuito), ciò si debbe unicamente ripetere dalle nostre discordie! — E se nella presente tendenza commerciale a riprendere le antiche vie del gran traffico, dove abbiamo, la Dio mercè, luogo così opportuno, noi ci ostiniamo ancora in questa, che chiameremo con istraniera espressione già usata, emulazione di campanili; ogni pur fondata speranza di notevoli profitti può considerarsi perduta affatto, e rimarremo pur troppo infingardi e poveri spettatori dell’intelligente ed operosa solerzia de’ trafficanti esteri, i quali c’involeran facilmente i molti vantaggi cui però più di tutti pur potremmo aspirare.

Queste sono le idee fondamentali che ne piace esporre fino dal primo esordio di questo discorso, nella parte d’esso in cui si tratta d’applicare i canoni principali stabiliti nel precedente, poiché ora siamo giunti al segno di trattare l’argomento delle strade ferrate italiane in modo più pratico ed esplicito.

Se coloro cui accadrà di leggere questo nostro povero discorso intendessero adunque di trovarvi per avventura insegnamenti atti a mostrare come per le nuove vie ferrate, che il voto dell’universale così giustamente desidera aperte, possa l’uno all’altro scalo italiano far concorrenza, al fine di nuocersi nel rispettivo traffico; ne dismettano, di grazia, pure il pensiero, e tralascino dal dare attenzione a queste pagine altrimenti che col lodevole divisamente d’acquistare un convincimento opposto, il quale sarà, la Dio mercè, più conforme alle idee di vera patria [p. 110 modifica]carità. — Perocché alla compiuta fusione di tutti noi, che figli pur siamo di madre comune, non alla maggiore separazione d’emoli e discordi fratelli tendono e tenderan sempre gli sforzi delle povere nostre facoltà; ai quali sforzi perciò preghiamo dal cielo quel buon successo che solo può compensare la nostra fatica.

Per meglio procedere in essa, continuamente sorretti da cotest’idea d’una compiuta fusione d’interessi e di speculazioni comuni; la quale fusione può operarsi, lo ripetiamo, intera, senza menomamente ledere all’indipendenza de’ singoli Stati italiani, come non nocque la fusione germanica alla libera azione dei governi di quella contrada: noi prenderemo per primo punto di partenza delle nuove strade in discorso gli scali maggiori di Napoli, Venezia, Trieste, Livorno, Genova ed Ancona. Perocché quanto agli altri scali minori non crediamo il presente nostro assunto richieda di fame altrimenti menzione che di volo, e quando sol possa essane il caso a maggiore illustrazione del nostro discorso.

Cotesti scali minori, sebbene essi pure di qualche importanza, rispetto al traffico interno specialmente, sono: Otranto, Barletta, Brindisi e Manfredonia sull’Adriatico; Taranto sul Jonio; Cività Vecchia, Savona e Nizza sul Mediterraneo.

Noi perciò toccheremo d’essi più brevemente, a scanso di soverchi particolari, i quali ci distraessero dal più essenziale obbietto per cui scriviamo, quello di contribuire colle sebben deboli nostre forze al generoso quanto proficuo proposito di far si che la comune patria nella presente rivoluzione che si prepara al corso de’ commerci, riprenda quella condizione che la sua situazione e le sue facoltà debbono assicurarle.

Premettesi ancora, che allo stesso fine di tendere al più essenziale obbietto preallegato, senza entrare nella specie e nella natura de’ varii traffici d’ogni scalo, e nella somma de’ capitali, che vi sono o possono chiamarvisi quando ne resulti il più utile impiego loro, parleremo principalmente del più o meno facile accesso marittimo; delle stazioni cui servono, e delle strade che ivi metton capo, sì al1’intemo, che all’estero commercio destinate. Cosi basterà all’assunto nostro poter discernere [p. 111 modifica]qual beneficio debba realmente derivare dalle nuove vie ferrate, e nel cercare di conseguire col migliore ordinamento di esse il beneficio medesimo, riusciremo a tenerci lontani da ogni illusione dove altri inciamparono, unicamente mirando alla realtà ed utilità vera delle imprese.

L’ordine del nostro esame sarà dunque:

1.° Le strade ferrate napoletane.

2.° Quelle del regno Lombardo-Veneto.

3.° Le triestine.

4.° Quelle toscane e lucchesi2.

5.° Quelle degli Stati sardi di terra-ferma.

б.° Quelle degli Stati parmensi.

7.° Quelle degli Stati estensi.

8.° Quelle finalmente degli Stati pontifici.


Cominciamo ora siffatto esame3.

Note

  1. Vedi il Giornale agrario toscano, tomo XVIII, pag. 220.
  2. Queste strade, benché appartenenti a due Stati italiani indipendenti, ora uno dall’altro distinti, pongonsi insieme, perchè, oltre al far parte può dirsi d’un sistema che fondasi sulle stesse basi, i due paesi sono col tempo chiamati a formare uoo Stato solo soggetto allo stesso principe.
  3. Nell’ordine che abbiamo scelto, non tanto si è avvertito alla relativa importanza che gli Stati italiani hanno, quanto alla precedenza, che ognuno d’essi ebbe nel far uso del nuovo trovato, o nell’ideare d’accingersi a tale uso. Questa, e nessun’altra precedenza d’ogni specie, abbiam voluto notare.