Delle speranze d'Italia/Capo III

Capo III

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CAPO TERZO.

di un regno d’italia austriaco


1. Ed io, sono per farne uno, che spero sia il più inutile di tutti. Ma volendo noverar tutti i sogni moderni fatti sull’Italia; accennerò anche questo; il quale del rimanente non è se non una modificazione di quello testé detto. — Alcuni sono così innamorati del regno d’Italia, che vorrebbero vedere tutta la penisola soggiogata agli stranieri i quali ne tengono una parte; colla speranza, che così riunita, ella fosse per liberarsi poi tutta da sé, ovvero (non avendo io verificato qual dei due si speri più) che ella sia liberata spontaneamente dagli stessi stranieri.

2. Questo è sogno rinnovato dall’antico ghibellino. E quindi io chiamerei Neo-Ghibellini siffatti sognatori; se non che nè essi, nè i Neo-Guelfi, nè in generale le parti e le condizioni politiche da gran tempo cadute e mal cadute, non si [p. 24 modifica]restaurano. Il sogno ghibellino non s’effettuò, nemmen quando l’Italia era abbandonata a Germania da tutte le altre potenze cristiane; quando Germania era tenuta per posseditrice legittima d’Italia, e Italia scotente il giogo, per provincia sollevata; quando non uno o due scrittori, non alcuni congiurati, non alcuni impazienti, ma quasi tutti i principi, e la buona metà dei popoli nostri eran ghibellini; quando rimaneva talor sola a propugnar l’indipendenza or Milano, or Alessandria, or Ancona, più sovente Firenze o Roma; ondechè non è probabile nè possibile che riesca il sogno neo-ghibellino, ora che ha ed avrà contra sè tutti i principi italiani, tutti i popoli loro, e della provincia straniera, e poi Francia, Spagna, e Germania stessa, ed intiera la Cristianità. Il Neo-Ghibellinismo è una illusione o delusione simile a quella di tutti i sovvertitori, quando vogliono sacrificare il presente al futuro. Il Gioberti è ammirabile in questo particolare, e sarebbe tutto danno mio il voler insistere su ciò che è così ben provato da lui: che le rivoluzioni immaginate da’ pochi non si fanno da’ molti; i quali non ne fanno mai se non per oltraggi presenti e gravissimi. Ma fra le rivoluzioni non fattibili, la men fattibile fu sempre quella che sacrifichi l’indipendenza presente per una eventuale. Lo sanno adulti e bambini, che ciò che si pren[p. 25 modifica]de non si rende, se non per forza; ondechè la proposizione del lasciar prendere sulla speranza che sarà reso, è, a malgrado di qualunque gran nome bene o male invocato di Napoleone, Macchiavello o Dante, proposizione da uomini rimbambiti oltre il bamboleggiare de’ bimbi. — Ma aggiugniamo per amor di giustizia verso l’età nostra progredita, che tal sogno non è fatto oramai se non da pochissimi Italiani, e non è nemmen sogno de’ nostri signori stranieri. Il Neo-Ghibellinismo non è, che io sappia, nè proposto, nè promosso, nè accettato, nè sofferto nemmeno da niuno di essi; se non sia stato forse da qualche capitano di bersaglieri di presidio in qualche terracciuola di Romagna, e divisante col capo-popolo di colà sulle sorti italiane future.

3. Non credendo io nè buona nè possibile nella storia l’imparzialità tra coloro che fecero meglio o peggio in ogni età, se io scrivessi storie italiane del medio evo, io starei molto più sovente per li Guelfi, che mi paiono (a malgrado i loro numerosissimi errori) la parte senza paragone migliore, più assennata, più politica, più virtuosa, più italiana. Se fosse possibile che si restaurassero mai parti simili in Italia, che i nomi di Neo-Guelfi e Neo-Ghibellini si avessero ad applicar non ad alcuni sognatori solamente, ma a due parti combattenti in Italia; io vorrei, se[p. 26 modifica]condo il precetto antico, combattere per la men cattiva, e combatterei per la Neo-Guelfa. Ma prego Dio, che ci salvi da queste stoltezze di più; ed ho fermissima fiducia che ce ne salverà; non veggo possibilità nè all’adempimento di tali sogni, nè alla formazione di tali parti; non veggo di qua come di là, se non rari ed impotenti sognatori. Guardiamoli e passiamo1. [p. 27 modifica] [p. 28 modifica]

  1. Alcuni moti, alcune voci sorte da pochi mesi che scrissi ciò, paiono ad alcuni dar maggior importanza ai sogni neo-ghibellini. Io, deplorando tali novità, non so dare loro tale importanza; epperciò non muto nè allargo ciò che mi venne detto dapprima.

    Nota della prima edizione.

    A malgrado quanto precede contro alla resurrezione delle due parti Neo-Ghibellina e Neo-Guelfa, uno scrittore della Revue des deux Mondes, 15 mai 1844, pagine 678, 679, mi fa esclamare a proposito di una confederazione Italiana che comprendesse il principe straniero: «Ce serait renouveler le saint Empire en Italie; ce serait de la folie. S'il y a des néo-gibelins, je serai néo-guelfe»; tutto ciò, sic, virgolato, quasi fossero parole mie riferite testualmente. Eppure, io ricercai invano nel testo mio; e concedendo che la prima frase è implicata in altre mie (principalmente capo vi, § 3), io nego aver detto mai, voler esser Neo-Guelfo in niun caso. Anzi quant’è sopra esprime disapprovazione, respinta, disprezzo delle due parti, o piuttosto dei due nomi vani di Neo-ghibellini e Neo-guelfi; anche di questi, per li quali dico che combatterei come meno cattivi e se facesser parte; ma i quali dunque io dichiaro cattivi e non facenti parte. Quindi se quello scrittore degni attendere un po’ seriamente al libro mio, o almeno a un capitolo, o almeno alte frasi da coi egli trae la sua citazione virgolata, ei troverà naturale ch’io respinga la ridicola qualità di le plus noble et le plus chevaleresque dei Guelfes, — come poi la supposizione ch’io abbia scritto au point de vue di qualsiasi corte. Io avrei creduto che la dedica e la prefazione, nelle quali narrai l’origine del mio scritto, e parecchi, anzi molti passi di esso, e il nome mio apertamente postovi, ed anzi l’intiero librò, scritto se non altro con ispontaneità d’opinioni e di stile, farebbon chiara a chicchessia, la spontaneità, anzi l’indipendenza del mio point de vue. Il punto di vista in che mi posi e tenni non è quello di nessuna corte, anzi nemmeno di nessun principato particolare Italiano, ma di tutti; perchè lo credo il solo punto di vista Italiano contro al punto di vista straniero. — Del resto continuin altri Italiani a dare agli stranieri il non bello spettacolo delle supposizioni ingenerose contro a chiunque fa o scrive qualche cosa in Italia. Io non iscenderò mai, se Dio mi sorregga, nel campo, facile, delle recriminazioni. — E nemmeno in quello del suddividere e moltiplicare le parti in Italia. Io non veggo con quello scrittore quattro parti: liberali, assolutisti, ghibellini e guelfi; nè altretali con altri. Più guardo e studio, più veggo due sole parti essere grandi ed importanti in Italia (come sono due soli grandi punti di vista, due soli grandi interessi nella sua politica; come due sole specie di territori! nella sua geografia, territorii Italiani e territorii stranieri, Principati indipendenti e provincia dipendente); dico che sono due sole grandi parli, la nazionale e la straniera; quella di coloro che disperano dell’indipendenza o s’adattano alla dipendenza; e quella di coloro che sperano e promuovono la liberazione. E chiamo poi, secondo natura ed etimologia, liberale chiunque si vuol liberare in qualunque modo; non reggo nei modi diversi, se non diversità interne della gran parte consenziente nel gran principio; e tutto il libro mio (prima e seconda edizione) non è se non discussione di famiglia tra tali consenzienti. Tutti gli altri sono per me profanum vulgus, et arceo.

    Nota della accenda edizione.