Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte III/Storia dell'Entusiasmo

Storia dell’Entusiasmo

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Parte III Parte III - Climi
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STORIA

DELL’ENTUSIASMO.


Merita qui di considerarsi primieramente quella costante vicenda e quel giro, che dal primo mostrarsi insino all’ultimo decadimento ebbero l’arti e l’entusiasmo con loro in tutt’i secoli greci, romani, italiani, francesi, ed ogni altra gente, in cui più fiorirono i liberali studj, l’epoche varie, e i cambiamenti successivi ne’ loro lavori, e negli autor loro, benchè secondo le circostanze con differenza non sostanziale. Prendiamo ad esempio i nostri italiani, sì perchè a noi più noti, e sì perchè cinque secoli contano di letterarie vicende.

Avvenne sempre, che cominciossi dalla barbarie e dalla ignoranza, si passò ai lavor faticosi e stentati, si giunse al bello, poi seguì l’ornato e frondoso, sinchè terminossi nello sfacciato ed esagerato. I pittori per esempio prima di Giotto e di Cimabue, [p. 128 modifica]dello Squarcione e del Verrocchio erano la tutto grossolani e ridicoli per vera barbarie-».

Successero a quelli i secchi copiatori servili senza prospettiva, a poco a poco cercando e trovando or questa, or quella bellezza, ina, stando alla verità quasi ignuda: vennero i Francia, Mantegna, Gio: Bellino, Pietrp Perugino. Gli scolari di questi furono i Vin, ci, i Correggi, i Rafaelli, e per essi venne»’ il meriggio più chiaro, toccossi il perfetto, il non più oltre. Eisognò dar addietro, e vennero i pittor manierati, come diconsi i graziosi, i ricercati, i pomposi, benché decUv tro a certi limiti, e non all’ eccesso. A qui sto giunsero i successori, e fu grande la decadenza, come ognun sa.

Così tu della poesia, dell’oratoria, dell’arj chitettura, e così in tutte le nazioni pocp-’J diversamente. Si consideri la poesia tra noiJI Siccome dopo i canti fescennini, o saturn&JB li, e le leggi scritte in versi vide Roma Pacuvio, Lucilio, ed Ennio -, così noi dopo il mille, in cui i versi leonini, gli acrostici, e simili furono in uso, e qualche voi’ gare versificazione mezzo latina, e mezzo i [p. 129 modifica]ita-Dell*Entusiasmo.129 italiana, e tutta barbara, vedemmo Guitton d’Arezzo succedere, e Guinicelli, e Cavaicanti. Seguì Dante alquanto secco, aspro, irregolare, e poi Petrarca in parte scorretto e incolto, massime nelle opere sue più studiate, benché nel canzoniere in parte giu_ gnesse all’ottimo, e formasse la nostra linT gua, e la poesia principalmente (1). Tutto il secol seguente debb’esser posto con lui, prima vizioso, massimamente per l’imitazione servile di lui, e de’ latini, e de’ greci allor conosciuti, e poi lodevole, anzi preclaro per Ariosto e Tasso, e per gli altri non imitatori, come Virgilio ed Orazio, dopo Lucrezio e Plauto succeduti immediatamente ai primi, e posti quasi in mezzo tra gli uni e gli altri. Finirà la qual generazione giunta al sommo, Chiabrera cominciò a prendere fórse troppa libertà, e a cercare strane miniere, così i! Tassoni, ambi originali, e incito più il Marini, che stabilì il nuovo gusto, ma quando fi volle prode ingegno, e spes(i ) Nota decima terza.

Tomo IV. I [p. 130 modifica]spesso inimitabile; e fu desso prima l’Ovidio, poi il Lucano, e lo Stazio, da cui vennero i nostri Seneca, Petronj, Claudiani, Marziali, l’Achillini, il Preti, il Mascardi, il Loredano, e la colluvie dell’immondo seicento alla fine. Ognuno applichi queste vicende per gradi, e per concatenazione poco dissimile ai greci, ai francesi, e in parte agli inglesi, e ad altri popoli, poiché manca lor qualche anello della catena. Or meditando su ciò, parmi veder ì’entusiasmo prima sepolto sotto alle ruine, se non per qualche raggio si mostri fortuitamente» (poiché sempre egli é pure, ove son uomini, e bisogno di piaceri e di comodi alla natura umana convenienti) ma quel raggio sì languido e passeggero, che appena lascia di sé memoria e vestigio. Poco a poco sgombrandosi la salvatichezza e la barbarie con qualche riposo dalle stragi e dall’inondazione dell’ignoranza mette fuori il capo, e si diffonde qualche scintilla a sgombrar quella notte. Incontra tenebre folte, difficoltà, incertezza, e si va tra poca luce tentoni seguendo que’ primi lumi, e questi vengono da[p. 131 modifica]i è più robusto d’ingegno ha più robustezza ancor dal salvatico, che in lui resta dell’ educazione guerriera e feroce, onde viene; sicché in mezzo al suo ruvido scappano fuori grandi e sublimi tratti di più possente entusiasmo. Dante basti per ogni esempio. Intanto va sempre crescendo ed acquistando terreno secondo le circostanze più favorevoli, e le ¿¡sfavorevoli a suo prò rivolgendo, quasi abbia una intrinseca forza irresistibile, quando ha cominciato a moversi per la sua carriera, cioè trovandosi I’ uomo sempre avido e bisognoso di novità, di piaceri, di comodi, di tentativi, quando il campo gli è aperto a godere, a perfezionarsi. Infin giugne alla perfezione vinte le prime fatiche, sgombrate le tenebre, sboscato il campo, e produce quelle opere, che fan la [p. 132 modifica]ia gloria e la delizia del genere umano per futri i tempi, come il provano i due primi secoli d’Alessandro e di Augusto, e prova già molto anche quello dei Medici, e proverà sempre più quello di Luigi XIV ( i )> pèrche quel segreto istinto dell’ entusiasmo ^tirando sempre nella natura, sempre cora( i ) Questo re* fu P Augusto del buon se- | colo francese; quantunque Francesco I. aves- a se tentato chiamando gl’italiani a se, prer j miando i dotti, e animando i talenti di far- 1 Io sorgere al tempo suo. Ma ognun sa, che periron nascendo sì belle speranze. Vorrei; sapere perchè il signor le Batteu unisca in- -ij1 sieme l’Italia e la Francia come compagne eguali nel rinascimento delle arti e delle lettere al ijoo. Si videro, ei dice, gli artisti j italiani e francesi, che non aveano lasciato c; lavorare, benché nelle tenebre, si videro fl riformar le loro opere su i gran modelli ec.’fl e poco dopo soggiugne: la pubblica arami, ’ j razione ben presto moltiplicò i ralenti, 1* e- ^ mutazione animolli, le opere belle manifestaronsi d’ogni parte in Francia e in Italia ec.

Prtnc. eie Leiterat. Tom. i. Par:, l. Basta gittate uno sguardo su quel secolo, per riconoscere, ccme han tatto tutti gli altri scrittori francesi, che solamente verso il 1660.

cominciò i’epoca delle lor.o arti, ed [p. 133 modifica]ingegni.

pia-Devl’E’ntusiasmo.xtì piacesi di se stesso, trovandosi, risentendo si ed appagandosi in quelle immortali, > perfette opere, che son sue,; benché fatte ab antico, benché in misere età, che 1’ opìs.

primono e legano, benché tra contrasti, e corruttele, e falsi gusti tirannici. Allori però quando é giunto sul trono, e regna sovranamente, maraviglioso é il suo potere nelle arti tutte ad un tempo, su tutti gl’ingegni, in tutto il pensare, lo scrivere, l’immaginare d’trna nazione, comunicandosi d’uno in altro, e dominando su tutt’i cuori, e contentando tutt’i bisogni ed i gusti. Ma questi, contenti che sono, poco a poco cadono nel languore, e sentono sazietà, come sempre fa i’uomo, ed in tutto. Converrebbe o.riposar con ozio onorato, o volgersi ad altro per occuparsi, com’è ali’noni necessario; ma tutti hanno in mano pennelli e scalpelli, rutti scrivono e cantano, rutti h?n preso piacere al bello, al grande, ad imitare, e a passionarsi; l’entusiasmo è inquieto, e non trova sapore, fuorché in questo. Dunque chiede del nuovo, il qual dopo il perfètto, immutabile, ed unico non può essere [p. 134 modifica], \ je senza imperfezione. Ed ecco si aggiugne ove non si dovrebbe, si orna ciò, eh’è ornato abbastanza, si abbellisce, e s’ingrandìsce ii bello ed if grande. Così vien la maniera in ogni arte, cioè l’artifizioso, il soprabbondante, il lezioso; e intanto la semplicità, la purezza, la bella verità, la proporzione armonica ne senton danno; i freschi esemplari eccellenti tacitamente rimproverano ma non han pii! autorità, perchè son famigliar!, e si comincia a volger le accuse con.

tro essi, per ferii tacere; si trovano troppo timidi, troppo schietti, troppo tiranni. L’entusiasmo si crede in diritto d’usar suo isti;v ro, seconda i’amor della verità: il suo fuoco, il suo impeto van sempre innanzi; ei giugne a passare i confini, a sviarsi, a traboccare. La sua luce non è più quella del sole di primavera fecondatrice, è quella della canicola divorante; il suo sapore (già ottuso il palato) non è pel vino usato e salubre, abbisogna d’ essere risvegliato, e vuole acquavite; la sua forza non è più d’uomo robusto, ma sembra quella d’un gladiatore, od’un furioso. Tutte le sue prerogative, che [p. 135 modifica]Dtti.’Entusiasmo.135 ¿’he ben usate composero insieme Je opere iurte divine al buon tempo, or tutte concorrono alla deformità; P elevazione è quella Icaro precipitosa, Je visioni sono deliri, la rapidità è sfrenatezza, il bello, il gtande, il mirabile sono imbellettati, giganteschi, e mostruosi, la passione è capriccio, menzogna, ubbriacchezza, e strascinasi dietro i seguaci ne’suoi disordini, e nell’abuso estremo d’ogni più irragionevole eccesso. In fin diremo che dopo la perfezione la natura quasi stanca ed esausta sembra di riposarsi, e lasciar all’uomo, alle nazioni, ai climi, al giro infin delle cose quel grado sol di sust forza e influenza, che basti a serbar l’ordine universale, curando poco i disordini delle stagioni, de’ governi, de’ costumi, e degl’ ingegni, non men che i tremuoti, le inondazioni, le pesti, le guerre, e i Maomerri e i Culicami co5 Seneca, co’ Lucani co’ Marini, cogli Spinosa, e co’simili a lui.

Riflettiamo ancor, che il creare è limitalo. I primi ad afferrare le prime bellezze coll* entusiasmo o tragiche, o epiche, cioè Je gran passioni, le grandi immagini mieI 4 [p. 136 modifica]te-i}-6 S TORTA teiono il campo; ai secondi rimane alcun* spiga fuggita a quelli, e ancor bella; ai terzi e ai seguenti poco più che imitare, combinare le altrui invenzioni, e vestirle poi di nuovo linguaggio. Quante natività produssela notte del Correggio, quanti giudizi quello di Michelangelo, quante sacre famiglie quella di Rafaeilo, e cosi le statue di Belve, dere, l’Edipo, e la Fedra, e la Merope* gli scudi d’Achille e d’Enea, 1’Aminta del Tasso, il Ditirambo del Redi? Tutti han preso da tai maestri. Si fanno sforzi per superarli; alcun riesce, ma il più spesso oltrepassiamo; e poiché i primi, eh’ entrarono; ’’j nella miniera cavarono il meglio, restan le sabbie e i lor rifiuti talora, onde viene la corruttela.

Avviene ancora, che le gemme cavate dai più antichi sono da lor lasciate con qualche rozzezza, e il pulirle è la gloria de’ succes-, sori. Ma poi si pulisce cotanto, che si toglie il pregio, e si riduce al niente la più bella pietra. Come giava il venire dalla rozzezza alla cultura per giugnere al bello, e teccare la perfezione, cosi spigne alla [p. 137 modifica]decaden-D£ll’Entusiasmo.ìyf denza il lusso seguace della coltura, ¡1 qual ammollisce i costumi, non meno che il gusto. Divien volgare l’educazion letteraria, poi nemica di stento e di studio; tutto facilita tutto inzucchera, si cercan delizie, si vuole abbondanza, la qual pochissimo costa sol che trascurisi la semplicità, che sola costa Ecco lo scrivere, ed ecco il dipignere per la moltitudine. Poc’ora basta a far un sonetto, un quadro cattivo. Si fan vivande a migliaia di sibariti golosi. Bisogna far presto e male; così tutto a un punto il cattivo guste, di cui poi si fan leggi per sostenerlo, divien legittimo, e gli autori scorretti ( del par chi i ribelli in uno stato) mettono sedizione contro de’magistrati, le cui leggi severe e inviolabili, perchè scritte dalla natura in Omero, in Virgilio, in Euripide, ed in Teren-zio essi non posson soffrire, impunemente Volendo pur dominare. Siam noi forse a que^ st’