Del veltro allegorico di Dante/LIV.

LIV.

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[p. 103 modifica]LIV. La guerra di Genova sopragiunse importuna per frastornar nuovamente la speranza degli esuli fiorentini. L’Alighieri adunque parti da Gubbio e dai luoghi che troppo inutilmente gli rammentavano la sua patria; ed essendo ripassato nella Marca trivigiana, ove sotto le mura di Trevigi rivide forse Uguccione, trovò nel prossimo Friuli facile stanza e graditi riposi. Nei principi del 1319 Giovanni XXII aveva eletto in patriarca di Aquileia Pagano della Torre, vescovo di Padova, e fratello di Francesco Torriano. Il Friuli ubbidiva da lunga stagione ai patriarchi di Aquileia, che traevano in Udine la loro dimora: doviziosi principi e possenti alle porte d’Italia dal lato delle Alpi Giulie, nelle belle contrade cui bagnano la Piave, il Tagliamento, e l’Isonzo. Dall’Isonzo non è lontana l’antica gastaldia di Tolmino. L’essere guelfo e l’aver la propria famiglia patito ingiuria dai ghibellini si non poterono sopra Pagano della Torre, ch’ei non pigliasse con generoso cuore a proteggere gli uomini d’ingegno e gli sventurati di qualunque parte si fossero; ei fu che pregò Albertino Mussato di scrivere le storie delle cose italiane dopo la morte di Arrigo VII. Meno fastosa ed altera, ma piú pacifica e compassionevole che quella dello Scaligero, la corte udinese del patriarca Torriano accolse [p. 104 modifica] Dante Alighieri e non pochi degli esuli fiorentini. E quivi Dante trapassò l’anno 1319 in balia dei suoi studi diletti, ed inteso a comporre alcuno degli ultimi canti del Paradiso, ma principalmente le altre sue opere in prosa, delle quali gran parte ha distrutto il tempo invidioso. Egli è ben da rimpiangersi la storia che scrisse Dante in volgare dei guelfi e dei ghibellini, della quale non si hanno piú se non le prime parole. Io credo che Dante avesse nel Friuli composto la sua istoria presso l’illustre prelato, ch’era così vago di siffatti lavori ed egregio confortatore. Però bene a ragione gli abitanti del castello di Tolmino si gloriano, che in quello sovente da Udine si recò e che fra le loro Alpi solinghe meditò e scrisse Dante Alighieri. E con tenera cura si accenna la grotta di Tolmino, e il sasso in cui non di rado 1 * infelice posò. Di che, oltre le testimonianze degli annali del Friuli e delle popolari tradizioni, mi sembra di scorgere novella prova in alcuni versi latini di Giovanni Boccaccio, nei quali asserisce che Dante aggirossi fra gli antri Giuli. Né io tacerò del castello di Duino, che alquanto di lá dall’Isonzo torreggia sopra una rupe; in quel castello, si dice, andò a diporto alcuna volta il poeta, e gli fece onori Ugone conte di Duino, e dei paesi ove minaccioso il breve Tintavo per nove bocche mette nell’Adriatico.