Dalle dita al calcolatore/VIII/1

1. Arabia antica

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[p. 134 modifica]1. Arabia antica

Fin dal tempo dei faraoni, gli Arabi esportano incenso e mirra in Egitto e al nord. Successivamente, ponendosi come intermediari fra India e Roma, gestiscono il commercio delle perle del Golfo Persico, delle spade e dei tessuti indiani, dell’avorio, della seta, degli schiavi neri, ecc. Inoltre, dispongono di giacimenti d’oro purissimo. La parte meridionale della penisola araba è nota anche come il “Paese dei castelli”: si narra di un castello, costruito nel I sec. d.C., formato da 20 piani, ognuno dei quali è alto 20 cubiti: circa 200 metri.

Tolomeo II riapre il Canale di Dario, che congiunge il Nilo al Mar Rosso. Gli armatori alessandrini cominciano a fare concorrenza alle carovane e instaurano contatti diretti con l’india. Il navigatore Hippalus opportunamente scopre che i viaggi di andata e di ritorno possono essere agevolati dalla periodicità dei venti stagionali, i monsoni. Dopo la conquista romana dell’Egitto, la richiesta di spezie e di merci esotiche cresce, e i prezzi salgono alle stelle; allora i Romani allestiscono un’imponente flotta per i commerci con l’India. Un autore ignoto scrive appositamente un manuale per la navigazione dal Mar Rosso all’india, [p. 135 modifica]intitolato Periplo del Mare Eritreo (Mare Arabico).

Nel territorio semidesertico che va dal Sinai alla Mesopotamia vivono varie tribù di “Saraceni”: Ismailiti, Madianiti, Nabatei... A essi si aggiungono i Ghassanidi e i Lakhmidi, provenienti dallo Yemen. I Nabatei si insediano fra i monti a sud del Mar Morto. Petra è la loro capitale. Trovandosi in un passaggio obbligato per le carovane, fondano la loro prosperità sui pedaggi e sulle razzie. Nel periodo migliore, il regno estende la sua influenza fino a Damasco e a Leuce. I Ghassanidi si stabiliscono a sud-est di Damasco e sul Golan. Divengono cristiani monofisiti e alleati dell’Impero Romano d’Oriente. Adottano la scrittura aramaica. I Lakhmidi piantano le loro tende in una località denominata Al-Hira, che vuol dire “l’accampamento”. Abbracciano il cristianesimo nestoriano e si alleano con i Persiani. Sebbene siano meno colti dei vicini Ghassanidi, si deve a loro l’introduzione della scrittura nell’Higiaz, la cui città più importante è La Mecca.

Lungo la via carovaniera che dallo Yemen conduce a Gaza sorgono due importanti città: La Mecca e Yathrib (Medina). La Mecca, per la sua posizione, è un punto di sosta obbligato per tutte le carovane. Il territorio è arido, ma i suoi abitanti, i Coreisciti, sanno ugualmente ricavarne ricchezza. Infatti, hanno la redditizia idea di raccogliervi simboli e feticci delle centinaia di divinità venerate nella penisola. Mecca vuol dire appunto “santuario”. Il dio tutelare della tribù è Allah, il creatore inaccessibile agli umani.

I beduini, comunque, non si occupano seriamente di cose religiose; si accontentano delle loro credenze animistiche: la Luna è un dio benefico perché porta la rugiada notturna; il Sole invece è una divinità femminile che causa l’aridità; poi c’è una miriade di spiritelli maligni (Ginn). In un territorio in cui il deserto è implacabile come la morte, per forza di cose ogni albero, fonte, sorgente, pozzo o caverna appare come la [p. 136 modifica]manifestazione tangibile di un dio benevolo, ed è un mezzo per comunicare con lui.

Si giunge così al VII secolo d.C.