Capitolo XII

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Jules Verne - Dalla Terra alla Luna (1865)
Traduzione dal francese di C. o G. Pizzigoni (1872)
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"URBI ET ORBI."


Sciolte che furono le difficoltà astronomiche, meccaniche, topografiche, sorse la quistione del danaro. Si trattava di procurarsi una somma enorme per l’esecuzione del piano. Nessun particolare, e parimenti nessuno Stato avrebbe potuto disporre dei milioni necessari.

Il presidente Barbicane giudicò quindi opportuno, sebbene l’impresa fosse americana, di farne un affare di interesse universale, e di domandare ad ogni popolo la sua cooperazione finanziaria. La Terra ha il diritto ed il dovere insieme d’intervenire negli affari del suo satellite. La sottoscrizione aperta a questo scopo si estese da Baltimora al mondo intero, urbi et orbi.

Tale sottoscrizione doveva riuscire oltre ogni speranza. Tuttavia, trattavasi di somme da dare e non da prestare. L’operazione era puramente disinteressata [p. 103 modifica]nel senso letterale della parola, e non offriva alcuna probabilità di guadagno.

Ma l’effetto della comunicazione Barbicane non erasi arrestato ai confini degli Stati Uniti; era passato oltre l’Atlantico ed il Pacifico, invadendo nel tempo stesso l’Asia e l’Europa, l’Africa e l’Oceania. Gli Osservatorî dell’Unione si misero in rapporto immediato cogli Osservatorî de’ paesi stranieri; gli uni, quello di Parigi, di Pietroburgo, del Capo, di Berlino, d’Altona, di Stoccolma, di Varsavia, di Amburgo, di Buda, di Bologna, di Malta, di Lisbona, di Benarès, di Madras, di Pekino fecero giungere i loro complimenti al Gun-Club; gli altri si conservarono in una prudente aspettativa.

Quanto all’Osservatorio di Greenwich, approvato dai ventidue stabilimenti astronomici della Gran Brettagna, fu schietto; esso negò arditamente la possibilità del risultato, e fece proprie le teorie del capitano Nicholl. E però, mentre diverse società di scienziati promettevano di mandare dei delegati a Tampa-Town, l’ufficio di Greenwich, adunato in seduta, passò brutalmente all’ordine del giorno sulla proposizione di Barbicane. Era gelosia inglese bella e buona, e non altro.

Insomma l’effetto fu eccellente nel mondo scientifico, e di là passò fra le masse, che in generale caldeggiarono assai la quistione. Questo fatto è di importanza grandissima, poichè tali masse stavano per essere chiamate a sottoscrivere un capitale ingente.

Il presidente Barbicane l’8 ottobre aveva lanciato un manifesto pieno d’entusiasmo e nel quale [p. 104 modifica]egli faceva appello «a tutti gli uomini di buona volontà sulla Terra». Questo documento, tradotto in tutte le lingue riuscì a meraviglia.

Le sottoscrizioni furono aperte nelle principali città dell’Unione per far centro alla Banca di Baltimora, Baltimore Street, numero 9; poi si sottoscrisse nei diversi Stati dei due continenti:

a Vienna, da S. M. di Rothschild;
a Pietroburgo, da Stièglitz e C.°;
a Parigi, al Credito mobiliare;
a Stoccolma, da Tottie e Arfuredson;
a Londra, da N. M. di Rothschild e figlio;
a Torino, da Ardouin e C.°;
a Berlino, da Mendelsohn;
a Ginevra, da Lombard, Odier e C.°;
a Costantinopoli, alla Banca Ottomana;
a Bruxelles, da S. Lambert;
a Madrid, da Daniele Weisweller;
ad Amsterdam, al Credito Neerlandese;
a Roma, da Torlonia e Soci;
a Lisbona, da Lecesne;
a Copenhagen, alla Banca privata;
a Buenos-Ayres, alla Banca Maua;
a Rio di Janeiro, stessa Casa;
a Montevideo, stessa Casa;
a Valparaiso, da Tomaso La Chambre e C.°;
a Messico, da Martino Darau e C.°;
a Lima, da Tomaso La Chambre e C.°.

Tre giorni dopo il manifesto del presidente Barbicane, quattro milioni di dollari1 erano versati [p. 105 modifica]nelle diverse città dell’Unione. Con un simile acconto, il Gun-Club poteva già porsi in moto.

Ma alcuni giorni più tardi, i dispacci facevano sapere all’America che le soscrizioni straniere coprivansi sollecitamente. Molti paesi distinguevansi per la loro generosità, altri lasciavansi persuadere meno facilmente. Quistione di temperamento.

Del resto le cifre sono più eloquenti delle parole; ed ecco lo stato ufficiale delle somme che furono portate all’attivo del Gun-Club, quando la sottoscrizione fu chiusa.

La Russia versò per suo contingente l’enorme somma di trecentosessantottomila settecentotrentatre rubli2. Per meravigliarsene bisognerebbe non conoscere la propensione de’ Russi per le scienze e non l’incalzo che essi danno agli studî astronomici in virtù dei loro numerosi Osservatorî, il principale de’ quali è costato due milioni di rubli.

La Francia principiò a ridere della pretesa degli Americani. La Luna servì di pretesto a mille calembours logori, e ad una ventina di vaudevilles, nei quali gareggiavano il mal gusto e l’ignoranza. Ma, nella stessa guisa che i Francesi pagarono pur dianzi dopo di avere cantato, pagarono quella volta dopo di aver riso, e sottoscrissero per una somma di un milione dugentocinquantatremila e novecentotrenta franchi. A questa condizione, essi avevano bene il diritto di ridere un pochino.

L’Austria si dimostrò bastantemente generosa [p. 106 modifica]in mezzo a’ suoi disturbi finanziarî. La sua parte si elevò nella contribuzione pubblica alla somma di dugentosedicimila fiorini3, che furono i benvenuti.

Cinquantaduemila risdalleri4 furono la somma data dalla Svezia e dalla Norvegia. La cifra era considerevole relativamente al paese, ma sarebbe stata certamente maggiore, se la sottoscrizione avesse avuto luogo a Cristiania ed a Stoccolma nello stesso tempo. Per una ragione o per un’altra i Norvegi non mandano volontieri il loro denaro in Isvezia.

La Prussia, con un invio di duecentocinquantamila talleri5 diè prova di approvare l’impresa. I suoi diversi Osservatorî contribuirono premurosamente per una somma importante, e furono tra i più ardenti ad incoraggiare il presidente Barbicane.

La Turchia si comportò da generosa, ma essa era personalmente interessata nell’affare. La Luna infatti regola il corso de’ suoi anni ed il suo digiuno del Ramadan. Ella non poteva far a meno di dare un milione trecento settantaduemila e seicentoquaranta piastre6, e le diede con un ardore che rivelava però una certa pressione fatta dal governo della Porta.

Il Belgio si distinse fra tutti gli Stati di secondo ordine con un dono di cinquecentotredici mila franchi, circa dodici centesimi per abitante. [p. 107 modifica]

L’Olanda e le sue colonie s’interessarono nell’operazione per centodiecimila fiorini7, chiedendo soltanto che venisse loro fatto un bonifico del cinque per cento di sconto perchè pagavano a pronti.

La Danimarca, un poco ristretta nel suo territorio, fornì però novemila ducati fini8, ciò che prova l’amore dei Danesi per le spedizioni scientifiche.

La Confederazione Germanica s’impegnò per trentaquattromila duecent’ottantacinque fiorini9; non si poteva chiederle altro; d’altra parte non avrebbe dato nulla di più.

Sebbene molto imbarazzata, l’Italia trovò duecentomila lire nelle tasche de’ suoi figli, ma rovistandovi bene. Se avesse avuto la Venezia, avrebbe fatto di più, ma insomma la Venezia non l’aveva.

Gli Stati della Chiesa non credettero di dover mandar meno di settemila e quaranta scudi romani10, ed il Portogallo spinse il suo amore alla scienza fino a trentamila cruzades11.

Quanto al Messico, fu proprio il denaro della vedova, ottantasei grandi piastre12; ma gl’imperi che si fondano di solito non istanno molto bene a finanze.

Duecentocinquantasette franchi furono la modesta contribuzione della Svizzera nell’opera americana. Bisogna dirlo francamente, la Svizzera non vedeva [p. 108 modifica]il lato pratico dell’operazione; non le pareva che l’azione di mandare una palla nella Luna fosse di tal natura da stabilire corrispondenza d’affari coll’astro delle notti; e sembravale poco prudente di arrischiare i suoi capitali in un’impresa aleatoria. Al postutto, forse la Svizzera aveva ragione.

Quanto alla Spagna, le fu impossibile di raggranellare più di centodieci reali13; essa allegò il pretesto che doveva compiere le sue ferrovie. La verità è che la scienza non è ben veduta in quel paese. È ancora un poco indietro. E poi certi spagnuoli, e non già de’ meno istruiti, non rendevansi un conto esatto della massa del proiettile paragonata a quella della Luna; essi temevano che venisse a sturbare la sua orbita, a sturbarla nella sua parte di satellite ed a provocare la sua caduta sulla superficie del globo terrestre. In tal caso era meglio astenersi. E così fecero, se ne togli pochi reali.

Rimaneva l’Inghilterra. Si conosce l’antipatia piena di disprezzo colla quale ella accolse la proposizione Barbicane. Gli inglesi non hanno che una sola e stessa anima pei venticinque milioni di abitanti che racchiude la Gran Brettagna. Essi fecero credere come l’impresa del Gun-Club fosse contraria al «principio del non intervento», e non sottoscrissero nemmeno per un farthing.

A questa notizia il Gun-Club si accontentò di alzare le spalle e fece ritorno al suo grande piano, quando l’America del Sud, cioè il Perù, il Chilì, [p. 109 modifica]il Brasile, le provincie della Plata, la Colombia ebbero versato per loro quota, nelle sue mani, la somma di trecentomila dollari14, ed egli si trovò padrone d’un capitale considerevole, del quale diamo qui la specifica:

Sottoscrizione degli Stati Uniti 4,000,000 dollari
Sottoscrizione straniera 1,446,675

»

Totale 5,446,675 dollari.

Erano dunque cinquemilioni e quattrocentoquarantaseimila e seicentosettantacinque dollari15, che il pubblico versava nella cassa del Gun-Club.

Che nessuno faccia le maraviglie per l’importanza della somma. I lavori di fusione, di muratura, il trasporto degli operai, il loro impianto in un paese quasi disabitato, le costruzioni di forni e di fabbricati, gli arnesi delle fucine, la polvere e il proiettile, le spese perdute, dovevano, secondo il preventivo, quasi assorbirla per intero. Certi colpi di cannone della guerra federale sono costati mille dollari; quello del presidente Barbicane, unico nei fasti dell’artiglieria, poteva benissimo costare cinquemila volte di più.

Il venti di ottobre fu conchiuso un trattato colla fucina di Goldspring presso Nuova-York, che durante la guerra aveva fornito a Parrott i suoi migliori cannoni di fusione.

Tra le parti contraenti fu stipulato che la fucina di Goldspring impegnavasi di trasportare a Tampa-[p. 110 modifica]Town, nella Florida meridionale, il materiale occorrente per la fusione della Columbiad.

Quest’operazione doveva essere terminata al più tardi il 15 ottobre prossimo, ed il cannone, consegnato in buono stato, sotto pena di un indennizzo di cento dollari16 al giorno, fino al momento in cui la Luna si presentasse nelle stesse condizioni, cioè di lì ad otto anni e undici giorni.

L’assunzione degli operai, il loro salario, tutti i necessari provvedimenti incumbevano alla compagnia del Goldspring.

Questo trattato, fatto in doppio e in buona fede, fu sottoscritto da I. Barbicane, presidente del Gun-Club, e da J. Murphison, direttore della fucina di Goldspring, che approvarono la scritta da una parte e dall’altra.

Note

  1. Ventun milioni di franchi.
  2. Un milione e quattrocentosettantacinquemila franchi.
  3. Cinquecentoventimila franchi.
  4. Duecentonovantaquattromila e trecentoventi franchi.
  5. Novecentotrentasettemila e cinquecento franchi.
  6. Trecentoquarantatremila e cento sessanta franchi.
  7. Duecentotrentacinquemila e quattrocento franchi.
  8. Centodiciassettemila e quattrocentoquattordici franchi.
  9. Settantaduemila franchi.
  10. Trentottomila e sedici franchi.
  11. Centosedicimila e dugento franchi.
  12. Millesettecentoventisette franchi.
  13. Cinquantanove franchi e quarantotto centesimi.
  14. Un milione e seicentoventiseimila franchi.
  15. Ventinovemilioni cinquecentoventimila e novecent’ottantatre franchi e quaranta centesimi.
  16. Cinquecentoquarantadue franchi.