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Divagazioni femminili

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Divagazioni femminili



Il giuoco delle regine.


Leggo in una elegante rivista francese di un nuovo giuoco di società, destinato a formare la delizia e fors’anco la provvidenza di un gran numero di signorine. Il giuoco è complicato: vi prendono parte, in ugual numero, giovanotti esignorine: durante una mezz’ora, che può prolungarsi ad libitum queste ultime debbono indovinare, d- ognuno dei giovani che partecipano al giuoco le virtù e i difetti, le qualità e le mancanze, le tendenze e i gusti, commentando gli uni e le altre secondo il proprio temperamento e i proprii gusti. Quella che più si avvicina, colle sue supposizióni o colle sue intenzioni, alla realtà, è proclamata regina del giovanotto indovinato, il quale, per un dato [p. 182 modifica]periodo di tempo, deve servire e ubbidire la sua sovrana improvvisata. Insomma, dell'arte psicologica rudimentale, messa a servizio della civetteria femminile, quando all'arte psicologica deficiente non vengono sostituite le confidenze d una sorella del futuro suddito o le pagate indiscrezioni d una cameriera.

Il giuoco — che si chiama delle Regine — è quello che è: potrebbe anche riuscire interessante, quando venisse rappresentato da personcine tutte intelligenti, ma potrebbe anche diventare pericoloso. Kon è il giuoco che ci interessa: sono, invece, i commenti della Rivista, che per la prima lo annunzia e che lo definisce una geniale trovata, che all'occasione può permettere a una signorina di far conoscere per la prima la sua simpatia per le qualità d’un giovane, senza uscire dal riserbo cui è tenuta. Un modo come un altro di fare una dichiarazione, insomma. Una delle infinite proteste, che da qualche teinpo si formulano contro il preteso stato di passività, al quale è costretta la donna nel problema importantissimo del prender marito.

Si sa che la ribellione è venuta dall'America. Sono le ragazze yankees che, educate a una libertà sconfinata, sono insorte per le prime [p. 183 modifica]contro il costume, stabilito da secoli, che impone alla fanciulla di aspettare il marito. Perchè aspettarlo? perchè non cercarlo, invece? perchè attendere di venir scelte e non scegliere piuttosto? Logiche e dritte nella loro ribellione, le fanciulle americane hanno subito tradotto in pratica il desiderio nuovo: per avvicinarsi al maschio si sono mascolinizzate: hanno sostituito lo sport e tutte le forme esteriori più energiche di vita al vecchio bagaglio romantico sentimentale, nel quale si esercitano dai quindici ai venticinque anni tutte le nostre signorine, e hanno inventato il flirt per conoscere l'uomo dopo averlo avvicinato, per intuirlo fin dove è onestamente concesso e comprendere se il prescelto convenga o meno, come compagno di tutta la vita.

Sport e flirt sono ancora due termini audaci nella nostra giovanissima società muliebre, ed ecco, per accordare le velleità nuove colle formule tradizionali immutabili, s’è scoperta una deliziosa via di mezzo: il giuoco delle Regine. La via — conveniamone — è un tantino ipocrita, ma non c’è un fondo d’ipocrisia anche nella ribellione, che si vorrebbe ostentare contro la lamentata tradizione antica? Francamente, chi ci crede più all’esclu[p. 184 modifica]sivo privilegio dell’uomo di scegliersi la donna che più gli piaccia? E viceversa, chi è che presta più fede alla fanciulla, quando afferma che essa è costretta ad aspettare il marito?


In fondo, è precisamente il contrario che avviene. Tutta l’arte di una vita femminile si riassume in un giuoco incessante di seduzione, diretto agli occhi e al cuore dell’uomo, ai suoi sensi e al suo sentimento. Tutte le armi di cui una donna può disporre: bellezza, eleganza, intelligenza, grazia, abilità, sono affilate e temprate a quello scopo unico. A quindici anni, quando, cioè, l’uomo esce appena dalla puerizia e ancora dormono in lui senso e cuore, e della vita lo attira soltanto l’aspetto esteriore eroico e soltanto lo spronano curiosità di conoscere e istinto di divenire, la donna ha già pronte le sue armi per la sua battaglia e ha già appreso, istintivamente, l’arte di adoperarle. A venticinque, quando il bisogno di crearsi una famiglia nasce appena nell’uomo, ella è già da dieci anni sulla breccia e non v’è stata inutilmente. Se ancora nessuno ha risposto al giuoco delle sue occhiate, che sanno [p. 185 modifica]la gamma di tutte le espressioni, dal dolcissimo all’appassionato e al con ardore — se la sua voce, educata alle inflessioni profonde, alla fre schezza ingenua, alla nota gaia, alla carezza lenta, al sottinteso intelligente, alla simulata ignoranza, alla promessa commossa, alla velata malinconia, non è ancora riuscita a far breccia in un cuore disposto a votarsi per sempre — se inutile è stata sino allora la sua studiata arte di vestire, la raffinata cura nel comporre l’armonia di colori e di linee, destinata a formarle intorno una cornice mirabile, la ragione sarà da ricercarsi in motivi filosofici superiori, nella mancata affinità fra il suo io e quello di tutti gli individui che le sono passati accanto, non certo nel fatto che ella abbia atteso passivamente inerte il sognato a eleggerla fra tutte le donne. Piuttosto, la lunga attesa avrà maggiormente temprato le sue armi e resa la sua arte di seduzione formidabile.

Chi crede ancora che spetti all’uomo prescegliersi la compagna? Sì, sono le labbra maschili che formulano la domanda, ma chi l’ha suggerita è stato un sorriso di donna, che ha detto: — Chiedimi — è stato uno sguardo femminile che ha fatto comprendere: — Mi piaci — è stata una voce di donna che, attraverso [p. 186 modifica]una frase indifferente pronunziata a qual modo, con gli occhi negli occhi dell'altro, ha voluto chiedere: — Perchè non sceglieresti me?

Domandate agli uomini. Quanti confessano che certo non avrebbero mai osato pensare a quella donna, se essa non li avesse condotti a pensarci. Come? non sempre sanno. Qualche volta la suggestione è stata subita inconsciamente, il giuoco di seduzione è stato inavvertito. Per tanto tempo erano passati accanto a quella fanciulla, a quella donna, senza rimanerne colpiti, senza vederla, senza soffermarsi. Un giorno, un’occhiata, un sorriso, un gesto, una frase, una dimostrazione d’interessamento, di simpatia, di curiosità, li ha percossi e avvinti d’un tratto.

— Non le dispiaccio — è stata l'impressione prima. — Tentiamo: forse non mi dice di no.

E si procede. Chi vorrà negare che in questo caso sia la donna che ha scelto l’uomo? L’uomo ha obbedito, cosciente o meno, al desiderio che ha fatto sbocciare poi il suo desiderio. Ma perchè questa donna gli piace! Sicuro, gli piace. Intanto a un uomo piace quasi sempre la donna che lo ha prescelto. Anche l'amor proprio soddisfatto, lusingato, può essere un ingrediente del sentimento. Perchè no? Chi [p. 187 modifica]può dire di quanti e quali elementi si componga l’amore?

E chi può noverare di quanti mezzi disponga la donna per chiamarlo?

Un amico mi diceva un giorno:

— Le delusioni d’amore dovrebbero essere ignote alle donne. Perchè le donne possono sempre conquistare l’uomo che prescelgono.

Fatta la parte dell'esagerazione, costituita qui dalla generalizzazione assoluta, è certo che nella frase c’è molta parte di verità. E questa verità è applicabile anche alle signorine da marito.

Ecco perchè io trovo almeno superfluo il nuovo giuoco delle Regine: quelle piccole Reginette minuscole, che sono tutte le creature giovani e belle, lo hanno da un pezzo il loro gioco e lo sanno tutte alla perfezione.