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Alla ricerca della felicità

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Alla ricerca della felicità
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Alla ricerca della felicità



Un vecchio amico, un saggio — di quelli che ancora s’incontrano nella vita e che l’amabile filosofia, frutto, sopratutto, di esperienza ridotta ad arte di vita, nascondono sotto la disinvoltura dell’uomo di mondo — mi diceva un giorno:

— Volete essere felice? semplificate la vostra vita, sfrondatela di tutte le complicazioni inutili, toglietene tutti i bisogni che rappresentino una superfluità.

Non era, per la verità, un precetto nuovissimo, ma acquistava autorità nuova dalla bocca del mio consigliere che aveva molto vissuto e intensamente e intelligentemente e che, giunto presso il tramonto, credeva utile riassumere in una così semplice fòrmula tutta la scienza della felicità. [p. 156 modifica]

Io ho ripensato sovente il consiglio dell’amico scomparso ormai, ogni qualvolta almeno il fenomeno della complicazione ognora crescente della vita mi ha colpita e sgomentata.

E ho concluso che, in questo senso, i progressi della scienza e della industria umana sono in antagonismo assoluto colla scienza della felicità, giacche complicano la vita invece di semplificarla.

Ogni giorno si inventano degli apparecchi nuovi che creano, in realtà, dei nuovi bisogni. La quantità di cose indispensabili per noi, e delle quali invece i nostri padri facevano perfettamente a meno, è semplicemente spaventosa.

Non parliamo delle scoperte che costituiscono il patrimonio glorioso del progresso e della civiltà — delle applicazioni del vapore e della elettricità alla locomozione, alla illuminazione, alla trasmissione dei messaggi, della voce, ecc. Atteniamoci soltanto alle piccole scoperte quotidiane delle innumerevoli inutilità che vanno pel mondo sotto il nome di comodità.

Le vetrine dei negozi straboccano di codesti oggetti ignorati ieri, inesistenti, forse, ieri, offerti oggi come infinitamente comodi e che domani saranno diventati una necessità [p. 157 modifica]indispensabile così da mutare in privazione realmente sentita l'impossibilità di acquistarli.

I nostri vecchi possedevano due o tre vestiti che portavano in tutte le circostanze per anni e anni di seguito. Quando viaggiavano, tutto il loro bagaglio consisteva in uno scialle arrotolato che serviva da plaid e che veniva buttato attraverso la schiena di un cavallo. Noi non possiamo andar fuori per due giorni senza mettere nei nostri bauli il frak, lo smoking, la redingote, la giacchetta, un vestito da mattina, il soprabito, il pyjiama; oppure un trotteur un tailleur habillé, un vestito da sera, mezza dozzina di bluse, l’accappatoio, una teagown, e senza unire ai bauli almeno due cappelliere.

Noi abbiamo il costume da viaggio, quello per andare a caccia, quello per giuocare al tennis... un vestito per ogni ora della giornata, per ogni gesto della vita. Domani inventeranno un vestito per andare in auto, un altro per salire sull'aereoplano, forse semplicemente uno per andare in tram e ci occorreranno tutti.

Pensavo a questo crescere incessante delle complicazioni della vita leggendo nel Daily Mail la descrizione dei nuovissimi appartamenti dotati di tutto il confortevole moderno situati in una casa di recentissima costruzione a New York. [p. 158 modifica]Ciascuno di questi appartamenti si compone di 18 camere: due saloni, sala da pranzo e galleria, che all'occorrenza possono venire unite e formare una sola grandissima sala per ricevimenti. Ogni appartamento ha il suo ascensore, la sua camera refrigerante, il vacuum cleaner, la lavanderia elettrica, la macchina per stirare e il forno crematorio... per incenerire la spazzatura.

La casa, che è costruita nel quartiere dei milionari, consta di 17 appartamenti che pagano rispettivamente da 125 a 250 mila lire all'anno. Un record: ma cinque di codesti appartamenti sono già affittati e gli altri. non resteranno vuoti per un pezzo.

— Stravaganze da milionari — voi dite.

Senza dubbio: ma osservate che a poco a poco il numero degli appartamenti muniti di tutto questo confortevole aumenterà. A poco a poco, ciascheduno vorrà poter godere di tutte codeste raffinatezze escogitate dalla modernità.

Abbiamo cominciato col bisogno di avere l'acqua in casa. Mezzo secolo fa, anche nelle famiglie più facoltose se ne faceva a meno. In ogni casa c era un cortile e in ogni cortile un pozzo o una pompa che servivano per l'uso comune. Dopo l'acqua son venuti il closet [p. 159 modifica]all'inglese, il gas, la luce elettrica, il bagno, il calorifero, l'ascensore, il telefono. Chi non possiede tutto questo lo desidera, lo sogna, lo sospira... E il refrigerante e la lavanderia elettrica non sono lontani, credete...



Siamo noi più felici? Nessuno oserebbe affermarlo.

Si può sostenere di no, intanto, perchè una delle condizioni essenziali per essere felici è quella di avere pochi bisogni.

Il bisogno crea il desiderio e l'impossibilità di soddisfare un desiderio diventa infelicità.

Ora, questo succede, che, mentre la complicata vita moderna ha moltiplicato i bisogni, la soddisfazione di codesti bisogni diventa ogni giorno più diffìcile, ardua, irrealizzabile, grazie alle cresciute difficoltà della vita stessa.

Sembra un circolo vizioso ma lo è soltanto in apparenza. In realtà l'una cosa è conseguenza dell'altra. Il diffondersi e il generalizzarsi dei bisogni di lusso moltiplica la richiesta di tutte le superfluità e ne accresce il valore e ne aumenta il prezzo.

Occorrono dimostrazioni per affermare che [p. 160 modifica]il costo della vita aumenta in una proporzione vertiginosa? Tutti quanti abbiamo, in proposito, una non lieta esperienza personale convincente.

È raddoppiato il prezzo dei generi di prima necessità e quadruplicato quello degli articoli di lusso.

Venti anni fa si pagava il pane 28 centesimi il chilogrammo e 2 lire la carne di vitello e 2,80 il burro e due soldi un cavolo. Per 500 lire all'anno si aveva un discreto appartamento luminoso pulito, civile. Con 60 lire si faceva un vestito carino, con 25 si comperava un bel cappello, magari con una mezza amazzone, con 15 un paio di stivaletti di pelle di capretto, con 10 un busto decente.

Oggi, il pane costa da 45 a 60 centesimi; la carne di vitello, 4 lire al chilo; 3,80 il burro; sei soldi — a Genova — un cavolo. E per l'appartamento che 20 anni fa valeva 60 lire ne occorrono 200, e 50 per un busto che faccia la ligne e il prezzo di un cappello supera sempre le 100 lire e le scarpe di pelle di capretto valgono 25 e 30 lire al paio.

E il guaio si è che tutti vogliono le scarpe di capretto, che tutte aspirano al cappello di moda che vale tre cifre, che nessuno può più fare a meno del busto sylphide e del vestito dal taglio elegante. [p. 161 modifica]Questo, per stare nella linea dei bisogni elementari. Più su, la cosa assume proporzioni allarmanti. Dove comincia il lusso veramente detto, comincia la vertigine.

Guardate le pelliccie. Ancora pochi anni addietro, le signore assennate, anche se ricche, quando dovevano scegliere una stola, una pélérine, un manicotto, una giacchetta di pelliccia, partivano sempre dal criterio della durata. Si acquistava una pelliccia come si acquistava un gioiello; era una spesa che veniva rinnovata due, tre volte durante tutta una vita di donna e si voleva, sopratutto, che la spesa fosse ben fatta. Certe pelliccie di fantasia — la volpe azzurra, lo zibellino, lo chinchilla — venivano assolutamente escluse dalla guardaroba di una signora assennata.

I tre tipi classici di pelliccia erano; il Mufflon, liscio o arricciato, per le bimbette e per le signorine; lo skunks, il visone e l'astrakan per le spose e per le mamme; la martora e il petit-gris per le nonne. La lontra era lasciata esclusivamente alle privilegiate dal destino e veniva trasmessa di generazione in generazione tal quale come un gioiello.

Di adoperare l’ermellino per confezionare pelliccie per le signore, nessuno osava nem [p. 162 modifica]meno pensare: l’ermellino era considerato una pelliccia regale, riservata esclusivamente pel manto dei sovrani e per le spalle delle principesse.

Oggi, qualsiasi bimbetta di famiglia signorile ha il suo colletto di ermellino autentico e le altre, di ermellino imitazione. La lontra, col suo sostituto, il rat musqué, entra correntemente nella confezione dei mantelli di tutte le signore di condizione mediocre, che un tempo si sarebbero accontentate di un mantello in velluto sealskin. E lo skunks, ricercato, quest’anno, per un capriccio della moda, come per lo stesso capriccio era di voga, quattro anni fa, il petit-gris, è stato per molto tempo trascurato e disprezzato.

C’è la moda della pelliccia, oggi, come c’è quella delle stoffe, cosicché ogni anno bisogna ricorrere al pellicciaio come si ricorre alla sarta ad ogni principio di stagione. Conseguenza: una spesa annua di un migliaio di lire che una volta non si faceva.

Potremmo continuare un pezzo con questi confronti. E sarebbe inutile perchè ognuno di noi ha, in proposito, una esperienza eloquente. [p. 163 modifica]Il rimedio per questo non felice stato di cose?

Il consiglio del mio vecchio amico scomparso: — Ridurre i bisogni, semplificare la vita.

Fare macchina indietro, e cercare la felicità altrove che non nella moltiplicazione delle pretese comodità e delle eleganze superflue. Ritornare alla semplicità, occorrendo, ritornare al sacrificio.

Il sacrifìcio! chi conosce più il signifìcato di questa parola nel ventesimo secolo?